27. L'abito della discordia.

Undicesimo giorno

In piedi al centro della mia stanza osservavo JJ scrutare i capi d'abbigliamento con occhiate fugaci. Un semplice gesto della mano e io ero costretta a volteggiare su me stessa per darle la completa visione d'insieme.

Era stata veloce come un fulmine e professionale come sempre, limitando i gesti superflui al necessario: non aveva perso tempo dopo la chiacchierata in biblioteca, costringendomi a indossare gli abiti predestinati.

Lo sguardo imperscrutabile di JJ non mi aveva abbandonata un attimo. Era talmente concentrata che mi chiesi se si fosse resa conto dei timidi accenni di conversazione che provavo a intavolare. La sua diffidenza era un mordente. Ogni qual volta schiudevo le labbra la sua mano mi imponeva un ulteriore giro.

Le si illuminarono gli occhi avendo finalmente appreso le mie misure e i più disparati abbinamenti. "Puoi cambiarti, se vuoi" mi disse scrutando i gioielli che avrebbero potuto ornare il mio collo. Avevo rinunciato a dire la mia, con JJ non si poteva discutere. Conosceva ogni regola e l'applicava nel migliore dei modi. Il suo pensiero era semplice e lineare. Ritornata nei miei abiti comodi mi arresi alla sua finale sentenza.

«Allora?» proposi con rinnovato animo. JJ ne aveva approfittato per stendere gli indumenti sul copriletto sovrastandoli dall'alto con la sua ombra. Il primo aveva uno stile più classico e bon-ton di un colore rosa pallido, mentre il secondo risplendeva dei toni del topazio, terminando con una vaporosa gonna a palloncino. Nessuno dei due rispecchiava i miei gusti, pertanto non avevo alcuna preferenza.

«Il rosa» decretò JJ afferrando tra le sue mani l'agognato vincitore per poggiarlo sullo schienale della seduta accanto alla scrivania. Mi adoperai al fine di mettere in ordine il secondo. «Ad essere onesta era la nostra unica scelta, perciò credo dovremmo accontentarci.»

Scossi il capo impensierita, ma pur sempre grata: mi aveva aiutata senza voler nulla in cambio.

«Tu cosa indosserai, invece?» domandai cercando di apparire cordiale, ma senza che potesse sentirsi minacciata od offesa. Era forse la conversazione che più di tutte poteva dirsi inappropriata in un mondo adimensionale. Richiusi l'anta dell'armadio dietro di me facendo cenno a JJ di accomodarsi. Ero pur sempre una padrona di camera cordiale. JJ strabuzzò gli occhi sollevando gli angoli della bocca in un sorriso appena abbozzato.

«Un abito a sirena dorato senza spalline con un taglio geometrico sul fondo. Pare essere all'ultima moda nel duemila e cinquantatré, ma forse questo non avrei dovuto rivelarlo.» Picchiettò l'indice sulle labbra per qualche secondo.

Trattenni una risata. Per quanto potesse sembrarmi assurdo i viaggiatori possedevano la conoscenza dell'intero genere umano, perciò era ovvio che JJ avesse scelto qualcosa di unico e inimitabile. «Sarai stupenda» proferii senza alcuna falsità. Con il suo corpo snello e statuario le sarebbe stato alla perfezione. Si voltò quel tanto per indagare le mie intenzioni, muovendo sapientemente le ciglia e mirandomi con le sue iridi cristalline.

«Ti piace, quindi? La moda intendo» chiesi timidamente. La bionda arricciò le labbra come se si scocciasse di dover rivelare qualcosa di non strettamente necessario. Dopo averci pensato qualche attimo si rilassò.

«Era la passione di mia madre. Io applico solo ciò che lei mi raccontava quando non era troppo occupava e io potevo passare del tempo con la mia famiglia senza partire per una missione.» Il suo sguardo si perse davanti ai miei occhi. Stava fissando l'abito riposto contro lo schienale con più intensità.

«Mi dispiace, JJ. Deve essere dura avere un tale carico di responsabilità.» La bionda alzò un angolo della bocca mesta.

«Non dispiacerti. È l'unico modo di vivere che conosco. L'ho accettato e applico ciò che ho imparato ogni giorno perché è quello che fa un viaggiatore. Siamo gli essere più liberi dell'universo, ma anche quelli più incatenati ad esso.» Strinse una mano nell'altra cercando di mantenere un certo rigore e contegno. Non poteva crollare, la sua immagine insofferente ne avrebbe risentito, eppure la considerai estremamente umana per quei suoi pensieri.

Presi posto al suo fianco. «Non so quello che hai passato o che gli altri hanno vissuto, ma credo che voi stiate svolgendo un lavoro magnifico. Vi ringrazio per quello che avete fatto e che farete ancora. Non so dove il destino ci porterà, ma spero che potremmo condividere quanta più strada insieme, come amiche.» JJ spalancò impercettibilmente le palpebre non aspettandosi nulla del genere. Provò a non darci peso, ma le sue gote assunsero un tono più rosato.

«Non farti un'idea sbagliata,» tagliò corto alzandosi in piedi «solo perché trascorro le mie giornate con voi ragazzi non vuol dire che siamo così intimi. I sentimenti offuscano il giudizio ed è importante rimanere lucidi in qualsiasi situazione. Mantengo un rapporto strettamente professionale con tutti perché è così che vogliono le regole.» Non riuscii a trattenere un risolino. La ragazza si era imbarazzata e stava cercando una via di fuga dai suoi stessi sentimenti. Si vedeva lontano un miglio che voleva loro un bene dell'animo, ma nella sua testa aveva bisogno di ordine e catalogare quei rapporti in modo tale da continuare a combattere senza pensare al peggio.

«E con Hart, allora?» aggiunsi irriverente. La bionda divenne paonazza voltandosi di colpo e dandomi le spalle.

«Hart è come un fratello maggiore per me, non capisco perché tutti pensano che ci sia qualcosa in più. È Lake che mette in giro strane voci. Lui è solo la persona che più di tutte mi ha compreso e accettato. Mi ha dato uno scopo e non intendo deluderlo.» Si voltò mostrandomi le sue iridi furenti. Forse avevo toccato un tasto dolente, ma lo avevo fatto in buona fede. Eppure, era vero che non avevo mai visto i due tacciarsi di gesti romantici o scambiarsi effusioni. Si poteva amare in molti modi e probabilmente era un tipo di legame molto simile a quello che io avevo con James... e la capì.

«Per questo non indosserai quell'abito. Gli ho premesso che ti avrei reso presentabile, quindi devo assolvere al mio compito nel migliore dei modi.» Scossi il capo inebetita. Cosa voleva significare?

«Fidati di me. So quello che faccio.» JJ mosse il sensore dinanzi la porta dileguandosi, felice come non mai per l'idea geniale che le era balenata in mente.

D'altro canto, io non avevo di che preoccuparmi, dovevo solo fidarmi di lei. E lo avrei sempre fatto.

***

Tredicesimo giorno

Tutta la comunità dei viaggiatori era in subbuglio. Festeggiare il centenario della fondazione dell'Accademia non era una questione di tutti i giorni. E per renderlo ancor di più un giorno indimenticabile era stato permesso il libero accesso e utilizzo dei propri poteri senza limitazioni. I gigafut erano stati neutralizzati, le attività sospese, gli addestramenti rimandati e persino la mensa procedeva più a rilento del solito per poter preparare le migliori pietanze degli ultimi duemila anni.

Mi ero limitata a stare in compagnia di James, mentre orde di ragazzini comparivano ai nostri fianchi come formiche. Dire che fossero emozionati era un eufemismo: non c'era alcun controllo e finalmente potevano dare sfogo alla loro vivacità e fanciullezza. "Staranno giocando a nascondino, me lo sento" aveva provato a indovinare mio fratello, e forse poteva anche essere vero.

Con la squadra non mi ero interfacciata particolarmente. Erano stati occupati nei preparativi dello spettacolo che li vedeva protagonisti fin dal giorno precedente. E quando quella mattina avevamo provato a sbirciare nella grande sala ovale che avrebbe accolto l'intera comunità, Lake comparì alle nostre spalle con fare sinistro, chiudendo il portone di pesante legno che ci separava dal resto del gruppo. "Non sbirciate! Vi farò vedere i miei salti nel vuoto solo quando sarà il momento!" ci aveva rimproverato.

Solo durante l'ora di pranzo JJ si presentò facendomi promettere di giungere con largo anticipo nella sua camera. Da lì avremmo aspettato il resto del gruppo e insieme ci saremmo diretti nella sala ricevimenti. Kit e Christopher avrebbero prelevato James. Quest'ultimo non sembrava essere troppo entusiasta di essere tenuto d'occhio, ma era l'unico modo per permettergli di essere in nostra compagnia. "Sarà colpa loro se nessuna ragazza mi si avvicinerà!" aveva scherzato, mentre le sue iridi si spegnevano.

Le viscere mi si erano ritorte.

L'Accademia rassomigliava in tutto e per tutto a un piccolo paesino disperso nel nulla in cui le notizie correvano veloci. Tutti erano a conoscenza di chi fosse James, l'umano. Tutti sembravano aver paura di ciò che potesse fare, quando in realtà lui era il più indifeso.

Persino rimanere in mensa qualche minuto di più poteva essere un azzardo. Se i primi giorni non ci avevo fatto caso, con il passare del tempo avevo notato come gli occhi dei viaggiatori erano sempre più insistentemente puntati sull'uomo che aveva scoperto il loro mondo: era un pericolo. Ero convinta che se ne era reso conto anche James, chiuso nella sua stanza, lontano da tutti e con l'animo pieno di tristezza.

Sopportava quel peso solo per me, per la mia felicità.

Avevo bussato alla porta della camera di JJ all'orario stabilito, facendomi trascinare al suo interno non appena il pannello in metallo si librò in aria. Rimasi a bocca aperta nel constatare lo stile lussurioso e settecentesco di quelle quattro mura. Non sapevo dove posare gli occhi se verso il letto a baldacchino, il mobilio neoclassico o l'arazzo dorato padrone del parquet.

Avevo il naso all'insù osservando i pendenti a cascata del lampadario in argento, dimenticandomi completamente l'uso della parola. Nella mia testa ero convinta che preferisse vivere in un ambiente minimale, ma forse l'avevo giudicata con troppa fretta.

«Ma mi ascolti?» aveva chiesto notando la mia espressione assente. Scossi la testa mortificata.

«Puoi ripe-» scossi il capo notando solo in quel momento di come la sua figura fosse perfettamente fasciata nell'abito dorato. «Questo vestito ti sta d'incanto!» rimediai alla gaffe.

La bionda scrollò le spalle facendosi scivolare addosso le mie parole. «Ho bisogno che tu faccia come dico e una volta terminato saremo pronte per andare. Non farmi perdere tempo rimproverandoti, riesci a concentrarti e non a osservare imbambolata tutto ciò che hai attorno?» Era estremamente difficile. Alle sue spalle la parete era interamente ricoperta da una lastra di vetro riflettente. Abbassai lo sguardo verso lo specchio dove si erano formate piccole scie arcobaleno prodotte dalla luce incidente sui prismi del lampadario.

«Prendo questo tuo silenzio per un sì» asserì JJ strattonandomi per farmi sedere. Ero letteralmente nelle sue mani.

La sentii trafficare nel suo armadio e nel giro di un paio di minuti mi ritrovai svestita degli abiti da addestramento per indossarne uno decisamente più elegante.

«JJ,» iniziai timorosa. Avvertii la bionda bloccarsi per un tempo impercettibile prima di sillabare un "sì?" «perché lo stai facendo? Potresti essere con gli altri invece che badare a me» constatai con una punta di malinconia nella voce.

Jezebel intonò un mezzo risolino prima di passare un dito seguendo il contorno del mio volto. Era un tocco più caldo del previsto.

«Sono con la mia squadra nell'unico posto dove serve che io sia. È il minimo che potessi fare.» Avvertii una nota di commozione nella voce. «Ora stai ferma che altrimenti non riesco a illuminarti il volto come avevo pensato e sarebbe uno spreco non mettere in risalto questi boccoli ramati.»

JJ continuò ad addobbarmi come una bambola nel più totale silenzio, fino a quando non si allontanò accordandomi il permesso di osservarmi allo specchio. Ma prima di riuscirci la mia attenzione venne catturata dai soggetti che si intrufolarono veloci nella stanza. Voleva dire che era passata già un'ora.

«Appena in tempo» si complimentò con sé stessa mostrandomi un sorriso soddisfatto. Sbattei le palpebre più volte per abituarmi alla luce. Non avevo ancora trovato il coraggio di voltarmi quando Max fece capolino.

Lasciai che fosse lui il primo a scrutarmi, seguito da James e da una Lake urlante. Avvertivo gli occhi di tutti puntati a dosso, mentre io non potevo a fare a meno di notare l'eleganza dei miei accompagnatori vestiti di tutto punto. Non credevo sarei riuscita mai vederli in altri abiti che non fossero quelli d'addestramento.

«Delaney sei una bomba!» aveva esultato Lake correndomi incontro e stringendomi tra le sue esili braccia. Incassai il colpo pensando di essere io quella sorpresa: lei stava indossando una gonna! Chissà cosa avrebbe detto Mike se fosse stato lì presente e, per un attimo, mi passò per la mente l'idea di chiederglielo.

«Sei davvero bellissima.» All'iniziò non capii chi avesse pronunciato quelle parole. Non ci sarebbe stato nulla di male se a farlo fosse stato James. Quella volta le sue labbra non si erano mosse, ma quelle di Max sì.

Le guance mi andarono in fiamme. Accennai un ringraziamento volgendomi poi verso JJ. Avrei voluto anche un suo parere.

«Non ascoltare Max,» esordì secca. «Sei perfetta.» JJ mi si avvicinò per poi afferrare le mie braccia nude, guardandomi con orgoglio per la prima volta da quando la conoscevo.

Colta da uno slancio di positività trovai il coraggio per mirarmi allo specchio, mentre la figura esile di JJ si allontanava per affiancarsi ai nuovi arrivati: Christopher, Sol e Kit.

Alzai gli angoli della bocca trovandomi imbarazzata. I colori della volta celeste avevano trovato posto sui miei abiti, mentre i capelli fulvi si perdevano in infinite curve in contrasto con il pallido tono della mia pelle e il rossore delle mie gote.

Sembrava essere perfetto affinché lo indossassi. Come se il destino lo avesse stabilito fin dal primissimo giorno. Non lo potevo ancora sapere. Quello era semplicemente un futuro cui non potevo sottrarmi.

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