33. In onore di Severus Piton (REV 2022)

Il sole era sorto, infine: là in fondo, invisibile, celato dietro nuvole cupe e gonfie di pioggia che da nere s'erano rischiarate d'un diafano grigiore.

L'aveva atteso per tutta la notte, seduto composto e immobile sulla panca, la schiena rigida appoggiata alla fredda parete, accerchiato dai lamenti degli altri prigionieri, fissando la luce accecante dei lampi che a tratti trafiggeva il cielo nero e senza fine.

L'alba grigia e senza luce di Azkaban.

Eppure il sole risplendeva nel nero profondo e infinito delle sue iridi, insieme alla speranza di un domani che ancora poteva esistere, perfino per lui, nonostante il suo passato.

Le dita sottili accarezzarono piano l'avambraccio sinistro, la pelle candida tesa in una cicatrice che svaniva ogni giorno di più, pallida e sfocata, confuso ricordo d'un orrido marchio di schiavitù contro il quale aveva a lungo combattuto, rinnegando il proprio diritto a vivere fin da quando si era rintanato nel buio e freddo sotterraneo dedicando l'esistenza alla causa di Silente, pronto a morire in qualsiasi momento.

E per lunghi e dolorosi istanti aveva davvero creduto d'essere morto, trafitto dalle acuminate folgori verdi esplose dal corpo di Nagini, che lui stesso aveva distrutto con orgoglioso coraggio.

Invece, era stato proprio quello il momento in cui aveva ripreso a vivere, libero dalla sua oscura schiavitù.

Severus trasse un ardente sospiro: sarebbe stata l'ultima alba mesta senza Crystal?

La dura prova è ormai alla fine:
mio cuore, sorridi al domani.
Son passati i giorni angosciosi,
quando ero triste fino al pianto.
Anima mia, ancora un poco,
non stare a contare gli istanti.
Ho letto le parole amare,
e ho bandito le oscure chimere.
Gli occhi non possono vederla
a causa di un dovere doloroso,
l'orecchio è ansioso di ascoltare
le note d'oro della sua voce tenera,
tutto il mio essere e il mio amore
acclamano il giorno felice
in cui, unico sogno, unico pensiero,
ritornerà da me la fidanzata.
[1]

*

La grande aula circolare del Wizengamot era, se possibile, ancor più gremita di folla del giorno prima; tutti attendevano, in rispettoso silenzio, l'ingresso dell'imputato che, dopo le deposizioni del pomeriggio precedente, si era guadagnato l'ammirazione di coloro per i quali era stato pronto a dare la vita.

Le prime pagine dei giornali erano piene di sue fotografie, sempre pallido e immobile, in atteggiamento severo, gli occhi tenebrosamente neri. La maggior parte degli articoli riportava le testimonianze a sua difesa, quelle incerte e sommarie dei testimoni dell'accusa già dimenticate e confutate dalle deposizioni successive che lo avevano descritto quale vero artefice della morte di Voldemort, l'eroe che aveva sacrificato la vita per distruggere l'ultimo maledetto brandello d'anima che teneva in vita il mostro.

Eppure, la parola eroe abbinata al suo nome ancora stonava e sembrava ingiusta per l'uomo che, a ogni modo, aveva ucciso il grande Albus Silente.

Del resto, la giovane teste Granger aveva giurato con sicurezza che Silente era condannato a morire da una Maledizione Oscura da cui solo Severus Piton, sì, incredibile, proprio l'imputato, l'aveva salvato. E anche Harry Potter, il Prescelto, l'Eroe indiscusso, aveva confermato la veridicità del salvataggio, che il preside stesso gli aveva rivelato.

La fenice del preside, poi, aveva pianto le sue miracolose lacrime per lui, restituendolo alla vita, inconfutabile prova che l'imputato non poteva aver ucciso la vittima che, però, era indubbiamente morta per mano sua.

Il mistero appariva inestricabile e l'interesse era al parossismo.

La porta laterale si aprì e Severus Piton uscì dall'ombra, cupo e oscuro, il passo sicuro ed elegante e il lungo mantello nero che fluttuava in sinuose volute, scortato dallo zoppicante ma fiero Alastor Moody.

Il viso, oltremodo pallido, era levato in alto, le iridi nere a cercare ansiose l'amata Crystal. Quando la vide, fu come se per un istante il sole sfolgorasse nel suo sguardo e impetuose fiamme nere vi avvamparono incontrollate, un accenno di sorriso ad ammorbidire appena la linea severa delle labbra.

Nel silenzio teso, mentre la folla accalcata in piedi anche lungo il corridoio si scostava ammassandosi ai lati per permettere un più comodo passaggio, Moody accompagnò l'imputato fino alla gabbia: questa volta non ne chiuse la porta con la magia, ma solo l'accostò adagio.

Il braccio di Crystal era già allungato verso il mago e le loro dita si sfiorarono subito, per restare dolcemente intrecciate, lo sguardo nero dell'uno perso nel cielo azzurro dell'altra, le labbra appena dischiuse nell'apparenza d'un sorriso che gli illuminava il volto d'un pallore quasi spettrale.

- Rubeus Hagrid, a causa della sua stazza, deporrà qui e non sul banco sopraelevato che non potrebbe reggerne il peso. – comunicò il Cancelliere.

Una ventata d'ilarità, subito soffocata, percorse veloce la platea mentre il mezzo gigante, rosso in volto per l'imbarazzo, si insinuava tra Giudice e imputato, rivolto con riguardo verso quest'ultimo:

- Buongiorno, Professor Piton! – borbottò commosso, il largo sorriso nascosto nella barba incolta.

L'imputato rispose con un rapido cenno di saluto indicandogli di girarsi con urgenza verso il Giudice che, offeso, stava per richiamarlo all'ordine giacché gli voltava ostinato le spalle.

Hagrid si girò, impacciato, e urtò rumoroso la sedia che stridette sul pavimento: divertiti colpetti di tosse percorsero con poca discrezione la folla mentre Moody sbuffava scotendo la testa:

- Sta fermo e guarda il Giudice, Rubeus! – gli intimò.

Dopo le necessarie formalità, rese più lunghe dalle caotiche risposte del teste, la deposizione cominciò. Con enfasi, Rubeus Hagrid raccontò della notte in cui aveva visto l'imputato discutere animato con la vittima. All'inizio aveva creduto che litigassero, cosa strana perché il professor Piton mostrava sempre un grande rispetto per il preside, così, quasi senza volerlo, si era avvicinato alla prima fila di alberi della Foresta Proibita, nascosto dalla loro ombra, e aveva udito quella frase assurda, mai riferita a nessuno e di cui per tanto tempo non era riuscito a capire il senso ma che, infine, ora gli era chiara e poteva ripeterla senza timore di sbagliare.

- E cosa disse Albus Silente, di grazia? - lo sollecitò impaziente il Giudice, mentre Hagrid si avviluppava confuso in frasi complesse.

- Ci disse... ecco... - lanciò un'occhiata al professore, incerto se poteva permettersi di usarne il nome di battesimo, - Dopo che mi avrai ucciso, Severus...

L'aula fu attraversata da una rumorosa ondata di stupore che si spense solo perché la folla era troppo interessata a scoprire il resto del mistero.

Piton, invece, sospirò e socchiuse gli occhi, di nuovo stringendo con le dita sottili le sbarre della gabbia, quasi sostenendosi a loro.

Crystal si morse le labbra, ancora una volta impotente: sapeva che per Severus il mattino si sarebbe rivelato crudelmente doloroso. Le deposizioni dei testimoni lo avrebbero obbligato a ricordare il tremendo momento in cui aveva dovuto uccidere il suo più caro amico.

- La vittima discorreva tranquilla della sua morte con l'imputato, e di ciò che sarebbe dovuto accadere dopo l'assassinio? - chiese il giudice con formale rigore. - Ne è proprio sicuro?

- Oh sì che sono sicuro! Ci sento bene io, anche da lontano! – rispose Hagrid piccato. – E il Professor Piton allora si è arrabbiato tanto e ci ha detto che quello mica era un favore da nulla. Proprio così ci ha detto, da arrabbiato, – aggiunse rivolgendosi con aria di scuse al professore, - e poi ci ha detto che il preside Silente dava tutto per scontato e che lui, cioè, lui, il Professor Piton insomma, - precisò voltandosi ancora verso il mago, con un accenno di inchino, - ci ha detto che lui forse aveva cambiato idea e che non voleva più farlo.

Il sospiro che sfuggi dalle labbra contratte di Piton assomigliava fin troppo a un gemito e Crystal chiuse gli occhi per non vedere la sofferenza invadere senza pietà i lineamenti amati.

- L'imputato avrebbe detto alla vittima che non voleva più ucciderlo? - puntualizzò il Giudice cercando di chiarire il senso dell'ingarbugliato discorso.

- Sì, proprio così ci ha detto. Ma il preside Silente non ha voluto neanche sentirlo e ci ha risposto che ormai aveva dato la sua parola e allora doveva farlo e basta. Proprio così, ci ha detto, proprio con queste parole uguali. – e ancora una volta si rivolse al professor Piton scusandosi in anticipo, - Mi hai dato la tua parola, Severus. Ecco, sì, ci ho una buona memoria io.

Di nuovo la folla rumoreggiò commentando la deposizione che, incredibile, dimostrava che la vittima, che forse tale non era mai stata, aveva preteso che l'imputato, che aveva sempre meno l'aria di essere un assassino, gli promettesse di ucciderlo.

Ma perché?

Fino a quel momento, la tesi più favorevole divulgata dai giornali era stata che Severus Piton, pur se legato da un certo affetto alla vittima, l'avesse ucciso, costretto dal Voto Infrangibile che lo vincolava a scegliere tra la propria vita e quella dell'amico. Da qui, dunque, le dure accuse di vigliaccheria mosse, che le deposizioni del giorno precedente, però, che ne esaltavano e dimostravano il grande coraggio, avevano messo in dubbio.

Forse aveva ragione la giovane Granger e Silente era davvero condannato a morire dalla maledizione che l'aveva colpito alla mano: ma perché, allora, chiedere all'imputato di ucciderlo?

- Draco Malfoy al banco dei testimoni. – annunciò il Cancelliere.

Nell'aula tornò subitaneo il più completo silenzio.

Il giovane era pallidissimo, il viso aguzzo e affilato, ma gli occhi brillavano, argentati dall'orgoglio di rendere a un uomo la dignità dell'infinito coraggio necessario ad uccidere per amore.

Draco cercò gli occhi del mago, diventato come un padre per lui, prese un lungo respiro e cominciò a parlare con voce controllata:

- Il preside Silente sapeva fin dall'inizio che Voldemort mi aveva imposto di ucciderlo e che il Professor Piton aveva contratto con mia madre un Voto Infrangibile: me lo disse la notte in cui è morto e Potter può confermarlo.

Per un attimo gli sguardi dei due giovani s'incrociarono e Harry fece un lieve cenno d'assenso con il capo.

- Come ha testimoniato la Granger, il preside sapeva d'essere condannato a morire e, certo, non era uomo da temere la morte, lo sanno tutti! – specificò con profondo rispetto. – Ma, soprattutto, Albus Silente non voleva che io lacerassi la mia anima con l'orrendo atto dell'assassinio. – affermò con voce commossa. – Silente voleva a tutti i costi salvare la mia anima, - gridò accorato, la voce vibrante, - per questo chiese al Professor Piton, suo caro amico, di compiere il tremendo gesto al posto mio, affinché la mia innocenza fosse preservata!

Gli occhi di Draco brillavano, lucidi di lacrime trattenute con fierezza, fissi in quelli dell'uomo che aveva sacrificato la propria anima per salvare la sua.

Il volto di Severus Piton era pallidissimo e gli occhi neri bruciavano di orgoglioso dolore, le labbra serrate tra i denti e le dita sottili contratte attorno alle sbarre, di nuovo fuse con il freddo metallo.

Non respirava.

Ricordava.

Soffriva.

Crystal chiuse gli occhi mentre una lacrima sfuggiva al rigido controllo imposto.

Avrebbe dato qualsiasi cosa per essere al suo fianco e stringerlo a sé, fargli sentire amore e comprensione.

Draco sospirò e riprese a parlare a bassa voce nel profondo silenzio che lo circondava:

- Albus Silente era come un padre per il Professor Piton, eppure, per proteggere la mia anima, e per ubbidirgli, Severus Piton, con immenso coraggio e atroce dolore, quella notte lacerò la sua anima e lo uccise.

Il ragazzo tornò a guardare il suo professore, la voce tesa e commossa:

- Per me. Lo ha fatto per me... e per il suo unico amico, per dargli una morte onorevole e senza dolore.

Crystal vide Severus rimanere immobile, senza respirare, le iridi nere devastate da un'atroce sofferenza, sospeso nel ricordo di un istante infinito che non avrebbe mai potuto dimenticare, le ultime parole di un vecchio nelle orecchie e il sorriso gentile negli occhi, luce azzurra uccisa da un accecante lampo di luce verde.

Il mago sussultò al ricordo del tremendo momento e serrò gli occhi mentre un gemito gli sfuggiva dalle labbra convulsamente strette fra i denti.

- Da quella notte il Professor Piton mi è sempre stato accanto, fra i Mangiamorte: mi ha protetto e evitando che fossi costretto a uccidere e, infine, mi ha fatto fuggire affidandomi all'Ordine della Fenice.

Quando l'imputato riaprì gli occhi, al banco dei testimoni vi era di nuovo Potter, che lo osservava turbato, infine in grado di comprendere a pieno la straziante sofferenza che quella notte aveva sommerso il mago e l'immenso coraggio dimostrato riuscendo a uccidere il suo unico amico per obbedirne agli ordini e salvare l'anima di un ragazzo ancora innocente.

E lui che, solo pochi minuti dopo, l'aveva accusato d'essere un codardo!

Com'era facile comprendere, adesso, il motivo dell'atroce dolore che nella notte, alla rosseggiante luce delle fiamme, gli aveva letto sui lineamenti distorti del volto mentre, come un folle, urlava di non chiamarlo vigliacco!

Harry scrollò la testa: quanto tempo impiegato per capire ciò che avrebbe dovuto afferrare all'istante, là sulla torre!

- Harry Potter!

La voce del Giudice lo richiamò alla realtà sedando gli sconcertati mormorii tra il pubblico che, durante la precedente deposizione, aveva osservato con partecipazione gli occhi dell'imputato diventare sempre più ardentemente neri, mentre il volto impallidiva fino a perdere ogni residuo colore, le labbra come una rosea ferita sottile nello straziato biancore, e il mago quasi aggrapparsi alle sbarre per rimanere in piedi.

- Subito dopo il fatto, Lei dichiarò che la vittima implorò l'imputato di risparmiargli la vita, - scandì il Giudice, - ma Severus Piton, senza alcuna pietà e squadrandolo con odio e disgusto, gli lanciò l'Avada Kedavra. Conferma la sua circostanziata deposizione?

Harry rimase immobile, la vita dell'odiato insegnante fra le mani.

La vita di un Mangiamorte e di un assassino.

La vita dell'uomo che aveva riferito a Voldemort la Profezia, condannando a morte i suoi genitori.

La vita di un uomo che aveva immensamente sofferto e dedicato tutta l'esistenza per riparare alle sue colpe d'un tempo, arrivando fino a sacrificare la propria vita, che solo le miracolose lacrime di Fanny avevano salvato.

Proprio com'era accaduto a lui nella Camera dei Segreti, quando aveva dimostrato piena lealtà a Silente.

Tra le sue mani, Harry teneva la vita del più fedele e coraggioso "uomo di Silente".

Il ragazzo alzò lo sguardo fino a incontrare il profondo baratro degli occhi ardenti, devastati dal dolore e incapaci d'implorare una pietà che il mago stesso non riusciva a concedersi, e nel nero cristallo vide riflessa la verde speranza delle proprie iridi.

Harry sorrise e infine rispose con tranquilla decisione:

- No, non confermo la mia deposizione.

Il silenzio era immoto nella grande aula circolare del Wizengamot, trattenuto nei respiri sospesi in attesa della verità.

- Signor Potter, si rende conto d'aver dichiarato il falso?

- Sì, mi rendo benissimo conto... ma quella notte mi sono sbagliato: non ho capito cosa stava davvero accadendo.

- E ora è certo di averlo compreso? – indagò severo il Giudice.

- Sì, adesso ho infine capito tutto! – rispose Harry sorridendo a Piton che lo fissava con intensità, forse già leggendogli nella mente il ricordo dell'accaduto nella caverna dell'Horcrux.

- Il Professor Piton, - così Silente voleva che lo chiamasse, e quel rispetto, ora, Harry sentiva di volerglielo tributare fino in fondo, - ha davvero obbedito all'ordine del preside di ucciderlo, ma sono io il vero colpevole, perché, prima che gli lanciasse l'Avada, lo avevo avvelenato, anch'io seguendo un preciso ordine di Albus Silente.

All'improbabile dichiarazione l'aula esplose in un incontrollabile boato: nessuno era disposto a credere che il loro eroe potesse essersi macchiato di una tale colpa.

Severus Piton fissava il giovane Potter chiedendosi fino a che punto avesse compreso quanto, quella notte, il loro destino fosse stato tragicamente simile e nessuno dei due avesse avuto scelta, anche se solo lui ne era stato conscio a priori, da fin troppo tempo.

- Ora posso rivelare la missione svolta quella notte con il preside. - gridò Harry sovrastando il rumore che subito si placò alle parole che promettevano risposta a una domanda troppe volte inutilmente posta.

- Eravamo andati a cercare un Horcrux di Voldemort e Silente mi fece promettere che avrei obbedito a qualsiasi ordine avesse impartito, senza mai metterlo in discussione, qualunque potesse esserne la conseguenza.

Nell'aula era tornato un silenzio carico di tensione.

Harry trasse un lungo respiro quindi continuò:

- Al fine di recuperare l'Horcrux, Silente mi ordinò di fargli bere una pozione velenosa, pur sapendo che questa lo avrebbe ucciso, anche se non subito.

Harry sospirò: il ricordo era ancor più doloroso adesso che ne comprendeva fino in fondo le implicazioni. Silente era stato spietato con se stesso, ma forse lo era stato ancor di più con le due persone che più gli erano fedeli. Il preside l'aveva preso alla sprovvista, da inconsapevole, e tutto era durato solo pochi minuti, ma per il professor Piton le cose erano andate in modo ben diverso: aveva vissuto per un anno sapendo che prima o poi avrebbe dovuto ucciderlo. No, Harry non riusciva neppure lontanamente a immaginare cosa Piton avesse provato in quegli interminabili mesi, la tensione e lo strazio che lo avevano devastato ma che aveva tenuto a bada, dietro all'impenetrabile maschera costruita con fatica e dedizione negli anni con l'aiuto di Silente. Ecco perché il preside aveva chiesto proprio al professor Piton di insegnargli Occlumanzia!

- Io l'ho fatto, ho obbedito e... l'ho obbligato a berla, anche quando cercò di rifiutarsi, - la voce gli mancò per un attimo ma si forzò a continuare, - gliela ho cacciata giù a forza per la gola. - aggiunse con voce soffocata.

Un amaro sospiro lo interruppe ancora, ma strinse i denti e continuò:

– In quel momento mi sono odiato e ho provato un infinito disgusto per ciò che stavo facendo. Ho rivisto il ricordo nel Pensatoio e sul mio volto, in quei tremendi istanti, c'era la stessa espressione di odio e disgusto che vidi sul volto del Professor Piton l'attimo prima di lanciare l'Avada Kedavra.

Harry s'interruppe e fissò il mago: gli occhi neri scintillavano nel volto pallido, incatenati ai suoi da un comune e penoso ricordo.

- Sui lineamenti del Professor Piton, in quella notte orribile, era inciso il profondo odio per se stesso e il disgusto per il tremendo gesto costretto a compiere. – raccontò Harry in un soffio accorato. – E più tardi, quando lo inseguii nel parco e duellammo, vidi un folle dolore devastare il suo viso.

Il verde delle iridi di Harry era lucido di lacrime trattenute e il suo sguardo era sempre fisso negli occhi del mago, stelle tenebrose che brillavano nel pallore profondo del volto.

- Ma quella notte, sconvolto da ciò cui avevo assistito... non compresi il motivo dell'atroce sofferenza. – mormorò in un affranto sospiro. – Mi dispiace, Professor Piton, mi dispiace di averle dato del vigliacco!

Severus Piton era immobile, il respiro sospeso e il pallore d'un morto sul viso, ma l'intenso scintillio delle iridi rivelava il turbamento per la tardiva comprensione ricevuta.

Ma le sue labbra non si mossero, sottile ferita nel dolore scolpito sul pallido volto marmoreo.

Harry sorrise mesto e continuò, rivolto al Giudice:

- Sono certo che quando Silente disse "Severus... ti prego...", non implorava per aver salva la vita. Non ne avrebbe avuto motivo, data la piena fiducia in lui e il Professor Piton non aveva pronunciato una sola parola, o fatto il più piccolo gesto, salvo proteggere Draco dietro di sé, affinché il preside potesse dubitare della sua fedeltà. E poi, Silente era un grandissimo mago e non aveva paura di morire: me lo disse più di una volta e lo dimostrò bevendo la pozione nella caverna, il veleno che lo stava già uccidendo sulla torre.

Harry riprese fiato e di nuovo fissò il mago sul cui volto aleggiava l'ombra amara di un triste sorriso.

Nel silenzio più profondo, Harry dichiarò, con partecipe enfasi:

- Quella notte, Albus Silente implorò un caro amico di aiutarlo a morire con dignità.

Harry vide Piton socchiudere gli occhi e stringere le mani attorno alle sbarre, poi le sue labbra si schiusero appena in un silenzioso gemito e il mago, per la prima volta dall'inizio del processo, chinò il capo lasciando che i lunghi capelli gli coprissero il volto.

Il devoto affetto per Silente e lo straziante dolore che ancora lo tormentava erano solo suoi: non intendeva darli in pasto a coloro che nell'aula, come ingordi Dissennatori dell'intimità, volevano cibarsi delle sue emozioni.

- Severus Piton è l'uomo più coraggioso che io abbia mai conosciuto, e il più fedele a Silente. Il preside lo sapeva, per questo gli affidò la propria morte.

Harry tirò un soddisfatto respiro e abbandonò il palco dei testimoni: aveva raccontato tutta la verità e la dignità e l'onore di Severus Piton erano stati ristabiliti a pieno.

Il Giudice attese con pazienza che nell'aula tornasse il silenzio, poi si rivolse all'imputato:

- Prima che questa Corte emetta il suo verdetto, come si dichiara l'imputato?

Severus Piton alzò il volto, pallidissimo e scavato dalla sofferenza, verso il Giudice, quindi il suo sguardo scivolò su Crystal, gli occhi neri ardenti d'amore e di dolore.

Infine raddrizzò le spalle e dichiarò:

- Ho ucciso il mio unico amico: sono colpevole.

Il pubblico rumoreggiò nell'aula.

Un lungo brivido scese lungo la schiena di Crystal: che inutile e stupida domanda da fare al mago che mai si sarebbe perdonato per non essere riuscito a salvarlo e non aver potuto morire al posto suo!

- Lo ha fatto per ubbidire al suo ordine? – chiese il Giudice, una formale indifferenza nella voce a mascherare il coinvolgimento.

Piton assentì con un secco cenno del capo.

Crystal sapeva quanta atroce sofferenza gli era costata quella dannata obbedienza.

- Albus Silente era il suo superiore, come capo dell'Ordine della Fenice?

Piton assentì ancora, deciso.

- Quindi l'obbedienza era dovuta, – affermò il Giudice, - vi era una "guerra" in corso e l'Ordine può essere considerato alla stregua di un'organizzazione militare.

Piton spalancò un poco le palpebre, ma il viso mantenne la solita rigida impassibilità.

- Signor Piton, è vero che lei provava un profondo affetto nei confronti di Albus Silente?

Per un istante, fiamme incontrollate avvamparono tumultuose negli occhi neri, ma le labbra rimasero serrate strette.

Crystal scosse il capo, desolata: perché il Giudice insisteva a tormentarlo con sciocche domande cercando un'inutile conferma a ciò che i testimoni avevano già ampiamente dimostrato? Severus non avrebbe detto una sola parola a propria difesa, se questo significava rivelare in pubblico la sua infinita sofferenza dimostrando così la sua profonda e fragile umanità.

- Signor Piton, vuole per favore evocare il suo Patronus?

Lo sguardo che il mago gli rivolse incuteva timore, ma il Giudice non si lasciò impressionare:

- Ci sono diversi testimoni che ne conoscono la forma attuale: devo forse chiamarli a deporre e chiedere perché, a loro avviso, il suo Patronus si è modificato dopo la notte in cui ha dovuto uccidere il suo unico amico, assumendo proprio quella particolare forma?

Crystal sorrise: questa volta il Giudice, dimostrando il proprio schieramento, l'aveva incastrato alla perfezione.

Gli occhi di Piton scintillarono pericolosamente:

- Non posso farlo: non ho la bacchetta. – rispose secco.

Il legno magico apparve tra le mani di Moody che, sollecito, glielo porse con un ghigno spalancando la porta della gabbia:

- Avanti, ormai l'hanno capito tutti che gli volevi un bene dell'anima e ucciderlo è stata un'atroce sofferenza!

Nell'attonito silenzio dell'aula, Piton allungò la mano verso la bacchetta e lo fulminò con lo sguardo, ma l'altro alzò le spalle e aggiunse:

- Così come sanno che senza di te non avremmo mai sconfitto Voldemort: sei tu il vero eroe, non quel ragazzino!

- Harry ha rischiato la vita per proteggermi! – sibilò Piton afferrando la bacchetta.

- Sono anni che tu non fai altro per lui! – ringhiò di rimando Moody. – A ogni modo, anche tu hai sacrificato la tua vita per salvare lui: ti ho visto! – concluse strizzando l'occhio buono. – E adesso evoca quel benedetto Patronus, prima che il Giudice perda la pazienza!

Con sguardo ardente Severus cercò Crystal, che gli sorrise allungando il braccio fino a sfiorargli la mano sinistra. Il mago le strinse appena le dita, quindi dischiuse le labbra in un accenno di sorriso che gli illuminò il volto ed esclamò, le tenebre degli occhi perse nel cielo azzurro della maga:

- Expecto Patronum!

L'argentea fenice fluì intensamente luminosa dalla punta della bacchetta e si levò in aria, tracciando lucenti scie circolari tra le meravigliate esclamazioni di chi la riconobbe subito come lo stesso Patronus di Albus Silente.

Il mago non se n'era accorto, ma, finita la sua deposizione, Harry era rimasto in piedi, vicino alla gabbia, e ora gli sorrideva:

- Sono stato uno stupido a non capire subito quando ci inviò il suo Patronus, Professore. Hermione, invece, capì e cercò di spiegarcelo, ma io ero troppo preso dalle mie responsabilità per prestare la dovuta attenzione. – mormorò Harry con amara consapevolezza. – Eppure, avrei dovuto capire meglio di tutti: me lo spiegò proprio Silente, quando per la prima volta evocai il Patronus che era stato di mio padre.

Piton lo fissava con accorata intensità e Harry recitò con passione le parole che il preside gli aveva detto un tempo:

- Credi che le persone scomparse, che abbiamo amato, ci lascino mai del tutto? Non credi che le ricordiamo più chiaramente che mai nei momenti di grande difficoltà?

Le lacrime brillarono negli occhi verdi di Harry e Piton, per un istante, riconobbe la dolcezza dello sguardo della cara amica d'infanzia:

– Ora vale la stessa cosa: Albus Silente vive in lei, Professore, e si mostra soprattutto quando ha bisogno di lui. Altrimenti, come avrebbe potuto evocare proprio il suo stesso Patronus?[2]

Gli occhi di Piton scintillarono mentre un tenue sorriso ammorbidiva infine la sottile piega delle labbra e una strana espressione, quasi di riconoscenza, si faceva strada nel pallore estremo del viso. Infine, il mago fece un lieve cenno di ringraziamento con il capo.

- A dir la verità, sono io che le sono grato, Professore, per ciò che ha fatto per me in questi anni... e per avermi salvato la vita l'altra notte, appena in tempo e al prezzo della sua!

- Signor Piton, - li interruppe il Giudice, compiaciuto della piega presa dagli avvenimenti, - è pronto, ora, a rispondere alle domande di questa Corte?

Il mago sospirò piano e si rivolse verso Crystal, in cerca d'aiuto: come avrebbe mai potuto rivelare la parte più vera di se stesso davanti a tutta quella folla impaziente?

La maga comprese il muto appello e fu subito al suo fianco, oltre la porta della gabbia lasciata aperta da Moody, a stringergli forte le mani, gli occhi immersi nell'affranta tenebra dei suoi, a dargli conforto con il suo sorriso:

- Sono qui, Severus, con te!

Il mago socchiuse le palpebre per un breve istante, quindi annuì piano stringendo le mani della sua donna:

- Non sarò mai pronto ad affrontare il mio maledetto Passato! – proferì in un soffio sottile, nel silenzio di nuovo calato sull'aula quando la scia del Patronus si fu dissolta.

Crystal sospirò rassegnata: no, Severus non avrebbe mai rivelato in pubblico la sua dolorosa verità. L'aveva fatto con lei, per amore, e poi era riuscito a farlo in parte anche con Minerva e Remus, ma lì, davanti a tutti, anche a costo di lasciarsi condannare per un crimine non commesso, no, lì non avrebbe mai parlato.

Ma qualcuno doveva farlo e la maga sapeva che era venuto il momento di rompere la promessa di non testimoniare al processo che le aveva estorto due giorni prima.

- Mi dispiace, Severus, ma se non lo fai tu, sarò io a parlare. – mormorò dolce stringendogli le mani.

Ignorare la muta implorazione dei mesti occhi neri del mago fu difficile, ma Crystal si girò verso il Giudice e disse, con voce chiara:

- Chiedo di poter testimoniare al posto di mio marito.

- Non è possibile, - rispose secco il Giudice, - trattandosi della personale e intima interpretazione di fatti, anche lontani nel tempo, solo l'imputato può fornire la corretta visione.

- No, posso farlo anch'io! – asserì Crystal decisa.

- E come, di grazia? - chiese il giudice, scettico.

- Come certificato dal Ministero della Magia, possiedo il talento magico dell'Intuitus Animo, cioè la capacità di stabilire, tramite contatto visivo, un collegamento empatico con l'anima di un'altra persona che mi permette di immedesimarmi in essa, avvertendo le emozioni e sentimenti che prova, anche nel caso in cui stia rivivendo dei ricordi.

Il Giudice la squadrò con freddezza, senza riuscire a nascondere lo stupore:

- Un Animadvertensmagus certificato?

Crystal assentì con sicurezza.

- Si avvicini al banco. – ordinò secco il Giudice, girandosi a discutere animato con gli altri componenti della Corte.

Orgoglio e sofferenza fluttuavano intrecciati nella tenebrosa profondità degli occhi del mago: la sua donna si dimostrava sempre all'altezza di ogni sua aspettativa, ma le sue parole, se le avessero permesso di parlare, sarebbero state fonte del più crudele strazio.

Un gufo reale si levò subitaneo in volo, una pergamena arrotolata, completa di sigillo giudiziario, fissata alla zampa.

Nell'aula regnava un confuso mormorio, la meraviglia dipinta su ogni volto dopo che, il giorno prima e quella stessa mattina, erano emerse incredibili rivelazioni a ribaltare ciò che i giornali avevano scritto per giorni e giorni su Severus Piton. Anche chi lo conosceva, anzi, chi credeva di conoscerlo ancor più degli altri, era sbalordito da tali scoperte: si rendeva conto della complessa finzione inscenata dal mago indossando una maschera che aveva celato a tutti la sua vera essenza.

La discussione fra i membri della Corte era accesa: nell'attesa che il Ministero confermasse la veridicità dell'affermazione della signora Piton, occorreva decidere se accettare la sua deposizione al posto di quella decisiva dell'imputato del quale, per altro, era necessario il preventivo consenso.

Il gufo reale planò davanti al Giudice, la ceralacca ministeriale a sigillare la pergamena con la risposta.

Severus sospirò: conosceva a priori la risposta. Crystal era l'unica persona ad avere titolo per parlare al suo posto.

Le voci dei rappresentanti del collegio giudicante si sovrapposero infervorate, di nuovo facendo domande a Crystal che rispondeva sicura, finché le fu ingiunto di allontanarsi.

Pochi istanti e il Giudice prese la parola:

- Il Dipartimento Regolamentazione e Controllo Talenti Magici del Ministero della Magia ha confermato che la signora Crystal Storm, moglie dell'imputato, è un Animadvertensmagus e questa Corte ha deciso di ammetterla a deporre in luogo di Severus Piton.

Il mago sospirò e socchiuse le palpebre per un istante, mentre eccitati commenti si diffondevano nell'aria e Crystal si dirigeva al banco degli imputati sapendo che la sua deposizione, più di ogni altra, avrebbe comportato un penoso tormento per l'uomo amato.

Ma era per quello che lo faceva, perché lo amava e voleva che fosse infine libero e pienamente riabilitato davanti al mondo magico: per quanto a lui potesse costare, era doveroso che tutti sapessero chi era davvero Severus Piton!

- Questo Collegio ha deciso che occorre però il preventivo accordo dell'imputato. – specificò il Giudice. – Severus Piton, acconsente che sua moglie riveli ciò che le sue rare doti magiche di Intuitus Animo le hanno permesso di conoscere?

- No! – rispose immediato il mago, un guizzo di sollievo a illuminare la cupa oscurità delle iridi.

- Severus... ti prego... - lo implorò la maga che tanto avrebbe voluto essergli vicina per confortarlo e sostenerlo.

Gli occhi del mago lampeggiarono: aprì la bocca per replicare, ma ne uscì solo uno struggente sospiro seguito da un rassegnato sussurro d'assenso mentre abbassava il capo sconfitto, i lunghi capelli neri a celare emozioni che non avrebbe più saputo nascondere dietro la maschera impenetrabile per anni indossata, ma che sarebbe irrimediabilmente andata in frantumi non appena Crystal avesse cominciato a parlare.

La maga gli rivolse un dolce sorriso, colmo d'amore e, senza neppure darsi il tempo di riordinare le idee, temendo di perdere la determinazione necessaria a infliggergli il nuovo supplizio, cominciò a parlare a bassa voce:

- Conobbi Severus quasi tre anni fa e, per quanto tentassi, mi fu impossibile superare le sue barriere: quale Occlumante di rara maestria era in grado di contrastare i miei poteri e mi impedì di affacciarmi sulla sua anima. Solo rare volte riuscii a coglierlo di sorpresa e insinuarmi, seppure per fugaci istanti: compresi che, dietro la sgradevole maschera di gelida impassibilità indossata con rigore, c'era un uomo ben diverso, tormentato da atroci rimorsi per un passato immerso nelle tenebre e coraggioso fino al punto di rischiare ogni giorno la vita per chi invece lo disprezzava. Un uomo capace di amare con infuocata passione e delicata dolcezza, - sussurrò con intensità, gli occhi sognanti, - l'uomo di cui mi sono presto perdutamente innamorata, ricambiata con una inimmaginabile intensità.

Crystal volse lo sguardo a cercare quello del mago che aveva sollevato il capo e la fissava: le tenebre risplendevano nei suoi occhi, colmi delle fiamme di un amore che troppo a lungo si era negato torturandosi crudele, un amore troppo grande e ardente per celarlo agli occhi indiscreti della folla che lo circondava fissandolo con morboso interesse.

- Ma Severus non poteva, non voleva amarmi, senza la certezza che avrei saputo accettare il suo passato... e le sue imperdonabili colpe. Così, sicuro di perdermi, certo che sarei fuggita non appena scoperto chi davvero era, decise di non impedirmi più l'accesso. Una notte entrai nella sua anima e sprofondai nell'oscurità del suo passato, mentre Severus mi stringeva forte tra le braccia, con infinito e disperato amore, cercando di proteggermi da se stesso e dall'orrore che era in lui.

Vidi tutto il suo passato: l'infanzia infelice, il padre Babbano che l'aveva rifiutato facendolo sentire un mostro, l'adolescenza solitaria e umiliata e la folle gioventù in cui, per l'irresistibile brama d'un oscuro sapere che sempre lo aveva attratto, aggrappato alle ali furiose della vendetta, traboccante d'odio contro il mondo intero, irrimediabilmente Severus bruciò la sua innocenza e si lacerò l'anima. Fui in lui mentre compiva il tragico errore che gli rovinò la vita, quando scelse Voldemort e il pericoloso ma potente sapere delle Arti Oscure.

Crystal guardò ancora verso il mago che non aveva mai distolto lo sguardo da lei, nere fiamme ad avvampare nelle iridi, rovente e impetuoso rogo sul quale Severus avrebbe voluto gettare l'irreparabile scelta sbagliata.

- Fui in lui mentre, solo pochi istanti dopo, tremava guardandosi le mani sporche del sangue di un innocente, vittima sacrificale di un macabro rito d'iniziazione, mentre provava orrore per se stesso, il mostro che era diventato, e comprendeva che nessun tipo di sapere, o il potere che ne poteva derivare, valeva la vita di un uomo, anche un semplice Babbano.

Trasse un cupo respiro e continuò:

- Fui in lui mentre si odiava con violento impeto, disgustato dalla propria codardia; mentre si dibatteva impotente, incapace di rinnegare Voldemort perché, a vent'anni, voleva ancora disperatamente vivere, scelta non concessa a chi osava abbandonare l'Oscuro Signore. Trascorsi mesi di terrore con lui, incatenato in un incubo infernale, sprofondato in un baratro senza fondo, costretto a uccidere per poter continuare a vivere, l'umanità che lo abbandonava sempre più ogni volta che le sue mani, ancora, si macchiavano di sangue innocente al malvagio richiamo del Marchio maledetto che lo aveva ridotto in schiavitù.

Crystal s'interruppe, la pesante sofferenza dei ricordi ad opprimerla, togliendole il fiato.

Vide il mago arretrare, abbassare di nuovo il capo e coprirsi il viso con le mani: la maschera si era infranta.

- Infine, l'orrore per se stesso e gli imperdonabili crimini fu più forte di ogni paura e dell'attaccamento alla vita. Cominciò a invidiare le vittime alle quali, correndo sempre più il rischio d'essere scoperto, aveva imparato a regalare una morta pietosa, se non poteva in altro modo salvarle: affondava rapido e con chirurgica precisione l'odiato pugnale, mentre schizzi di sangue macchiavano indelebili la sua anima ancor più dell'argentea e inespressiva maschera da Mangiamorte, dietro la quale nascondeva la lacerante disperazione.

Un nuovo lungo respiro prima di proseguire:

- Ero al suo fianco quando infine rinnegò Voldemort e si rivolse a Silente, pentito e torturato da lancinanti rimorsi, disposto a tutto pur di uscire dal baratro in cui la sua folle scelta sbagliata l'aveva sprofondato, pronto a pagare con la vita per colpe che ancora oggi Severus ritiene imperdonabili, - Crystal sospirò cercando lo sguardo che il mago aveva con orgoglio rialzato, sapendo che ancora vi avrebbe trovato lo stesso nero tormento di allora, - e sempre riterrà tali, indipendentemente da ogni possibile verdetto d'assoluzione che questo o altri Tribunali potranno mai emettere, crimini ingiustificabili e, quindi, in alcun modo riscattabili.

Crystal socchiuse gli occhi per un istante chiedendosi se, in un giorno lontano, Severus sarebbe mai riuscito a perdonarsi, magari pensando alla notte in cui, senza le miracolose lacrime di Fanny, la sua vita sarebbe finita, con coraggio immolata per la distruzione di Voldemort.

- Albus Silente lo accolse a braccia aperte, come un padre addolorato, pronto ad aiutare il figlio pentito, disposto a credere fino in fondo ai suoi atroci rimorsi. In tutti questi anni, solo Albus credette fino in fondo in lui, alla sincerità del pentimento e alla totale fedeltà, fino alla morte, della preziosa spia che, subito, il preside sfruttò contro Voldemort. Tornare nell'inferno dell'Oscuro Signore fu un sacrificio tremendo per Severus, ma era il prezzo da pagare per le colpe commesse: non si ribellò e pose la vita al servizio dell'Ordine, senza fiatare, anche se tremava al pensiero di affrontare gli occhi di rubino che avrebbero spazzato spietati la sua mente alla ricerca di un possibile tradimento.

Un nuovo sospiro, la gola secca:

- Severus cominciò la carriera di spia, la vita pericolosamente in bilico sul filo sottile della menzogna, messa in gioco ogni giorno per proteggere altre vite, la propria pronta a essere gettata via, ormai senza valore alcuno per lui se non per le informazioni che poteva fornire. Silente era riuscito a dargli di nuovo uno scopo: combattere contro Voldemort per salvare quante più esistenze possibili, in cambio di quelle un tempo spezzate

Severus la osservava, pallido e col respiro contratto, un lieve, impercettibile sussulto ogni volta che la maga pronunciava il nome dell'uomo cui sapeva di dovere tutto: la seconda, difficile possibilità di vita, ma anche il suo presente, l'amore di Crystal e la ritrovata speranza di un futuro felice.

- L'assassinio lacera l'anima in profondità e quella di Severus era stata più volte strappata. Albus gli insegnò che il rimorso, atroce e doloroso, poteva essere un pietoso, se pur crudele sarto, e, con l'amaro filo del pentimento, poteva ricucire anche un'anima che sembrava ormai perduta. Severus percorse fino in fondo lo spietato sentiero della redenzione, irto d'inesorabile sofferenza, senza mai concedersi il minimo sconto, anzi, rendendolo ancora più duro e insopportabile nell'imposta solitudine, rimarginando da solo, nel gelido sotterraneo, le lacerazioni della propria anima.

Nella grande aula circolare il silenzio era di tomba.

- Quando Voldemort scomparve, Severus rinunciò a vivere, certo di non aver più diritto a essere felice, attorniato solo dai fantasmi del passato che ogni notte crudeli lo tormentavano, incubi ai quali non si sottrasse mai, anche se gli sarebbe stato facile, da esperto pozionista, affogarli in misericordiose pozioni soporifere che gli avrebbe regalato poche ore di notturno oblio dalla colpa.

La voce di Crystal fu sopraffatta dall'emozione: no, Severus non si era mai sottratto al Passato, per quanto atroce fosse il ricordo degli atti scellerati commessi; lo aveva sempre affrontato a testa alta, senza mai sfuggire alle proprie responsabilità. Quella sofferenza aveva scavato rughe precoci sul volto pallido e riempito di mesta rassegnazione la cupa oscurità delle iridi, soffocandone per tanti anni ogni luce.

- In tutta quella solitudine, nella volontaria rinuncia a vivere, agghiacciante punizione per un giovane di neppure ventidue anni, nel gelo dell'oscuro sotterraneo gli occhi azzurri di Albus risplendevano, insieme al calore dell'amicizia, del paterno affetto e della profonda stima per Severus, unica parvenza di vita là dove il Passato impediva al Presente di vivere e al Futuro di nascere.

- Severus Piton ricambiò l'amicizia? – la interruppe il Giudice.

- Severus voleva molto bene ad Albus, provava un affetto profondo per lui, come per un padre. – rispose Crystal con voce soffocata. - Il padre che non fu mai tale per lui, che ebbe paura di amarlo, spaventato dai suoi poteri magici, e che nella sua diversità indusse un bimbo a sentirsi un mostro, senza alcun diritto di piangere davanti alle proprie umane debolezze.

- Ma Severus Piton lo uccise, obbedendo ai suoi ordini. – puntualizzò ancora il Giudice.

- Severus fece di tutto per cercare di debellare in modo definitivo la maledizione mortale che aveva colpito Silente e che, sul momento, era riuscito a intrappolare nella mano. In ogni modo cercò di salvarlo: scovò anche un arcano sortilegio oscuro, una sorta di macabro scambio di sangue. Severus non ebbe esitazioni a usarlo su se stesso: era pronto a donare il suo sangue e la sua vita, goccia a goccia, pur di salvare Albus. – rispose con accorata enfasi sapendo quanto il mago avesse, seppur per breve tempo, sperato d'aver trovato la soluzione. – Ma il preside se ne accorse e glielo impedì con irremovibile decisione. Per Severus fu un anno di tremenda e solitaria disperazione: sapeva che, se non fosse riuscito a trovare una soluzione per debellare la maledizione, non avrebbe avuto altra scelta che mantenere la promessa che Silente gli aveva estorto per il bene del mondo magico. Mai, assolutamente mai, - esclamò veemente, quasi gridando la negazione, - Severus l'avrebbe ucciso, se Albus non fosse stato irrimediabilmente condannato a morire. Ma se non fosse riuscito a fermare la maledizione, sarebbe stato costretto a eliminare il suo solo amico, l'unica persona che credeva in lui, che gli voleva bene e verso cui Severus provava un profondo e sincero affetto: gli avrebbe risparmiato una fine fra atroci dolori, avrebbe preservato l'innocenza dell'anima di Draco, cui Severus teneva tantissimo, e ottenuto la piena fiducia di Voldemort con la possibilità di scoprire i residui Horcrux e aiutare Potter a distruggerli. Silente l'aveva convinto che, dal punto di vista logico, ammazzarlo era la soluzione migliore. Ma Severus se ne fregava della logica, Severus non voleva più uccidere... Severus non voleva uccidere Albus! – esclamò, la voce traboccante dell'angoscia che per un anno aveva straziato crudele il mago alla disperata ricerca di una soluzione che non esisteva.

Crystal riprese fiato, lo sguardo fisso davanti a sé: doveva trovare il coraggio di guardare Severus negli occhi, ma doveva riuscire a non sprofondare nel devastante dolore che, ancora una volta, avrebbe letto nel nero tenebroso delle sue iridi, pozzo di disperazione che sembrava non avere mai fine. Adagio si voltò verso la gabbia: Severus aveva il pallore della morte sul volto, le labbra rigidamente contratte tanto serrava i denti e le mani strette in una ferrea presa sulle sbarre. Non respirava nemmeno, immerso in ricordi colmi di lancinante angoscia, quando, in un fatale lampo verde, il futuro si era sgretolato intorno a lui, convinto d'aver perso l'amore di Crystal e senza altra possibilità che tornare a essere un assassino, sprofondando ancora nel baratro infernale insieme al Signore dell'Oscurità, a lui per sempre incatenato dal Marchio maledetto che deturpava la candida pelle del suo avambraccio.

La maga non resistette: nulla era più importante di Severus.

Abbandonò il palco dei testimoni e, nell'improvviso mormorio eccitato del pubblico che fino a quel momento era ammutolito, si precipitò giù, rincorsa dall'incerto richiamo del Giudice, fino ad arrivare nella gabbia, le dita febbrili a sciogliere la presa delle mani sulle sbarre per abbracciarlo e stringerlo forte a sé.

- Severus, Severus, amore mio!

Il mago si riscosse e ritornò al presente, nell'aula del processo: sbatté più volte le palpebre, a scacciare via il verde riflesso del sortilegio fatale dalla notte che per un lungo momento l'aveva avvolto, riportandolo là in alto, sulla torre di astronomia.

- Crystal! – sussurrò in un roco soffio tremante, in cui la speranza del presente arginava e respingeva la disperazione del passato. – Crystal, amore... - mormorò piano affondando il viso nei capelli della maga, lasciandosi abbracciare e, dopo un istante, stringendola forte a sé.

- Avanti, Severus, dillo! – implorò piano la maga, il viso appoggiato sul suo petto ansante.

Sentì il cuore del mago quasi fermarsi, mentre Severus stringeva i denti e socchiudeva gli occhi, poi sentì i battiti accelerare all'improvviso e le mani scioglierla delicate dall'abbraccio, le scintillanti fiamme nere dei suoi occhi di nuovo a fissarla.

Dopo un immemorabile tempo infine non più prigioniero dei propri sentimenti, in un tremulo soffio di addolorato affetto Severus sussurrò:

- Volevo bene ad Albus, come a un padre.

Un accorato sospiro spezzò la frase, il dolore traboccante dal nero sguardo.

- Ucciderlo mi è costato tutto il mio coraggio... e quel poco che era rimasto della mia anima!

In un turbinio di scintille vermiglio e oro, apparve Fanny che si posò dolce a fianco dell'imputato che, ormai, non era più tale. Il suo canto si levò melodioso a lenire il dolore di un cuore che non aveva mai perso la sua ardente trasparenza, carezzando un'anima in cui la ritrovata purezza era costata lacrime di sangue.

Tra il pubblico, ormai tutto in piedi, scoppiò il boato di un entusiasta applauso.

Severus strinse a sé Crystal e affondò il viso nei lunghi riccioli dorati, lacrime nascoste che si scioglievano infine nel suo profumo.



[1] Paul Verlaine: "La dura prova".

[2] Le precedenti parole di Harry, in corsivo, sono quelle pronunciate da Silente alla fine di "Harry Potter e il prigioniero di Azkaban", mentre in questa frase, sempre pronunciata da Silente nella stessa occasione, ho sostituito all'originale riferimento di James quello di Silente stesso.

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