75. Il flusso del tempo.

Punto zero 

Lo sfavillante scintillio dell'universo mi accecò all'istante, costringendomi ad abbassare le palpebre per difesa. Con una smorfia mi sottrassi allo splendore della luce raggomitolandomi su me stessa.

«James? Ragazzi?» sussurrai spaventata, mentre tastavo il suolo attorno la mia figura. Avvertii gli ispidi terreni rocciosi con i polpastrelli e il suono dolce dell'acqua che scorreva fra le insenature incontaminate. Una polvere fine si levò al nostro arrivo, nascondendoci in quel mondo inesplorato.

«Sono qui, Dely» James afferrò la mia mano tremante, costringendomi a voltarmi nella sua direzione. I colori iniziarono a distendersi, donando forma alle macchie opache che percepivo sulla retina. Finalmente potevo osservare il suo profilo e quello dei miei compagni senza più indugiare, abituandomi lentamente a quel nuovo ambiente.

«Ma che posto è?» Lake urlò rinvigorita. Ci passò accanto a tutta velocità e per poco non mi fece perdere l'equilibrio. Iniziò a correre felice come una bambina solo poteva essere, spensierata per la prima volta da chissà quanto. «Mike, seguimi, è fantastico!» ed era proprio così.

Nello spostare lo sguardo mi resi conto di cotanta magnificenza. Non vi erano limiti, né confini tangibili, solo una infinita distesa di luce che racchiudeva il cielo terso di un azzurro dipinto e le rocce di un sentiero impenetrabile all'uomo.

«Siamo nel luogo giusto?» domandò Mallek intimorito, mentre riprendeva le forze.

«Ehi, sicuro di riuscire a reggerti sulle tue gambe?» Colton gli era stato al fianco per tutto il necessario, finché il ragazzo con mosse il capo per assenso. C'era qualcosa di rinvigorente nell'aria.

James mosse qualche passo in avanti al di sopra di una altura fermandosi solo dopo aver individuato ciò che cercava. «È proprio qui...» commentò esterrefatto, osservando al di sotto. Seguimmo i suoi movimenti sporgendoci a nostra volta. A una ventina di metri di altezza, tra le incurie e le insenature di un monte millenario, stanziava una piccola piscinetta naturale, dalla cui estremità sorgeva la fonte che aveva dato origine alla mutazione dei viaggiatori.

«Questo significa che le acque-» Colton provò ad allungare una mano verso le ferme pozze che si erano formate nelle insenature naturali e che scattanti scendevano per i pendii.

«Non toccarle!» lo intimò James. Il rombo della sua voce riecheggiò per l'immensa landa desolata, interrompendo l'idilliaco gioco di Lake. Mike l'attirò a sé prima che quell'ultima commettesse lo stesso errore, ragguardandola sul modo di comportarsi e di fare più attenzione.

L'ancora sembrava essere dannatamente convinto delle sue parole, pertanto, Colton retrasse il braccio ubbidendo ciecamente. Nella sua nuova veste di capitano, non avrebbe dovuto essere così incauto.

Mosso dalla vergogna decise di ritornare ad occuparsi del più fragile dei viaggiatori, chiedendo delle sue condizioni.

E la sua risposta ci stupì.

«Avverto il passato, il presente, il futuro... di qualsiasi futuro o passato che sia mai esistito o ipotizzato, ma non fa male... non fa più male, vivere!» Mallek sussurrò quelle parole con estrema flemma, mentre per la prima volta poteva respirare a pieni polmoni e gestire i suoi poteri allo stesso tempo. Strinse un labbro fra i denti, legandosi e abbracciando Colton per condividere la sua naturale commozione.

Mi si strinse il cuore dalla felicità.

Incurvai la testa a lato, trovando appoggio contro il petto teso di James. Sentii il suo respiro direttamente tra i miei capelli, gustandomi uno dei pochi attimi di tregua da quando tutto era iniziato.

«Blake mi ha spiegato che le acque del flusso del tempo sono letali per i viaggiatori,» iniziò soppesando le parole. Sapeva bene che necessitavamo di una spiegazione. E lui era l'unico che conoscesse la verità. Nonostante mi fossi domandata il motivo per il quale suo padre avesse voluto conferire con lui in privato, non avevo ancora trovato il coraggio di chiederglielo direttamente, per paura di ciò che potessi udire. E avevo ragione ad averne. «Esse contengono troppa energia cosmica per poter essere assorbite da un viaggiatore già straripante di potere. Al contrario, i suoi fumi sono rigeneranti per i vostri corpi. Ecco spiegato il motivo per il quale vi sentite tutti meglio, persino Mallek.»

In quel momento non c'erano ribelli, niente morte, neanche il dolore a segnarci. Eravamo solo dei ragazzi che avevano afferrato saldamente il destino dell'universo giurando di proteggerlo a qualunque costo.

Ma sapevo che quell'apparente felicità non sarebbe potuta durare in eterno.

«Tu puoi veramente modificare gli eventi, James? Potresti riscrivere i libri di storia che ho letto e studiato per anni?» domandò Mike, mentre a fatica tentava di riarrampicarsi dalle scoscese rocce per riunirsi con il gruppo. Lake gli diede una mano nei passaggi più ripidi.

Il mio fratellino annuì con disinvoltura. «Kors... anzi,» piegò le labbra con irritazione. «Mio zio pensa che uccidendo tutte le ancore lui possa essere in grado di governare e gestire gli eventi dello spazio-tempo a suo piacimento. Ma è una bugia. Facendolo otterrebbe l'effetto opposto: l'intero flusso del tempo si riverserebbe nell'universo devastandolo nella sua interezza. Mio padre mi disse che non può esserci nessuna riscrittura del passato senza la presenza di un discendente della prima ancora. Questo fiume eterno risponde solo al nostro DNA, così come è stato per la clessidra delle sabbie. Nel riflesso dei flutti sono in grado di visionare scorci di vita di qualsiasi epoca ed è uno spettacolo stupendo. So che per voi, invece, queste non sono nient'altro che acque cristalline. Noi ancore siamo gli unici a cui la fonte risponde e io sono l'ultimo che può sigillare questo potere una volta per tutte.» Strinse il pugno con vigore, finché le sue nocche non persero colore.

Colton incurvò un angolo delle labbra sornione. Finalmente una buona notizia. Forse la soluzione tanto agognata era a un passo dall'essere afferrata. «Blake lo aveva fatto sembrare impossibile! Pff, e invece eccoci qua! Perché non dircelo subito?»

«Perché fa parte del segreto che la famiglia Bellamy tramanda di generazione in generazione, o sbaglio?» Iniziai a fatica unendo i puntini. Non volevo che fosse vero, eppure...

Stretta tra le sue braccia mi aggrappai a lui più avidamente.

I volti spensierati dei miei compagni divennero improvvisamente cupi, ricordando le parole che il capo delle ancore ci aveva rivolto al centro dell'universo.

«Cosa non ci stai dicendo, James?» lo interloquì Colton, il quale aveva capito di essere stato tratto in errore. Non poteva essere tutto così semplice come lo aveva figurato.

I passi di Lake e Mike rimbombavano sempre più vicini, dettando il tempo martellante del mio cuore, e fu in quel momento che colsi l'opportunità per fare la domanda che tutti avremmo voluto porgli, ma per cui non avevamo il coraggio.

Il primogenito si volse al nostro cospetto dando alle spalle al luogo in cui aveva avuto origine l'impossibile, scrutandoci con iridi spente e piene di rimorso.

Perché Blake aveva insinuato che non ci fossero soluzioni se non quella di scappare in eterno? Perché non aveva potuto essere lui a sigillare quel potere in un tempo non sospetto? Perché questi interrogativi portavano tutti verso un'unica dannata e tragica direzione?

«Hai intenzione di sacrificare la tua vita, James?»

Per la durata di un battito quel luogo rimase avvolto nel più completo e assordante dei silenzi. La gola mi pizzicava e mi mancava il respiro. Abbassai le palpebre spaurita dalla sua risposta, in attesa del verdetto finale.

Avevo canalizzato l'attenzione focalizzandola tutta verso colui che sarebbe stato in grado di salvare il futuro.

Sospirò incontinente, mentre con il suo braccio strinse la mia vita per attirarmi a lui.

«L'ho reso così ovvio?» sussurrò in un sorriso candido che mi spezzò il cuore.

«Non puoi farlo!» Lake gli si buttò sulla schiena aggrappandosi a lui come una scimmia impazzita. «Non puoi farlo! Non devi farlo! No! Non sei autorizzato! È fuori discussione!» Quel gesto eclatante fu solo il primo di altri meno rumorosi tentativi di dissenso.

James si ritrovò a terra, bloccato dalla feroce ragazzina che gli impediva di compiere qualsiasi movimento e dal povero Mike che a malapena riusciva a tenere fermo la sua mano destra, mentre in sottofondo c'era la sua risata cristallina a riempire l'imbarazzo e lo sgomento.

Rimasi immobile, spenta nel mio volere e della mia foga.

Colton, Max e Mallek mi superarono all'istante alzando dietro di loro un polverone di luci sfavillanti che splendevano attraverso le mie lacrime salate.

«Era questo il tuo fantastico piano? Tu e Delaney siete certamente parenti!»

«Possiamo ancora andare via, ma dobbiamo farlo adesso. C'è ancora tempo, tu puoi vivere!»

«Non è questo il futuro che voglio sentire! Non voglio realizzarlo! Sono stanco di vedere i miei compagni perire!»

Mi morsi l'interno guancia, assaporando l'amaro ancora una volta.

La nostra avventura aveva sempre avuto questa unica e ovvia soluzione?

Che senso aveva provare ad opporsi?

Ero così stanca.

James era attorniato dalle persone che più tenevano a lui. Sapeva bene che non avremmo mai accettato la sua decisione, eppure... perché era così sereno? Perché non ne aveva parlato con me?

Perché aveva deciso di abbandonarmi?

Lui... lui era la mia famiglia.

Fu quando le sue iridi di cristallo entrarono in collisione con le mie che scattai sulle ginocchia prorompendo disperata.

«Perché? Perché non c'è un altro modo? Perché devo perdere anche te?» gridai straziata rivolgendomi ai quattro venti e a qualsiasi dio che fosse mai esistito. Ingoiai la polvere, strisciando le mie dita contro i graniti millenari fino a quasi a sanguinare.

La sua decisione non era negoziabile. Lo sapevo bene.

Osservato il mio stato, i ragazzi si allontanarono lentamente dal suo corpo, lasciandogli lo spazio necessario affinché potesse raggiungermi a gattoni.

Sollevò il mio sguardo con due dita sotto il mento, affinché potessi ascoltare e visionarlo nella sua interezza.

«Mi dispiace» sospirò trattenendo a stento le labbra tese. «Ho promesso che ti avrei protetta ad ogni costo... va bene così.»

Digrignai i denti irata. «Non devo essere io quella che deve essere protetta! Sono stufa di tutti voi che pensate di sapere cosa sia meglio per me, di decidere per me, quando tutto ciò che vorrei è vedervi vivi e vegeti al mio fianco!» Afferrai la sua maglia all'altezza del cuore. Non andava bene per nulla.

La sua mano passò sulla mia, facendomi tremare dentro. Avvertivo le viscere contorcersi tra i singhiozzi disperati. «La mia vita non è più importante della tua, Dely» sussurrò. Scioccata riposi nuovamente i miei occhi su di lui.

«Che cosa significa? La tua vita vale come quella di tutti noi! Io voglio che tu viva, che tutti i nostri amici vivano e che siate felici!» Blaterai in preda al panico.

James afferrò anche l'altra mia mano, infilandosi tra le dita affinché potessi concentrarmi su di lui e solo lui.

«Ma a quale prezzo?» mi chiese con tono accusatorio. Rimasi imbambolata, incapace di formulare una contro risposta.

Abbandonò la presa per sfiorarmi il volto e lasciarmi un casto bacio sulla fronte. Passò tra i miei capelli, attingendomi a lui per sentire tutto il mio dolore e assorbirlo.

«Hai la tua vita. Tutti voi l'avete. Non meriti di scappare in eterno, nessuno deve più pagare il prezzo della fuga e della disperazione. Cosa potrei mai offrirti in cambio, se non questa via di uscita?»

Mi morsi un labbro tra i sospiri. «Io non lo voglio! Non lo accetto!» riproposi a pieni polmoni, mentre mi dimenavo tra le sue braccia.

«Non posso vivere con il peso di averti trascinato a fondo con me... Christopher non lo avrebbe mai permesso e io non me lo sarei mai perdonato.» Mi bloccai all'istante. Era meschino, con quelle parole sapeva di giocare sporco.

«Sei la mia famiglia...» sussurrai affranta. James mi attirò a sé cauto e maldestro com'era per confermare ciò che avevo sempre pensato.

«È proprio per questo che lo faccio, sei la persona più importante per me, l'unica per cui valga la pena commettere l'estremo sacrificio». Buttò fuori l'aria in un sussurro. «Devi lasciarmi andare».

«Perché proprio tu? Perché adesso? Non avrebbe potuto sacrificarsi qualcun altro? È un fardello che non ti è mai appartenuto!» mi lamentai tra i singhiozzi appena abbozzati, mentre provavo a pulire il mio volto con il dorso di una mano fin troppo tremante.

Sgomento e con gli occhi lucidi mi mostrò le fila di denti bianchi in un candido sorriso. Voleva che lo ricordassi cosi. «Perché sono l'ultimo sopravvissuto. Il flusso del tempo ha solo me come suo padrone e ne posso disporre come voglio, persino assorbirlo e sigillarlo per sempre.»

«Era necessario che tutte le altre ancore morissero» constatò Mallek con voce tremante portandosi a scombinare i ciuffi ramati tra le dita. «Lo avevo percepito fin dal principio.»

Era stato scritto e deciso ancor prima che nascessimo.

James annuì. La morte e il dolore erano le condizioni necessarie affinché quello scenario potesse presentarsi. Affinché una possibilità potesse essere tutto ciò su cui l'umanità potesse contare.

Quella stessa speranza che Victoria e Blake decantavano sul tetto dell'Accademia era dinanzi i miei occhi. Come due abili burattinai erano riusciti a muovere i fili di tutte le pedine a loro disposizione, affinché si compisse ciò che era necessario, lasciando il resto nelle nostre mani: i loro discendenti.

E mi dispiacque constatare di non aver compreso bene quali fossero i miei limiti e fin dove sarebbe stata necessaria la mia presenza... perché immersa nella natura che aveva dato vita ai viaggiatori, mi sentii inerme e priva di potere decisione alcuno.

Il futuro sarebbe dipeso unicamente dalla volontà di James Bellamy.

Lui che era estraneo a quel mondo, che era stato costretto ad abbandonare casa sua per il mio bene.

Lui che prima di quel giorno non aveva mai conosciuto il suo vero padre, rinnegando persino sé stesso.

Lui che non aveva mai smesso di sorridere, persino in quell'istante.

Lui era stato scelto dal destino per essere l'ago della bilancia tra l'ordine e il caos eterno.

«Va bene, James... ti permetto di salvare tutti noi.» I suoi occhi smeraldini si aprirono con immenso ardore, splendendo più che mai, ritrovando la forza per sconfiggere qualsiasi cattivo pensiero. Aveva bisogno che io fossi in pace con la sua decisione. «Ti permetto di salvare me.»

Nell'esatto momento in cui allungai il mio palmo nella sua direzione per sfiorare il suo volto per l'ultimo saluto, la terra entrò in tumulto.

Max si piegò sulle ginocchia iniziando a urlare e a trattenere la testa fra le mani.

A pochi passi alle sue spalle, il cielo venne squarciato da nere lastre di antimateria dalla forma poligonale che aprirono un varco spaziale con l'esterno, collegando i mondi che non si erano mai incontrati in quei millenni. Non avevo mai visto nulla di simile. Sembrava tanto un portale... ma non aveva nulla di simile a quello creato dai viaggiatori.

Come era possibile?

L'ampolla delle sabbie si era smaterializzata sotto i nostri occhi, non lasciando seconde possibilità di accesso. L'aria era carica di elettricità, respingendo qualsiasi elemento distante dal suo centro di gravità.

Accadde tutto in pochi attimi.

Il terreno sotto ai nostri piedi iniziò a franare. Parte dei massi appuntiti andò a sovrastare l'accesso alla piscinetta naturale, origine del flusso del tempo, bloccandone il passaggio.

Venimmo divisi da Max senza accorgercene. E più i secondi scorrevano, più era chiaro che l'epicentro di quella calamità fosse proprio il suo corpo.

Inutili furono i nostri tentativi di avvicinamento, mentre la polvere e le rocce ridisegnavo la geografia del luogo. Sembrava di essere tornati all'abazia delle ancore e che il caos ci avesse raggiunto di nuovo.

Non avrei potuto essere più spaventata dall'eventualità.

Ben presto, da quella strana frattura, una mano ossuta emerse dalle ombre agguantando Max dalla sua maglia, trascinandolo al suolo. Il ragazzo arrancava a respirare, mentre si aggrappava con tutte le proprie forze al braccio del suo aguzzino, cercando di resistere.

Tra le fenditure del tessuto usurato all'altezza del petto, a contrasto con il colore olivastro della sua pelle, si evidenziarono delle strane striature cobalto che sembravano nascere direttamente dal suo cuore e irradiarsi in tutte le direzioni.

Cosa gli stava accadendo?

«Finalmente ti abbiamo raggiunto, topolino. Adesso non potrai più scappare» sibilò Theon, il primo dei viscidi ribelli che mise piede su quel suolo sacro.

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