9. Natale incantato (REV 2022)

Crystal era di nuovo tra le sue braccia, da ore, dolcemente e con passione, con irruenza e tenerezza, con delicata lentezza e veemente impeto.

Da troppi, interminabili e inesorabili giorni, non la stringeva più a sé, ma infine era riuscito a rubare ore incantate alla sua tragica realtà, e non voleva perdere neppure un istante lontano dalla sua donna stupenda, dalle sue labbra calde e dal suo conturbante corpo.

Le fiamme crepitavano impetuose nel camino, in un'ardente danza senza tregua, da quando era arrivato ore prima: adesso il sole si stava dissolvendo adagio nel tramonto vermiglio, infuocato dalla loro passione.

Crystal godeva tra le sue braccia, sotto le vigorose spinte del suo corpo, gli occhi chiusi e la bocca aperta in un lungo gemito di piacere, ancora e ancora: una cavalcata travolgente, frutto della sua instancabile devozione, mentre tratteneva a fatica il suo seme, le labbra strette tra i denti per vederla ancora godere, sempre più senza fiato, la ragione che implorava una pausa e l'istinto che la spingeva ad avvinghiarsi a lui, due corpi fusi in uno, alla ricerca di un unico infinito piacere.

Esplose infine in lei, ma senza fermare i propri movimenti, se non per il lungo istante in cui gridò il nome della sua donna, e il proprio amore per lei, in un intenso rantolo di godimento che morì sulle morbide labbra di Crystal, bacio appassionato e giuramento d'eterno amore. Poi fu ancora in lei, in profondità, di nuovo a regalarle un intenso orgasmo, solo per sentire ancora il proprio nome nascere tra le labbra amate:

- Severus... amore mio!

Era bella, bella come non mai: l'estasi sul viso arrossato, i lunghi riccioli biondi sparsi sul cuscino e le labbra da baciare, ancora, da leccare con ingorda avidità per cogliere gli ultimi rivoli di piacere che ancora si mischiavano al suo nome, che mai aveva sentito così dolce e amato.

- Severus...

La sua Crystal, la sua donna, il suo amore, il suo sogno fatato... la sua felicità!

Erano rimasti insieme per tutta la notte e l'intera giornata successiva, vivendo come in un sogno dopo l'interminabile lontananza: una dolce fantasia di baci e abbracci, una spensierata speranza d'amore lontana dalla realtà, cacciata via dai pensieri, relegata in fondo alla razionale percezione, per poche ore ancora ostinatamente rifiutata e negata, aggrappati stretti al loro amore, isola felice e unica speranza di futuro.

Aveva soddisfatto ogni capriccio della sua donna, ogni richiesta, e ne aveva appagato tutti i desideri, con infinito amore, felice solo di renderla felice, beandosi della sua gioia e dei suoi sorrisi, riempiendola di coccole, teneri baci e dolci carezze.

Le aveva regalato lunghe dichiarazioni d'amore e struggenti confessioni di dolore, promesso i suoi sogni meravigliosi e confidato le proprie angosce; le aveva offerto se stesso, fino in fondo, senza timori né ritrosie e lei lo aveva ricambiato, con la stessa sincera trasparenza, cercando di vincerne l'innata tristezza ed illuminando le sue ombre, lenendo le amarezze e accarezzando i rimorsi, con infinito amore, restando ad ascoltare in silenzio parole che per la prima volta nascevano da lui, liberandolo infine dalla solitudine.

Parole d'amore e promesse d'eternità, solo per loro e fra loro, tra gli occhi e le labbra, mani intrecciate e cuori uniti in un'unica realtà, oltre il dolore, sulle ali della speranza, trasportati dal loro amore.

Perché tu possa ascoltarmi

le mie parole

si fanno sottili, a volte,

come impronte di gabbiani sulla spiaggia.

Collana, sonaglio ebbro

per le tue mani dolci come l'uva.

E le vedo ormai lontane le mie parole.

Più che mie sono tue.

Come edera crescono aggrappate al mio dolore antico.

Così si aggrappano alle pareti umide.

E' tua la colpa di questo gioco cruento.

Stanno fuggendo dalla mia buia tana.

Tutto lo riempi tu, tutto lo riempi.

Prima di te hanno popolato la solitudine che occupi,

e più di te sono abituate alla mia tristezza.

Ora voglio che dicano ciò che io voglio dirti

perché tu ascolti come voglio essere ascoltato.

Il vento dell'angoscia può ancora travolgerle.

Tempeste di sogni possono talora abbatterle.

Puoi sentire altre voci nella mia voce dolente.

Pianto di antiche bocche, sangue di antiche suppliche.

Amami compagna. Non mi lasciare. Seguimi.

Seguimi, compagna, su quest'onda di angoscia.

Ma del tuo amore si vanno tingendo le mie parole.

Tutto ti prendi tu, tutto.

E io le intreccio tutte in una collana infinita

per le tue mani bianche, dolci come l'uva.[1]

- Vuoi sposarmi, Crystal, amore mio?

- Sì, Severus, insieme con te, per sempre![2]

Aveva ancora tutta la notte e non intendeva sprecarla dormendo. In quei due giorni avevano fatto l'amore più volte, così che il desiderio, in quel momento, era assopito.

Ma Severus sapeva bene come accenderlo ancora.

Scivolò piano giù dal divano e, lento, prese ad accarezzarla partendo dai piedi, un delicato massaggio, lingua e dita a collaborare, mentre gli abiti, come sempre, svanivano lasciando libero campo al suo amore.

Sorridendo la fece adagiare sul tappeto, a pancia in sotto, sussurrandole piano nell'orecchio, con voce roca:

- Che ne dici di un... erotico massaggio?

Crystal sorrise, leccandosi le labbra in un morso delicato e sospirò: ricordava il massaggio che le aveva regalato, tanto tempo prima, quando impazziva di desiderio per lui[3]. Aveva fatto emergere il suo amore, oltre ogni irrazionale paura: rammentava le mani sulla pelle, di colpo nuda, le vesti che, per la prima volta, si erano magicamente dissolte sotto il suo intenso tocco, il respiro ardente, le labbra che percorrevano, umide, il suo corpo fremente di desiderio.

Ora, di nuovo, le carezze di Severus le fecero vibrare la pelle, piacere ormai conosciuto, eppure sempre ricercato, ancora una volta donato con amore; voluttà che nasce dal ricordo e si esalta nell'attesa di altri languidi tocchi, più intimi, più intensi.

Bramava sentire la pelle del mago, pallido calore rovente, sulla propria, e gli abiti di Severus svanirono, incanto d'amore solo per lei, i capezzoli turgidi a tracciare sentieri di desiderio sulla sua schiena, il suo duro membro a strofinarsi sulla pelle delicata delle cosce, giù, verso il ginocchio, troppo lontano per raggiungerlo con le mani.

Crystal gemette, contorcendosi sotto di lui, cercando un più intimo contatto, e il mago l'accontentò risalendo piano con l'erotica carezza, tra i glutei, sulla schiena, sulla spalla e infine offrendolo alla sua bocca che, golosa, lo avvinse con impeto gioioso, strappandogli gemiti di piacere mentre si abbandonava a lei, alle labbra che succhiavano avide, alla lingua che ne tormentava la punta gonfia e pulsante.

Crystal ricordava cos'era accaduto due anni prima: Severus si era sottratto al suo intimo bacio, ora accettato gemendo deliziato, e aveva giocato con lei, offrendole il suo corpo per farla godere, regalandole la più erotica carezza mai ricevuta.

La maga sospirò appena, allentando la presa, e Severus ne approfittò per scivolare fuori dalla sua bocca, in un lungo rantolo spezzato, negli scintillanti occhi neri lo stesso intenso ricordo della prima volta in cui avevano fatto l'amore, quando Crystal, inaspettatamente, gli aveva detto che lo amava.

Le labbra del mago cercarono quelle della sua donna, per un lungo e appassionato bacio, promessa di delizie, acconto di voluttà. Scivolò sopra di lei, la lingua sul collo, lento ardore trattenuto, voglia di morderla e farla sua, le mani a cercare i seni per stringerli, accarezzarli, titillarli, leccarli e infine succhiarli con impeto strappandole languidi sospiri mentre la mano dirigeva il suo membro, sempre più duro, laggiù, nella calda intimità pulsante, già umida di piacere, a ripetere agognate carezze, erotico sfregamento in un desiderio rinviato, lascivo tocco che si insinuava, caldo, attesa estenuante di penetrazione.

Crystal non avrebbe mai dimenticato cos'era accaduto tempo quando, per la prima volta, Severus era entrato in lei: rammentava il suo improvviso stupore, il folle desiderio che gli leggeva negli occhi, frustrato dai denti che crudeli ne torturavano le labbra sottili, i suoi movimenti profondi, dapprima lenti e poi sempre più accelerati, finché l'aveva portata all'orgasmo, implorandola di dirgli che lo amava.

E lei l'aveva detto, per la prima volta le sue labbra gli avevano sussurrato l'amore che provava per lui, rendendolo infinitamente felice.

Eppure, in quella notte lontana, Severus si era imposto di ritrarsi, dimostrazione di sconfinato amore, di quanto fosse diverso da qualsiasi altro uomo, di quanto era disposto a fare per lei, per amor suo, per insegnarle ad amare!

Crystal lo strinse a sé, forte, con tutto l'amore cresciuto col tempo nel suo cuore, potente e orgoglioso, per lo splendido mago pronto a tutto per lei, per quegli occhi che sapevano sfidare le tenebre, e vincerle, per amor suo.

- Ti amo, Severus, immensamente!

Il mago la rimirava, gli stessi ricordi negli occhi neri, lo stesso amore sulle labbra:

- Crystal... amore!

E Severus fu in lei, con travolgente passione, le labbra a inebriarsi delle parole d'amore e il corpo a donarle piacere con profonde, ritmiche spinte, ripetute, reiterate, rinnovate, replicate, ancora, mentre l'estasi distendeva i lineamenti della maga che ripeteva il suo nome, in una dolce litania d'amore:

- Severus... Severus...

Non avrebbe mai voluto smettere, solo per continuare a vederla godere, per rimirare il sorriso e bearsi del suo piacere, ancora, per sentire le unghie graffiargli le spalle mentre si contorceva sotto di lui, spingendo in alto il bacino alla ricerca di un ancor più profondo contatto, in una nuova esplosione di piacere in cui sempre il suo nome bruciava d'amore sulle sue labbra:

- Severus, amore mio... Ti amo Severus!

Il mago la guardava, uno sorriso raggiante sul viso e gli occhi neri scintillanti di felicità, infine consapevole che, anche lui, dopo tanto soffrire aveva trovato l'amore.

La schiuma del mare da dove nacque la dea

evoca colei che nasce dalla mia carezza.

Se tu cammini Splendore i tuoi occhi hanno la lucentezza

di una sciabola dal dolce sguardo pronta a tingersi di sangue.

Se ti corichi Dolcezza diventi la mia orgia

e i cibi saporosi della nostra liturgia.

Se ti curvi Ardore come una fiamma al vento

dei danni del fuoco nulla è deludente.

Io brucio nella tua fiamma e sono del tuo amore

la fenice che muore e ogni giorno rinasce.[4]

*

La casa nel bosco era buia.

Severus pensò che Crystal si fosse stancata di aspettarlo: due giorni di ritardo erano molti, soprattutto a Natale. Non c'era nulla di male se, per non restare sola, avesse cercato compagnia. Sarebbe stata sciocca a restare ad attendere chi non arrivava.

Il mago sospirò, stringendosi nel mantello, la mano ad accarezzare il pacchettino preparato con amore.

Sarebbe entrato e acceso il fuoco. Poi, quando la casa fosse stata ben riscaldata, l'avrebbe chiamata tramite il medaglione attendendola paziente.

Anche lei doveva averlo atteso a lungo, prima di andarsene, delusa.

Sospirò ancora ed entrò in casa, silenzioso, senza accendere la luce.

La brace nel camino era ancora calda; aggiunse un ceppo di legno e smosse i tizzoni ancora rosseggianti: le fiamme si levarono di nuovo vivaci disegnando ombre danzanti sulle pareti.

Le decorazioni natalizie apparvero quasi per incanto dall'ombra: festoni verde-argento lungo le pareti e sulla cappa del camino. Si girò di lato: la tavola era ancora imbandita, le candele consumate fino in fondo.

Sospirò a fondo, ancora: avrebbe dato qualunque cosa per passare il Natale con la sua donna, ma Voldemort aveva avuto altri piani. Estrasse la bacchetta e la puntò sulle candele: i mozziconi d'argento crebbero, affusolati e sottili, la fiamma di nuovo a bruciare in cima.

Si slacciò il mantello e si girò per tornare all'appendiabiti nell'ingresso.

Fu allora che la vide.

Illuminata dalle fiamme, i lunghi capelli biondi a sfiorare il tappeto in riccioli disordinati: si era addormentata sul divano, l'elegante abito di velluto verde drappeggiato sui morbidi cuscini.

Severus sorrise, radioso, solo per vergognarsi profondamente di sé un attimo dopo: ancora una volta non aveva avuto piena fiducia in lei che, invece, non si era stancata ed era rimasta lì, da sola, anche nei due giorni di festa.

Gettò lontano il mantello e si chinò verso la donna amata, la cui lunga e solitaria attesa l'aveva reso raggiante: ammirò la profonda scollatura dell'abito che, generosa, gli offriva la superba visione dei seni di Crystal e, delicato, depose un caldo bacio fra loro.

Attese un istante, il tempo che la maga si svegliasse appena, poi sussurrò, con voce appassionata:

- Crystal, mio adorato amore!

Solo il tempo d'un lampo azzurro negli occhi e le loro labbra s'incontrarono, calde e morbide, in un lungo bacio a cancellare l'attesa e la delusione.

- Severus, finalmente! – esclamò Crystal, quasi senza fiato dopo l'intenso bacio.

Si strinse forte a lui e mormorò, il viso premuto sui bottoncini del suo abito:

- Ho avuto tanta paura che ti fosse accaduto... - deglutì a fatica, ricordando quanto a lungo aveva aspettato il messaggio che la tranquillizzava circa l'involontario ritardo.

- Sono qui, sono qui, amore mio! – le sorrise il mago, coprendole il volto con piccoli baci delicati. – E tu... mi hai sempre atteso qui! – continuò, senza riuscire a nascondere l'intimo orgoglio per la scoperta.

Crystal gli carezzò il viso spostandogli indietro i lunghi capelli neri e, molto seria, con semplicità rispose:

- Hai detto che saresti arrivato appena possibile: nessuno avrebbe potuto trascinarmi via!

Severus socchiuse le palpebre, commosso, e la strinse di nuovo a sé, incapace di esprimere a parole la sua gioia: solo le labbra la ringraziavano, deponendo altri baci leggeri sulla tempia e fra i capelli che brillavano d'oro alla luce guizzante delle fiamme.

Più il tempo passava, più era certo che nessun'altra donna avrebbe mai potuto essere così perfetta per lui. Solo lei sapeva dargli l'incredibile sensazione di completezza e unione, e la piena felicità che ne derivava.

Tornò a guardare il viso di Crystal, bellissimo nonostante il trucco sciolto, e fece scivolare le dita sulla guancia, leggere, poi lungo il collo, regalandole brividi di piacere mentre la fissava con intensità, gli occhi come stelle nere che brillavano d'amore. Poi il suo sguardo seguì la mano, lungo la generosa scollatura dell'abito, messa in risalto da paillettes d'argento:

- Buon Natale, splendido amore mio!

Per la prima volta in vita sua, Severus era felice che fosse Natale: per la prima volta non era triste e solo, e nel suo mantello c'era il regalo preparato per Crystal. Sì, la vigilia di Natale era passata ormai da due giorni, ma per i loro cuori innamorati il tempo si era fermato.

Tornò a stringerla a sé, le labbra ancora sulle sue per un altro dolce e intenso bacio, quindi allungò la mano verso il mantello e il pacchettino argentato volò tra le sue mani, subito deposto in quelle di Crystal, che sorrideva radiosa. La maga lo scartò veloce e una boccetta di fine cristallo intarsiato brillò tra le sue dita:

- Un profumo?

Severus sorrise, scuotendo il capo:

- Avrai bisogno di me, per usarlo, - sussurrò piano, - per ungere tutta la tua pelle, nei massaggi che ti piacciono tanto.

- Solo perché sei tu a farmeli, con le tue stupende mani... e tutto il resto!

– Chiudi gli occhi, ora, piccola viziosa! – ordinò con tono malizioso, compiaciuto nell'intimo.

La maga ubbidì e Severus aprì la fragile ampolla, lasciandole cadere sul petto un paio di gocce dorate che subito scesero verso l'incavo dei seni: il mago le fermò con l'indice e, delicato, sparse l'olio sulla scollatura, spingendolo sulla parte di seno che faceva capolino dall'abito. Quindi sfregò le dita fra loro e le portò sul labbro superiore di Crystal, in una languida e profumata carezza:

- L'ho distillato per te, per il tuo piacere. – Le sussurrò piano sulle labbra, lambendogliele appena con la punta della lingua. – Contiene il calore e il profumo della tua Africa, estratto dalla tua pelle e dai tuoi capelli. - continuò scendendo con la bocca lungo il collo della maga, sulla gola tenera e giù sui seni. – Profumo di sole e di libertà, di sogni e di speranza.

Crystal aveva riaperto gli occhi e sorrideva, beata delle attenzioni, limpido cielo azzurro in cui Severus voleva perdersi:

- Il sole della speranza brilla nel tuo sguardo e nel tuo sorriso, amore mio, - sussurrò commosso, - e illumina anche me, sconfiggendo infine le mie tenebre!

Ti vidi sorridere: la vampa di zaffiro
accanto a te cessò di brillare;
non poteva eguagliare i raggi che affollavano
vividi quel tuo sguardo.

Come le nubi dal sole lontano
ricevono un colore intenso e caldo
che a stento l'ombra della sera vicina
può cacciare dal cielo,

quei sorrisi infondono nell'animo
più triste gioia pura;
il loro sole lascia dietro un fuoco
che risplende sul cuore.[5]

Voleva baciarla, amarla, fermare il tempo e dimenticare l'opprimente realtà.

Ansante per la passione profusa nel bacio dal mago, Crystal cercò, forzando se stessa, di sottrarsi alle sue ardenti e desiderate carezze:

- Aspetta! Anche io ho un regalo per te.

- Un regalo? Per me? - chiese Severus stupito, osservandola mentre sfuggiva dalle sue braccia e si dirigeva verso la tavola imbandita.

Non era abituato a ricevere regali, nella solitudine del sotterraneo dove si rintanava per sottrarsi all'ipocrita rito degli auguri natalizi.

Solo Albus sapeva insinuarsi nel suo cupo rifugio, ogni volta lamentandosi per il freddo e porgendogli una bottiglia di ricercato Firewhisky, impacchettata di rosso e con un lungo e scintillante nastro d'oro svolazzante.

Scosse la testa.

Non sarebbe più tornato, nemmeno lui, con il suo sorriso sereno e l'azzurro dietro le lenti a mezzaluna.

Strinse i pugni: erano passati sei mesi, ma il dolore era sempre lo stesso, lancinante e devastante, a contorcergli il cuore.

Tornò a osservare Crystal che armeggiava sotto la tavola, ricoperta dalla tovaglia che scendeva fino a terra, verde e con le frange d'argento.

Ottima scelta di colori: anche in quel campo Crystal non l'aveva mai deluso, salvo la prima volta, quando, arrivando a Hogwarts, era teatralmente scesa dal bianco cavallo, rifulgente d'oro e vermiglio.[6]

Sorrise tra sé al ricordo, così lontano da appartenere a un'altra vita: la maga l'aveva deliziosamente ingannato, nei primi tempi, finché il Cappello Parlante l'aveva smascherata e lei si era rivelata la vera Serpeverde che era sempre stata.

Certo, pensare che adesso fosse la sua donna, che lo amava e stava con coraggio al suo fianco, lo riempiva di felicità, ma anche d'orgoglio: una volta tanto sapeva che era anche suo il merito se le cose erano andate così. Ma il timore che quel sogno meraviglioso potesse finire all'improvviso, che la cupa ombra delle sue colpe passate potesse ancora una volta tornare a riscuotere un prezzo già troppe volte pagato, rimaneva lì, latente, per uscire la notte nei suoi nuovi incubi, dilaniante e dirompente, quando si svegliava madido di sudore, impotente e disperato, negli occhi neri e dilatati il terrore d'averla per sempre perduta.

Crystal continuava ad armeggiare sotto la tavola, in difficoltà per le dimensioni del pacco.

Severus deglutì e strinse i denti: solo quando l'aveva tra le braccia riusciva a dormire tranquillo tutta la notte, ma l'indomani la maga si lamentava sempre d'essere tutta indolenzita per i suoi troppo protettevi abbracci.

Crystal riemerse dalla tovaglia, il lungo pacco stretto tra le braccia e i riccioli in disordine. Osservò le pietanze, da troppe ore nei piatti e diede una spintarella a un'arancia che rotolò fino sul bordo, quindi esclamò, allegra:

- Mi sa che è tutto da riscaldare... e il vino da raffreddare!

Gli sorrise avvicinandosi con il dono, carta rigorosamente argento e grande fiocco verde.

Solo in quel momento Severus si rese conto che la stanza era tutta a tema Serpeverde: non solo gli addobbi e i festoni erano verde e argento, come l'abito della maga, ma anche stoviglie, posate e calici erano in argento massiccio e brillavano sulla tovaglia verde riflettendo le guizzanti fiamme delle candele, d'argentea cera che lui stesso aveva rinnovato quando era entrato in casa.

- Vedo che hai seguito le orme di Mundungus, - ammiccò divertito sollevando un sopracciglio, - e hai terminato di svaligiare casa Black!

Scoppiarono a ridere, infine rilassati, e la maga gli pose tra le braccia il pacco.

- Non è un vero e proprio regalo, - sussurrò impacciata, - ma credo che ti farà piacere... riaverlo.

Severus la fissò, incuriosito, e cominciò a scartarlo aprendo con lenta attenzione la carta, senza romperla. Infine sollevò il coperchio e rimase immobile a contemplare il contenuto, gli occhi neri lucidi di commozione e il respiro trattenuto tra le labbra dischiuse.

Infilò la mano e estrasse con delicata cura il suo candido violino[7]: ne sfiorò appena il corpo sinuoso e con un languido movimento delle dita sottili ne accarezzò le corde.

Sollevò lo sguardo per incontrare quello di Crystal che lo osservava, felice e commossa per la sua intensa reazione e sussurrò:

- Grazie, amore mio!

Raccolse l'archetto e impugnò il violino, insinuandolo con dolcezza nell'incavo tra spalla e collo, in un appassionato e delicato abbraccio, quindi reclinò un poco il capo e vi appoggiò la guancia, lo sguardo nero sognante, pieno di luce; cominciò a sfiorarne le corde traendone limpide note, le stesse che, in una sera lontana, avevano condotto Crystal nel suo studio sulle ali della melodia che narrava i suoi sogni.

Severus abbassò le palpebre continuando a suonare: rivide la maga, bellissima, avvolta nel velo leggero della camicia da notte, bianca e trasparente, che le lambiva appena le caviglie; gli era sembrata un sogno, nato dalle sue note e reso vivo dai raggi della luna, le parole della canzone da lui composta che uscivano melodiose dalle labbra che da tempo anelava baciare.

Sei il cuore del mistero

e della passione che diventa vita.

Nelle battaglie che conduco

risiede la morte dell'anima;

nella pace che mi dai,

trovo il sapore di esistere.[8]

Crystal rimirava gli eleganti movimenti del braccio che guidava l'archetto e le dita sottili che stringevano le corde del violino, notando come i lineamenti si stessero rasserenando, proprio come nella notte lontana in cui Severus, per la prima volta dopo tanti anni, era stato se stesso, l'uomo che davvero era e non ciò che voleva mostrare d'essere agli altri, per tenerli lontani da sé, convinto di non meritare né amicizia né amore.

Non l'aveva sgridata per aver rubato le parole della canzone, né per essere entrata nello studio senza permesso. Le aveva solo sorriso, come in un sogno, sfiorandole lieve le labbra con la punta delle dita.

Tornata in camera, Crystal si era accorta che lacrime silenziose le rigavano le guance: era passato così tanto tempo che non ricordava più l'ultima volta che aveva pianto, ma sapeva di essere felice e che, anche se allora non era ancora in grado di ammetterlo, neppure con se stessa, si stava già innamorando del mago dal volto pallido e scavato, i cui ardenti occhi neri le rivelavano, a tratti, il profondo tormento dell'anima.

La maga trasse un lungo respiro e chiuse le palpebre: adesso era lì con lui, l'uomo che le aveva insegnato ad amare e le aveva chiesto di sposarlo, l'uomo che amava profondamente e con il quale voleva condividere l'intera esistenza.

Se solo quella maledetta guerra fosse finita presto e il resto del mondo magico non lo avesse ritenuto un traditore assassino!

Non vi era stata interruzione nella musica, così Crystal sussultò quando le braccia di Severus l'avvolsero, conducendola nella danza: aveva incantato il candido violino che suonava da solo, sospeso nell'aria.

- Ti amo, mia splendida Serpeverde! – le sussurrò sfiorandole le labbra con dolce passione e stringendola a sé. - Ma devo scusarmi con te, ancora una volta.

Crystal lo guardò, nubi di preoccupazione nell'azzurro delle iridi da poco tornato sereno.

Severus sorrise:

- C'è stato un altro Natale, e un altro ballo, in cui non ebbi fiducia in te, - spiegò, - e pensai, tormentato dalla gelosia per Lucius, che non avrei mai avuto alcuna speranza di conquistare il cuore di quella bellissima Serpeverde che, sbagliandomi del tutto, credevo non sapesse amare![9]

- Non hai nulla da scusarti per il giudizio, che era invece più che corretto. – rispose Crystal restituendogli un luminoso sorriso. – Sei stato tu, solo tu, a insegnarmi ad amare, con il tuo esempio. E, riguardo a Malfoy, - aggiunse maliziosa, - sono certa che hai sempre saputo che non è mai stato un vero rivale!

Il mago sorrise, di nuovo intimamente compiaciuto:

- Eppure, quella sera mi sentii un vero imbecille, certo che vi foste accordati per farmi fare la figura dello stupido, quando Lucius è venuto a riprendersi la più bella dama della festa, mentre io mi ero illuso, – la voce di Severus era diventata un sensuale sussurro, - di poter continuare a impazzire di desiderio tenendoti tra le braccia.

- Ti ho dimostrato, quella sera stessa, che non intendevo prenderti in giro: altrimenti non sarei mai venuta a cercarti, fuori, sulla terrazza. Era te che volevo, il tenebroso mago dagli occhi pieni di fuoco nero, che sempre mi sfuggiva, non il ricco e potente Malfoy dalle iridi di ghiaccio!

- Adesso lo so, amore. Ma allora – sospirò lieve, - era così difficile respingerti: il mio stupido corpo si ribellava alle ferree imposizioni della volontà e ti rivelava spudorato tutto il mio intenso desiderio, - sussurrò roco, stringendola di più a sé affinché Crystal potesse di nuovo percepirlo, - proprio come adesso.

- Eppure, non mi baciasti. - rispose la maga, le labbra a sfiorare piano quelle del mago, proprio come lui aveva fatto nella notte di Natale, due anni prima, facendola sentire desiderata con forza.

- Quanto ho anelato baciarti, con tutto il mio amore, sulla terrazza! – sospirò Severus, ancora e solo lambendole piano la bocca. - E stringerti a me, con tutta la passione che non riuscivo più a reprimere. Ti sfioravo le labbra e volevo il tuo corpo, con impeto disperato, ma, soprattutto, volevo il tuo cuore, amore mio!

La strinse a sé, sapendo che quel cuore era infine tutto e solo suo e nulla più gli impediva di realizzare i suoi sogni.

- Ma io non ero ancora pronta... - ansimò Crystal, la voglia di lui a scintillare negli occhi.

- No, non eri ancora pronta a imparare ad amare e sapevo che in nessun modo, quella notte, avrei potuto avere il tuo cuore. – sospirò Severus, il respiro ardente sempre sulle labbra della maga. – Così ho rinunciato al tuo bacio. Ma non ora... - aggiunse in un sussurro roco, mentre con le labbra avvolgeva quelle di Crystal che si offrivano a lui per quel bacio a lungo anelato.

La maga sapeva che i suoi abiti sarebbero svaniti adagio sotto le appassionate carezze del mago.

Poi sarebbe venuto il turno della lunga schiera di bottoncini, in un rituale d'infuocata passione che sempre si ripeteva per il suo piacere.

Un'arancia sulla tavola

il tuo vestito sul tappeto

e nel mio letto tu

dolce presente del presente

freschezza della notte

calore della mia vita.[10]



[1]Pablo Neruda – Tratto da "Veinte poemas d'amor y una concion desperada": V – Para que tu me oigas.

[2]Per chi ancora non lo avesse capito, e per JKR in particolare: per sempre, insieme, vivi e felici!

[3]Vedi il cap. 17 – Erotico massaggio, tratto da "Luci e ombre del Cristallo"

[4]Guillome Apollinaire – Tratto da "poesie a Lou": VII - Mio Lou voglio riparlarti ora dell'Amore.

[5]George Byron. Tratto da "Ti vidi piangere".

[6] Vedi il cap. 1 – L'arrivo, in Luci e ombre delcristallo.

[7] Vedi il cap. 9 – Violino, tratto da "Luci e ombre del Cristallo".

[8] Earendil

[9] Vedi cap. 8 – Natale a casa Malfoy, tratto da "Luci e ombre del Cristallo".

[10] Jaques Prevèrt – Dalla raccolta "Paroles": Alicante.

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