38. L'inizio della fine - Parte III
Respiravo spasmodica cercando l'aria in quell'ambiente ostile. I lumi al plasma avevano iniziato a spegnersi, mentre la polvere fine cadeva dal soffitto a ritmo crescente. Ero scesa fin al terzo piano. Pochi metri mi separavano dai restanti membri della squadra.
Mi sentivo di star perdendo del tempo che non avevo. Ma non potevo fare altrimenti.
Osservai in tralice il bracciale divenuto quasi completamente rosso a causa delle mie emozioni negative. Non potevo permettermi di sprecare l'unica possibilità di utilizzare i miei poteri in quel modo. Dovevo usarli per fuggire via con tutti.
Un'unica cartuccia a disposizione, in confronto all'arsenale che i ribelli si erano procurati.
Per quello dovevo continuare a correre, a perdifiato, fino a che non sarei crollata.
Un'altra scossa.
Non avevo idea di cosa avessero in mente. Probabilmente avevano pensato bene di assaltare i piani alti per prendere il controllo della struttura. Sarebbero arrivati i loro rinforzi ponendo fine alla vita così come l'avevano conosciuta i viaggiatori.
I primi capitani sbucarono fuori dalle loro camere.
«Radunate chiunque potete e scappate sulla Terra!» continuavo a urlare. Ma gli sguardi spaesati dei miei coetanei mi fecero intuire di non aver alcun potere decisionale. Ero l'ultima arrivata, senza alcuna autorità.
«Fate come dice, adesso!» Christopher si palesò al mio fianco sorreggendomi dalle spalle. Abbassai le palpebre abbandonandomi al suo tocco. Finalmente li avevo raggiunti.
Nel contesto tumultuoso l'ennesima scossa ci fece sobbalzare. Chris serrò la sua presa cercando di stabilizzarmi. Uno scroscio di passi sempre più ingente mi fece intuire che il messaggio fosse stato recepito chiaro e tondo. Finalmente si stavano mobilitando.
«Stai bene, Delaney?» domandò premuroso lasciandomi lo spazio per parlare. Levai lo sguardo verso le sue iridi scure sentendomi finalmente al sicuro.
«Stai sanguinando! Entriamo in camera di Kit così ti posso medicare.» Sol si fece avanti sfiorandomi il capo. Le sue dita si tinsero di rosso. Mi accasciai per terra, sfinita. Chissà quante energie avevo perso.
«Dobbiamo scappare! I ribelli hanno preso possesso della tecnologia del dipartimento. Siamo sotto attacco, potrebbero comparire da un momento a un altro!»
Da dietro la pesante porta di metallo che segnava la stanza di Kit ne uscirono lui e Lake. Avevano udito le mie urla e si erano portati avanti. Il ragazzo non aveva una bella cera.
Che cosa gli era successo?
«Secondo i protocolli Valek dovrebbe-» JJ si avvicinò impaurita. Non credeva possibile una cosa del genere. La osservai affranta, purtroppo avrebbe dovuto combattere ancora una volta. La sua battaglia non si era ancora conclusa. Avrebbe affrontato il suo incubo peggiore di petto.
«È morto» ammisi sottovoce interrompendo il suo appello disperato. Le pupille mi si dilatarono al ricordo della sua testa mozzata solo pochi attimi prima.
JJ si portò una mano al cuore. «Non è possibile. Ci sono degli ordini da eseguire. Se non ci fosse lui i suoi sottoposti dovrebbero-»
La interruppi ancora una volta. «Sono tutti morti! Non c'è più un singolo viaggiatore che possa aiutarci! Hanno distrutto i laboratori e penso stiano uccidendo i membri del Consiglio proprio in questo momento!»
«Mamma? Papà?» Lake si gettò sulle propria ginocchia, mentre i suoi occhi si riempivano di lacrime calde. Non potevo reggere il suo sguardo. Kit la tenne forte a sé proteggendola a guscio nonostante le poche forze.
«Come hanno fatto a liberarsi? E come hai fatto a scappare, Dely? Ci sarà qualcosa che possiamo fare!» Max comparve alle spalle dei due ragazzi. Anche lui incredulo come il resto del gruppo. Mi osservai intorno, nessuno pareva essere in grado di metabolizzare la portata delle mie parole. Troppe informazioni e poca speranza.
La grande guerra di vent'anni prima sarebbe terminata quel giorno stesso, aprendo la caccia selvaggia verso chiunque fosse sopravvissuto. Non ci sarebbe stato più alcun posto sicuro. Avrebbero avuto il controllo del mondo intero.
«Non ho idea di come abbiano fatto! Tutto ciò che so è che Valek ha creato un portale permettendomi di salvarmi poco prima che... poco prima che...» Non riuscivo a pronunciare l'orribile morte cui era andato incontro nonostante sulla retina vivessi ancora quelle immagini. L'acido percorse il mio esofago. Trattenni il conato stringendomi il petto e serrando la mascella.
Christopher e Sol mi aiutarono a rialzarmi.
«Abbiamo poco tempo. Quale è il piano?» mi chiese il primo. Levai gli occhi verso di lui spaventata e incerta. Non ne avevo idea. Io quello che volevo era saperli tutto al sicuro.
«Fuggire» ammisi nel pieno delle mie facoltà. Non avevamo altra scelta. Schiusi le labbra cedendo alla realtà distopica che stavamo vivendo.
Christopher scosse il capo allontanandosi di poco per riflettere solo qualche attimo. Le lanterne principali si spensero definitivamente, lasciando le fiaccole a segnare i confini della struttura. I circuiti di sicurezza interni erano stati spezzati. Presto sarebbero arrivati a fiotti tramite i portali. Con il naso all'insù e avvolti nella penombra sapevo che non avevamo più tempo.
«Lake, Kit e Delaney dirigetevi nella sala degli archivi, è il luogo più sicuro in questo momento. Avendo un singolo accesso può essere facilmente controllato e permettere i viaggi di soccorso. Non usate i vostri poteri, non abbiamo tempo per la rimozione dei bracciali. Fatelo solo se in pericolo di vita. Sol, JJ e Max richiamate quanti più viaggiatori possibili e dirigetevi lì. Siete l'unica nostra speranza di fuga, mi raccomando.» Chris si rivolse all'amico di una vita dandogli una pacca sulla spalla e poggiando un piede in avanti. La sua figura si stagliava davanti ai nostri occhi, eppure sembrava che non sarebbe stato così per molto.
«E tu? Dove andrai? Perché non puoi coordinare tu stesso il trasferimento?» ribatté stizzito il viaggiatore dello spazio. Non voleva essere sobbarcato di tale onere senza avere la certezza di un incontro futuro.
«Devo trovare mio fratello e mia madre.» Ci informò mesto e piatto. Ingoiai la saliva amara.
Era una missione suicida! Non doveva assolutamente farlo! Cosa aveva in mente?
«Non ti permetterò di tornare lì.» Afferrai il suo braccio stringendo la carne fino a sentirne l'osso. Non avrei perso anche lui.
«Io non mi metto in panchina! Voglio salvare i miei compagni come voi e sono la più veloce! Se c'è qualcuno che è perfetta per le ricognizioni sono io!» Lake si mosse riprendendo a pieno petto il coraggio perduto e gettando via i residui salmastri dal suo volto. Kit si trascinò al suo fianco dandole man forte. «È davvero la più veloce.»
«È un ordine!» sputò acido il nostro formale superiore. Strinse i pugni cercando di ristabilire la gerarchia perduta.
Sol lo superò sfiorandogli una spalla. «È un bene che tu non sia più il nostro capitano.» Il ragazzo si guardò intorno stranito a causa di quell'insurrezione popolare.
«Non ti lasceremo solo, Hart.» Persino JJ aveva scelto di fare la sua parte nonostante la paura attanagliante le corrodesse l'animo.
«Non sarai l'unico eroe!» Argomentò Max.
Eravamo tutti d'accordo. Non ci sarebbe stato altro che avrebbe potuto fare per fermarci. Rilasciai la presa su Christopher quando lo vidi incurvare le labbra in un sorriso.
Eravamo una squadra e lo saremmo stati fino alla fine. Nonostante tutto, nonostante la morte ci attendesse a viso aperto. Ne eravamo ben consapevoli, per quello non avevamo più niente da perdere.
Passammo i minuti seguenti a richiamare quanti più viaggiatori ci fosse possibile. Nonostante l'Accademia fosse un labirinto, il passaparola che avevamo avviato aveva dato i suoi frutti. Ognuno aveva voglia di fare il suo, dai più grandi ai piccini eravamo un'unica grande famiglia.
I viaggiatori del secondo tipo attendevano i compagni nella sala degli archivi facendo quanti più viaggi erano in grado, mentre i più veloci richiamavano gli inservienti, gli studenti e chiunque fosse ancora disperso ai piani inferiori.
Colton si era preso carico di coordinare il piano di fuga. "Sono il nuovo capitano della squadra alpha, nessuno verrà lasciato indietro finché ci sarò io. Vedete di fare presto" ci aveva ordinato con il solito sorriso irriverente e irritante. Sarebbe stato ostinato fino all'ultimo.
E io mi fidai. Fintanto che lui sarebbe stato in salvo, di me poteva esserne qualsiasi cosa.
Alzai un angolo della bocca consapevole che non c'era niente di più che avrei potuto fare. Avremmo affrontato di petto il nemico, cercando di rallentarlo. Ogni attimo era prezioso: corrispondeva a una vita in più che sarebbe stata salvata.
Salimmo fino al piano delle sale d'addestramento. Era deserto. Per terra vi era solo la polvere depositata dalla confusione e il caos di una fuga generale. Quel luogo non era mai stato più dimesso.
E, mentre Christopher si aggirava come uno spettro affondando le porte a suon di calci e richiamando a gran voce il fratello scomparso, io mi resi conto del silenzio che ci circondava.
Avevo portato a termine la missione affidatami da Valek, era tutto ciò che importava. La vita di tutti loro contava.
Ma quella calma durò solo qualche decimo di secondo.
«Delaney! Delaney!» urlò straziato in lontananza. Le mie orecchie si attizzarono approfittando della penombra per raggiungere quella persona che mi richiamava a gran voce. Avvertii un nodo alla gola, incapace di afferrare il motivo di tale testardaggine ed efferatezza. Perché era lì?
Le mie pupille si ingrandirono quando lo misero a fuoco, trafilato e sudato in cima alle scale. Scalpitava ricercando nell'oscurità la mia figura.
«James» sussurrai con la voce rotta. Iniziai a inspirare velocemente. «Che ci fai qui? Perché non sei con gli altri? Scappa, sei ancora in tempo!» lo inondai quando mi avvolse con il suo corpo. Il suo respiro si rifletteva sul mio corpo.
«Non ti lascio sola, non ti lascio sola» ripeté per farmi acquietare. Ma il mio cuore non ne voleva sapere, era troppo pericoloso per lui.
Fu solo un lampo, ma riuscii a vederlo perfettamente. Da dietro le sue spalle un portale era stato aperto.
«Sono qui!» urlò Sol mettendosi davanti e parando il colpo con il braccio. Gridò straziata, mentre una ferita profonda le veniva inferta penetrando nella carne. Ma la ragazza era una tosta: afferrò la spada con il quale l'uomo aveva provato l'assalto per avvicinarlo a sé e farlo volare oltre la ringhiera. Si avvertì il riverbero del suo volo. Non sarebbe stato un atterraggio piacevole.
Non seppi dire all'istante quanti uomini fossero, ma una cosa era certa: loro avevano i poteri e alcuna limitazione.
Un secondo comparì dal lato opposto brandendo delle asce che per fortuna non ebbe il tempo di usare. Venne stroncato sul nascere da un calcio rotante di Lake diretto alla nuca. Perse i sensi in un baleno e a nulla valse il suo spostamento istantaneo. «Richiamate Chris! Dobbiamo andarcene!» aveva urlato.
Annuii.
Non potevamo fare più nulla.
Max fece a cambio con JJ per poter sorreggere Kit, il quale non si era voluto distaccare dal gruppo per nessuna ragione al mondo nonostante la sua salute cagionevole.
«Hart, andiamo via! Subito, prima che sopraggiungano altri nemici!» Ma Christopher si era intestardito. Continuava a richiamare a gran voce il fratello sperando di trovarlo prima che fosse troppo tardi. Afferrai James trascinandolo dietro gli altri membri della squadra.
«È qui dentro, datemi una mano!» Avvertii il sospiro di Sol a quella rivelazione. La donna corse con il braccio dolente verso il suo amato afferrandogli il volto tra le mani per capire il suo stato.
«Il polso è debole, ha subito un trauma da impatto alla testa. Dobbiamo fermare l'emorragia e stabilizzarlo il prima possibile.» Christopher era esterrefatto. Non aveva mai visto il fratello maggiore in quello stato. Era stata una figura importantissima per la mia crescita personale, avrei tentato il tutto per tutto per salvarlo.
Mi strappai una manica della maglietta ponendomi a carponi accanto a Sol. «Grazie» sussurrò la donna con gli occhi lucidi fasciando il compagno.
Lake fece capolino nella sala. Con lei eravamo al completo.
«Io e JJ ne abbiamo fatti fuori altri due, ma non so per quanto ancora possiamo andare avanti con le sole armi.» Lo scricciolo respirava affannosamente. Era la più veloce, ma non era eterna. Ci aveva coperto le spalle, ma era il massimo per lei.
Ordinai a James di starmi dietro, lo avrei protetto con il mio corpo se fosse stato necessario. «Aiuta Kit, per favore» mentii pur di non far capire il mio intento di volerlo fuori pericolo. Il ragazzo annuì prendendo il posto di Max, così che quell'ultimo fosse capace di combattere.
Sander stringeva nella sua mano il cronometro dorato dalle sabbie imperturbabili. Mi osservai intorno: un armadietto era collassato al lato della sua figura, ma al suo interno non vi era nulla. L'ipotesi più probabile era che gli fosse caduto sopra durante una delle scosse facendogli perdere conoscenza. Ma perché tornare indietro, anziché fuggire?
Vigeva in una pozza di sangue inerme, eppure, quando Sol si accasciò per dargli un ultimo bacio, i muscoli del giovane istruttore si contrassero. Sapeva che eravamo lì.
Ci portammo ai lati del suo corpo per ricreare un semicerchio.
«Andiamo, adesso!» aveva ordinato la biondina che era rimasta di guardia alla porta fino a quell'istante.
Con Kit e Sander non ce l'avremmo mai fatta a scappare tramite le scale: saremmo stati lenti.
«È troppo tardi» aveva borbottato il capo squadra. «Tutto dipende da te, Max!»
Il ragazzo chiamato in causa sorrise pieno di gioia. Sarebbe stato il grande eroe che ci avrebbe condotti verso una vita migliore. Lo aveva fatto innumerevoli volte nelle missioni, che quella sarebbe stata pura formalità.
Piegò le labbra in una smorfia, proferendo per l'ultima volta la sua. «Sarà difficile, ma-»
Maxfield smise di emettere suoni, mentre quello di un proiettile squarciò in due l'aria. Gli occhi ambrati persero il colore lucente lasciando spazio a due pozze nere imperscrutabili. Un rivolo di sangue fuoriuscì dalla sua bocca sottile al seguito di un colpo di tosse brutale che schizzò sul volto della piccola Lake. Le forze abbandonarono il suo corpo finché di lui non rimase che una carcassa senza vita, scaraventata per effetto della gravità ai nostri piedi.
Non fu che il primo.
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