29. Lost.
E se si potesse avere la libertà di sbagliare senza paura delle conseguenze?
Avevo seguito i ragazzi senza battere ciglio, accompagnata dagli sguardi interrogativi dei viaggiatori ammassati attorno all'uscio, riuscendo finalmente a varcare le porte maestose della sala. Ciò che era appena accaduto non era stato il modo migliore per passare inosservati.
"Melissa" ripetevo "Melissa è stata catturata".
Come? Da chi? Quando?
Ne venivamo a conoscenza solo in quel momento e lo sguardo di Sander sembrava essere quello di uno che era appena stato condannato, invece che gioire di quella vittoria.
Troppe domande senza alcuna risposta. L'unica cosa che potevo fare era continuare a riporre fiducia nei miei compagni, impilando un passo dopo l'altro seguendoli e aiutandoli qualunque fosse stato il problema a venire.
Avevamo superato da tempo il colonnato dell'ala est del palazzo, quando notai una piccola folla, accalcata all'imbocco delle scale, composta dai membri più anziani del Consiglio. Le facce appartenevano tutte ai bozzetti del libro del vecchio Jeff e alle iconografie della sala. Nella loro disposizione formavano un piccolo corridoio permettendo il passaggio solo di un gruppo selezionato di viaggiatori. La via di accesso era stata creata ad hoc per Melissa, l'uomo che aveva sabotato le nostre tute Theon, e un altro paio di sottoposti di Shark che avevamo avuto modo di combattere. Sul loro volto non traspariva nessuna emozione: erano semplicemente braccati da Colton e la squadra beta, mentre si avvicinavano ai nostri superiori per poter consumare lo scambio. I ribelli vennero ceduti al Consiglio, con estrema facilità, dal ragazzo dagli occhi argentati e le cicatrici lucide.
Io e James eravamo solo a pochi metri di distanza da quella calca informe di esseri senza scrupoli. Uomini che, buoni o cattivi che fossero, non esprimevano un minimo cenno di vergogna o paura, felicità o tristezza. Non si percepiva nulla che non fosse spiazzante freddezza.
Nel silenzio di quello spazio udimmo il vociare di Chris provenire da tutt'altra zona. Il ragazzo era riuscito a prendere in disparte sua madre per poterle inveire contro.
«Andiamo a fermarlo» Kit fu lapidario. Scorsi la sua figura solo per un istante, prima di smaterializzarsi e riapparire alle spalle dell'amico. Max lo seguì in un decimo di secondo.
In tutto quel trambusto mi preoccupai di capire che fine avesse fatto JJ. Era stata la prima a dileguarsi dalla sala. Non mi meravigliai quando la scorsi impegnata a battibeccare con Colton.
«Noi occupiamoci di lei» fece eco ai miei pensieri Sol. Lake voleva darle man forte, mentre James si assicurava di tenermi d'occhio.
La nostra squadra impersonava la passione e la moralità che quel gruppo di adulti, rinchiusi nella torre d'avorio, aveva perso da tempo.
JJ non smise neanche per un attimo di richiamare l'attenzione di Melissa, ricordandole ciò che lei aveva compiuto e urlandole che gliela avrebbe fatta pagare cara. La donna rise per tutto il tempo senza mai rispondere. Sembrava quasi che l'assalto di JJ fosse solo musica per le sue orecchie. Presto fu affidata a nuove guardie, lasciando libero Colton dallo stringerle i polsi. Il Consiglio non ne poteva più delle grida di una ragazzina.
«Suvvia Jezebel, non mi pare il caso di dare spettacolo. Accetta solo la mia vittoria!» cantilenò il viscido ragazzo, mentre si mangiava con gli occhi la nostra amica. JJ era schifata oltremodo. Si dimenava e poco importava se il suo abito sarebbe stato rovinato.
«Lei! Lei deve pagare! Lasciami andare, Colton!» urlò JJ in preda a un attacco di rabbia. Il ragazzo la canzonò, nonostante tutti sapessero cosa quella donna le avesse fatto e le cicatrici che si sarebbe portata dietro a vita. La stavano trattando come una matta.
Possibile che nessuno capisse?
Ritornai con la mente a quando l'avevo vista con il terrore negli occhi e la morte nel cuore, arresa nella consapevolezza che la sua vita sarebbe presto finita se non fosse stato...
«Va tutto bene, tesoro, so che vuoi fare questo gioco con me. Se vuoi possiamo andare in camera mia e... Oh, Delaney, ci sei anche tu! Non potevo chiedere di meglio.» Il viscido si leccò il labbro inferiore lanciandomi un occhiolino. Ignorai quel suo atteggiamento. In quel momento c'era altro cui dare priorità.
«Lasciami stare brutto bastardo!» JJ continuava a ribellarsi portandosi lentamente nella stessa direzione in cui il Consiglio, con Melissa al suo centro, avanzava lontana. Da lì a poco sarebbe stato impossibile anche solo ipotizzare dove fossero diretti.
«Dove la stanno portando?» domandai facendo un passo in avanti verso l'unico elemento della squadra beta rimasto. Gli altri avevano preferito assistere all'arresto e incarceramento. Le mie parole bastarono per far sì che Colton perdesse la presa su JJ. La bionda fece solo un paio di passi prima di essere fermata da Sol che la strinse forte a sé accarezzandole i capelli. Jezebel proruppe in un pianto disperato direttamente sulla sua spalla: Melissa con tutto il Consiglio era già scomparsa dalla nostra vista.
Non potei immaginare minimamente cosa stesse provando.
Che cosa si sarebbe potuto fare dinanzi al proprio aguzzino? Chiedere un perché? Pretendere delle scuse?
Serrai i pugni fino a farmi sbiancare le nocche, tant'è che per un attimo fui tentata di seguire lo stesso percorso fatto dai prigionieri.
«Mi hai sentito, bella?» la voce roca di Colton mi colse impreparata. Posai il mio sguardo su di lui rabbrividendo per quel nomignolo che mi aveva affibbiato. Ero traboccante di rancore, non capendo il perché quel ragazzo si ereggesse a paladino della giustizia. Volevo tanto concludere il nostro scontro iniziato in mensa facendolo terminare con un bell'occhio nero. Lo avrei fatto se a fermarmi non ci fosse stata una mano posta sulla mia spalla.
Mi volsi per capire a chi appartenesse. Quando incrociai gli occhi verdi di James, il mio mondo interiore si calmò. Scosse il capo facendomi desistere dai miei intenti violenti. Abbassai le palpebre consapevole di aver esagerato.
«Cosa stavi dicendo?» chiesi rivolta al biondino con gli occhi piccoli e furbi, il quale mi si avvicinò sorridendo maliziosamente. Schernì James senza dargli neanche troppo conto per poi concentrarsi nuovamente su di me. Trotterellava felice.
«Credo tu debba scegliere meglio i tuoi alleati. Vuoi continuare a rimanere con i perdenti...» commentò indicando il gruppetto formato dai ragazzi alle mie spalle, ognuno dei quali sembrava sul punto di cedere «... o decidi di unirti ai vincitori che hanno catturato uno dei capi dei ribelli? Per te ci sarà sempre un posto. I tuoi amichetti saranno presto surclassati e non vorrei che ti accadesse qualcosa di brutto. Ma lo sai che sei proprio stupenda in questo abito?» Colton allungò il suo collo quel tanto per sussurrarmi il suo ultimo complimento all'orecchio. Sfiorò con il suo indice il mio mento così da costringermi a scrutarlo negli occhi. James intensificò la presa sulla mia spalla per permettermi di arretrare, mentre io spalancavo le palpebre incredula dalla meschinità di Colton.
Non feci in tempo a rispondere che il ragazzo si allontanò da me urlando, rigirandosi su sé stesso nel tentativo di scrollarsi qualcosa di dosso. Lake gli si era aggrappata alla schiena come una scimmietta con l'unico scopo quello di infastidirlo facendogli il solletico.
Non era capace di tenere testa a una ragazzina, come aveva potuto catturare Melissa?
Sorrisi amaramente aggrappandomi alla mano di mio fratello. Non sarebbe servito a molto rimanere lì. A Colton ci avrebbe pensato Lake e in quel momento c'era qualcun altro a cui serviva il nostro aiuto.
D'altro lato dello spiazzale la situazione non era migliore. Chris continuava a sbracciarsi e, nonostante fosse trattenuto da Max e Kit, avanzava severo verso sua madre. La donna era lapidaria: nello sguardo, nei gesti e in tutta la sua compostezza. Non batteva ciglio, né muoveva un muscolo: era semplicemente lì ad ascoltare un delirante ragazzino in un momento di pura insanità mentale.
Mi si strinse il cuore. Come poteva essere quello il rapporto di una madre con la creatura che aveva messo al mondo?
«Perché? Perché non mi rispondi, madre? Tenermelo nascosto? Quindi è vero ciò che dice Sander? Mi hai voluto tenere all'oscuro di tutto con quel ridicolo spettacolo? Credevi non lo sarei mai venuto a sapere? Rispondi!» Christopher urlava ancora. Ripeteva sempre le stesse domande in un circolo infinito, mentre gli occhi spenti di Lyza si posavano sopra come se stesse guardando un essere qualunque. Pareva più infastidita per il tempo che era stata costretta a perdere per i capricci di un bambino, che per l'essere stata colta in flagrante.
Quando anche l'ennesima richiesta di risposta fu ignorata, Chris decise di arrendersi. Lasciò che Max e Kit lo allontanarono quel tanto per rendere il campo libero a Lyza permettendole di ritirarsi. Aveva mantenuto la sufficienza nei suoi occhi fino all'ultimo secondo, mentre lo sguardo di Chris si incupiva in ogni istante, ormai era perso nei meandri dei suoi stessi pensieri. Ma, proprio quando sembrava che la Preside non avrebbe degnato Chris di nessuna spiegazione, la donna, forse colta da un improvviso rammarico, arrestò la sua corsa.
Parlò senza voltarsi fornendo l'unica informazione che aveva trovato rilevante condividere.
«Non sei abbastanza.»
Era sua madre, eppure, lo aveva appena ucciso dentro.
Tutta la rabbia repressa montò nuovamente nel petto di Chris e niente, quella volta, lo trattenne. Si fece strada utilizzando la forza dei suoi poteri, correndo verso sua madre e afferrandola per gli avambracci con foga. Nel suo sguardo passarono nello stesso istante troppe emozioni: tristezza, delusione e persino paura...
Doveva fare veramente paura sapere di essere reputato un fallimento dalla propria madre... che c'era qualcosa che non andava. Ed era lei la causa di tutto quel dolore incoercibile.
Il mondo di Chris gli crollò a dosso sotto il peso di quella verità scomoda tenuta nascosta da fin troppo tempo. E così, come un bambino che vede il suo eroe vacillare, l'immagine della Preside si sgretolò davanti ai nostri occhi. Non era mai stata degna del suo ruolo.
Era solamente un essere senza animo.
«Perché mi dici questo? Per cosa non sono abbastanza? Io... io ho sempre fatto tutto ciò che mi hai chiesto. Non ho saltato mai un allenamento, mai un ritardo. Ho donato tutto il mio corpo e la mia mente alla causa e sono arrivato fin qui grazie a tutte le mie forze. Io ho sempre fatto ciò che volevi e ho messo da parte la mia stessa vita e i miei sentimenti per il bene superiore. Cosa c'è che non va adesso? Madre, perché non sono abbastanza per te? Dove ho sbagliato?» Christopher cadde in ginocchio mentre quelle parole venivano sputate da una bocca ormai riempita dall'amarezza, da un cuore pieno di tristezza e da un'anima intrappolata in una rete di delusione.
La donna si scostò dal ragazzo come se fosse un appestato. A discapito dall'aspetto regale, datogli dall'abito lungo di seta color rubino e i capelli raccolti in un elegante chignon, l'atteggiamento della donna fu quello di un villano.
«Non posso fidarmi di te. Non sei abbastanza attento, abbastanza pronto, neanche abbastanza crudele da portare a termine le missioni assegnate. Non sei più lo stesso ragazzo che eri qualche tempo fa, probabilmente avrò sbagliato io ad affidarti missioni più grandi di te, ma ora... hai la testa da tutt'altra parte. Semplicemente io non ti riconosco: tutto ciò che fai non è più abbastanza.» Lyza levò in alto lo sguardo per capire se tutti stessimo osservando la scena. Ingoiò la poca saliva rimastale in gola. Ad alimentare il suo umore funesto contribuì la mia presenza unita a quella di James. Lo sguardo le si inasprì ancor più del dovuto. «Noi siamo alla ricerca della perfezione, in ogni campo, non è niente di personale. Sarai sempre mio figlio, solo che non dovrò più occuparmi di te come fossi un bambino. Per questo ti faccio un favore. Ti revoco il tuo incarico. Nessuno di voi è abbastanza per il nome assegnato alla vostra squadra. Lo avrei dovuto capire molto tempo fa...» Schioccò la lingua tagliente sul palato, umidificandosi le labbra «Siete sciolti, ora e per sempre. La squadra alpha non esiste più da questo preciso istante. Vi smisteremo nelle nuove divisioni appena sarà possibile» sentenziò atona.
Lyza mandò un'ultima occhiata sprezzante a tutto il gruppo prima di strattonare il tessuto del vestito tenuto saldo dalle mani di Chris. Il biondo perse così appiglio, accasciandosi a terra e abbassando il capo. Le spalle erano ricurve in una posa del tutto innaturale, mentre le braccia avevano perso tensione. Anche se non mi era possibile scrutarlo ero sicura che stesse soffrendo come mai era accaduto in vita sua.
Quella era una punizione meschina creata per allontanarci da lui.
«È a causa mia, vero? Lo fai perché non ho voluto parlarti di me o dei miei genitori? Lui è tuo figlio!» feci dei passi in avanti solo per permettere alle mie parole di giungere alle sue orecchie. La donna si fermò un istante, volgendo il suo sguardo languido verso nella mia direzione e facendomi raggelare il sangue nelle vene. Sorrise nervosamente.
«Sono sua madre, ma ciò non significa che io debba dare spiegazioni a un'orfana su come si educhino i propri figli. La squadra alpha rimane prosciolta fino a nuovo avviso, al prossimo gesto d'insubordinazione sia tu che tuo fratello verrete cacciati da questa Accademia. Bada bene a quali saranno le tue prossime parole. Tale madre, tale figlia, eh?» Gli occhi spenti di Lyza si riempirono di una strana luce. Era stato davvero un colpo basso il suo.
Feci un ulteriore passo avanti, non mi sarei fatta intimorire dalle sue minacce. Qualcuno, però, mi precedette coprendomi la visuale.
«Le auguro buona serata, signora Preside.» James la congedò facendo seguire le sue parole da un inchino. Rimasi delusa dalla sua poca voglia di combattere per le giuste cause.
Lyza sorrise trionfante. «Ragazzo intelligente» pronunciò maliziosamente prima di scomparire dietro il colonnato. Probabilmente sarebbe ritornata nella sala ricevimenti. Nessuno di noi fiatava, tutti erano scioccati dalla notizia che avevamo appena ricevuto. Sembrava quasi impossibile che non ci fosse più nessun "noi". Tutto stava precipitando nel baratro.
«Come ti sei permesso! Perché le hai dato ciò che voleva?» mi buttai a dosso a James ignorando completamente l'abito o i tacchi che indossavo. Diedi un pugno dopo l'altro al petto di mio fratello e, prima che mi fermasse, le lacrime iniziarono a scorrere copiose anche sul mio viso.
Forse era vero. Forse nessuno di noi era veramente capace di essere perfetto. Una banda di ragazzini scapestrati che si faceva comandare dai sentimenti quando tutto ciò che dovevano fare era solamente seguire degli stupidi ordini.
James mi tenne stretta a sé per tutto il tempo che fu necessario affinché tornassi a respirare normalmente. Alzai il volto verso l'alto supplicando di sapere il motivo della sua sottomissione. Quello che ricevetti fu un tenero bacio tra i miei capelli, mentre si apprestava a sussurrare al mio orecchio.
«Oramai siamo una grande famiglia, come potremmo lottare anche per loro se nel frattempo ci facciamo cacciare? Se sarà necessario, terrò io duro per entrambi, sarò la tua forza anche quando sembrerà che tu non ne abbia, ma ti prego, non mostrarti mai debole con chi non desidera altro che un nostro errore. Dobbiamo farcela. Abbiamo perso una battaglia, non la guerra, Dely. Lo dobbiamo a tutti loro. Cediamo oggi per combattere un altro giorno ancora.»
Deglutii a fatica stropicciandomi gli occhi arrossati e gonfi. Aveva dannatamente ragione. Era sempre stato quello più razionale tra i due e io avevo dubitato. Sarebbe andato tutto bene solo se fossimo stati uniti e non ci fossimo arresi.
Mi osservai attorno.
Avremmo lottato per Kit: il ragazzo dalla chioma ribelle e la battuta sempre pronta. Che aveva trovato nella squadra la sua seconda famiglia e che pareva completamente perso, come se fosse entrato in contatto con i propri demoni interiori.
Avremmo lottato per Maxfield, l'unico che era stato sempre capace di ritrovare la forza in ogni situazione; colui che aveva messo a rischio la sua stessa vita più volte per scoprire poi che non tutte le favole avevano un lieto fine.
Avremmo lottato per Lake, che oramai non era più solo una bambina; era la forza della natura trainante la squadra e che per la prima volta nella sua breve vita si trovava privata di qualsiasi energia, dopo l'aver bacchettato Colton.
Avremmo lottato per JJ e per Sol. La prima giaceva tra le braccia della più matura donna della squadra, promulgandosi in affanni strazianti che le stavano lentamente squarciando. Sol, invece, era colei che aveva sperimentato prima di tutti cosa significasse provare il dolore della perdita e la mancanza di appartenenza a un popolo e alla propria famiglia.
Avremmo lottato anche per Christopher, il ragazzo che aveva deciso di mettere da parte sé stesso per il bene di tutti noi, colui che ci aveva creduto più di tutti, il cui cuore era sul punto di scoppiare. Non lo avremmo lasciato solo. Così come aveva confidato in noi, avremmo ricambiato e finalmente...
Mentre le parole riecheggiavano nella mia mente come un mantra, mi accorsi che alla fine dei conti qualcuno mancava all'appello.
Nel più assoluto dei silenzi levai in alto la voce in un semplice sussurro, come se avessi paura di interrompere i pensieri dei presenti, che di certo stavano logorando gli animi afflitti della squadra, per sempre, alpha.
«Dov'è Chris?»
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top