63. Le origini del caos.
«Uno splendido lavoro sulle fibre di carbonio impregnate di energia, figliolo» iniziò Igor applaudendo al ragazzo che stizzito si osservava intorno con frustrazione. Il vecchio Pavlov lo aveva interrotto nel momento in cui la sua presentazione era al culmine. Tra le mani teneva quella che capii immediatamente fosse un antenato rudimentale del gigafut a cui ero stata abituata.
Il padrino delle tecnologie più all'avanguardia dell'Accademia era niente meno che l'uomo che aveva provato a rapirmi.
Il ragazzo poco più che ventenne provò a riconquistare la parola, rimanendo immobile al centro del palco. «Ma signor Preside, credo che debba ancora capire gli usi cui potrebbe essere destinato questo prototipo e come influenzerebbe gli stessi umani! Ho in mente un progetto sulle nanoparticelle, che ci permetterebbe di tracciare anche la nostra stessa esistenza in modo da poter sfruttare la linea temporale a nostro favore. Avremmo tutto il potere che-» ma nuovamente la voce di Igor surclassò quella del giovane uomo.
«Suvvia, non dica sciocchezze, Georgestone. Il nostro scopo è quello di vivere in simbiosi con la natura, proteggere il continuum. Usare l'energia temporale sarebbe contro ogni nostro principio, non crede anche lei?» Theon digrignò i denti, mentre un paio di guardie della difesa iniziarono a muoversi al fine di costringerlo ad allontanarsi.
Il ragazzo capì immediatamente la gravità della situazione, cercando di recuperare sul finale, facendo un bel respiro. «Ha proprio ragione, signor Preside, non vorrei mai essere causa di un collasso interdimensionale.»
Si levò una risata generale che rilassò gli animi di tutti i presenti.
Tranne quello di mia madre.
Mentre scendeva a uno a uno i gradini del palco, Theon si aprì in un sorriso beffardo. Doveva star provando disprezzo nei confronti di tutti i presenti. Stavano ridendo di lui e delle sue idee. Un giorno gliele avrebbe fatto rimpiangere. La scintilla di distruzione era appena nata nel suo cuore.
Si allontanò scomparendo tra la folla, mentre a prendere il suo posto era stato Valek. Il quale, con maestria e disinvoltura, mostrò all'universo adimensionale come progettare una lampada al plasma comprimendone l'energia.
Il ragazzo aprì due portali, paralleli tra loro e al terreno, a una distanza di appena un metro al fine di sfruttare le conoscenze di fisica elementare per dimostrare la sua teoria. Nel mentre, creò le ampolle capaci di raccogliere gli impulsi luminosi della volta celeste.
Allo stato grezzo le sfere sarebbero state instabili e inutilizzabili, ma lui aveva trovato un modo per sfruttare il suo potere.
Allungò la mano con le creazioni lasciandole cadere nel vuoto del portale più basso. Come per magia, le sfere fioche riapparvero cadendo dall'alto del secondo specchio di antimateria. E così accadde per innumerevoli volte finché quelle che avevamo visto come ampolle quasi vuote, divennero delle biglie spaventosamente brillanti.
Al culmine dei fasci di luce, i portali si richiusero e la presentazione terminò.
La folla applaudì entusiasta e affascinata. Ma Igor aveva un'obiezione. «Dove sono finite le sfere al plasma?»
Valek fece un passo in avanti imbarazzato. Mantenendo sulla punta del naso gli occhiali rotondi. «Nella mia camera vi è il giusto sistema di supporto per contenerle. Purtroppo, mi era impossibile portarlo sul palco. Serve la corretta attrezzatura per recuperare il materiale che orbita a quella velocità spropositata. Chiedo venia, signor Preside.»
Quella risposta bastò per soddisfare il chiacchiericcio generale e per essere ammirato dalle generazioni future.
«Wow!» Victoria sentì pronunciare alla sua destra. L'undicenne Sander si alzò in piedi osservando con occhi nuovi quell'utilizzo improprio dei portali. Spalancò la bocca rimanendo scioccato dalla bravura dell'allievo di mia madre.
Mark gli si avvicinò sussurrandogli in un orecchio: «Non è stato grandioso? Valek ha saputo sfruttare la forza di gravità per creare quel proiettile brillante. Ti piace?» domandò.
Il ragazzino sorrise incredibilmente felice. «La trovo l'idea più geniale di tutte! Potrò farlo anche io?»
Victoria avvertì una strana fitta al fianco, mentre osservava padre e figlio stringersi forte nelle braccia dell'altro.
«Sì, ne sarai capace anche tu» sussurrò la donna senza rendersene conto. Ma nessuno la udì.
Concitata tornò a sedersi composta, mentre Melissa avrebbe dato il miglior spettacolo di scherma mai visto nell'intero universo.
***
Quando la ragazza retrasse la katana al suo fianco, lo scroscio degli applausi fu inevitabile. Il suo potenziale e il suo talento erano innegabili.
Vi erano solo occhi di ammirazione per lei e più di tutti li aveva Valek, il quale non aveva mai staccato le sue pupille infondendo in lei fierezza e orgoglio.
Il Preside Pavlov la congedò con lieto ardire sorridendo entusiasta alla folla elettrizzata. «Ordunque siamo giunti all'ultimo spettacolo di questa cerimonia. Che salgano sul palco Kors Pavlov e Anjelika Bellamy, l'onore è tutto vostro.»
Non c'era di che stupirsi se tutti si aspettavano un finale col botto. Le giovani promesse dell'Accademia avevano superato qualsiasi immaginazione.
Nel cuore di Victoria, però, si celava anche altro.
Un brivido percorse la sua schiena quando la figura del giovane Kors superò la prima fila diretto al gran finale. Anjelika nel suo lungo abito da sera lo seguiva fedele. Era sempre stata la sua roccia, la sua più stretta confidente e l'unica che l'aveva conosciuto per davvero.
Non aveva altro al di fuori di lei, troppo insicuro di non essere accettato o ben voluto. Il suo cognome era un fardello pesante che alla splendida ancora non tangeva affatto.
A seguito di tale ardore e amore si posizionò alle spalle di Kors, al centro del palco. Afferrò le sue scapole imprimendogli la fiducia di cui aveva bisogno di investirsi.
Non ce l'avrebbe mai fatta senza di lei e senza di lei era una vita che non avrebbe mai voluto vivere.
L'osservò con la coda dell'occhio sorridendo di sguincio. Non c'era niente al mondo che volesse di più che sentirsi meritevole dell'approvazione del suo popolo. Per la prima volta da quando era nato si sentiva capace di farlo.
Alzò il mento verso suo padre con la promessa di renderlo orgoglioso. Fremente incrociò le gambe al suolo assumendo la posizione più comoda per raggiungere il suo obiettivo.
«Sei pronta?» le chiese in un sussurro. La ragazza dalle pallide gote rosee annuì incurvando gli angoli dalla bocca.
«Fino alla fine» pronunciò sovente.
Kors guadagnò l'attenzione del pubblico innalzando le braccia al cielo e sfiorando la polvere di stelle che lo circondava. Inspirò profondamente prima di abbassare le palpebre e perdersi nei meandri della sua mente.
Nell'immediato immagini mutevoli dei due amanti si formarono e si espansero raggiungendo le prime fila di spettatori. Una dopo l'altra in rapida successione stavamo rivivendo gli eventi dei giovani allievi che erano stati nelle precedenti ore. Nei precedenti giorni. Nei precedenti anni.
Avevo avuto modo di vedere la potenza che la torre dei ricordi aveva, ma non con quella portata. Non potevo credere ai miei occhi: l'intera volta celeste stava venendo ricoperta dalle immagini che Kors voleva rendere pubbliche al mondo. Avevano un'estensione inimmaginabile e altrettanto doveva essere la concentrazione assoluta che doveva aver raccolto.
Ma non tutti sembravano essere impressionati da tali capacità.
"Il figlio del Preside non sa fare niente di meglio?"
"Con un'ancora al mio fianco sarei capace di viaggiare fino al Paleolitico!"
"Patetico, non vogliamo sapere della tua storia d'amore. Fai qualcosa di utile!"
Le voci divennero sempre più insistenti, tant'è che persino il Preside non poté fare a meno di ascoltarle schierandosi con il pubblico al fine di interrompere quella presentazione fin troppo smielata.
Avvertendo l'insoddisfazione generale, le remore nel suo cuore presero il sopravvento e qualcosa sul volto di Kors cambiò. Non poteva permettere che ciò decretasse la fine del suo percorso. Aveva lavorato sodo per arrivare dove era e non voleva arrendersi. Non voleva essere considerato un inetto.
Serrò le palpebre con veemenza corrugando la fronte irritato, mentre attingeva ai poteri di Anjelika per ampliare le sue visioni. Se la folla voleva lo spettacolo e allora era ciò che avrebbe avuto!
Con un rapido gesto i protagonisti delle vignette incantate iniziarono a variare, divenendo pian piano gli umani di ogni epoca e spazio mai esistiti.
Era stato estremamente repentino che mi convinsi ci volesse un potere sovraumano e una forza inaudita per farlo. In quel momento stava vivendo e assaporando le vite di innumerevoli personaggi realmente esisti. Rideva con loro, piangeva con loro, le sentiva fin dentro le viscere perché quello era il compito di uno storico: conoscere e attuare alla perfezione ogni attimo che fosse mai stato consumato dal tempo.
Le immagini remote iniziarono ad accelerare non scorrendo più al normale decorso, ma in maniera sconsiderata e fervente.
Sembrava essere proprio ciò che il pubblico esigeva: lo spettacolo magnifico che era stato loro promesso. Un cinema di emozioni travolgenti alla mercè di ogni viaggiatore.
Quello aveva impressionato le povere menti degli stolti che non si erano arresi alla bellezza della capacità di un giovane ragazzo, costringendolo a un tormento inenarrabile.
Victoria si levò dalla sedia spaventata. Tutto ciò era troppo per il suo corpo e la sua psiche. Sarebbero seguite conseguenze devastanti se non si fosse fermato.
All'improvviso il vento iniziò a soffiare furente, mentre i primi lampi mai esistiti vennero scoccati nel cielo a seguito dell'immensa elettricità statica creata dalle particelle di energia messe in moto da Kors.
Le figure sulla volta celeste nascevano e perivano a una velocità inaudita, mentre le saette misero in allarme l'intera Accademia, colpendo chiunque fosse nel suo raggio d'azione.
Si scatenò il panico.
Il pubblico spaventato iniziò a scappare verso l'interno dell'edificio dove sarebbe stato al sicuro, mentre le raffiche proseguivano senza sosta, aumentando di intensità.
«Kors, smettila immediatamente! È un ordine diretto di tuo padre!» L'uomo non poteva sapere che ormai la sua mente era troppo lontana affinché potesse anche solo udirlo. Il ragazzo era sprofondato nella linea temporale cercando di portarla a galla. Tutto ciò che il Preside poté fare fu dare l'ordine alle sue guardie di terminare quello spettacolo, ma non sarebbe stato facile.
Il giovane Pavlov levò la testa all'indietro, mentre un rivolo di sangue perpetrava dal suo naso macchiando i vestiti da festa.
Anjelika teneva duro senza mai lasciare la presa.
«Allontanati da lui» ordinò mia madre, mentre tentava invano di raggiungerli sul palco. Ma la ragazza non voleva saperne nonostante i continui richiami del suo stesso sangue. Non l'avrebbe mai lasciato. L'aveva promesso: sarebbe rimasta con lui fino alla fine.
Le grida disperate sovrastavano le voci dei suoi compagni. Mentre Lyza e il piccolo Sander trovavano riparo, Mark e Blake le si affiancarono a fatica con l'unico intento quello di cessare tale maestosa disperazione.
Le prime guardie che sfiorarono il corpo di Kors caddero preda dell'orrore delle sue visioni. Non si trattava più di ricordare una vita felice passata con la sua amata. In quel momento lui stava vivendo la tragedia, il dolore, le sciagure, la solitudine, il supplizio e la fine di ogni singola anima che fosse mai venuta al mondo.
Il cielo divenne tinto di rosso... dal colore che io stessa avevo più volte assaporato l'amaro.
Per la prima volta il Preside si rese conto di quanto potesse essere spaventoso il proprio figlio, sentendosi inerme.
Anjelika iniziò a urlare in preda al tormento che il suo carnefice le stava infliggendo, seppur senza volerlo. In quanto ancora era riuscita a canalizzare il potere e assorbirlo, soffrendo nello stesso qual modo degli incubi che Kors materializzava.
«Conducimi da mia sorella! Ti prego!» aveva gridato il padre di James al viaggiatore esperto che stava avendo non poche difficoltà.
Mark annuì aprendo un portale che avrebbe condotto in sicurezza al suo fianco, ma quando i tre giunsero sul palco le dita di Anjelika persero di aderenza, lasciando che la giovane collassasse a lato. Blake fece in tempo a sostenere le sue membra, ma era ormai troppo tardi.
Aveva superato il suo limite.
All'improvviso le folate di vento cessarono e i fulmini arrestarono la loro furia. Il cielo si ammutolì, mentre la voce roca di Blake squarciava lo spazio adimensionale richiamando il nome della sorella amata.
«Anjelika, ti prego rispondi! Anjelika sono qui, eccomi. Il tuo fratellone è venuto! Anjelika apri gli occhi! Ti prego, Anjelika! Ti prego!» singhiozzava, mentre teneva stretto tra le sue braccia il corpo dell'ancora cercando di rianimarla.
La pelle diafana aveva perso il suo candore, i capelli lucenti il loro splendore e le sue pupille avevano smesso di brillare.
A Victoria venne meno il respiro portandosi le mani sul volto. Non poteva crederci neanche lei. Si sentiva in colpa per non aver capito fin dove si sarebbero spinti e per non averlo impedito. Non avrebbe mai dovuto permettere che ciò accadesse!
A nulla valsero i soccorsi che giunsero da lì a poco più avanti. Flare era stata la prima a precipitarsi, ma neanche le sue tecniche più avanzate erano state capaci di far ripartire il suo cuore ricolmo di oscurità.
Kors si levò in piedi spaesato, mantenendosi la testa tra le mani. Osservò con iniziale distacco ciò che stava accadendo a pochi passi da lui. Per lui era stato come vivere un incubo innumerevoli vite.
Sbatté frenetico le palpebre cercando di riprendere coscienza.
«Anjelika che è successo?» domandò con la bocca asciutta e le congiuntive arrossate.
Non ricevendo risposta iniziò a guardarsi intorno, ricercando indizi che avrebbero potuto svelare il mistero.
Una mano pendula, singhiozzi strozzati, il fine manto di capelli sparso al suolo e una piccola folla di curiosi lo separavano dalla verità. Con le pupille inespressive ricercò sovente una risposta alla domanda che continuava a pronunciare.
«Che cosa hai fatto, ragazzo?» il vecchio Pavlov non poteva credere a ciò che era appena successo. Sul suo volto gli occhi infossati osservavano la figura di Kors senza più alcun sentimento. Chi era costui che si ergeva in mezzo al nulla non sapeva più dirlo con certezza.
E fu quando le iridi del giovane viaggiatore osservarono le gote pallide della sua amata, la gravità delle sue azioni lo colpì in pieno petto paralizzandolo.
«Non è possibile... non sono stato io» sussurrò tremante. «Non sono stato io!» urlò a più riprese disperato.
Blake udendo quelle parole perse la testa, allontanandosi dal corpo di Anjelika per soddisfare la sua sete di vendetta.
Si gettò su Kors facendolo cadere rovinosamente e sovrastandolo con il suo peso. Non gli importava più del decoro, del bene che gli volesse. Quel giorno lui non sarebbe più stato parte della famiglia. Mentre gridava straziato dal dolore gli assestò un paio di colpi sopra la cintura e sul volto.
«Io ti ammazzo, bastardo! Ti uccido come hai ucciso lei!»
Venne fermato da Mark, il quale lo trascinò via di peso, mentre il ragazzo osservava con il volto tumefatto i vani tentativi di rianimazione. Si allontanò a tentoni da quella scena, incredulo e con le lacrime agli occhi.
Per lui doveva essere un orribile scherzo, non c'erano altre spiegazioni.
La polvere sottile che era stata alzata a seguito delle colluttazioni ricadde al suolo ponendo fine a qualsiasi dubbio.
La verità era che i poteri di Kors si era evoluti fino all'impensabile. Con quella prova aveva dimostrato di avere il controllo non solo della linea temporale degli umani, ma anche delle menti di coloro che toccava.
E poiché la morte era ciò che stava vivendo nelle sue visioni, senza volerlo l'aveva innestata nel subconscio di Anjelika, decretando la sua prematura dipartita.
In quegli istanti sulle iridi grigie di Kors veniva impresso lo spettacolo che lo avrebbe tormentato in eterno e la consapevolezza di ciò che era stato lo fece impazzire.
Era vero, era stato lui a ucciderla, materializzando il suo incubo peggiore.
Disperato si accasciò al suolo dove giacque per svariati minuti inspirando furante e piangendo senza sosta, mentre la rabbia gli montava in petto.
Era lui quello che sarebbe dovuto morire. Sarebbe dovuta toccare a lui la pena più dura di tutte.
Non era giusto! Non era ciò che sarebbe dovuto accadere!
E fu così che nel più oscuro dei momenti dell'Accademia si accese una scintilla nel profondo del suo animo.
Si aggrappò così all'ultima briciola di speranza che aveva, ponendosi un'unica ed eterna domanda che sarebbe stata la causa e l'origine del caos.
«E se facessi in modo che non fosse mai accaduto?»
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