39. La fine.
Le urla di Lake riempirono l'intero spazio adimensionale facendo risonanza nei nostri cuori.
Kit non mentiva. Lei era davvero la più veloce di tutti.
La ragazzina si gettò contro l'uomo che impugnava l'arma fumante in un battito di ciglia. Era Theon, lo scagnozzo di Shark e Melissa che già avevamo avuto il dispiacere di conoscere. Colui che aveva progettato il dispositivo antipoteri e che durante lo scontro di New York aveva ferito Max al braccio. Ma quella seconda volta non aveva fallito nel perseguire il suo obiettivo: uccidere.
Ciò significava che erano lì. Tutti loro erano lì.
Non avevamo più alcuna speranza di fuga. Avremmo dovuto combattere fino a che ne avremmo avuto le forze.
Avrei voluto urlare, vomitare, stringermi a terra e cacciare via il dolore e la paura. A spezzarci fu la consapevolezza del destino cui saremmo andati incontro.
E ci colpì, a uno a uno, la desolazione e l'angoscia. Macchiando le nostre anime pure, decimandoci fino a che non ci sarebbe rimasto più nessuno.
Lake trasse fuori le sue taglienti lame eliminando l'obiettivo come una cruda assassina. Non aveva esitato, né aveva avuto alcun dubbio, mentre il sangue del caduto inondava le sue vesti ormai lerce. Non si tornava più indietro.
Il piccolo scricciolo non aveva fatto bene i suoi conti, buttandosi nella mischia non si era resa conto di chi fossero i suoi avversari.
Shark le afferrò le braccia, spezzandogliele di forza. Lake urlò dal dolore facendo cadere al suolo le spade di metallo, riecheggiando per tutto l'atrio. Il corpicino della ragazza venne stretto dal torace. E a Shark piacevano quelle grida sommesse. La cicatrice che gli attraversava l'occhio si rifletteva nella pozza di sangue del compagno ribelle, mostrando a tutti la crudeltà che le aveva riservato. Le ossa vennero frantumate una dopo l'altra fino a che non ne rimase più alcuna. A nulla erano valsi i movimenti rapidi e decisi di Lake: non riusciva più a respirare. Oscillava inerme con lo sguardo vacuo tra le braccia del nemico.
Ci movemmo con ritardo, trasportati dalle emozioni e guidati dal rancore che covavamo.
Sol utilizzò la frusta sperando di riuscire a tenere fermo l'energumeno, mentre JJ aveva iniziato a sparare nella loro direzione facendo attenzione a non colpire Lake. Le era difficile: le lacrime le ostruivano la visuale.
Persino l'ispanica si rese conto di quanto era inutile il suo intervento. Se avesse utilizzato l'elettricità della frusta avrebbe ferito Lake e lei non voleva farle patire più alcun male. Shark si liberò del suo intervento con uno strattone.
Christopher scattò usando la sua super accelerazione con l'unico intento di sbalzare via l'avversario, ma il colpo che assestò contro quella montagna di muscoli non servì neanche a fargli il solletico: il gigafut aveva bloccato il flusso di energia derivato dei suoi poteri consumandola tutta per permettergli di avvicinarsi.
«Scusa-te-» sospirò in un gemito la piccola fanciulla, quando ancora il suo cuore batteva.
Shark le afferrò il capo stritolandolo tra le sue dita pesanti e gettandola oltre il parapetto come fosse spazzatura. Avvertii le ossa del cranio scrocchiare come cartapesta.
«Lake!» urlò disperato Kit alle mie spalle cadendo sulle ginocchia. L'aria venne squarciata dal dolore. Il ragazzo si accasciò al terreno iniziando a sputare sangue seppur non fosse ferito. James si gettò al suo fianco per assisterlo e sorreggerlo coraggioso come non mai.
«Scappate!» Ordinai loro, ma Kit non sembrava essere in forze per farlo. Era l'unico che poteva ancora avere un futuro insieme a mio fratello. Strinsi i pugni ripensando egoisticamente che anche io ne avrei potuto avere uno giocandomi la carta del teletrasporto.
Se avessi voluto fuggire quella sarebbe stata la mia occasione. Ma... ma lo avrei davvero fatto? E sprecato così l'unica possibilità di utilizzare i miei poteri?
Più ripetevo di essere forte, più la mia vista si offuscava.
«JJ a ore dieci! Proteggiamo Chris!» La ragazza si fidò ciecamente delle parole di Sol. Sparò un paio di colpi a due ribelli che si erano spostati lì all'istante. Caddero nell'immediato. Ogni bossolo che ricadeva per terra era sinonimo di una vita che era stata falciata. JJ tremava al pensiero di ciò che aveva fatto per permettere a qualcun altro di sopravvivere, ma non aveva altra scelta.
Stemperai la tensione ricacciando la paura fuori dal corpo. Liberai le mie dita dalla presa furente a cui le avevo sottoposte.
Ero esattamente dove dovevo essere.
«Copritemi!» urlai a mia volta.
Fissai Shark che nel mentre era riuscito a mettere Christopher all'angolo. Il ragazzo schivava i suoi colpi grazie all'esperienza, ma la forza di quella bestia era incommensurabile e senza i suoi poteri sarebbe stato uno scontro impari. L'energumeno era riuscito a piegare il metallo delle pareti con estrema facilità.
Ero pervasa dal dolore in ogni singola fibra del mio corpo. Ma non avrei permesso a quelle sensazioni di ostacolarmi.
Afferrai le prime armi che i miei occhi adocchiarono. Un paio di pugnali.
Incrinai le labbra in un sorriso bieco.
E, sotto la pioggia di proiettili di copertura, scivolai nell'atrio dove stava avvenendo la tragedia. Mi osservai intorno domandomi dove fosse la donna più pericolosa di tutto lo spazio adimensionale.
Un ribelle si materializzò davanti al mio volto convinto di trovarmi impreparata, ma grazie alla frusta di Sol venne tirato via e strozzato. Rotolò giù per scale.
Un altro era stato fatto fuori.
Non sapevo neanche io se ci sarebbero state delle possibilità, ma volevo coglierle per quanto possibili. Ero disperata e incapace di decidere lucidamente. Lanciai una delle due lame rotanti colpendo il quadricipite di Shark.
L'uomo si inginocchiò premendo con stizza contro l'arma. Lo avevo ferito, ma nulla di più. Come uno stuzzicadenti fastidioso estrasse il pugnale rispedendolo al mittente. Christopher sguizzò via spingendomi a terra, venendo ferito a un braccio.
Digrignò i denti dal dolore. Se solo avessi potuto essere alla sua altezza.
Era un comune mortale in quella condizione.
«Sto bene» mentì.
Alle sue spalle sopraggiunse l'ennesimo avversario. Non finivano più.
Notando lo sbigottimento sul mio volto si rese conto immediatamente della situazione. Si voltò affinché potesse affrontarlo faccia a faccia, ma quel ribelle si teletrasportò via. Il mio compagno spalancò le palpebre nella mia direzione, facendomi intuire immediatamente la nuova posizione del nemico.
Senza neanche voltarmi gettai l'arma che mi era rimasta alle spalle. Dopo pochi attimi il corpo del ribelle cadde a terra privo di vita. Avevo fatto centro.
Christopher annuì mascherando la paura e sospirando sollevando.
Eravamo arrivati a quello pur di sopravvivere.
Eravamo diventati come loro.
«Lui è la mia preda! Non intervenite!» aveva ordinato Shark alle ombre.
Il mio colpo non aveva assortito alcun effetto, se non quello di farlo montare di rabbia. Caricò il suo destro migliore comprimendo l'aria a distanza di metri. Christopher riuscì a sfuggirgli, ma chiunque fosse rimasto in quella traiettoria non sarebbe stato così fortunato da cavarsela.
Nello stesso istante, un fendente dilaniò la carne di un'altra nostra compagna. Nessuno l'aveva udita, né tantomeno percepito il suo arrivo. Ma lei era giunta lì, silenziosa come solo un'assassina poteva essere. Dinanzi a JJ stanziava con il suo sguardo pieno di euforia, mentre premeva l'elsa contro la pelle pallida della ragazza. Non aveva avuto modo di difendersi, accaparrandosi la sua vita come se fosse uno stupido gioco a punti.
Trapassò il suo petto nello stesso punto in cui una piccola cicatrice soggiaceva. A strapparle l'ultimo respiro era stato il suo incubo peggiore. La bionda cadde su sé stessa, piegata e malmessa come una bambola rotta, mentre il sangue inondava a fiotti il pavimento impolverato. L'odore pungente di ferro aveva raggiunto le mie narici. Osservai i suoi occhi cristallini, avendo conferma dell'irrefrenabile terrore che l'aveva colta nei suoi ultimi momenti.
I muscoli chiedevano pietà. Il mio stesso animo lo urlava, stridente e incessante.
Il sapore di morte vigeva nelle mie viscere contorte.
Ma non potevo permettermi di arretrare. Non ancora.
Christopher era rimasto paralizzato dal dolore, incredulo sul beffardo destino che ci era stato affibbiato. Malconcio e privo di speranze era la preda perfetta. Il destro di Shark si librò in aria, dando sfogo a tutta la sua voglia di distruzione. Lo avrebbe colpito, decretando anche la sua fine.
Melissa posò un piede sul cadavere della compagna di una vita, tirando via la lama incastrata tra le coste, mentre si bagnava le labbra a tale visione. Strinsi le palpebre per evitare di guardare, perché era sicuro che non si sarebbe fermata.
Nell'ultimo disperato tentativo di essere di qualche utilità per la mia squadra strinsi i denti aggrappandomi a Christopher e gettandolo verso le scale, nella speranza di intercettare il colpo di Shark che era a lui indirizzato. Fu meno di un attimo, quando il ragazzo intuì le mie intenzioni era ormai troppo tardi. Avevo già preso il suo posto.
Ricadde all'indietro disperato e confuso allungando una mano nella mia direzione fino a sfiorare i miei polpastrelli in quell'ultimo eterno istante. Le sue iridi scure esprimevano tumulto e impotenza, mentre le labbra scarne si mossero gridando il mio nome.
Gli sorrisi grata.
Lui era indispensabile, come io non lo ero mai stata. Avrebbe potuto mettersi in salvo, richiamare altri, chiedere aiuto. Tutto ciò che io non ero stata in grado di fare. E mi andava bene così.
«Corri» sussurrai. E, nello stesso lasso di tempo in cui le nostre dita erano entrate in collisione, vennero bruscamente separate. Per sempre.
Il pugno di Shark mi frantumò un paio di vertebre dorsali. Volai nella direzione da cui ero accorsa, mentre la voce strozzata di Sol mi annunciava chi fosse stata l'ennesima vita. Rotolai accasciata al terreno. Non avvertivo più le gambe e a stento riuscivo a tenere gli occhi aperti.
La ragazza era dapprima caduta sulle proprie ginocchia, trovando pace sul corpo del suo amato. La posizione in cui mi trovavo mi dava ampia visuale per poter assistere a quel massacro. Melissa sguainò la spada per l'ennesima volta, trafiggendo lei e Sander all'altezza del cuore. "Uniti fino alla fine", fu questo ciò che pensai tossendo liquidi vermigli.
I fluidi avrebbero presto inondato i miei polmoni, eppure, i miei pensieri erano diretti agli ultimi due ragazzi che vigevano in trappola in quella stanza.
James non aveva commesso alcun peccato, se non quello di fidarsi di me. Gli avevo promesso protezione, ma in cambio gli avevo donato la morte.
Osservai i suoi occhi smeraldini fissarmi in tralice. Era spaventato per me, nonostante fosse tutta colpa mia.
E, mentre l'ennesimo giro di spada tagliava l'aria per abbattersi veloce e inesorabile su uno dei due ultimi superstiti, io decisi che non sarei rimasta impotente a guardare.
Kit era a carponi sul pavimento, con lo sguardo perso nel vuoto, mentre le sue mani si tingevano del sangue dei compagni caduti. Mai prima di allora lo avrebbe creduto possibile. Stava accadendo come nella sua infanzia, ripetendosi in un circolo vizioso senza fine. Tutti coloro che lo avevano difeso a spada tratta, stavano morendo come mosche e la stessa sorte sarebbe presto toccata anche a lui, senza possibilità di riscatto.
James gli si parò davanti all'improvviso allargando le braccia proteggendolo. Glielo avevo affidato: non sarebbe mai venuto meno alla sua parola, nonostante il caro prezzo da pagare. La luce nei suoi occhi sembrava non essersi mai spenta. La vita in lui bruciava più ardente che mai.
Probabilmente fu la sua determinazione a bloccare Melissa. La donna sviò bersaglio all'improvviso teletrasportandosi alle sue spalle con l'intento di colpire esclusivamente Kit.
Ma io non lo avrei permesso!
Raccolsi le briciole di energia rimanenti per esalare l'ultimo respiro di vita degna di essere vissuta.
Allungai il palmo nella loro direzione osservando i movimenti veloci e decisi della spadaccina. Le pupille aumentarono il loro diametro per una frazione di secondo: il tempo necessario per intercettare la sciabola diretta al mio compagno. La lama fredda trapassò il mio corpo anestetizzato dal dolore, dandomi il colpo di grazia.
«Delaney! No!» Christopher dilaniò il mio animo con quel suo ennesimo richiamo. Era impietrito d'innanzi la porta, osservando la scena che avrebbe costernato i suoi incubi futuri. Non mi aveva lasciato. Era tornato indietro per me, ma io non ero più la damigella in pericolo che aveva conosciuto.
Il sorriso mi comparve sul volto. Avrei voluto essere ricordata così.
Il caposquadra serrò la mascella digrignando i denti. Non avrebbe mai reso vano il nostro sacrificio. Avrebbe continuato a lottare e ingaggiare battaglia finché avesse avuto possibilità. Avrebbe onorato la nostra memoria in futuro, ne ero certa. E quel pensiero mi acquietò l'animo.
Shark comparve alle sue spalle costringendolo al duello mortale, ma di ciò che avvenne dopo quel momento non mi era dato saperlo.
Mi accasciai contro Kit, tossendo il sangue misto alla saliva acida direttamente sul suo petto terso, mentre il suono del bracciale riempiva il vuoto della morte che presto mi avrebbe accolta tra le sue braccia.
«Scappate» supplicai con le mie ultime forze. Nonostante la vista sfocata e le lacrime salate, scorsi sul suo volto la consapevolezza e la responsabilità che le mie parole gli avevano affidato.
James si voltò con la voce rotta, gridando inerme, ma andava bene così. Avevo deciso io quella fine.
Avvertii la pressione della gravità colpirmi in pieno. Non potevo più sorreggere le mie membra distrutte. Non ero nient'altro che un cumolo di carne pronta al macello. Ero riuscita ad assolvere alla mia funzione di protettrice. Era tutto ciò che importava. Ricaddi di lato sperando di aver dato loro del tempo, stringendo a me la spada che aveva assaggiato il sangue di tanti miei compagni.
Volevo guadagnare anche solo un secondo in più. Almeno un secondo in più. Sapere che fossero fuggiti mi avrebbe reso felice nell'oltretomba.
Sbattei le palpebre non riuscendo a distinguere più i colori e le sfumature, mentre un sentore ferroso inondò le mie narici. I suoni erano ovattati, deformati e distanti. Un calore immenso mi pervase le viscere.
Era forse quella la fine? Quel senso di angoscia e paura per i vivi era ciò che aveva provato anche mio padre?
«Ha solo ritardato l'inevitabile, vero...» Melissa pronunciò quelle parole con flemma, giungendo nella mia direzione per riprendere l'arma che le apparteneva di diritto. Scalciò il mio corpo recuperando la lama.
Nonostante non riuscissi più a udire alcunché, nei miei ultimi istanti compresi la rabbia, lo sgomento e la fierezza montare sul volto di Kit. Aveva capito cosa dovesse fare.
E, mentre le mie iridi perdevano inesorabilmente la propria intensità, la sua figura si teletrasportò via da quella stanza degli orrori.
Lasciando James in balia della mia aguzzina.
Poi morii.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top