81. Fino alla fine.

Era il suo sedicesimo compleanno. Ma a rendere speciale quella giornata fu la divisione per classi cui la sua annata di viaggiatori era stata sottoposta. Al fine di permettere una maggior prosperità e comprensione dei propri poteri si erano creati dei sottogruppi con a capo uno dei maestri. Al massimo sarebbero stati in quattro a far parte della squadra e lui sperava con tutto sé stesso di non più avere a che fare con lei.

Ma il suo regalo di compleanno non venne mai soddisfatto.

«Melissa, Valek, Kors e Anjelika voi farete parte del mio gruppo» annunciò Victoria con candore.

Un colpo in pieno petto avrebbe fatto meno male. Come avrebbe potuto convivere con lei al suo fianco per altri cinque lunghi anni?

Non poteva farcela.

Ci doveva essere stato un errore.

Era furioso e Anjelika ne era ben consapevole. Lo osservava con la coda dell'occhio ogni qual volta poteva.

Non si parlavano mai, ma finivano sempre per scambiarsi delle strane occhiate.

Per loro l'altro non era che il proprio rivale.

Ma per quale motivo neanche loro lo sapevano.

Era un continuo dimostrare di essere il migliore. Di potercela fare da soli. Di dover riuscire dove l'altro non avrebbe potuto.

Ed era così estenuante.

«Dove stai andando, Kors?» chiese Victoria, ma oramai era troppo tardi, lui non poteva più ascoltare le sue parole. Voleva solo sfogarsi. Voleva urlare e andare dove nessuno avrebbe potuto udirlo.

Voleva liberarsi del senso di incapacità che gli attanagliava il cuore.

Per quello percorse a perdifiato le lunga file di libri, dritto verso il portone che lo avrebbe portato, scalando gli innumerevoli scalini, fin sopra a quella dannata torre!

Affondò le mani al parapetto, aspettando che la volta celeste piena di particelle di antimateria mostrasse il proprio disappunto tramite le immagini di coloro che lo chiamavano inetto e nullità.

Kors era talmente preso dai suoi stessi pensieri e drammi che non si accorse quando esattamente due mani gentili gli cinsero il petto, infondendogli il calore di cui aveva bisogno.

Sapeva esattamente a chi appartenessero quelle dita così sottili, cui corrispondeva un sospiro pieno di affanno.

«Ti stavo cercando» sussurrò lei. «Sapevo saresti venuto qui.»

Kors non si mosse. Anzi, abbassò le palpebre assaporando quel momento e imprimendolo per sempre nella sua memoria.

«Sono patetico, non è vero?» domandò volgendo il suo sguardo altrove. Non accorgendosi di ciò che stava accadendo, le figure sulla volta celeste aumentarono, e più voci all'unisono decantavano quanto Kors fosse nient'altro che un impostore.

Anjelika si strinse a lui ancor di più, poggiando la sua guancia contro la sua spalla.

«Non sei patetico» rispose. «Sei incompreso.»

A Kors non andò giù quella definizione. Si scrollò di dosso la compassione di Anjelika allontanandosi da lei.

Le immagini sulla volta celeste scomparvero non appena il contatto fisico venne perduto.

«E tu saresti colei che mi capisce?» domandò irritato.

Anjelika inclinò il capo a lato, spostando la chioma dietro la sua spalla. «E tu, perché mi odi così tanto?»

Kors si voltò non potendo sostenere quel suo sguardo estremamente deciso. Lei era tutto ciò che lui non sarebbe mai stato.

«Non ti odio affatto!» urlò a pieni polmoni. «Non ti odio affatto...» ripeté sommesso osservando nella sua direzione.

Anjelika venne presa alla sprovvista. «E allora perché non fai altro che scappare da me? Io... io...»

Lui le si avvicinò afferrandola per le braccia come a volerle far capire le sue intenzioni. «Perché tu sei perfetta, Anjelika. Sei la persona migliore che io conosca e io non sono neanche lontanamente paragonabile a te. Sei così forte, determinata, ambiziosa e non ti è mai stato chiesto di esserlo! Sei tu che sei così di natura. Potresti avere tutto ciò che le altre ancore hanno senza il minimo sforzo e invece eccoti qui, a voler far parte di una squadra. Adesso che saremo solo noi quattro la mia condanna sarà quella di essere il testimone delle grandi cose a cui tu sei destinata e io sarò così felice per te, ma allo stesso tempo mi renderò conto di non poter mai raggiungerti. Di non aver mai avuto una possibilità per dimostrarmi all'altezza di essere al tuo fianco. Io sono una nullità messa al tuo cospetto. E quando sono con te... io mi sento così... cosi... vulnerabile.»

Anjelika piegò il suo sorriso verso l'alto. «Sei sempre stato cieco» sussurrò.

Con la sua mano sfiorò il volto di Kors, il quale inspirò socchiudendo le palpebre.

«Volevo essere riconosciuta per i miei meriti, è vero, ma se devo essere onesta... tu sei la ragione per cui ho continuato fino adesso.»

Kors spalancò le palpebre di colpo. «Io? Ma come può essere?» Era incredulo.

Anjelika scosse il capo in maniera assertiva avvicinandosi a lui. «All'inizio detestavo il tuo modo di fare. Non facevi altro che denigrare tutto ciò che facessi per cercare respingermi... ma così facendo non hai fatto altro che allontanare te stesso da tutti gli altri. In questi anni ho sempre cercato di dare il massimo così che tu potessi riconoscere i miei sforzi e considerarmi una tua pari. Non posso piegare al mio volere le leggi dell'universo... e allora quale diritto avrei di essere qui? I tuoi poteri sono così magnifici ed è un peccato che tu non riesca a renderti conto che se solo volessi potresti cambiare la storia del nostro popolo permettendoci di vivere come meritiamo, senza nasconderci e senza più alcuna paura.»

Kors afferrò la mano di Anjelika all'altezza del suo cuore. «Io non sono nient'altro che un misero storico e tu sei l'ancora più incredibile che io abbia mai incontrato. Come puoi pensare queste cose di me? Perché dovresti farlo?»

La ragazza sorrise imbarazzata avvicinandosi ancor di più. «Sei lo storico che è in grado di fare tutto questo e neanche te ne rendi conto...» mormorò osservando la volta celeste che intanto era stata ridisegnata da centinaia di immagini di vita insieme... tutte quelle volte in cui Kors l'aveva osservata da lontano cercando di celare quel sentimento prepotente che gli scaldava il petto ogni qual volta lei era nei paraggi.

«Se lavorassimo insieme, invece che farci la guerra, credo che-»

Kors aveva il cuore a mille e quelle immagini eteree ne erano la dimostrazione.

Aveva represso da fin troppo tempo ciò che provava che non resistette.

Avrebbe accettato qualsiasi cosa lei gli avrebbe detto. Avrebbe fatto qualsiasi cosa lei gli avrebbe ordinato. Le avrebbe dato il mondo se solo glielo avesse chiesto. Le avrebbe portato le stelle se sarebbero bastate a renderle felice.

E fu per quel motivo che le afferrò il volto tra le mani per sancire con un bacio del tutto irrazionale la sua decisione. Assaporò le sue labbra con una intensità tale che credeva stesse sognando. La forza con cui lei ricambiò, rimase impressa nel suo animo. Ed era molto di più di quanto avesse mai osato sperare.

«Ti prometto che diventerò l'uomo che pensi che io sia. Mi impegnerò al massimo per raggiungere qualsiasi obiettivo. Se sarai con me più nulla sarà impossibile» bisbigliò fra i capelli che riflettevo la luce celeste.

Anjelika non poteva essere più entusiasta. «Fino alla fine.»

Qualcosa cambiò drasticamente nell'aria: saette nere e rubre apparvero dal nulla, distruggendo quel momento, mentre attraverso il loro riflesso sembrava che nuovi ricordi volessero affiorare prepotenti.

Quei fendenti oscuri stavano riscrivendo per trasposizione quella reminiscenza che doveva fare così male, ma che non poteva sparire come tutti gli altri ricordi.

Quella era la sua memoria chiave.

"Fino alla fine" ripeté un eco.

Quel mondo sarebbe crollato a pezzi, prima o poi, ne ero sicura. Ed io ero bloccata. Non potevo più muovermi liberamente come avevo fin a quel momento. Forse avevo indugiato più del dovuto.

Le figure dei due amanti vennero travolte da altre immagini.

Kors levò il mento verso suo padre con la promessa di renderlo orgoglioso. Fremente incrociò le gambe al suolo assumendo la posizione più comoda sul palco disposto al centro della torre dei ricordi e preparato per l'occasione.

«Sei pronta?» le chiese in un sussurro. La ragazza dalle pallide gote rosee annuì incurvando gli angoli dalla bocca.

«Fino alla fine» pronunciò sovente.

"Fino alle fine!" ripeté la sua ombra.

Kors guadagnò l'attenzione del pubblico innalzando le braccia al cielo e sfiorando la polvere di stelle che lo circondava. Inspirò profondamente prima di abbassare le palpebre e perdersi nei meandri della sua mente.

Stava accadendo di nuovo. La tragedia cui avevo assistito dalla memoria di madre, quella volta l'avrei vissuta dalla sua prospettiva, venendo trascinata il quel vortice di odio e disperazione.

Non poteva deludere il suo popolo. Colui che un giorno avrebbe guidato l'Accademia come Anjelika aveva previsto: con giustizia ed equità. Non poteva permettere che nessuno dubitasse di ciò, non quando lei era così determinata ad aiutarlo.

Avrebbe reso onore alle sue capacità che l'avevano condotto fino a quel momento. Come era avvenuto anni addietro, senza accorgersene, canalizzò i poteri dell'ancora per legare la sua mente a quella del destino intrecciato di così tanti uomini.

Poteva assistere alla loro nascita, alle loro gioie, ma più di tutto aveva avuto accesso alle loro sofferenze.

La vita era così piena di dolore... e angoscia, che nonostante l'obiettivo di Kors fosse quello di mostrare beltà, in realtà ciò che visse furono la tragedia, le sciagure, la solitudine, il supplizio di ogni singola anima che fosse mai venuta al mondo.

Era impossibile riuscire a gestire quel potere improvviso. E lui se ne era reso conto troppo tardi.

Si era spinto troppo oltre per poter tornare indietro ed evitare il funesto epilogo.

Kors avvertì la fine della vita del primo uomo mai vissuto e quella di tutti coloro che vennero dopo di lui sulla sua pelle.

La morte si impossessò della sua mente, mentre avvertiva Anjelika vicina a lui più che mai. L'avrebbe lasciata sola e per quello le chiese scusa... scusa per non essere stato abbastanza forte.

Scusa per aver creduto di potercela fare quando lui non era nient'altro che un inetto come tutti gli altri avevano da sempre sostenuto.

La consapevolezza di averla delusa fu l'ultimo pensiero che gli era stato concesso di fare dal destino, mentre si crogiolava nel buio eterno cui era stato condannato.

La vita di Kors sarebbe terminata in quell'istante e l'oscurità sarebbe stata la sua più fidata compagnia per l'eternità.

Se solo lei non fosse stata la sua luce.

Una scintilla inondò quell'immensità di freddo vuoto.

"Mi farò carico delle tue tenebre, così che tu possa vivere... fino alla fine, amore mio".

Il cielo divenne tinto di rosso... il colore di cui io stessa avevo più volte assaporato l'amaro.

Le folate di vento cessarono e i fulmini arrestarono la loro furia. Il cielo si ammutolì, mentre la voce roca di Blake squarciava lo spazio adimensionale richiamando il nome della sorella amata.

Kors si levò in piedi spaesato, mantenendosi la testa tra le mani come se avesse vissuto in un incubo indicibile, senza sapere che presto sarebbe divenuto realtà.

Dov'era? Lei... lei perché aveva detto quelle cose?

«Anjelika che è successo?» domandò con la bocca asciutta e le congiuntive arrossate.

Non riusciva a spiegarsi ciò che fosse accaduto, ma sapeva che l'unica cosa che voleva era riabbracciare la sua amata.

Una mano pendula, singhiozzi strozzati, il fine manto di capelli sparso al suolo e una piccola folla di curiosi lo separavano dalla verità. Con le pupille inespressive ricercò sovente una risposta alla domanda che continuava a pronunciare.

La pelle diafana aveva perso il suo candore, i capelli lucenti il loro splendore e le sue pupille avevano smesso di brillare. Neanche le tecniche più avanzate erano state capaci di far ripartire il suo cuore ricolmo di oscurità.

«Che cosa hai fatto, ragazzo?» il vecchio Pavlov non poteva credere a ciò che era appena accaduto.

E fu quando le sue iridi ambrate osservarono le gote pallide della sua amata, la gravità delle sue azioni lo colpì in pieno petto paralizzandolo.

«Non è possibile... non sono stato io» sussurrò tremante. «Non sono stato io!» urlò a più riprese disperato.

Blake udendo quelle parole perse la testa, allontanandosi dal corpo di Anjelika per soddisfare la sua sete di vendetta.

Si gettò su Kors facendolo cadere rovinosamente e sovrastandolo con il suo peso. Non gli importava più del decoro, del bene che gli volesse. Quel giorno lui non sarebbe più stato parte della famiglia. Mentre gridava straziato dal dolore gli assestò un paio di colpi sopra la cintura e sul volto.

«Io ti ammazzo, bastardo! Ti uccido come hai ucciso lei!»

Venne fermato da Mark, il quale lo trascinò via di peso, mentre Kors osservava con il volto tumefatto i vani tentativi di rianimazione. Si allontanò a tentoni da quella scena, incredulo e con le lacrime agli occhi.

Doveva essere un orribile scherzo, non c'erano altre spiegazioni. La sua anima era appena stata dilaniata. In quegli istanti sulle iridi di Kors venne impresso lo spettacolo che lo avrebbe tormentato in eterno e la consapevolezza di ciò che era stato lo fece impazzire.

"Fino alla fine".

Disperato si accasciò al suolo dove giacque per svariati minuti inspirando furante e piangendo senza sosta, mentre la rabbia gli montava in petto.

Era lui quello che sarebbe dovuto morire. Sarebbe dovuta toccare a lui la pena più dura di tutte.

Non era giusto! Non era ciò che sarebbe dovuto accadere!

E fu così che nel più oscuro dei momenti dell'Accademia si accese un'ulteriore scintilla nel profondo del suo animo.

Si aggrappò così all'ultima briciola di speranza che aveva, ponendosi un'unica ed eterna domanda che sarebbe stata la causa e l'origine del caos.

«E se facessi in modo che non fosse mai accaduto?»

"Così potremmo stare insieme per sempre... fino alle fine."

All'improvviso quel mondo implose nella sua interezza, ricacciandomi indietro verso la mia coscienza.

Eravamo salvi, ma al caro prezzo di aver spezzato ancora una volta il suo animo.

***

Ritornai nella galleria dei miei ricordi, la cui impalcatura dava accesso alla mia intera esistenza passata e futura.

Osservandomi attorno non vi erano più le fratture appartenenti a Kors: quella era la conferma che fosse stato cacciato dalla mia mente, ma non ce l'avrei mai potuta fare senza di lui...

James stanziava al mio fianco, esausto, mentre contemplava la libertà acquisita con tanta fatica.

Intorno a noi le particelle di antimateria incominciarono a irradiare sempre più luce, in numero crescente.

Inconsciamente sapevo che quando ci avessero completamente inglobato saremmo tornati alla realtà, al mondo in cui i nostri corpi appartenevano e stavano fronteggiando la battaglia più importante di tutte.

Quella in cui avrei perso per sempre James...

Mi strinse a sé, senza che dissi nulla, lasciandomi cullare dal battito del suo cuore. Lui era così forte.

E per un attimo balenò nella mia mente la figura eterea di Anjelika. La donna che era stata la causa dell'origine di tutto quel dolore, altro non era che mossa dall'amore.

Come lei, lui non mi avrebbe mai lasciato andare.

Come lei, lui avrebbe affrontato le conseguenze del destino pur di concedermi una seconda opportunità.

Fino alla fine, mi avrebbe guardato le spalle.

Le sue dita passarono il mio corpo stanco, imprimendo i suoi ultimi tocchi. Il respiro era accelerato di colpo e avvertivo i miei occhi inumidirsi.

Quella sarebbe stata l'unica occasione che avremmo avuto per fare le cose per bene.

«Non sono ancora pronta a dirti addio» sussurrai aggrappandomi al suo petto «non voglio lasciarti andare... tu sei la mia famiglia. Tu sei la mia persona.»

Infilzai la sua carne avvicinandomi a lui come se dovessi entrare sotto la sua pelle. Non volevo separarmi. Non sarei mai stata capace di farlo.

Afferrò il mio capo imprimendo la sua forza affinché aspirasse direttamente fra i miei capelli.

«Non ce ne sarà bisogno» controbatté lasciandomi andare. «Ti voglio bene, sorellina. Sarò per sempre al tuo fianco, fino alla fine. »

La sua presa si dissolse, rimanendo in balia del gelido freddo che costrinse la mia carne a cedere. Di lui non c'era più traccia.

Le mie iridi iniziarono a muoversi disperate alla sua ricerca, ma oramai ero sovrastata dall'immensità di luce che era sul punto di inghiottirmi.

E quello fu il suo ultimo regalo. Davanti ai miei occhi stanchi, sempre più immagini delle nostre avventure vennero trasmesse in quell'infinità di percorsi.

Non solo la nostra infanzia, ma persino la nostra vecchiaia. Il suo primo ballo, la prima automobile, il suo matrimonio, la nascita delle due gemelline, la sua splendida carriera da magistrato e i prossimi sessantacinque Natali a casa Holland.

All'improvviso la mia mente venne inondata di tutto ciò che sarebbe stata la nostra vita, se solo non fossimo stati viaggiatori.

Se solo avessimo potuto vivere la nostra vita insieme.

In quei pochi istanti vissi per intero il nostro destino alternativo.

Afferrai l'incommensurabilità del vuoto nel palmo della mia mano.

«Ti voglio bene anche io... e sempre te ne vorrò» giurai nell'immensità di luce che divorò la mia esistenza. 

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