77. Fear.
Ero riuscita a malapena a rallentare il tempo che mi circondava per sfuggire alle sue grinfie. Seppur per meno di un solo istante, ciò mi era bastato per comprendere la pericolosità di quell'uomo. La sua sola presenza rarefaceva l'aria, trasmettendo timore e terrore. E l'intero universo che ci circondava sembrava flettersi al suo volere.
Gli ero sfuggita per un pelo, seguendo la linea temporale di Mike e Mallek e teletrasportandoci immediatamente da loro. Per un po' saremmo state al sicuro.
«Fratellone!» gridò la piccola buttandosi sul corpo martoriato di Max. Nonostante le ferite, il viaggiatore strinse fra le sue braccia l'inerme bambina, cercando di raddrizzarsi sulla schiena per accogliere al meglio la sua famiglia. Bastò un fulgido scambio di sguardi con Mallek per capire che era scampato al peggio.
Il sorriso e le lacrime copiose che correvano sulle sue guance mi diedero di ben sperare. I due fratelli si erano appena riuniti. Potevo ben capire il legame viscerale che li univa.
Quel sollievo durò un breve attimo. Nonostante avessimo una posizione di vantaggio e l'altura dalla nostra, sapevo che se non avessimo presto agito saremmo stati carne da macello.
I ribelli sopravvissuti si radunarono ai piedi del valico, inginocchiandosi dinanzi il loro capo supremo, colui che gli aveva guidati strenuamente durante tutti quegli anni di razzie, con la promessa di concedere loro la libertà assoluta.
Era esattamente come lo ricordavo da quell'incursione effettuata nel palazzo abbandonato. I capelli cinerei a causa dal passare del tempo lasciati lunghi oltre le spalle e le iridi grigie che penetravano qualsiasi anima. Era durato un breve istante, ma l'incontro con le sue iridi grandi a malapena quanto la testa di uno spillo, mi aveva gelato il sangue nelle vene.
Mi raccolsi le braccia al petto per stemperare il terrore che mi aveva infuso.
L'uomo fletté il capo quel tanto per bagnarsi le labbra e osservare nella nostra direzione. Con la mano levata verso il vuoto ne approfittò per sfilarsi l'altro guanto di pelle nera ricamata.
La sua aura si espandeva a dismisura. Ci avrebbe sicuramente condotto nel panico più totale, se non fosse stato per l'altra figura che giaceva al suolo con il volto tumefatto e le cicatrici lucenti ad adornargli il corpo. Stretto per i capelli a toccare con il mento le rocciose terre a causa del suo ennesimo atto di insubordinazione, era legato mani e piedi con pesanti catene inibitrici di poteri al fine di impedirgli anche il più piccolo movimento.
«Christopher» sussurrai al vento. Una cantilena senza melodia, battente solo al ritmo di un cuore spezzato.
I brusii dei più miei cari amici mi fecero capire che non stessi sognando.
Lui era vivo.
Lui era lì.
Lui era in condizioni pessime e a stento gli era permesso respirare.
Mi portai le mani al volto disperata, per impedire alle lacrime di sgorgare. Avevo configurato nella mia mente il suo corpo venir sepolto dai cumuli di macerie nelle lande temporali, in quella che era diventata la tomba delle ancore; rigettando la speranza nell'angolo più profondo del mio animo.
Quello perché lui aveva scelto di salvare me.
Ed in quel momento, che lui incrollabile stanziava tra le file nemiche, sotto le grinfie dei ribelli, tutto era ritornato a galla. Ero arrabbiata, ero terrorizzata e afflitta per il modo in cui aveva scelto di andarsene. Ma ero anche così dannatamente sollevata.
Afferrai la maglia all'altezza del petto. Avvertivo un vuoto incolmabile provenire dalla bocca dello stomaco. Era opprimente e faceva paura. Avevo la pelle d'oca e non riuscivo a smettere di tremare.
James mi afferrò facendomi immediatamente deviare lo sguardo verso di lui. Era impassibile e deciso a non lasciarmi andare.
Notai Lake, Mike e Mallek fare un passo in avanti. Erano esterrefatti e preoccupati tanto quanto me. Max strinse ancor più forte Rosalinde tra le sue braccia, mentre avvertii una risata cristallina e genuina irradiarsi dal corpo di Colton.
«Lo sapevo che non sarebbe stato così facile sbarazzarsi di te, capitano.»
Ma l'ombra di Christopher non era l'unica a tenerci con il fiato sospeso. Un paio di ribelli appena usciti dal portale di Kors stringevano fra le loro braccia un altro estremamente valido ostaggio: Lyza Thompson.
La donna venne gettata al suolo esanime, ricoperta di fango e sporco.
Gli occhi del nostro caposquadra erano in preda all'ira. Infuriava tenace e perseverante. Voleva liberarsi a ogni costo.
Deglutimmo la saliva acida, preparandoci al peggio. Quella doveva essere la resa dei conti.
«Rimettetela in piedi. Non ho ancora finito con lei.» Le parole di Kors erano legge per chiunque le udisse.
Sfiorò la mascella della donna che un tempo era la preside della più grande istituzione di viaggiatori mai esistita, la quale iniziò a contorcersi dal dolore e a stridere intonando pietà.
Christopher non sopportava dover essere testimone di tale scempio. Scalciava, incamerando e montando l'odio direttamente contro i ribelli che provavano a marcarlo. Ne erano quattro e sembravano non esserne abbastanza.
«Basta, Kors!» urlai a mia volta spezzando in due l'aria dove soggiaceva il flusso del tempo.
Il primo dei ribelli si pietrificò all'istante voltando impercettibilmente il busto nella mia direzione. Cantilenò le parole come una dolce filastrocca. «Perché dovrei, figlia di Victoria? Non è forse il dolore la condizione stessa della vita? E lei non è mai stata più viva di così.»
Si fece beffa del mio richiamo procedendo a stringere con veemenza il collo della preside Thompson. Si morse un labbro con estrema bramosia. Era palese quanto adorasse infliggere sofferenza nelle mente e nei corpi delle sue povere vittime.
Ma perché farlo anche in quell'istante con qualcuno che ci aveva tradito?
Christopher ruggì inferocito. «Lei non c'entra nulla! Liberala dal tuo soggiogamento!»
Kors levò un angolo della bocca compiaciuto. «La Lyza Thompson che conoscevate è morta mesi fa. La donna che striscia dinanzi i miei piedi altro non è che una bambolina senza più alcuna volontà. Un involucro senza utilità o valore. Sei d'accordo, Lyza?»
Schioccò le dita in modo tale che i ribelli che la tenevano in piedi facessero un passo indietro.
Il suo volto scarno e le iridi spente facevano pensare a un essere inanimato. Lentamente abbassò il capo, mostrando i lunghi capelli fulvi sporchi e arrotolati.
A fatica si inginocchiò al suolo fino a prostrarsi totalmente, per poi pronunciare le parole che più di tutti ferirono il suo stesso figlio. «Voglio onorare ogni tuo ordine, mio signore. Fai di me ciò che più ti aggrada.»
Kors si leccò un labbro, mentre decideva della vita e la morte della donna. «Che brava cagna... sarebbe il momento di ritornare al tuo posto.»
Con un furente calcio le prese in pieno il volto, facendola crollare al suolo di granito scintillante.
Strabuzzammo gli occhi inorriditi della violenza che era stato capace di infliggere nei confronti di qualcuno completamente inerme.
Al di là del campo di battaglia l'aura di Christopher iniziò a crescere a dismisura. Kors non era l'unico dalla volontà infrangibile. Percepivo distintamente la sete di sangue di colui che avrebbe desiderato radere al suolo quell'intero luogo, ma che iracondo non poteva far altro che assistere a quelle gesta ignobili: come un uccellino in gabbia, gli erano state tarpate le ali.
Le labbra tagliate e i lividi visibili sul suo corpo di Lyza ci fecero intuire che il capo dei ribelli calpestasse i suoi sottoposti e ne disponesse di come, quando e dove preferiva.
I lamenti e le grida strozzate di Christopher erano lo sfondo a quella cornice di orrore cui stavamo assistendo.
«Adesso che ho tuo figlio, non mi servi più. Lasciatela morire come avrebbe meritato fin dal primo istante» imperò allontanandosi dal suo corpo.
Un campanello risuonò nella mia mente. E non fui l'unica a comprendere la portata di quei gesti e quelle parole.
«E se non ci avesse mai tradito se non fosse stato per...» sussurrò Mallek.
«Era sotto l'influenza di Kors. Fin da quando venne sulla Terra per sorvegliarmi: è lì che l'ha catturata» affermai con rammarico.
L'amica più cara di mia madre era ridotta a un fantoccio infarcito della volontà di quel megalomane.
La donna si accasciò al suolo solenne provando ad allungare un braccio con estrema flemma nella direzione di Christopher. Forse era l'ultimo briciolo di umanità che le era rimasta, o forse un riflesso incondizionato: i suoi occhi parevano luccicare, mentre risplendevano della figura famigliare.
Un pestone bloccò la mano scarna al suolo, facendo vibrare le sue corde vocali in acuti penetranti.
Christopher continuava a scalciare e infuriare rinvigorito dalla nuova adrenalina secreta.
«Cosa possiamo fare?» sussurrò Lake con rammarico.
Avvertii Mike singhiozzare e Max tenere ben salda la piccola Rosalinde per impedirle la visione di tutto ciò che andasse al di là dei nostri corpi.
Voleva risparmiarle quanto più possibile che la scia di morte e shock la segnasse a vita.
«Bene, dove eravamo rimasti?» domandò con un sorriso spavaldo l'uomo che si sistemava accuratamente la camicia stropicciata alla cintura. Proferì con non curanza la sua ultima offerta. «Consegnatemi la vostra ancora e io vi do la mia parola che lascerò libero questo schifoso cane dell'Accademia. So per certo che è prezioso per tutti voi, altrimenti non avreste quegli sguardi terrorizzati.» rise di gusto, sprezzante del pericolo che sarebbe potuto andare incontro.
Lui era intoccabile, considerata la mole di ribelli che si sarebbero sacrificati pur di permettergli di continuare a promulgare caos e distruzione. E se anche ci fossimo avvicinati a lui sarebbe stato impossibile non riuscire a farsi toccare anche solo per un istante.
Avevamo visto con i nostri occhi quanto potesse essere fatale. Alla meglio, avremmo vissuto sofferenze indicibili.
Con passo deciso si posizionò alla sinistra di Christopher. Uno schiocco di dita e i suoi lacchè posizionarono il capitano esattamente all'altezza prestabilita per rendergli l'onere di toccarlo il meno faticoso possibile. Chris grondava di sudore, provando in tutti i modi a sottrarsi a quelle dita che con estrema lentezza avrebbero sfiorato il suo volto insanguinato.
«Fermati! È me che vuoi?» James si fece avanti attirando l'attenzione e distraendo Kors dal suo volere quel tanto per farlo allontanare da Chris di un paio di centimetri.
«Oh, sì. Sei proprio tu. L'ultima ancora rimasta in vita. A proposito, grazie per averci condotto da tuo padre, non sai quanto sia stato difficile recuperare le sue coordinate.»
James serrò i pugni mentre tutti cercavamo di dissuaderlo dal suo folle piano. Cosa aveva in mente? Perché gli stava dando corda?
«Smettila subito di parlare!» gli aveva intimato Colton.
«Sta cercando di provocarci» asserì Mallek.
«Sei impazzito, James?» Ero scioccata dal suo atteggiamento. Nonostante incamerasse aria e ingrossasse il petto per darsi un certo tono, ciò che vedevo era il mio fratellino che provava a dare un senso alla sua esistenza. Ma occhio per occhio non era la soluzione. Non si poteva negoziare con i terroristi. Non c'era alcun motivo per il quale Kors avrebbe lasciato andare Chris illeso.
Trattenne le labbra in una linea dura, mentre ignorava i nostri commenti. Scosse il capo con rinnovata forza sorridendo e aprendo le braccia verso il nemico.
«Il tuo piano non funzionerà! Mio padre è stato molto sicuro a riguardo, caro zio» si pronunciò deciso.
Kors sembrò destarsi per un attimo dal suo idilliaco momento di piacere, piegando il capo infastidito.
«Come, prego?» L'indecisione durò un solo istante, prima di ritornare nel suo stato di massima beatitudine. «Anche io un tempo ero come voi, pieno di speranze e soprattutto di fiducia nei confronti dell'Accademia, ma state combattendo dalla parte sbagliata. Ciò che vi hanno inculcato sono insegnamenti retrogradi impartiti da miei avi e che limitano la nostra libertà. Noi siamo degli dei e potremmo essere capaci di qualsiasi cosa! Ma per farlo serve solo porre fine alla vita di chi mi ostacola. Ho intenzione di creare un mondo libero da guerre e morte. In cui per l'eternità potremmo vivere con le persone che più amiamo.» Il suo discorso incendiò la folla che urlava tracotante di esuberanza. Era tutto ciò che agognavano da decenni e il loro sogno era a un passo dal realizzarsi.
Iniziarono a intonare un coro sempre più insistente, sempre più forte, sempre più cupo.
Mi feci avanti smorzando quell'entusiasmo smisurato. «Anjelika non avrebbe mai voluto tutto ciò! Non vorrebbe sapere di essere la causa di tutte le cose indicibili che hai compiuto pur di poterla riavere nuovamente con te!» le parole uscirono come un fiume in piena. Non poteva davvero pensare ciò che diceva.
Si grattò il collo irritato. «Cosa ne puoi sapere, moscerino? Come osi anche solo pronunciare il suo nome!»
I suoi sottoposti si avvicinarono malcontenti, pronti a intervenire se solo Kors avesse detto loro di farlo.
Continuai a inveire provando a guadagnare tempo. «So che lei non ti avrebbe mai lasciato solo, se avesse avuto scelta.»
Notai un cambio nel suo atteggiamento. Strizzò prima un occhio, poi si tenne la testa fra le mani. Doveva star facendo male ricordare. «Lei ti amava e voleva solo che tu venissi riconosciuto come un grande viaggiatore. Per quello ti aiutò quella sera...»
«Basta» sussurrò in preda all'agitazione.
«Per quello ti è stata accanto, mentre fulmini e saette riempivano la volta celeste...»
«Basta» ripeté con più forza, mentre artigliava le mani e si toccava il petto.
«Per quello ti ha seguito senza mai lasciarti andare fino all'ultimo istante in cui tu le hai privato della vita!»
«BASTA!» tuonò disperato. «Basta! Basta! Basta! Non permetterti mai più di parlare così di lei. Non è morta! Non è morta! Non l'ho uccisa! È lì che mi sta aspettando e che mi sta chiamando-» si interruppe di colpo mantenendo lo sguardo fisso in un punto indefinito. Abbassò il ritmo della sua respirazione fino a regolarizzarlo. Si passò una mano tra i capelli ritornando al suo stato di quiete originale. Aveva perso il suo temperamento, ma sembrava averlo ritrovato di colpo.
«Lo capisco, siete disperati e volete salvare il vostro amico» annunciò levando gli occhi al cielo, facendo scivolarsi a dosso quella strana sensazione.
«Si tratta di fare la cosa giusta. E tu che controlli il mondo non è tra questi» controbattei decisa.
«Sai,» iniziò divertito. «Sei molto simile a lei. Condividi il suo ardore e il suo sguardo penetrante. Quante volte venni sgridato per non avere quella stessa scintilla di fiducia e speranza che sembravano condividere tutti all'Accademia.» Sapevo bene a chi stesse facendo riferimento. Ero la degna figlia di mia madre. Era grazie a lei se ero stata capace di arrivare sino a quel punto. Aveva architettato il piano perfetto per proteggere l'universo, affidando la sua riuscita a noi. Non potevo deluderla. Non dopo tutti i sacrifici che eravamo stati costretti a compiere.
«Allora dovresti fermarti adesso! Terminare il tuo folle piano e pagare le conseguenze delle tue azioni. Non è troppo tardi. Si può ancora vivere in pace e riuniti, seguendo la via del bene!» tentai un approccio più democratico. Un ultimo disperato tentativo.
Kors sorrise beffardo rimuginando sulle mie parole. «Io avrei voluto solamente vivere felice e spensierato con la donna che amavo. Ma l'Accademia me l'ha portata via. È stata lei con le sue stupidi istituzioni, cerimonie, condizionamenti! È stata lei a spingermi oltre il limite e tutti i suoi abitanti inetti! Desideravano il potere, lo spettacolo e arricchirsi grazie ai più giovani per il proprio tornaconto.»
Corrugai la fronte.
«Perché il limite tra il bene e il male dovrebbe essere così netto? Chi lo ha deciso che le vostre scelte siano quelle corrette? Abbiamo percorso due sentieri completamente differenti che ci hanno condotto nel medesimo posto. Di fatto, giusto e sbagliato sono concetti privi di ogni fondamento e a deciderne chi avrà ragione sarà solo il tempo... per quello farò qualsiasi cosa per ottenerne il dominio.»
Era spaventoso constatare quanto le parole potessero influenzare uno spirito. Nuovamente la folla scalciava ebbra di eccitazione.
«Il tuo piano non funzionerà,» si levò la voce di James «e non saprai neanche il perché.»
Ci scambiammo un'occhiata di intesa, consci del fatto che la morte delle ancore avrebbe gettato il mondo nel caos primordiale dal quale era stato generato.
Nel silenzio più totale una risata cristallina si levò nell'aria, rompendo la tensione. Guizzai con la vista verso Christopher, il quale venne strattonato all'indietro dai capelli per mostrare il suo sguardo irriverente al grande capo, mentre i ribelli gli pronunciavano parole ingiuriose. Come osava essere così irrispettoso?
Si lecco le labbra con grande soddisfazione, facendo mischiare la saliva al sangue.
«Uccidimi pure! Sapere che non otterrai mai ciò per cui ti sei nascosto tutti questi anni come un ratto, è l'unica cosa che conta» lo sfidò senza remora.
Per quanto mi si stringesse il cuore, anche lui sapeva che qualora Kors avesse rovistato tra i suoi ricordi sarebbe risalito alla verità che ci era stata trasmessa da Blake Bellamy. E James era troppo importante. Il segreto doveva morire con lui. E sfidarlo era l'unica cosa che fosse in suo potere al momento.
«Dovremmo scappare e metterti in salvo. Sta guadagnando del tempo per noi» sussurrò Mallek ai miei compagni intuendo le intenzioni del capitano.
I bisbigli superarono la soglia dell'udito. «Non lo lascio solo!» intervenne Lake.
«Ci sono troppe guardie attorno!» Mike era in preda al panico.
Colton scuoteva il capo incapace di decidere il da farsi. Era una decisione troppo difficile.
Combattere o fuggire?
«Se scappassimo non cambierebbe mai nulla!» James si erse come un faro a farci da guida.
Osservai nelle sue iridi smeraldine il coraggio e la forza d'animo di solo chi avesse accettato il suo destino. Sussultai spaurita da tale consapevolezza, non volendo accettarla, almeno non ancora.
«Ho preso la mia decisione: aiutatemi a raggiungere la sorgente per poter sigillare il flusso del tempo. Questa guerra terminerà oggi stesso» decretò senza più alcun dubbio.
Avvertii una lacrima solcare il mio volto stanco. C'erano ancora tante cose che avrei voluto dirgli e tanto altro da fare insieme. Non poteva essere... perché doveva farlo? Io... lui...
Uno schiaffo spezzò l'aria, facendoci ritornare con l'attenzione verso Kors e i suoi galoppini. Si abbassò all'altezza del volto di Chris, il quale rifletteva il suo odio e la sua arroganza tramite le sue pupille. «Come vuoi, sarà un onore vederti crogiolare al suolo in una pozza di sangue, mentre griderai tra atroci sofferenze che ti infliggerò senza battere ciglio.»
Il capitano venne afferrato immediatamente per il collo. Sussultammo esterrefatti e spaventati, consci di ciò che significasse. Non ce l'avrebbe fatta. Il nostro compagno sarebbe stato ucciso in quel modo barbaro e noi saremmo stati suoi testimoni.
Il pollice di Kors premeva furente sulla giugulare, bloccandogli l'efflusso di sangue. Faceva fatica a respirare, mentre tra un boccheggio e un altro le sclere iniziarono a colorarsi di scarlatto.
«Ah, sì. Uccidete quell'ancora e chiunque l'aiuti!» ordinò atono.
A quel punto non c'era più nulla a trattenere i ribelli dal dare sfoggio delle loro abilità mercenarie.
Quei pochi istanti durarono un'eternità. Dall'altura venimmo ingaggiati, costretti a correre e schivare le ondate di nemici dotate di ogni arma. Mentre scorrevano le immagini di un combattimento sanguinario in cui Lake e Colton erano gli apripista, Mallek ci tenne a rassicurarmi.
"Grazie alla sua accelerazione, nonostante le manette inibitrici di poteri, riuscirà a resistere al soggiogamento più di chiunque altro. È vivo proprio perché è Christopher ed è il più forte di tutti noi: sento la sua linea vitale più intensa che mai."
Scacciai via le lacrime osservando per l'ultima volta il suo volto inturgidito e rigonfio che puntava nella nostra direzione. Schiuse le labbra per un solo attimo come a lasciare andare via tutte le paure. Come se volesse sussurrarmi che sarebbe andato tutto bene e che sarei dovuta andare avanti perché lui non si sarebbe mai arreso.
Rimontò di nuova forza premendo le labbra l'una contro l'altra. D'ora in avanti avrebbe focalizzato tutta la propria attenzione verso il suo avversario: ucciderlo non sarebbe stato così facile.
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