31. Tra Inferno e Paradiso (REV 2022)

- Severus! Severus... no, Severus!

Crystal ripeteva il suo nome, disperata, stringendo a sé il corpo inanimato.

- Severus... amore mio... Severus!

Le lacrime le rigavano le gote, copiose, in un inarrestabile e devastante torrente di dolore: inginocchiata a fianco del corpo inerme del mago, lo cullava accarezzandogli piano il viso pieno di tagli ed ecchimosi.

- No... Severus, ti prego... non puoi essere...

Non riusciva nemmeno a pronunciarla, la parola. Non poteva accettare che fosse accaduto. No, non a lui, non ora che tutto era finito e avrebbero potuto infine vivere il loro splendido sogno d'amore.

Altre lacrime caddero, calde e gonfie di lacerante sofferenza, mescolandosi con il sangue sul volto del mago, pallido e immobile nella morte.

Lontano, sul prato della scuola, in un altro mondo che non le apparteneva più, udiva ancora i rumori della battaglia: grida che lanciavano fatture, scoppi di incantesimi e urla di dolore. Un dolore che non poteva consolare il suo.

- Severus... oh Severus!

Gli occhi erano chiusi.

I suoi splendidi occhi neri.

Occhi di tenebra profonda, colmi di dolore e rimorso, neri cristalli scintillanti di coraggioso orgoglio e d'amore.

Li sfiorò appena con la punta delle dita, tremanti.

La loro luce si era spenta.

Non le avrebbero più sorriso.

Non le avrebbero più sussurrato il suo amore infinito.

- Severus...

Lacrime, ancora lacrime a bruciarle il viso di devastante e assillante solitudine.

Di nuovo lo strinse a sé, incurante del sangue che usciva dalle profonde ferite che gli laceravano la carne: doveva aver sofferto moltissimo, colpito in diversi punti dalle appuntite folgori scaturite dal corpo morente di Nagini e guidate dalla vendetta di un'anima dannata che voleva trascinare tutti all'inferno con sé.

Pochi, interminabili minuti di lancinante sofferenza, mentre la vita lo abbandonava e i sogni gli sfuggivano per sempre dalle mani.

Il suo sangue, ancora caldo: lo sentiva colare tra le dita, unica cosa assurdamente viva nella morte.

- Severus, amore mio!

Sciolse un poco il soffocante abbraccio e tornò a sfiorare piano il volto pallido, sereno nella morte, ormai oltre il dolore.

Perle di sangue, sulla nivea fronte, diadema di orgogliosa sofferenza; rubini di sangue, tra i lunghi capelli neri, corona del coraggio della lealtà verso chi aveva sempre saputo credere in lui.

- Severus...

Quante volte, ancora, avrebbe pronunciato il suo nome nella speranza che il mago, infine, le rispondesse, vincendo anche la morte per amor suo?

Non si sarebbe rassegnata, avrebbe per sempre continuato a ripetergli, ossessiva, il suo amore:

- Ti amo Severus... Severus...

Le sue labbra, appena dischiuse. Le labbra che con passione infinita le sussurravano il suo amore sarebbero rimaste mute per sempre. Quelle labbra, dolci e appassionate, non avrebbero mai più sfiorato le sue nei baci delicati e pieni d'amore in cui i sogni diventavano realtà.

Con tenera delicatezza si avvicinò e posò piano le labbra sulle sue, gli occhi chiusi e la morte nel cuore.

Labbra dolci e morbide, labbra tanto amate e desiderate, che, piano, si aprivano cedendo al suo bacio.

Labbra calde, come se ancora fossero vive, nel lieve frullare d'ali di un sospiro.

Crystal spalancò gli occhi e si ritrasse di colpo, un'impossibile speranza a pulsare potente nel cuore.

Un lampo rosso in una pioggia dorata e Fanny si posò accanto, il collo elegante proteso verso il mago, le lacrime miracolose a brillarle nei vispi occhietti neri.

Caddero piano, lievi, petali leggeri nell'aria, preziose perle colme di vita che intrecciavano un nuovo diadema di speranze, cristalli d'amore a risvegliare i sogni, premio al coraggio di un uomo che aveva scelto di sacrificare la propria esistenza per redimere imperdonabili colpe commesse in un tempo lontano.

Le lacrime di Fanny brillavano alla luce delle stelle, disseminate sul corpo straziato del mago a intessere una luminosa rete che lo tratteneva tra i vivi respingendo e allontanando la morte che voleva ghermirlo con scheletriche dita.

Crystal osservava estasiata: le ferite avevano smesso di sanguinare, rimpicciolivano e svanivano sotto i suoi occhi spalancati ed ebbri di felicità.

Nel prato, intanto, in quel mondo lontano che adagio tornava ad avvicinarsi nelle sue percezioni, la battaglia sembrava tacere e inchinarsi al magico miracolo della vita: i Mangiamorte si arrendevano, oppure cercavano di fuggire, consci che l'immortalità di Voldemort era stata sconfitta da Harry Potter, il ragazzo della Profezia, il Prescelto.

- Severus! – mormorò dolcissima Crystal, negli occhi la più pura e immensa felicità. – Amore mio, Severus!

Al di là della cupa nebbia di oscurità che lo avvolgeva e dell'acuta sofferenza che lo tormentava in ogni parte del corpo, Severus era certo di percepire la voce di Crystal.

Quante volte lo aveva chiamato con dolorosa intensità? Con ostinato amore e desolata disperazione?

Era la sua dolce voce che lo teneva legato alla vita?

Il lancinante dolore in ogni singola fibra delle sue membra era la dimostrazione che era ancora vivo?

Oppure anche da morti si continua a soffrire se si hanno ancora colpe da espiare?

Era quello l'inferno?

Soffrire le pene dell'inferno, soffrire come un dannato non erano più solo modi di dire: sarebbero diventati la sua unica ed eterna realtà?

Soffrire e udire la voce di Crystal chiamarlo, vicina eppure lontana, il dolore a farsi largo nelle sillabe del suo nome e la disperazione a smorzarle lenta la voce.

Cosa sarebbe accaduto quando Crystal avesse smesso di ripetere il suo nome?

Sarebbe stata quella la morte?

Crystal piangeva. Sentiva le lacrime calde bagnargli il volto.

Un morto può riconoscere le lacrime della donna che ama?

Le dita di Crystal, tremanti, sfioravano piano il suo volto.

Erano bagnate e calde. Bagnate di sangue, il suo sangue, che dolorosamente sgorgava ancora dal suo corpo.

I morti continuano a sanguinare anche quando il loro cuore si è fermato?

Crystal ancora lo chiamava, ancora gli ripeteva, assillante, il suo amore.

Poi, dolcissime e delicate, come un sogno da sempre sognato, le labbra di Crystal sfiorarono le sue e l'Inferno all'improvviso si mutò in Paradiso: una pioggia lieve, fresca e soave, venne a spegnere le roventi fiamme del suo insopportabile dolore.

Poi, ancora il suo nome, nella voce di Crystal all'improvviso felice.

Sì, forse era davvero morto.

Com'è dolce l'oblio

se posso sentirti ancora.

Nel nulla vige il tuo tutto.

Com'è dolce l'oblio... [1]

Era infine riuscito a pagare tutte le sue colpe e quello era il Paradiso.

Non sentiva più dolore, da nessuna parte: c'erano solo le braccia di Crystal che lo stringevano, le sue mani che lo accarezzavano, le labbra a baciargli il viso mentre il cuore della sua donna batteva impazzito in un'incredibile euforia di felicità.

Adagio sollevò le palpebre, nella notte scura che si faceva appena giorno, nel cielo degli occhi di Crystal, nel sogno di nuovo vivido e reale:

- Crystal... amore! – sussurrò piano, le ritrovate forze impegnate solo a stringersi a lei, incredulo e felice.

- Severus... Severus sei vivo!

Non riusciva a capire se era una domanda o un'affermazione.

Alla domanda non avrebbe saputo rispondere, ma l'affermazione gli piaceva molto, così rispose con un sorriso.

- E' stata Fanny! Le sue lacrime hanno sanato le tue ferite mortali. – spiegò Crystal, mentre lacrime ben diverse, piene di umana felicità e non di magia, le rigavano ancora le gote.

Già, le miracolose lacrime delle fenici.

Albus gli aveva fatto un inestimabile regalo: sempre lungimirante, il vecchio!

Fanny lo osservava soddisfatta, il capino inclinato: avrebbe voluto accarezzarla sul collo, ma era troppo debole e preferiva dedicare a Crystal le poche forze rimaste.

Sollevò la mano e le sfiorò il viso in una languida carezza: voleva asciugarle le lacrime, ma la sporcò ancor più sulla guancia. Si rese conto che c'era sangue ovunque, anche sugli abiti e i capelli di lei, sulla veste e il mantello lacerati dalle maledizioni dell'Horcrux, perfino sull'erba e sul tronco dell'albero contro il quale era stato scaraventato.

La silenziosa formula aleggiò nella mente di Crystal: il sangue scomparve e gli abiti tornarono integri. Ecco, così era meglio.

Si rizzò a sedere a fatica, il busto appoggiato alla pianta e la testa che gli girava, frastornato dai colpi subiti mentre il suo corpo rotolava sul terreno, spazzato via dalle difese dell'Horcrux. Aprì le braccia tendendole verso Crystal:

- Perdonami, amore mio: ho dovuto farlo, non ho avuto scelta. – sussurrò accorato mentre la sua donna si rifugiava nell'amorevole abbraccio. – Sapevo di non avere probabilità di sopravvivenza, sapevo che ti avrei fatto disperatamente soffrire, - s'interruppe traendo un lungo e amaro sospiro stringendola forte a sé, - ma dovevo farlo! - concluse in un soffio sottile.

Crystal si sciolse dall'abbraccio per guardarlo e bearsi degli occhi che scintillavano, profondamente neri nell'alba che si avvicinava, luminose stelle del mattino di un nuovo giorno:

- Lo so amore mio, lo so, – sorrise dolce sfiorandogli piano il volto pallido, - è anche per questo che ti amo, per il tuo coraggioso orgoglio e l'inesorabile senso del dovere.

Severus la strinse di più a sé, la serenità a inondarlo: cercò le sue labbra per un bacio tenero e delicato, pieno d'amore e di riconoscenza perché, ancora una volta, la sua donna aveva compreso ogni suo pensiero, emozione e volontà.

Avrebbe voluto che il momento di pace durasse in eterno, ma Minerva si stava avvicinando trafelata. Doveva avere visto e compreso tutto, ma si era tenuta ai margini, lasciando loro pochi istanti d'intimità: ora, però, sembrava che la realtà di nuovo incombesse, tetra e pericolosa, sui suoi sogni, ancora una volta per distruggerli.

- Severus, gli Auror stanno arrivando per arrestarti. – disse ansante.

- Arrestarlo? – esclamò Crystal sconcertata. – Ma se è solo grazie a lui che Voldemort è stato sconfitto!

- Temo che non tutti vedano le cose in questo modo. – sospirò amara Minerva. – Ma posso guadagnare ancora un po' di tempo per voi.

- Sì, lo so: è giusto così. Io sono un traditore e un assassino. – mormorò rassegnato Severus, pronto ad accettare fino in fondo il destino. – Io ho ucciso Albus Silente. – disse a denti stretti, il dolore trattenuto fra le labbra.

- No, maledizione no! – esclamò Crystal con tutte le sue forze. – Non è questa la verità!

Severus le sorrise, triste:

- Ti amo, Crystal, ti amo da impazzire! – esclamò con passione stringendola forte a sé. – E non desidero altro che passare tutta la mia vita con te, amandoti!

Diede un lungo sospiro, un'amara tristezza nella luce delle iridi nere:

- Il mio Passato è qui, Crystal, è infine giunto: mi sta chiamando ed io devo, io voglio, affrontarlo! – proferì con enfasi. – Non posso più, non devo e non voglio fuggire all'appuntamento con me stesso.

Le carezzò piano il viso, le dita a sfiorarla appena, delicato come non mai:

- Solo quando avrò chiuso i conti con il mio Passato, qualunque conseguenza ne derivi, potrò guardare in faccia il Futuro, e il tuo amore, a testa alta, come si conviene a un uomo che ha il coraggio delle proprie azioni... e delle sue maledette scelte sbagliate.

- No! – gridò Crystal sentendo la felicità allontanarsi, prigioniera di una meschina moralità che poteva condannare l'uomo amato. – Puoi fuggire! Ti aiuteremo, ti copriremo, lo sai! – esclamò, le lacrime di nuovo a rigarle le gote. – Ti amo, Severus, ti amo! Sono due mesi che stiamo lontani... ti prego, - lo implorò disperata, lottando per la felicità che Severus stava buttando al vento, - fuggi via con me! Solo pochi giorni: Minerva e Remus troveranno il modo per sistemare e spiegare tutto. Ti prego, restiamo insieme, ho bisogno di te, del tuo amore, dei tuoi baci, dei tuoi abbracci! Ti prego, non posso farne senza! – gridò ancora, le lacrime che ormai le scorrevano senza ritegno sul viso. – Solo qualche giorno... per favore!

Severus la strinse forte a sé, mentre si alzava in piedi, cercando di respingere l'irresistibile tentazione: anche lui non voleva altro che restare con lei, dopo le tremende settimane in cui aveva dovuto rinunciarvi, restandole lontano, senza mai potere neppure sfiorarla.

Il suo corpo la desiderava, oltre ogni umano limite e volontà.

La baciò, con la folle passione di un uomo che sa che in un solo istante può perdere ogni cosa: vita, felicità e sogni d'amore! Un bacio da togliere il respiro, che lo fece volare in alto, portandolo in Paradiso, sapendo che solo l'Inferno, invece, ancora una volta lo attendeva. Un bacio tormentato, intenso, colmo d'amore e desiderio, che lo fece soffrire più d'ogni altra cosa, ricordandogli a cosa stava rinunciando.

Ma il suo Passato esigeva che si sottoponesse all'ultima prova e, no, non sarebbe fuggito, per quanto l'ultima tortura, forse, sarebbe stata la più difficile da affrontare.

Si sciolse dal bacio ardente e crudele e con gesti dolci e delicati le asciugò le lacrime disperate sulle guance:

- Ti amo, Crystal, e non desidero altro che rimanere sempre con te, lo sai! – sussurrò accorato. – Ma non posso, non posso proprio, amore mio! Perdonami, - aggiunse, le lacrime a pungergli gli occhi, ricacciate indietro con fiera ostinazione, - nonostante ogni mia promessa, ti sto facendo ancora soffrire!

Chiuse gli occhi e la strinse forte, inebriandosi dell'amato profumo che ancora una volta stava condannandosi a non poter più respirare, e neppure sapeva per quanto tempo.

Forse anche per sempre.

Sospirò e la strinse di più a sé, con l'infinita disperazione di un uomo che odia se stesso e il suo Passato che sempre torna, puntuale, a infrangere i suoi meravigliosi sogni.

Gli Auror si stavano avvicinando, inesorabili, accompagnati dal suo Passato.

Riaprì gli occhi e la guardò, l'amore a illuminare il cristallo nero delle iridi, quindi le sfiorò piano le labbra sussurrando un'ultima volta:

- Ti amo!

Si staccò da Crystal e raccolse da terra la bacchetta: l'aveva lasciata andare solo in punto di morte, prima l'aveva sempre strenuamente stretta fra le mani, anche mentre sbatteva con violenza sulle pietre del terreno e poi contro il tronco dell'albero.

Il giovane Auror era a pochi passi: vide il legno magico ed ebbe paura dell'assassino di Silente. Si bloccò e gli puntò contro la propria bacchetta.

Severus rallentò il gesto e, con calma, gliela porse, tenendolo per la punta, il manico rivolto verso il giovane.

Crystal serrò gli occhi, stretti: non voleva assistere all'oltraggio cui il suo uomo, il reale eroe della battaglia, sarebbe stato sottoposto. Minerva l'abbracciò, trattenendo a fatica i singhiozzi.

L'altro Auror fece un balzo in avanti e gli strappò la bacchetta, graffiandogli il dorso della mano nella foga, timoroso che si ribellasse a un Expelliarmus o a un Accio.

Le labbra di Severus si piegarono in un sorriso amaro, poi, con un movimento lento e misurato porse i polsi al giovane Auror che già aveva evocato le manette magiche: era quello che spettava a un criminale della sua fatta.

Il giovane aveva appena posato il metallo sulla candida pelle dei polsi, quando il ticchettio della gamba di legno di Moody risuonò alle spalle dell'Auror:

- Non ti azzardare a farlo, ragazzo! – ringhiò con forza. – Non si mette ai ferri l'uomo senza il quale non avremmo mai sconfitto Voldemort!

Crystal riaprì gli occhi di colpo e Severus alzò lo sguardo, stupito, mentre il giovane Auror si ritraeva, sconcertato.

Sul viso rugoso di Moody si allargò un sorriso compiaciuto:

- Sarò anche vecchio e in pensione, e molti sono convinti che sia rintronato, - ghignò il mago che aveva con coraggio sostituito Silente alla guida dell'Ordine della Fenice, - ma i miei occhi funzionano ancora bene, entrambi, e anche le orecchie e il cervello: ho visto e sentito tutto ciò che è accaduto e ne ho compreso bene il significato.

Malocchio s'interruppe per tirare un lungo sospiro, a metà tra rassegnazione e sconfitta:

- A quanto pare, il vecchio Albus, nonostante ogni contraria apparenza, ha sempre avuto ragione a credere in te – poi sorrise apertamente additando Crystal, - e anche a quella bella strega!

- Voglio essere processato, - replicò aspro Severus, - ho commesso imperdonabili crimini e assistito a troppi orrori: è giusto che anche io paghi...

- Oh... per essere processato, lo sarai, Piton, ci penserò io stesso, stanne certo! – lo interruppe Moody con enfasi. - Ma da un processo ben istruito possono emergere tante cose, e tutte le verità, e un assassino e traditore può anche trasformarsi nell'eroe che ha salvato il nostro mondo, sacrificando se stesso senza alcuna esitazione!

Uno stupito e incerto sorriso si delineò appena sulle labbra sottili di Severus, mentre un ghigno soddisfatto si allargava ancora sul viso rugoso di Malocchio:

- E io sarò là, Piton, quel giorno, ad applaudire in prima fila il mago senza il quale il nostro mondo sarebbe perduto. – concluse, mimando il gesto con le mani, quasi divertito dall'incredulo sbalordimento dipinto sul volto pallido dell'altro. - Ora, però, saluta come si deve... la tua ragazza! – lo spronò spintonandolo con una manata, una smorfia ammiccante sul viso mentre arretrava di un passo.

- Crystal è mia moglie! – affermò fiero Severus avvicinandosi alla maga che lo contemplava, il sorriso radioso sul bel volto.

Moody si lasciò sfuggire uno stupefatto fischio di ammirazione:

- L'hai sposata? Per la barba di Merlino! – ringhiò. - Bè, non credevo proprio che tu sapessi cosa fosse l'amore, nonostante tutto il bene che Crystal diceva di te, ma, con è evidente che ci sono molte cose su cui devo ricredermi sul tuo conto, Piton. – ponderò scrollando le spalle. – A quanto pare, Voldemort non è l'unico che hai imbrogliato alla grande! – terminò scoppiando in una fragorosa risata, mentre Minerva gli lanciava una severa occhiata di disapprovazione.

In un istante Crystal fu di nuovo tra le braccia di Severus che la strinse con dolcezza, rassicurandola:

- Forse le cose non si mettono così male come temevo. – sussurrò sfiorandole lieve la guancia con le labbra.

- Ma saremo ancora lontani. – si lamentò Crystal, concreta.

- Sono sicuro che mia moglie saprà affrontare a testa alta anche questa ultima e difficile prova. – affermò il mago fissandola intenso, gli occhi neri scintillanti d'amore e d'orgoglio.

Crystal si lasciò sfuggire un profondo sospiro e rispose, tristemente rassegnata:

- Sarà tremendo restare ancora lontana dai tuoi abbracci appassionati e dai tuoi dolci baci...

- E io impazzirò, di nuovo senza il tuo conturbante profumo! – rispose Severus ancora stringendola a sé. – Ti amo! – sussurrò piano, con riservato impeto, prima di chinarsi sulle sue labbra a cogliere un lungo, dolce e appassionato bacio che risvegliò in loro un acuto e inappagabile desiderio, mai sopito nelle interminabili settimane in cui non avevano mai potuto restare insieme.

Rimasero a guardarsi in silenzio, il respiro appena ansante, gli occhi neri di Severus che progressivamente si riempivano della luce chiara dell'alba.

- Ci sono ancora i Dissennatori... ad Azkaban? – chiese Crystal in un timoroso e sommesso mormorio, pensando alle sofferenze che, ancora, sarebbero state inflitte all'uomo tanto amato e con il quale non poteva vivere in serena felicità.

- Non lo so. – rispose Severus in un rassegnato sospiro. – Non preoccuparti per me: ce la farò! – la tranquillizzò stringendola di nuovo a sé con amore. – Ho passato ben di peggio e non temo il loro rantolante e gelido respiro.

Il mago, in fondo, non mentiva: non aveva bisogno dei Dissennatori per giungere alle soglie della disperazione. I suoi laceranti rimorsi, gli orribili ricordi e i cupi pensieri già altre volte l'avevano privato di ogni felicità e si era a lungo rassegnato a vivere senza sogni né speranze per il futuro.

Strinse più forte a sé la sua donna, sfiorandole la fronte con le labbra mentre il suo corpo, con disarmante sincerità, rivelava un desiderio per troppe settimane represso con crudele determinazione.

Adesso Crystal era la sua sola realtà: rinunciare ancora a lei sarebbe stato insopportabile, ma non sarebbe stato per sempre, come invece più volte aveva temuto in passato, da quando se ne era perdutamente innamorato.

Le sorrise ancora, con dolce tenerezza, e di nuovo posò le labbra sulle sue, piano, per un ultimo delicato bacio. Infine immerse il viso nei lunghi e morbidi riccioli biondi, fino a sfiorarle il collo con il naso e la bocca, inebriandosi del fragrante profumo: come gli sarebbe mancato!

Eppure, adesso era diverso: ora aveva la speranza, incrollabile, che prima o poi avrebbe potuto tornare da lei e realizzare infine il suo splendido sogno d'amore.

*

Il poeta nella cella, cencioso, malato,

pestando un manoscritto col piede convulso,

misura con sguardo acceso di terrore

la scala di vertigine dove l'anima sprofonda.

Risa inebrianti riempiono la prigione

verso un delirio assurdo traggon la sua ragione;

il Dubbio lo irretisce e lo sciocco Spavento,

orrido e multiforme, aggrava il suo tormento.

Questo genio chiuso in una stamberga

tra smorfie, grida e sciame di spettri

turbinante tumultuoso alle sue orecchie,

e il suo sogno che schiantasi nell'orrida dimora,

ecco il tuo vero emblema, sognante Anima oscura,

che la realtà comprime fra le sue quattro mura![2]

Fulmini crepitanti trafiggevano di continuo le nuvole che, cupe e opprimenti, oscuravano in una perenne cappa scura il cielo di Azkaban.

L'aria era satura di elettricità, in spasmodica attesa di una pioggia che non arrivava mai a lavare via il dolore: la disperazione stagnava asfissiante a rubare la felicità di un ricordo nel rantolo agghiacciante di un sospiro.

I Dissennatori pattugliavano Azkaban, orridi emblemi di anime che non hanno futuro.

Severus udiva le loro voci, le deliranti urla di chi aveva ceduto alla disperazione della pazzia e gli ossessivi lamenti di chi ancora cercava di resistere al soffio gelido del respiro che depredava l'anima di ogni speranza.

In passato il mago si era chiesto molte volte se, grazie all'Occlumanzia, sarebbe riuscito a ingannare anche quelle orride ombre.

C'erano stati lunghi periodi, nella sua vita, in cui i Dissennatori non avrebbero potuto tormentarlo né carpirgli pensieri felici che non riusciva neppure più a ricordare nell'abisso di disperazione in cui aveva trascinato la sua esistenza. Per troppo tempo aveva vissuto senza sogni né speranze, come immerso nel fetido respiro dei succhiatori di felicità.

Adesso, invece, aveva tante cose da perdere, troppo ricordi felici da proteggere, troppi sogni che gli affollavano la mente illuminando anche le tenebre dei suoi occhi.

Ora aveva paura di quegli spettri che di nuovo potevano privarlo d'ogni speranza.

Sarebbe riuscito a nascondere loro il prezioso sorriso di Crystal?

L'ultima morte

e poi potremo vivere

infine liberi dal dolore.

Liberi dal dovere,

potremo infine amarci come noi,

non più maschere a coprirci,

non più morte,

non più il tremendo passato. [3]

Sentiva il lugubre fruscio dei loro movimenti avvicinarsi, l'aria farsi fredda e cupa, ma non erano mai arrivati così vicino da fargli scoprire la risposta alla sempre più temuta domanda: sembrava fosse loro vietato accostarsi alla sua cella, ma stazionavano là, appena oltre il limite, scure sagome insistenti e tenaci, e Severus percepiva con chiarezza la smodata brama di assalirlo, di defraudarlo di ogni felicità per ricacciarlo nella totale desolazione di un mondo senza sogni nel quale era a lungo vissuto.

Risa agghiaccianti lacerarono ancora l'aria densa di follia che lo accerchiava, mentre uno stormo di putrescenti ombre nere sfilava veloce davanti alla sua cella, smaniose di succhiare gli ultimi brandelli di felicità a un'altra anima la cui resistenza era infine stata infranta.

No, lui non aveva bisogno dei Dissennatori per soffrire, non aveva mai avuto bisogno di loro per tormentarsi: ci era sempre riuscito da solo.

Gli bastava sollevare la manica della camicia e osservare il Marchio che deturpava il braccio: i ricordi delle colpe commesse, resi vivide e reali dai rimorsi, erano i suoi personali Dissennatori, lo privavano d'ogni speranza per il futuro rammentandogli che ogni suo sogno era destinato a svanire, immolato sul rogo dei suoi crimini, non appena credeva di averlo alfine raggiunto.

Ma questa volta era diverso: Crystal era là, fuori dal Purgatorio di Azkaban, lo amava e lo aspettava.

Severus lasciò correre lo sguardo sullo squallore della cella, fino a raggiungere la feritoia oltre la quale solo la luce livida dei lampi illuminava a tratti un crepuscolo senza fine.

Infine chiuse le palpebre e sospirò, rabbrividendo per il freddo e stringendosi di più nel mantello: avrebbe sopportato anche questo, nuovo tassello a completare il mosaico che lastricava l'interminabile percorso della sua dolorosa redenzione, forse l'ultimo obolo che avrebbe infine portato in pareggio i piatti della bilancia su cui le sue colpe erano soppesate.

Un lieve sorriso increspò appena le labbra sottili, quasi livide nel freddo pallore del volto: la sua Crystal, il suo splendido sogno d'amore, era profondamente radicato nel suo cuore e nessuno avrebbe potuto portarglielo via.

Stinse la mano intorno alla vera nuziale, oro e cristalli neri intrecciati, che ancora gli pendeva al collo con il medaglione.

Era solo questione di resistere, caparbio, e attendere: il sole, un giorno, sarebbe infine sorto anche per lui.

*

La porta della cella si aprì cigolando e Crystal volò tra le sue braccia: Severus la strinse forte, il capo reclinato sulla nuvola dorata dei capelli, l'intenso e amato profumo che di nuovo lo inebriava facendo svanire il fetore che stagnava nella prigione.

Il suo sole di nuovo risplendeva per lui.

Con dolce frenesia le baciò i capelli, la guancia, fino a giungere alle labbra che, impazienti, lo attendevano colme di desiderio.

Volle perdersi nel breve sogno di un bacio intenso, mentre la porta si richiudeva con un tonfo alle loro spalle e nel silenzio, rotto solo dal fruscio della passione, tornò ad udirsi il fastidioso ronzio della Bolla Memorizzante che riprendeva ogni suo gesto e parola, privandolo di qualsiasi intimità.

Si sciolse dal bacio e con delicatezza la scostò un poco da sé: rimase a mirarla, bella più del sole, mentre le sue dita, sfuggendo al rigido controllo che avrebbe voluto imporre loro, si rifiutavano di smettere di accarezzarle lieve la guancia e i capelli.

- Severus, finalmente!

Erano passati solo due giorni da quando era rinchiuso in cella, di sicuro la migliore della prigione, che la determinazione di Moody aveva ottenuto per lui. Ancora alcuni giorni e il suo processo, il primo fra tutti, sarebbe iniziato, la fase istruttoria completata sotto il diretto controllo del vecchio Auror in pensione.

Minerva, però, aveva fatto fuoco e fiamme al Ministero affinché a Crystal, sua legittima moglie, fosse concesso un lungo incontro privato, libero dal controllo delle guardie: ma la Bolla Memorizzante, insidiosa spia della sua intimità, era rimasta inesorabilmente attiva.

- Ti amo! – sussurrò piano sfiorandole le labbra con la punta delle dita.

- Oh Severus! Stringimi, baciami!

Con un silenzioso cenno le indicò la bombatura della Bolla: un'ombra di stizzita delusione passò sul bel viso della maga.

- Minerva mi aveva promesso...

Severus le pose un dito sulle labbra, rassegnato alla realtà:

- A detta di Moody, e anche con il suo aiuto, Minerva ha ottenuto l'allontanamento delle guardie, ma sembra che quell'arnese non possa essere disattivato.

- Oh Severus! Io credevo... io volevo... - mormorò frustrata affondando il viso sul petto, mentre il mago la stringeva a sé sospirando.

- Lo so, lo so, povero amore mio! – sussurrò languido accarezzandole dolce i lunghi capelli. – I tuoi desideri sono uguali ai miei...

Crystal si strinse a lui abbracciandolo forte per la vita e il corpo del mago, costretto contro il suo, le rivelò subito l'appassionata verità.

- Severus! – lo implorò. – Anche tu lo vuoi!

Il mago socchiuse gli occhi e sospirò ancora mordendosi appena le labbra.

- Il tuo mantello può coprirci e...

- No, non qui! – esclamò secco Severus scostandosi. – Sarebbe umiliante amarti sotto gli occhi indiscreti della Bolla, sapendo che altri, in seguito, osserverebbero le immagini del nostro amore con viziosa libidine.

- È da così tanto tempo che...

- No, Crystal! – la interruppe ancora il mago, indignato. – Mi conosci bene e sai come la penso!

- Sì, sì, lo so! – esclamò di nuovo rifugiandosi tra le sue braccia che pazienti l'accolsero stringendola a sé. – Perdonami, ma ho tanta paura che...

Le parole si persero in soffocati sospiri sul petto del mago che, con dolcezza, un'altra volta le sfiorò la fronte con labbra ardenti. La sua donna temeva di perderlo di nuovo, che una lunga e penosa condanna li costringesse a restare ancora separati.

Le sollevò il viso con delicatezza osservando le nubi che, cupe, avevano oscurato il cielo dei suoi occhi, di solito screziato da raggi dorati:

- Non temere, non m'infliggeranno una condanna pesante. – mormorò, non sapendo neppure lui quale poteva essere la realtà e aggrappandosi strenuo alle sue stesse assicurazioni.

- Io non voglio più stare senza d te! – gridò Crystal, spaventata dalla tremenda eventualità. – Se ti condannano troverò il modo per farti...

- Muffliato!

La velocità dell'incantesimo bruciò le parole della maga, ammutolendola.

Crystal sapeva che la potenza magica di Severus gli permetteva di lanciare incantesimi anche privo di bacchetta, senza eccessivo sforzo, ma ad Azkaban le cose erano diverse: entrambi erano consapevoli che nella prigione un potente sortilegio inibiva la magia riducendo i detenuti, privati della bacchetta, al rango di normali Babbani. Per questo anche il mago appariva stupito dal pieno successo dell'incantesimo che gli era scivolato fuori dalle labbra, involontario.

Eppure, l'energia magica dell'incanto che Severus aveva lanciato aveva fatto vibrare l'aria intorno a loro rivelando la perfetta riuscita dello stesso, e il mago sembrava in grado di mantenere in atto la protezione magica senza difficoltà.

- Non ho mai conosciuto un altro mago potente come te! – esclamò Crystal, l'orgoglio di nuovo a colmare di luce lo sguardo fisso nelle scintillanti iridi nere di Severus.

Un silenzioso e fiero sorriso dischiuse appena le labbra sottili del mago, mentre si chinava sulla sua donna:

- Ora posso dirti quanto ti amo e quanto ti desidero! – sussurrò con passione stringendola un'altra volta a sé, il corpo eccitato a confermare le parole. – Pensa a me, nello scrigno di cristallo sul mare, mio prezioso amore, e accarezzati. - aggiunse sfiorando piano le sue labbra in un sospiro ardente.

- No, se non lo fai anche tu. – ansimò Crystal facendo aderire il corpo al suo, ben sapendo che Severus non avrebbe mai ceduto cercando solo una mera soddisfazione fisica, meno che mai sotto l'umiliante controllo della maledetta Bolla.

- Allora saranno le mie parole, colme di irrefrenabile desiderio per te, ad accarezzarti. – sussurrò con voce roca, lambendole piano le labbra con la punta della lingua, mentre girava le spalle all'infernale aggeggio coprendo il sensuale atteggiamento che progressivamente si trasformò in appassionato bacio.

- Accio mantello! – ordinò allontanando appena la bocca dalla maga per avvolgere entrambi nell'ampio manto, ancora una volta soverchiando con l'esuberante potere magico il sortilegio inibente che lo voleva costretto alla Babbana impotenza.

Le mani del mago scivolarono roventi sul corpo della sua donna, un'incontenibile passione a bruciargli il corpo: la strinse forte a sé alla ricerca di un'impossibile unione, le labbra a ricoprirle di baci il viso.

- Sai quanto ti voglio, Crystal, e da quanto tempo. – ansimò languido sulle sue labbra, ardenti fiamme di desiderio a sfavillare vorticando negli occhi neri, mentre con una mano s'insinuava tra i loro corpi ad accarezzarle bramoso un seno, la stoffa leggera dell'abito che, come sempre, svaniva sotto le sue dita tremanti.

- Quanto vorrei averti tra le braccia, nuda e fremente, a incontrare il mio desiderio, - aggiunse ansante premendola contro la propria prorompente e dolorosa eccitazione, - assaporare tutta la tua pelle, calda e morbida, perdermi nel tuo corpo e inebriarmi del tuo profumo...

Crystal gemeva, le labbra brucianti sulle sue, avide e golose, mai sazie, che percorrevano con infuocata passione il suo viso, ma che volevano di più, molto di più: la mano di Severus scivolò lenta sul suo ventre e poi più giù, l'abito svanito sotto l'ardore del suo tocco.

- Vorrei farti mia, con tutta la travolgente passione del mio incontenibile desiderio, ricoprirti di baci roventi e carezzare con intensità tutto il tuo conturbante corpo. - sussurrò tra sospiri ardenti, gustando il sapore dei suoi baci, mentre la mano penetrava ardita tra le cosce, nel caldo e umido anfratto che lo attendeva voglioso.

- Voglio sentirti godere, il tuo piacere che gocciola caldo tra le mie dita. Voglio impazzire di desiderio perché non posso averti. - sussurrò con impetuosa passione mordendosi le labbra, la dura erezione dolorosamente compressa nei pantaloni e le dita intrufolate in profondità nella carne fremente di Crystal, a donarle un piacere a lungo bramato.

- Sì... così amore mio, godi... nella mia mano... - mormorò a fatica, i denti a torturargli crudeli il labbro inferiore e un inappagabile desiderio a tormentare crudele il suo corpo, mentre la sentiva abbandonarsi a lui, inondata dal piacere che le sue carezze le donavano.

- Severus... ah... amore mio, Severus!

Luce

non più stanca di vivere.

Silenzi che si fanno parole:

solo l'amore da sussurrarti. [4]

L'aula del Tribunale era gremita fino all'inverosimile: tutti volevano assistere al processo del mago che aveva ucciso il grande Albus Silente, volevano schernire l'orrido Mangiamorte, il viscido traditore, il crudele assassino tanto temuto, ma che era stato infine catturato e ridotto all'impotenza.

C'era anche chi lo conosceva, o aveva credutodi conoscere il rispettabile e severo professore di Pozioni, che alla fine siera invece rivelato il mostro che era sempre stato, ingannando per anni chi avevaavuto a che fare con lui; c'era perfino chi aveva lavorato a lungo al suofianco, nella Scuola di Magia e Stregone


[1] Earendil

[2] Charles Baudelaire: XVI – Sul "Tasso in prigione" di Eugène Delacroix.

[3] Earendil

[4] Earendil

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