50. Regret.
«Ma sei impazzito? Cosa ti è saltato in mente, Chris?» Sol era appena venuta a conoscenza di ciò che Arkus aveva proposto al caposquadra e delle sue parole affilate. Il ragazzo non voleva saperne di cedere e semplicemente premeva le labbra l'una contro l'altra per mostrarsi deciso.
«Perché non lo avete fermato? Eravate lì con lui, no?» Max si massaggiò le tempie affondando parole taglienti rivolte sia a me che ai miei compagni d'armi.
«Ci ha colto alla sprovvista! Eravamo troppo occupati a dissuadere Delaney, ma a quanto pare non basta avere un suicida nella squadra, ce ne ritroviamo due!» Colton ripeteva quelle parole irritato e divertito allo stesso tempo, facendo avanti e indietro dall'ingresso della capanna. «Io me ne tiro fuori! Ma in che razza di guaio mi sono infilato. "Salverai i viaggiatori" mi ripetevo, ma non credevo che si sarebbero fatti uccidere con le proprie mani!» Il ragazzo uscì fuori senza fare ritorno per un po'. Doveva smaltire la rabbia accumulata.
James mi afferrò una spalla cercando di scrutare i miei pensieri. «Lo avresti fatto davvero? Se Chris non si fosse proposto, tu...» annuii senza pensarci troppo. Avrei lottato fino alla fine, lo sapeva anche lui in cuor suo.
Lake aveva preferito rimanere all'esterno commentando con Mike l'avvenuto. Il ragazzino l'osservava e ascoltava con grande interesse, mentre lei spiegava il momento in cui si era portata in mezzo al gruppo fronteggiando il grande capo.
«Non mi tirerò indietro. Ho preso la mia decisione. È la nostra unica occasione per avere qualche informazione e la migliore chance. Sono disposto a mettermi in gioco pur di dare a tutti voi la possibilità di continuare a vivere e lottare.» Christopher non voleva sapere ragioni. Era dannatamente cocciuto.
«Mi ricorda qualcuno» commentò sarcasticamente James. Alzai un angolo della bocca irriverente, aveva ragione, ma io non ero in vena di scherzare. Avevo esaurito tutte le mie energie mentali.
«Non hai idea di chi ti sei messo contro, Chris. Dirgli chi sei è stata la mossa più azzardata che avresti potuto fare. È il primo limitante, ha almeno quattrocento anni più di te. Per non parlare del fatto che è stato un seguace di Kors fin dagli albori e odia l'Accademia in tutta la sua interezza! Non ti lascerà vivo: se avrà la possibilità di colpire lo farà senz'altro. E tu, Delaney, cosa ti sei messa in testa? Perché provocarlo in quel modo? Siete qui solo da un paio di settimane, per diamine!» Mallek digrignò i denti irritato, consapevole che gestirci era forse il compito più arduo cui era mai stato sottoposto. Era la nostra guida in quel mondo nuovo e noi lo avevamo ignorato completamente.
Schiusi le labbra osservando verso l'altro lato della stanza. I miei occhi entrarono in collisione con quelli di Chris. Serrai i pugni puntandolo con lo sguardo e dirigendomi verso di lui di gran lena.
Gli diedi un colpo sul petto irto decisa e spaventata allo stesso tempo. Il biondo continuava a fissarmi serioso, non scomponendosi.
«Delaney, cosa stai facendo?» Le parole di James risultarono ovattate, in quel momento volevo solo...
Assestai un altro pugno contro il suo torace. Il ragazzo non si mosse di un millimetro neanche quella volta, mentre ci scrutavamo incapaci di urlarci addosso. Entrambi la pensavamo allo stesso modo su ciò che era accaduto, entrambi avremmo dato la vita. E allora perché era toccato a lui?
Affondai le unghie nella carne della mano cercando di riprendere il controllo, mentre la sua mascella serrata denotava i lineamenti di un viso fin troppo giovane.
«Avresti fatto lo stesso per me.» La cosa che mi faceva più rabbia era che aveva ragione.
Sbuffai infastidita dall'essere mirata con tale atteggiamento di superiorità.
«Ho bisogno di prendere un po' d'aria.» E, senza aspettare risposte mi riversai all'esterno, quella volta senza scappare. Volevo schiarirmi le idee.
Sorrisi alla vista di Lake e Mike, i quali continuavano il loro scambio di battute innocenti a pochi passi. Oltrepassai Colton, che aveva deciso di rannicchiarsi contro i sacchi della segale accumulati nella settimana. Forse non lo avrebbe mai ammesso, ma anche lui teneva a Chris quanto noi. Era il suo eterno rivale, senza di lui non ci sarebbe stata più storia.
Ci scambiammo un gesto d'intesa da lontano, consapevoli di quanto ancora c'era da fare per raggiungere i nostri obiettivi.
Mi infilai nella seconda capanna, più piccola e altrettanto accogliente, sedendomi in un angolo. Non avevo più paura per me stessa, i miei pensieri erano tutti rivolti a chi volevo bene. Forse Colton aveva ragione: eravamo incorreggibili e corrotti allo stesso tempo.
Avvertii lo scroscio della tenda, dandomi il tempo necessario affinché potessi scrollarmi di dosso la frustrazione.
«Mallek» sussurrai notando il ragazzo che si era presentato al mio cospetto. «Cosa vuoi dirmi ancora? So di aver sbagliato e so che-» venni interrotta dal suo candido sorriso.
«Non sono venuto per rimproverarti. Ho bisogno di parlarti.» Annuii continuando ad avvertire un nodo alla gola. Il ragazzo si sedette innanzi incrociando le gambe, non riusciva a fissarmi negli occhi o a reggere il mio sguardo.
Sentivo che qualcosa di irreparabile sarebbe accaduto.
«C'è un motivo per il quale ho tentato in tutti i modi di allontanarvi da Arkus» iniziò, «sai quale sia il mio potere, no?» il ragazzo aggrottò la fronte affranto rispetto a ciò che stava per pronunciare, ritrovando il rigore nel suo volto subito dopo. Doveva essere importante.
Scossi il capo ricordarmi le sue parole. «Tu senti la vita dei viaggiatori...» proliferai in un sussurro. La vista mi si iniziò ad annebbiare.
Mallek Frost. Il ragazzo della fotografia sbiadita. L'amico scomparso di Mike. L'ex membro della squadra era lì dinanzi a me. Tutto ciò che avevo fatto mi aveva condotto a quel preciso istante di cui conoscevo già il decorso.
Mi osservò con distacco tramite le sue iridi cristalline, studiando i miei movimenti. Le lentiggini costellavano un volto privo di qualsiasi felicità, come se gli fosse stata appena risucchiata via.
Continuò a fissarmi imperterrito, facendomi gelare il sangue nelle vene.
Le rosee labbra si piegarono in una smorfia di dissenso, mentre il suo capo roteava impercettibilmente evitando di far collidere il suo sguardo con il mio. Allungò una mano nella mia direzione e la paura pervase il mio corpo per ciò che avrebbe rivelato in seguito.
«Mi dispiace» sussurrò in un sospiro sommesso.
Colta dall'agitazione iniziai ad ansimare, mentre il gelo penetrava fin dentro le mie ossa alla stessa velocità con cui la sua mano avrebbe sfiorato il mio viso.
Le lacrime calde che avevo promulgato vennero intercettate dal messaggero di cattive novelle.
«Morirà, Mallek? Christopher morirà?» il ragazzo scrollò le spalle inconsapevole sul suo destino, mentre singhiozzavo spaventata da quella eventualità.
«Da quando siete arrivati sento dei deboli flussi di energia vitale. Alcuni più sottili di altri. Più di uno, quasi tutti. Purtroppo, però, non so dirti a chi di voi appartengano. Ci troviamo troppo lontano dal centro dell'universo per capirlo utilizzando i miei poteri. So solo che qualcuno non ce la farà, e questo accadrà molto presto.»
Deglutii esasperata. Non sarebbe mai finito. Il circolo di morte e distruzione non sarebbe mai finito. «Dovevo dirtelo... perché tu puoi cambiare il futuro. E se ci fosse una piccola speranza di poter salvare anche solo uno di loro vorrei che tu la cogliessi.»
Annuii convinta nonostante le lacrime non volessero accennare a diminuire. «Ci proverò.»
Primo tra tutti, avrei dovuto iniziare proteggendo proprio colui che non voleva essere salvato.
Mi alzai in piedi di scatto. «Anzi, lo faremo. Avrò bisogno del tuo aiuto» ripetei, aspettando che Mallek mi desse il suo consenso. Il ragazzo dal viso pallido mi sorrise candidamente.
«Farò del mio meglio.»
Non c'era tempo da perdere. «Dovremmo iniziare fin da subito. Dove si trova-» sull'uscio della capanna mi scontrai contro qualcuno. Venni trattenuta per un fianco affinché non perdessi l'equilibrio, mentre i suoi occhi castani risplendevano nei miei.
«Delaney, io...» Misi a fuoco la sua immagine sulla retina.
«Chris» pronunciai sollevata. Il ragazzo sciolse la sua presa non appena Mallek tossì.
«Io raggiungo gli altri, a più tardi.» Il limitante più anziano del gruppo sparì dietro la tenda di pelle lasciandoci da soli in quello spazio silenzioso.
«Delaney devo chiederti di perdonarmi. Mi dispiace essere stato impulsivo e di aver fatto ciò che ho fatto, ma non lo rinnego. Ti proteggerò come ho promesso di fare.» Lo scrutai aggrottando le sopracciglia. Misi distanza tra i nostri corpi irritata a causa delle sue parole.
«Non avresti dovuto farlo! Era la mia battaglia! Era la mia idea, avevo scelto di sacrificarmi. Lo hai sentito tu stesso: Arkus mi avrebbe risparmiata, si stava solo divertendo. Invece, con te...!» Mi portai una mano tra i capelli incapace di rassegnarmi.
«Lo so! Cosa vuoi che ti dica? Voleva farti del male a causa del suo sadico cinismo e non potevo permetterlo.» Scattai come una molla puntandogli un dito contro.
«Oh, no! Non osare! Non osare la scusa del cavaliere con me! Sei il capitano della squadra, sai benissimo che il tuo compito è quello di coordinare e fare in modo di trovare la soluzione migliore in ogni situazione! E sacrificarti al mio posto è la scelta più egoistica che potessi fare!» sbraitai. Mi allontanai di qualche passo per riprendere fiato poggiando le mani alla cintura.
Il ragazzo sembrava essere stato colpito nell'orgoglio. «Io, egoista? Delaney ma stai scherzando? Mi sono letteralmente buttato tra le braccia del nemico per te!» Si avvicinò furente e fumantino, quella discussione non avrebbe portato a nulla di buono.
«Ma io non te l'ho chiesto! Non l'ho mai voluto!» gli urlai di rimando.
«La devi smettere, Chris! Vedo come ti comporti ogni santo giorno. Sento il peso della colpa che pensi di dover espiare fin dall'altro lato dell'accampamento. Volevi punire te stesso per la morte di Kit. Per la morte di Sander. Non è stata colpa tua, Chris! Cazzo, non è stata colpa tua! Non devi proteggerci! Devi pensare a essere il nostro capitano e a farlo nel migliore dei modi per guidarci. Loro sono morti perché credevano in te e in noi. Non puoi tradire la loro fiducia in questo modo. Dobbiamo onorare il loro sacrificio al meglio che possiamo. Lo capisci? E se non è per senso di colpa allora, ti prego, spiegami il perché. Perché hai deciso di fare il lavoro più logorante di tutti quelli che Mallek ti aveva proposto, perché ti sei offerto come volontario al mio posto e perché mi stai chiedendo di perdonarti se punirti non è ciò che veramente brami?» Afferrai le sue mani malconce rivestite da garze e livide cicatrici, alcune ancora sanguinanti.
«E tu, invece?» strillò ribaltando la situazione mantenendo stretto tra le sue dita il mio polso esile. Gli occhi lucidi tradivano della commozione a contrario di quanto i suoi gesti facevano. Il suo animo si era rinnovato in maniera spropositata.
«Io co-cosa?» balbettai, ripiegando all'indietro incredula della sua sfacciataggine.
«Non sei così diversa da me! Perché credi di aver provocato a testa bassa quel bestione dopo ciò che aveva detto su tua madre? Volevi combattere, anzi, vuoi combattere! E lo vuoi fare solo perché pensi di essere in debito con tutti noi! Quando lo capirai che ci hai salvato e che in realtà se possiamo anche solo respirare un minuto di più lo dobbiamo solamente a te? Siamo noi le bambole animate che dovrebbero asservire la tua vita e non guarderò, né mi addolorerò in silenzio mentre proverai a gettarla via! Nessuno di noi lo farà.» strinse la presa sulla mia carne avvicinandomi a lui.
Arricciò il naso innervosito da ciò. Era quello che pensava di me? Che tutti pensavano di me?
«Io non voglio... io non vi ho mai chiesto-» incespicavo nelle parole confusa, mentre Chris mi scrutava scuotendo il capo e aggrottando le sopracciglia.
«Non è mai stato necessario. Ci fidiamo ciecamente del tuo giudizio e sappiamo che se ci fosse qualsiasi altro modo per vincere questa guerra tu coglieresti l'opportunità senza indugio. Però, nessun piano è perfetto, noi lo sappiamo fin da quando siamo nati che per raggiungere la salvezza sono necessari dei sacrifici e siamo pronti a questa eventualità perché siamo viaggiatori. Ma tu non rientri tra quelli. Ti proteggeremo come qualcosa di prezioso anche se non lo vorrai.»
«E Lake, Max, Colton, Mike, Sol e Mallek sono sacrificabili? Mi vuoi forse far credere che tu sia sacrificabile?» Mi liberai dalla sua presa con foga ricordando le parole pronunciate pocanzi dal limitante che avvertiva lo scorrere del tempo. Quante vite avrei spezzato a causa dei miei capricci?
Chris inarcò le labbra con nostalgia. «Ho accettato qualsiasi sarà il mio destino dal momento in cui mi sono diplomato all'Accademia con lo scopo di salvare chiunque potessi e ho la consapevolezza che i miei compagni d'armi siano del mio stesso avviso. E se dovrò morire così sia: lo avrò fatto per l'unica giusta causa per la quale sia mai valsa la pena combattere. Quale è la tua scusa, invece?» Il ragazzo si adagiò al terreno mordendosi l'interno guancia.
«Volevo fare ammenda ai miei peccati. Mi sono buttata a capofitto in una guerra senza pensare alle conseguenze, entrando a pieno titolo come la variabile impazzita. Vi ho trascinati in questo mondo invivibile e costretti a un futuro di stenti. Non mi perdonerei mai se dovessimo vivere qui in eterno, a quel punto la morte sarebbe solo un dono prezioso a cui io vi avrei sottratti stupidamente. Giacché scoprire che l'origine di questo esilio è da imputare a mia madre mi ha solo dato il coraggio di rischiare. Io merito di essere qui, non voi, per chiudere il cerchio creato da Victoria. Sarebbe ironico e tragicamente perfetto.» Le gambe mi cedettero ricadendo sulle ginocchia dinanzi le iridi stanche di Christopher. Ero stremata e profondamente addolorata.
Il ragazzo tirò su con il naso muovendosi scomposto e digrignando i denti. «Non credo sia neanche lontanamente corretto ciò che blateri. Quale credi che sia il tuo peccato? L'esserti buttata già dalla torre? L'aver convinto Valek a evacuare l'Accademia? L'aver viaggiato nel tempo? O ancora prima l'aver preso parte all'addestramento? Aver partecipato al ballo? Bloccato il tempo o aver accettato Sander come tuo mentore...?»
Lo interruppi da quell'elenco infinito di tutte le cose che avevano caratterizzato gli ultimi mesi. «Io... io non-» Un nodo alla gola mi impediva di esporre le mie ragioni. Ma ciò sembrò non scalfire l'ego di Chris.
«Lo so io quale credi sia il tuo più grande dei peccati, cara variabile impazzita...» lo osservai con gli occhi lucidi in attesa «è stato quando ci siamo incontrati, vero?» Le sue pupille scure mi scrutavano impazienti, tumultuose e in rivolta per ciò che le labbra avevano osato pronunciare con cotanto disprezzo e fatica.
Inarcai le sopracciglia a causa del peso di quella rivelazione a cui a fatica volevo credere, ma che si era dimostrata essere l'unica verità. Evitai di osservarlo abbandonandomi alle rivelazioni. «Quasi ogni notte mi addormento sognando quell'ultimo giorno in Accademia. Sogno le vite spezzate dei miei amici, il sangue che ho visto sgorgare e le urla che ognuno di loro ha emesso in un circolo vizioso e senza fine. Ricordo ogni parola, ogni gemito e azione, mentre inerme assisto a quello che è stato. Tremo, piango e mi lacero l'animo pensando che se non ci fossimo scontrati, niente di tutto ciò sarebbe accaduto. Se non fossi mai nata l'intero universo sarebbe al sicuro. Sono un'ipocrita! Ti accuso di provare qualcosa per cui io stessa sono colpevole: non sono stata capace di salvarvi, Chris. Nessuno di voi, in nessun futuro e in nessuna vita.»
Avvertii le sue braccia cingermi il corpo in un caldo abbraccio: i polpastrelli sfiorarmi il volto e muoversi sapienti sulla cute umida. Il contatto mi costrinse a mirarlo negli occhi con il fiato sospeso. Era stato inaspettato, quanto maledettamente desiderato.
«Non rinnego il passato perché ogni scelta che ho fatto mi ha condotto da te: tutto ciò che ho affrontato mi ha permesso di avere... te. Perciò, hai ragione. Hai sempre avuto ragione. Mi sento in colpa, ma non per ciò che ho fatto, ma per quello che avrei potuto fare per evitare la morte di Sander, per evitare la morte di Kit. Voglio punirmi in tutti i modi per lenire il dolore crescente che avverto nel petto tutto il giorno, tutti i giorni e che non tende a diminuire. Non sopporterei vedere nessun altro morire davanti ai miei occhi.» Si colpì il torace affondando le unghie nella carne oltre le pesanti vesti.
Allungai per istinto una mano sulla sua intrecciando le nostre dita.
«Devi vivere. A qualsiasi costo. Te l'ho già detto una volta che se ti fossi arreso non ti avrei mai perdonato» sorrisi bieca, mentre circondava il mio esile corpo stremato con vigore.
«Solo se rimarrai al mio fianco per ricordarmelo. E per farlo devi vivere anche tu.»
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