53. Awaken.
Alla fine di quella conversazione Arkus tornò dai suoi compagni d'armi. Il suo aiuto si sarebbe rivelato prezioso, qualora fossimo riusciti a ritornare nel nostro tempo. I ribelli avevano un punto debole e avremmo potuto sfruttarlo.
Erano trascorse un paio di ore da quando avevamo lasciamo la tenda in cui Christopher riposava. La seconda capanna veniva utilizzata da Mallek come deposito, ma ultimamente era divenuto il rifugio silenzioso in cui fiondarci se avessimo voluto tranquillità. Era più piccola e meno attrezzata, per quel motivo avevamo pensato potesse essere il giusto luogo per fargli ritrovare le forze.
Ero rimasta a fare la guardia all'accampamento in compagnia di James. La vita, al villaggio, continuava e tutti coloro che avevano un ruolo dovevano contribuire alla sua crescita. I primi a far ritorno furono Lake e Mike dalle piantagioni. Non mostravano segni di stanchezza alcuna a dispetto dei grandi sorrisi e i gesti plateali.
«Guardami!» aveva urlato la prima, dimenandosi in continuazione. Mike non sapeva più come fare. «Lo sto facendo!» ripeteva esausto con le palpebre spalancate.
«Guardami più intensamente!» ordinava.
Sogghignai ascoltando inavvertitamente l'oggetto della conversazione. Lake doveva essere rimasta folgorata dalla spiegazione di Colton per costringere quel poveretto a tale supplizio.
«Ecco il nostro bottino del giorno» ci comunicò mantenendo il contatto visivo con Mike e lasciando ai nostri piedi l'oggetto incriminato.
«Dobbiamo allenarci, ci vediamo dopo!» e veloci com'erano giunti scomparvero verso la distesa bianca.
James inarcò un sopracciglio osservandoli da lontano. «Sono contento che quei due vadano finalmente d'accordo.» Annuii convinta passandogli il sacco di segale che sarebbe stato meglio portare al coperto.
«Sarebbe più corretto dire che finalmente Lake non scappa più quando lo incontra.» ci scambiammo un'occhiata divertita ripensando alle grandi fughe dello scricciolo.
Il ragazzo strinse il pacco tra le mani impensierito. «Forse rivede Kit in lui» aggiunse. Mi morsi un labbro non completamente soddisfatta da quella affermazione, mentre lui si accingeva a scostare la tenda di cuoio della capanna dove tutti noi alloggiavamo.
«Forse lo fa per onorare la sua memoria, non credi? Lui faceva il tifo per Mike, sai?» abbassai le palpebre mirando la candida neve che si depositava al suolo formando le lastre di ghiaccio perenne.
Avvertii dello spostamento d'aria, al seguito del quale rialzai lo sguardo. Due pozze verdi mi fissavano intensamente, mentre il sorriso aleggiava sul suo volto. «Tieni, non c'è spazio lì dentro. Mettilo nel deposito insieme agli altri.» Mi passò il sacco all'altezza dell'addome disturbando il mio equilibrio.
«Perché io?» domandai turbata indietreggiando. James scrollò le spalle rimettendosi seduto. Non mi avrebbe rivelato le sue intenzioni. «Fai con comodo, rimango io di guardia» aveva aggiunto con ilarità.
Sbuffai imbarcandomi quel peso e facendo leva sulle ginocchia. Entrai nella capanna adibita a magazzino cercando di non fare rumore per evitare di svegliarlo.
Christopher giaceva ai piedi dell'asse portante. Sdraiato su un fianco, potevo visionare solo la linea dura delle spalle e la curvatura della schiena. Le fasce che coprivano il suo corpo avevano lasciato solo pochi centimetri di pelle scoperta, quella che secondo Flare sarebbe stata meglio trattare all'aria aperta poiché meno lacera. Era fiduciosa del suo processo riparativo, giacché non temeva danni permanenti. Un telo lambiva la cute sfregiata.
La luce fioca filtrava attraverso i tendaggi, mostrandomi la catasta di segale dal lato opposto rispetto a quello in cui lui stanziava.
Scossi il capo ricordandomi il motivo per cui fossi lì, svolgendo il mio misero lavoro al meglio. Mi liberai della polvere sui vestiti di pelle con un rapido gesto, notificando con la coda dell'occhio i movimenti del giovane alle mie spalle che si era rigirato tra le coperte.
Mi morsi l'interno guancia constatando la numerosità delle ferite. Doveva essere un'agonia.
Mi avvicinai cauta trattenendo il respiro per osservarlo meglio. Piegai lievemente il capo scrutando il profilo del suo corpo.
Buttai fuori l'aria sedendomi sulle ginocchia. Allungai una mano sentendo prepotente la voglia di sfiorare il contorno di quelle che sarebbero state cicatrici violacee sul dorso. Chissà cosa aveva provato, cosa aveva pensato e quale fosse stata la sua scintilla.
Mi arrestai, bloccando le dita a mezz'aria.
«Puoi farlo, se vuoi» sentii pronunciare. Sbattei le palpebre sorpresa, rimanendo nella medesima posizione.
Christopher si voltò quel tanto per permettermi di scrutarlo negli occhi. Aveva le labbra secche e le iridi splendenti. Il viso era ricoperto da un leggero strato di barba ispida, mentre i muscoli della mascella si tendevano e rilassavano in un ciclo continuo dovuto al dolore che provava.
Si tirò a sedere facendo scivolare le coperte dal suo corpo, adagiandosi contro il tronco centrale che sorreggeva l'intera baracca.
Le mie pupille aumentarono di diametro per una frazione di secondo.
«Volevi toccare le mie cicatrici, vero?» pronunciò con voce roca. Il ragazzo mi osservava con pazienza indagando i miei movimenti. Sembrava che nessuno dei due volesse compiere passi falsi.
Avvertii calore alle guance, annuendo imbarazzata. «Sono stata sciocca, lo so. Non-»
Chris piegò le sue labbra in smorfie divertite allungandosi fino ad afferrare la mia mano. «Non c'è niente per cui tu debba scusarti» disse senza scherno.
Avvicinò le mie dita al suo petto permettendomi di sfiorare la cute lesionata dai contorni edematosi. Incrinai il sorriso avvertendo il calore del suo corpo sotto i ruvidi processi fibrotici che si stavano formando.
«Mi dispiace» sussurrai intristita a causa dei pensieri funesti che avevano intasato la mia mente in quella giornata.
Christopher levò il capo verso l'alto sospirando rumorosamente. «È colpa mia» pronunciò malinconico. «Questa è la punizione per essere stato testardo come un mulo.» Ritornò a fissarmi negli occhi avvicinandosi pericolosamente e stringendo la mia mano all'altezza del suo cuore.
Il miocardio pompava più sangue di quanto avesse mai fatto. Deglutii a causa dell'esimia distanza che ci separava, dischiudendo la bocca. Chris non voleva cedere il passo, costringendomi a fissarlo fintanto che lui avesse ricambiato.
«Per quanto mi faccia infuriare sapere che hai agito alle mie spalle, tutto ciò che conta è che tu sia sano e salvo.» Nonostante le mie parole, sembrava che dopo lo scontro avesse ritrovato la sicurezza che lo caratterizzava, abbandonando l'inquietudine e il malcontento che gli avevano stregato l'animo fin dal nostro arrivo nella terra eterna. Sorrise beffardo.
«Eppure, mi stai evitando, o sbaglio?» pronunciò seccato con sé stesso. Rimasi piccata nell'orgoglio.
Scossi il capo provando a discolparmi e allontanandomi con il busto. L'imbarazzo mi colpì tutto d'un tratto, ricordandomi il perché non volessi mettere piede in quella tenda. Avida ricercai con lo sguardo qualsiasi altro oggetto che non fosse lui, mentre nella mia mente riecheggiava lo schiocco del bacio che le nostre labbra avevano prodotto svariate ore addietro.
Qualcosa mi diceva che dietro il suo silenzio iniziale si celasse dell'altro che non tardò ad arrivare.
«Rinneghi forse ciò è successo?» domandò esitante ricercando il contatto visivo. Scossi il capo disapprovando le sue parole. «Assolutamente no!» risposi risoluta.
Il ragazzo inspirò rinnovato nell'animo, poggiando il capo contro il palo portante. «Non mi hai mai rivelato come sarebbe andata se quel giorno sulla torre dei ricordi tu non avessi cambiato il mio destino» iniziò levando in aria una mano per sistemare una ciocca dei miei capelli ramati dietro l'orecchio, mostrando il livore del mio volto. Spalancai impercettibilmente le palpebre rievocando le immagini che avevo vissuto in due vite parallele.
Scossi il capo dissimulando. «Non è importante.» Venni bloccata subito dopo.
Le sue dita affusolate percorsero i limiti del mio viso afferrando il mento e ravvicinandolo al suo. «Certo che è importante. Sono legato a te in molti più modi di quanti io riesca a immaginare. Il destino ha intrecciato le nostre vite per un motivo e, se sono vivo, qui dinanzi a tuoi occhi, lo devo solo a te. E questo lo sai anche tu» soffiò delicato.
«Sapevo che avresti avuto bisogno di me. Non ti avrei mai abbandonato, eppure, mi stai dando fin troppo credito. Sono riuscita a bloccare il tempo solo per dei miseri centesimi di secondo» ammisi sommessa.
«Davvero non capisci?» iniziò ritornando a debita distanza raccogliendo le mani al petto. «Mi hai dato l'unico motivo per il quale sarebbe valsa la pena combattere. Mi hai ricordato perché lo stavo facendo.» Lo fissai inspirando profondamente, mentre il suo corpo si ammorbidiva a seguito del suono delle sue parole. «Se ho combattuto fino allo stremo delle forze, era perché volevo ritornare da te a tutti i costi.»
D'istinto mi misi sulla difensiva, soppesando quelle affermazioni. Incurvai le labbra egoisticamente felice per ciò che aveva appena pronunciato.
«Non mi vergogno di quello che provo e non voglio negarlo. In un'altra linea temporale sono certo di averti rivelato quello che sento per te, perciò perché fare finta di non saperlo?» Affilò lo sguardo nella mia direzione mettendomi sotto scacco. Ingoiai la poca saliva che avevo. «Solo perché non è accaduto in questa, non lo rende meno reale.» Mi distaccai quel tanto per poter fissare le sue iridi ambrate risplendere di beltà. In maniera condizionata iniziai a muovere le mie dita sul suo corpo verificandone la veridicità.
Sfiorai con i polpastrelli le linee del collo, segnando i contorni delle clavicole e premendo sulla pelle arrossata. Il ragazzo strinse i denti sospirando negli attimi immediatamente successivi. Era una lenta tortura di piacere.
Accarezzai la sua nuca avvicinandomi quel tanto per poter passare tra i folti capelli dorati. Non si mosse d'un centimetro permettendomi di fare tutto ciò che m'aggradasse. Abbassò le palpebre serrando la mascella.
«Sbagliato» pronunciai con voce rauca ricercando una sua contromossa. Christopher inarcò un sopracciglio non cogliendone il significato. «Lo avevi definito uno sbaglio. Confessarmi i tuoi sentimenti è stato sbagliato per te.» Incurvai le labbra in un sorriso bieco.
Per quel motivo avevo ricacciato dentro ciò che pensavo e credevo, facendo finta di non aver mai udito quello che era diventato il mio più grande segreto e che custodivo gelosamente in un cassetto della memoria. Non potevo permettere che i sentimenti di una sciocca viaggiatrice intralciassero il nostro capo, distogliendolo dalle questioni veramente importanti. Ciò che io desideravo avrebbe potuto aspettare fintanto che saremmo riusciti ad andare avanti.
Il ragazzo scosse il capo infervorito rialzandosi per potermi avere alla sua altezza e fissarmi serioso. «È quello che credi?» scossi il capo flebile sotto il peso della sua voce.
«Sbagliato era il sopprimere i miei sentimenti. Sbagliato era obbedire ciecamente agli insegnamenti di mia madre. Sbagliato era acquietare il mio volere. Sbagliato era il tempismo delle mie parole perché avrei voluto che fossero state dettate dalla passione e non dalla paura che tu non potessi ricambiare un cuore afflitto. E ti assicuro che non c'è niente di più sbagliato se non l'aver permesso che passasse tutto questo tempo prima di confessarti, ancora una volta, quanto sia forte ciò che provo per te!» Il suo sguardo era furente e impudente in egual misura.
Mi avvicinai lambendo le sue gote e cedendo nelle mie difese. Annaspava affannato a ritmo con il mio sospiro, ricercando conferme in ciò che erano i miei gesti. Tremavo spaurita ricacciando tutte le preoccupazioni che avevano invaso la mia mente in quei giorni di stenti per confidargli il mio volere.
«Al pensiero di perderti mi manca l'aria» gli svelai. «E quando stamane non eri al mio fianco ho pensato al peggio. Ho creduto che fosse troppo tardi. Non mi sarei mai perdonata se fossi morto senza mai sapere che su quella torre ti avrei messo a tacere sulle mie labbra, perché non c'è giorno che io non ripensi a ciò che avremmo potuto essere, insieme.»
Arse nell'animo più che mai. Nonostante la posizione di svantaggio, riuscì a invertire i nostri ruoli con un rapido gesto: cingendomi la vita mi aveva stretto a sé implacabile. Avvertii una scossa partire dalla colonna vertebrale e dissiparsi al suolo.
«A te, Delaney Holland, appartiene il mio cuore e la mia vita. E sempre lo sarà» dichiarò con risolutezza.
Il suo respirò accelerò di colpo, mostrando nelle pupille dilatate il mio riflesso. L'aria era carica di tensione e desiderio e a quel punto non c'era più nulla a impedirci di vivere come meglio credevamo.
«Lo stesso vale per me, Christopher Hart Thompson.»
Azzerammo ogni distanza famelici di assaporare il candore e la passione che ai soli amanti era riservato. La sua bocca pulsava a contatto con la mia in una danza arcaica che mai avremmo voluto interrompere. Avvertivo il calore della sua pelle trasferirsi al mio corpo. E ne volevo ancora, ancora di più.
Ma non era tutto ciò che avvertivo.
Fin dentro le viscere un misterioso potere iniziò a risvegliarsi, mentre le nostre lingue si scontravano e le dita intrecciavano. La coperta che ci lambiva la carne era scivolata via da tempo, permettendo alla nostra pelle di bruciare a contatto.
Una sua mano tracciava i confini della mia schiena facendomi aderire a sé. Le mie dita tastavano i muscoli tesi che, nonostante le ferite riportate, diedero mostra del frutto di anni di allenamenti. Catturò il mio labbro tra i suoi incisivi continuando a infierire passionale. Ansimavamo irrimediabilmente rapiti da quelli che erano i nostri sentimenti.
E avremmo continuato all'infinito, se solo...
Quel potere travolgente si impossessò del mio corpo facendomi sentire come non avveniva da tempo.
E, mentre il cuore fibrillava a causa delle eccessive stimolazioni cui stava andando incontro da pochi minuti, mi aggrappai a Christopher abbassando le palpebre.
Stava accadendo definitivamente qualcosa di strano. Qualcosa di impossibile per l'epoca in cui ci trovavamo.
Quando riaprì gli occhi avvertii nell'immediato il rumore sordo di un paio di ciotole ricadere al suolo e rotolare ai nostri piedi, seguito dalle voci dei nostri più fidati amici.
«E voi da dove diamine siete comparsi?»
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