14. Fiducia (REV 2022)
Il sole era ormai alto nel cielo.
Aveva dormito solo poche ore, ma era stato un sonno tranquillo e riposante, i ricordi della sera prima ricacciati in fondo, seppelliti e nascosti dentro di lui, ricoperti da un solido scudo di dolore che avrebbe impedito a Voldemort di aggirare le protezioni scoprendo i suoi tormentosi rimorsi.
Già, i rimorsi, inseparabili compagni della sua esistenza.
Un lungo percorso di sofferenza che, come la Granger aveva compreso alla perfezione, Severus Piton aveva intrapreso di spontanea volontà tanti anni prima, l'unica possibilità di rimarginare le profonde lacerazioni che, con le sue scellerate azioni, lui stesso aveva ripetutamente inflitto alla propria anima; l'unico doloroso percorso che ancora gli permetteva di proteggerla nelle notti da incubo fra i Mangiamorte, quando altro sangue innocente scorreva tra le sue mani che, ora, solo avrebbero voluto difendere, salvare, proteggere, curare.
Un sospiro amaro sfuggì dalle labbra sottili e strinse a sé Crystal, ormai vicina al risveglio, sfiorandole la fronte con un bacio leggero.
Si sarebbe lamentata d'essere tutta indolenzita. Sorrise appena: nulla di strano se, in quelle poche ore di riposo, l'avesse stretta a sé ancor più del solito.
Avrebbe compreso, senza bisogno di spiegazioni.
Era la sua compagna, fino in fondo, e le parole non erano più necessarie.
Il peso dei silenzi aleggia
sull'amore che vive di emozione
e le parole diventano uccelli senza ali
destinati a precipitare
in nome del vero che ci avvolge.
Taci
e lascia che la vita gridi per noi. [1]
Uno sguardo era più eloquente di mille parole, e una stretta, un lieve abbraccio, portavano in un istante la consolazione della comprensione che solo lunghi e complessi discorsi avrebbero potuto indurre.
Era sempre stato di poche parole, ma i suoi penetranti occhi neri sapevano leggere e anche parlare, e lo stesso valeva per gli splendidi occhi azzurri della sua Crystal.
Finalmente quel cielo si aprì al suo adorante sguardo, raggi di sole a illuminare le sue tenebre, la speranza adagiata sulle labbra rosse, appena dischiuse in un sorriso d'amore solo per lui.
Si chinò a baciarla, con gentile passione, sussurrandole il suo amore, mentre dalla bocca passava alla guancia e poi all'orecchio e al collo.
Un lieve brivido di piacere percorse la maga che si abbandonò tra le sue braccia mormorando:
- Spero che questa piacevole accoglienza significhi che anche tu sei riuscito a riposare, almeno un poco!
Severus si sollevò su un gomito e tornò a rimirarla, la mano che, con delicato ardore, seguiva il bordo della profonda scollatura della camicia da notte, le dita a insinuarsi appena sotto la sottile seta nera. Ricambiò il sorriso e sussurrò:
- Sei la migliore pozione soporifera che esista al mondo!
La maga scoppiò in una divertita risata cristallina:
- Detta così, non è che suoni molto lusinghiera nei miei confronti!
Severus sollevò appena un sopracciglio e increspò le labbra, fingendosi crucciato, gli occhi neri, però, scintillavano:
- Avanti! Hai capito benissimo!
L'avvinse forte a sé, con orgoglioso possesso:
– E sai che il mio, invece, voleva essere un grande complimento. – aggiunse sorridendo imbarazzato. - Ma è evidente che non ho molta pratica nel campo delle buone maniere!
Crystal sorrise, deliziata dall'imbarazzo che il mago non si vergognava a mostrarle, le labbra sottili atteggiate nel sorriso che tanto amava.
- Puoi sempre passare ad altri campi, - sussurrò con provocatoria malizia, - dove ti senti più a tuo agio...
Severus la zittì con un lungo bacio, pieno di passione e desiderio, le mani che cercavano i suoi seni, insinuandosi sotto la seta leggera per carezzarli e stringerli tra le dita vogliose.
Poi sospirò, ritraendosi per un attimo:
- Vorrei... sai benissimo cosa vorrei fare! - rispose in un roco sospiro, di nuovo avvicinandosi e premendo il bacino contro quello di Crystal. - Sembra proprio che il mio corpo non sappia fare altro che desiderarti, senza neppure provare a mentirti! – ammise rassegnato, ma il suo sorriso raccontava la felicità di poter finalmente lasciare libera la sua passionale natura, pur sapendo che il suo dovere, ancora, gli imponeva di dominare i propri istinti.
Si morse lieve le labbra e represse un sospiro:
- Devi andare da Lupin per guidarlo all'appuntamento. – disse con voce controllata.
Crystal emise un sonoro sospiro, quindi annuì augurandosi che rimanesse, dopo, ancora un poco di tempo per loro due, di nuovo soli.
*
Crystal si era appena smaterializzata.
In attesa del suo ritorno insieme a Lupin, il mago si avvolse nel mantello con un ampio gesto, quasi teatrale, e rimase immobile, immerso in un cono oscuro di tormentosi pensieri, tirandosi addosso il sipario nero di se stesso, deciso, dopo tante finzioni, a interpretare solo il vero Severus Piton nella gran recita che sempre aveva dovuto essere la sua vita negli ultimi venti anni.
Era orgoglioso di Crystal che, una volta di più, aveva dimostrato di essere all'altezza della situazione. Senza necessità di spiegazioni, aveva capito che l'incontro con Lupin doveva avvenire lontano dalla loro piccola casa nel bosco: per la sua protezione, Severus voleva che nessuno, neppure Lupin, conoscesse l'ubicazione del rifugio. Gli aveva chiesto di mostrarle un altro luogo, quello dove il mago si fermava a cambiarsi le vesti prima di recarsi da lei e dove poi sostava per la lunga e amara doccia che annegava nel nulla il profumo di Crystal.
Era lì, vicino al capanno isolato, ben celato tra gli alberi, che Severus attendeva l'arrivo di Remus Lupin: il licantropo che tanti anni prima avrebbe potuto dilaniarlo tra le sue fauci a causa di uno scherzo intollerabile; il mago del quale era stato profondamente geloso, temendo che Crystal lo amasse o, forse, sperandolo per la felicità stessa della maga; l'uomo al quale aveva cominciato a inviare la pozione Antilupo per permettergli di amare la donna che lui, Severus, pensava di non poter più rendere felice.
Un'impercettibile vibrazione nell'aria destò i suoi sensi allenati e, subito dopo, con millimetrica precisione, Crystal si materializzò con Lupin.
Il mago la teneva stretta per un braccio, facendosi scudo del suo corpo, mentre le puntava la bacchetta alla gola, il gomito piegato verso l'alto.
La reazione di Severus fu sorprendentemente veloce e la punta del suo legno magico scattò sicura, infilandosi sotto a quella dell'altro mago, attraverso il piccolo triangolo disegnato dal braccio ripiegato di Lupin che minacciava Crystal, fino a premergli contro il lato del collo che, vulnerabile, spuntava dietro al capo della maga.
- Lasciala! – intimò minaccioso, spingendo con decisione la bacchetta. – Lasciala! – ripeté sibilando, una folata di scintille a sfrigolare sulla pelle di Lupin che rimase immobile.
- No, Severus! – urlò Crystal, intuendone i timori. - Va tutto bene!
Il mago rilassò solo un poco il braccio teso, riluttante, la punta della bacchetta sempre minacciosa e vicina al rivale.
- Remus non vuole farmi del male! – lo rassicurò la maga.
Severus digrignò i denti in un ringhio sommesso e, a fatica, s'impose di abbassare la bacchetta:
- Libera la mia donna, Lupin! - ordinò di nuovo, gelidamente sinistro. – Ora!
Remus allentò la presa sulla maga, a sua volta abbassando la bacchetta: fulmineo, Severus allungò il braccio e trasse Crystal a sé, stringendola forte, in un sospiro di angosciato sollievo, la mano sempre salda sull'impugnatura della bacchetta.
Lo sguardo di Lupin mostrava tutto il suo sbigottito stupore.
Non avrebbe mai immaginato di vedere Piton così passionalmente coinvolto, fino all'incredibile punto di non riuscire a controllare il proprio potenziale magico: le scintille sfuggite dalla bacchetta gli avevano bruciacchiato la pelle ma, soprattutto, gli avevano rivelato il totale coinvolgimento emotivo del mago che, invece, aveva sempre mostrato solo una gelida indifferenza, o, al massimo, un sottile astio verso di lui.
- Pensavi non sapessi amare, Lupin? – sibilò con amaro sarcasmo, il mento sollevato con aria di sfida. - Che fossi davvero un gelido assassino incapace di provare emozioni? – chiese ancora, il sopracciglio ostile sollevato.
Poi la sua espressione si addolcì per un istante: con le labbra sfiorò leggero la tempia di Crystal, gli occhi che brillavano, neri cristalli ardenti d'amore, eppure attenti a non lasciarsi sfuggire neppure il minimo movimento dell'altro, la bacchetta sempre pronta a scattare fulminea a difesa della sua donna.
Remus rimase immobile, incredulo, la bacchetta rivolta verso il basso: già era stato difficile immaginare, e soprattutto accettare, l'idea che Piton potesse essere innamorato di Crystal, ma non si sarebbe mai aspettato di vedere l'amore bruciare con tale intensità in iridi di solito gelide.
Ma ciò che lo aveva colto del tutto impreparato era stato il lampo di paura intuito nello sguardo quando si era materializzato tenendo Crystal sotto la minaccia della propria bacchetta.
Solo una frazione di secondo, poi il terrore si era tramutato in glaciale e pericolosa ira, ma Lupin aveva fatto in tempo a riconoscerlo: l'aveva già visto negli occhi di Piton, tanti anni prima, in una notte di luna piena, in fondo alla stretta galleria che portava alla Stamberga Strillante.
Severus annuì piano, con il suo solito tono controllato:
- Sì, anch'io ho paura, ma non più per me, adesso. – specificò, calcando l'accento sull'ultima parola, come avesse intuito i pensieri dell'altro. – E la paura è un'emozione, Lupin, proprio come l'amore, - un sospiro gli sfuggì incontrollato dalle labbra sottili, - o come l'indicibile sofferenza e la disperazione per essere costretto a uccidere un amico. – concluse in un angosciato sussurro.
Lupin non aveva mai ascoltato un'intonazione così intensa, e allo stesso tempo straziante, nella voce di Piton, di solito fredda e indifferente.
- Non le avrei mai fatto del male. – mormorò sincero. – Ero sicuro che l'amassi, fin dalla prima volta che mi inviasti la pozione Antilupo. L'ho detto anche a...
Lo sguardo che Piton gli lanciò fu sufficiente a zittirlo:
- Nelle mie lettere non ti avevo autorizzato a raccontarlo ai quattro venti! – sibilò minaccioso.
- Moody non voleva...
Le parole gli morirono sulle labbra: nello sguardo furiosamente nero di Piton era passato ancora un lampo di paura.
- L'Oscuro Signore non sa nulla di Crystal e meno ancora del nostro amore. – sibilò rapido. – E deve continuare a non sospettare nulla. – aggiunse piano, la voce che saliva d'intensità, cupa e decisa, avvicinandosi torvo.
Sul viso di Lupin balenò lo sconcerto, gli occhi spalancati e le labbra dischiuse, subito sostituito da una risentita collera. Chiuse di scatto la bocca e si ritrasse, sollevando di nuovo la bacchetta in un rapido gesto di difesa. Crystal lo aveva sempre ingannato, facendogli credere d'essere a diretto contatto con i Mangiamorte, d'essere lei a fornire le informazioni. Invece, era sempre e solo stato Piton l'unica fonte di ogni soffiata, l'unico artefice della trappola in cui, adesso, era caduto come un idiota.
- Alla fine, allora, Malocchio ha sempre avuto ragione! E' tutto un inganno, - gridò, furente, puntando la bacchetta contro di loro, - ed io sono stato così imbecille da abboccare di mia volontà alla tua esca!
Con un gesto istintivo, la bacchetta già levata, Piton spinse con decisione Crystal dietro di sé, mentre la maga gridava, trattenuta con fermezza dalle protettive braccia del mago:
- No! Non è così, Remus! – l'urgenza d'essere creduta nella voce che si era fatta acuta. – Severus mi ama troppo per permettere che Voldemort anche solo si avvicini a me. Non ha mai permesso che io...
- L'Oscuro Signore non deve sapere di Crystal, - ringhiò Piton, interrompendola, - mai! Giura che non le farai del male, - il mago esitò un attimo, indeciso, troppo teso e preoccupato per la sicurezza della sua donna per cedere subito, attento a valutare cauto ogni segnale proveniente dall'altro, - ed io getterò a terra la mia bacchetta, ponendomi alla tua mercé.
- Remus non mi farà del male, Severus. – affermò Crystal con sicurezza.
Il mago la guardò di sottecchi, ansante, senza mai perdere d'occhio l'altro, le tenebre dello sguardo perse nel cielo sicuro della maga. Infine sospirò e si voltò verso Lupin, abbassando la bacchetta:
- Crystal è tutto per me. La mia vita, il mio futuro, la mia speranza. – sussurrò accorato. – Ma lei ha fiducia in te, – diede un lungo sospiro, mordendosi le labbra, - e anch'io devo, voglio, avere fiducia in te, Remus.
Con un gesto lento e grave, Severus lanciò piano la sua bacchetta fra i piedi di Lupin, quindi strinse i pugni spingendo Crystal ancora più dietro di sé, imponendosi di credere in tutto ciò che gli aveva riferito su Lupin.
Era pronto a morire, per lei, senza alcuna esitazione: l'unica cosa importante era che Crystal fosse salva. Sempre.
Sentì le braccia di Crystal avvolgerlo e il corpo della maga premere contro il suo, da dietro.
- Abbi fiducia in Remus, ti prego. – gli sussurrò piano, all'orecchio.
Severus rimase fermo, rigido e immobile, inerme davanti all'altro, i pugni stretti e le labbra serrate, fermamente credendo in Crystal e nel proprio amore per lei.
Lupin osservava la scena sempre più confuso: Piton, il gelido assassino di Silente, si era sottoposto alla sua misericordia solo per amore della propria donna, riponendo in lei una sconfinata fiducia.
Non era più il mago che conosceva da quando aveva undici anni, lo strano ragazzino arrivato a Hogwarts conoscendo più incantesimi oscuri dei ragazzi degli ultimi anni: era un uomo nuovo, del tutto diverso e sconosciuto!
Poteva davvero essere il mago che gli aveva inviato l'incredibile Patronus, la Fenice che un tempo aveva identificato Albus Silente! Sembrava un'assurda follia, ma lo stesso simbolo di vita, che in eterno si reiterava, individuava ora proprio colui che aveva causato la morte del preside e che, pertanto, tutti reputavano essere un traditore e assassino.
E Crystal, una donna che Remus aveva imparato a stimare e rispettare, era profondamente innamorata di Severus Piton e credeva in lui, in modo totale!
Gli sembrava di essere pazzo, se solo non fosse stato per la bacchetta che vibrava in mezzo ai suoi piedi.
Ebbe la percezione certa che Piton avrebbe potuto, se solo lo avesse voluto e senza alcuna difficoltà, richiamare a sé la propria bacchetta con un incantesimo a mani nude.
Piton, invece, lo fissava, immobile e inerme, attendendo la sua reazione, deciso a basarsi sulla fiducia trasmessagli da Crystal.
La bacchetta del mago smise di vibrare nello stesso istante in cui Remus notò che Crystal gli aveva stretto la mano e lui, sospirando, si era imposto di rilassarsi rilasciando i pugni, ma sempre proteggendola dietro di sé.
- Voglio bene a Crystal, - sussurrò Remus, abbassando la bacchetta, - e non le farei mai del male!
Gli occhi neri di Piton lo scrutarono, attendendo il verdetto d'una importanza che lo stesso involontario giudice non avrebbe mai potuto immaginare.
- E voglio credere anche a te, Severus, - sussurrò infine, - e a tutto ciò che Crystal mi ha detto. Altrimenti, non sarei mai venuto fin qui.
Remus deglutì, ricacciando indietro ogni timore e fece per puntare la propria bacchetta su quella dell'altro:
- Riprendi la tua...
La piccola asta di legno nero sfrecciò veloce, sollevandosi da terra, finendo rapida tra le mani del proprietario.
Lupin lo fissò, molto meno stupito di quanto avrebbe potuto essere un'ora prima: in fin dei conti, aveva previsto quella possibilità e, proprio il fatto che Piton non ne avesse usufruito, prima, deponeva a suo completo favore.
Piton aveva riposto la bacchetta nel mantello con gesti tranquilli e aveva permesso a Crystal di affiancarsi stringendola a sé: l'amore nei suoi occhi neri brillava evidente, orgogliosamente sicuro, l'arma che Remus aveva inteso restituirgli già rinfoderata e inoffensiva. Era chiaro che non aveva intenzione di fargli del male: l'unica cosa di cui il mago voleva essere certo era che non fosse fatto del male alla sua amata Crystal.
- Guardami negli occhi, Lupin! – ordinò.
Remus obbedì: in un attimo si trovò, senza volerlo, risucchiato nella mente dell'altro. Immagini impossibili scorsero davanti ai suoi occhi sbalorditi: Crystal era a terra, ferita a morte in uno scontro fra loro che nessuno dei due maghi avrebbe mai davvero voluto.
- No! – gridò Lupin chiudendo gli occhi e uscendo con uno sforzo dalla mente dell'altro.
Severus sorrise glaciale, stringendo a sé la sua Crystal, avvolta tra le sue braccia protettive, salva.
Non c'era bisogno d'altre spiegazioni: Piton gli aveva lucidamente mostrato, con quell'unica falsa immagine, com'era capace di mentire. Remus annaspò:
- E' così che, - lo guardò fisso negli occhi, ora solo gelidi tunnel di buio infinito, - sai mentire a Voldemort?
Piton annuì con un secco cenno del capo.
Lupin rimase a osservarlo, ansante, le crude immagini ancora negli occhi
- Come diavolo fai? – mormorò infine, sconcertato.
- Lunghi anni di odioso allenamento, Lupin, passati a rinnegare la mia umanità, seppellendola sotto una sgradevole maschera di indifferenza, grazie anche all'ossessiva sorveglianza di Albus, - spiegò con distaccata freddezza, - solo per imparare a ingannare il Signore dell'Oscurità, che ancora crede, stoltamente, d'essere sempre il mio indiscusso padrone.
Gli occhi neri sfavillarono, pieni d'indomito orgoglio, le labbra sottili piegate in uno sprezzante sorriso.
Remus lo osservò, con incredulità e ammirazione al tempo stesso. Gli aveva appena dimostrato di saper mentire, con totale e impassibile controllo, proprio su Crystal, che, in modo evidente, era invece la persona per lui più importante al mondo. In modo inequivocabile gli aveva provato di saper farsi gioco anche di Voldemort.
Con totale sicurezza e senza il minimo timore.
- Spero tu abbia gradito i miglioramenti apportati alla Pozione Antilupo, - sussurrò, con voce roca e soffocata, - per essere certo che la assumessi, quando credevo che Crystal passasse le sue notti con te!
Un sorriso colmo di meraviglia attraversò per un istante il volto di Remus: Piton era stato geloso di lui? Non aveva idea di quanto si fosse sbagliato: Crystal era un gran bella donna, ma lui amava solo e soltanto la sua Dora!
All'improvviso, il mago davanti a lui sembrò crollare, cedendo di schianto alla realtà che ogni giorno sommergeva il cristallo nero dei suoi occhi.
- Non ce la faccio più! – si arrese infine Piton, disperato. - Non riesco più ad assistere indifferente e impotente a morte e distruzione!
Un'angosciata disperazione devastava il volto pallido e scavato.
- Moody continua a non fidarsi di Crystal, - mormorò, - così non interviene con la dovuta prontezza.
Le agghiaccianti immagini di quanto accaduto la sera precedente invasero di colpo la mente di Lupin, con tutta la loro crudele e vivida atrocità.
Il mago gridò, scacciando le visioni dai pensieri, ma Piton troneggiava sopra di lui, assillante, a riflettere ancora, insistente, lo stesso angoscioso delirio, le sue parole, cupe, a inchiodargli la mente:
- Sono queste le mie notti, Lupin, i miei dannati incubi, tragicamente vivi!
Remus ancora si ritrasse, rifiutando le immagini, rinnegandole con ostinazione.
- Le torture cui non posso porre rimedio, Lupin, - mormorò con voce straziata, - le povere vite che non posso salvare, ma sono obbligato a distruggere, nell'attesa di un aiuto che non arriva mai! – aggiunse prostrato.
- Non è facile crederti, Severus, dopo quello che hai fatto, cerca di capire! – si difese Remus.
- Spiegalo a loro, Lupin, loro che soffrono, e muoiono, davanti alla mia totale impossibilità di aiutarli, da solo. – Piton serrò le palpebre e sospirò, abbattuto e vinto, mentre Crystal si stringeva a lui, intrecciando le dita con le sue. – Tu non puoi capire, Remus, la mia disperazione, e l'impotenza!
- So cosa provi. – rispose Lupin con voce cupa e tesa, torcendosi le mani. – L'anno scorso ho vissuto per mesi tra i Lupi Mannari, con l'orrore della bestia che si risvegliava dentro di me e il terrore, il mattino dopo, di guardarmi allo specchio e scoprire il sangue sulla bocca.
Severus lo fissò per un lungo istante, torvo, poi rispose, gelidamente tagliente:
- Io, ormai, il coraggio di guardarmi allo specchio non l'ho più da mesi: vedrei solo un assassino.
- Oh Severus, amore! – esclamò Crystal stringendolo forte. – Non lo sei, non sei un assassino!
Il mago ricambiò la stretta e nascose il viso tra i suoi capelli, asciugando la lacrima che non avrebbe mai rivelato all'altro.
Lupin si avvicinò, gli pose una mano sulla spalla e mormorò, affranto:
- Difficile dire cosa è peggio: se la tua forzata impotenza, o il mio atroce rimorso.
Piton si raddrizzò di colpo, pericolosi bagliori nello sguardo nero:
- Una notte, una sola notte al mese, per pochi mesi, Remus. E adesso la mia pozione ti permette di passeggiare sotto la luna con tua moglie. – sibilò brutale. – Per me otto mesi, in tutti i loro dannati giorni e maledette notti. E se pure è per pietà che uccido, - continuò guardandosi le mani, la voce appena stridula, - è sempre sangue innocente sulle mie mani. Sono solo, in questo orrore disumano, e non ce la faccio più - sospirò amaro, - a restare fermo a guardare la morte che recide il filo della vita in modo sempre più atroce e spietato.
Severus serrò le labbra e chiuse le palpebre, strette, come se potesse smettere di vedere, come se non guardare potesse cancellare la realtà.
Infine si lasciò sfuggire un flebile sussurro affranto, lo sguardo colmo di sofferenza:
- Non ce la faccio più a essere io, la Morte, per loro, Remus. Troppi rimorsi pesano sulla mia coscienza, troppo gravoso il carico per un solo uomo.
Lupin, pallido e profondamente turbato, strinse più forte la mano sulla sua spalla:
- Non sei più solo, Severus, adesso anch'io sono con te. – mormorò con voce roca e soffocata. – Perdonami per non aver voluto credere alle parole di Crystal che spiegavano l'inaccettabile gesto che hai compiuto. – Diede un profondo sospiro scrollando il capo. – Perdonami per aver impiegato così tanto tempo a capire e accettare la verità.
Piton sollevò il volto, pallido e teso, tenebre fitte di dolore negli occhi neri, a incontrare la luce di comprensione che brillava nelle meste iridi grigie dell'altro.
Crystal, ancora, gli stringeva la mano, presenza silenziosa ma tangibile su cui contare.
- E non hai domande da fare? – chiese Piton, cercando di riportare nella propria voce un'improbabile freddezza.
- Gli volevi bene. – sussurrò piano Lupin, a fatica, affermando una verità ormai indiscussa. – Come... come ci sei riuscito?
Severus sospirò e chiuse gli occhi per un lungo momento.
Poi li riaprì, fissandoli in quelli di Remus, e strinse i pugni:
- Albus credeva in me. Albus voleva che lo facessi. Albus riteneva che io avessi la forza necessaria per farlo.
La voce di Piton suonava roca e spezzata, come un disco rotto che, forzatamente, doveva continuare a suonare. Si morse crudele le labbra, a sangue, prima che Crystal potesse impedirglielo.
- Ed io l'ho fatto. – gemette a denti stretti. – Perché gli volevo bene, perché lui...
Severus si ripiegò su se stesso, accolto dalle braccia di Crystal, senza terminare la frase, senza aggiungere che Silente era stato un padre per lui, quello che non aveva mai avuto, quello che gli aveva insegnato ciò che era giusto fare, non facile, ma giusto.
E lui lo aveva fatto, aveva compiuto il suo dovere, mentre sentiva il cuore incrinarsi e l'anima lacerarsi: perché era quello che doveva fare, ciò che era giusto fare, quello che Albus si aspettava da lui.
Pur sapendo che, dopo l'orribile gesto, sarebbe sprofondato all'inferno, in totale solitudine, per un'atroce dannazione.
Ma Albus glielo aveva fatto promettere, e non poteva deluderlo.
Sapeva di non averlo deluso.
L'aveva compreso, con assoluta certezza, quando il suo Patronus era cambiato assumendo le sembianze di quello di Silente. Cercò frenetico la bacchetta nel mantello e quasi gridò:
- Expecto Patronum!
L'argentea Fenice si librò con energia nell'aria, una luminosa intensità sostenuta dal suo pensiero felice, dall'amore della sua Crystal che sempre sapeva infondergli speranza.
Volava sopra di loro e sorrideva, con lo stesso sorriso azzurro e sereno di Silente.
*
Lupin se n'era andato con la promessa che le cose sarebbero cambiate e l'Ordine sarebbe intervenuto rapido ogni volta che il Patronus di Piton lo avesse contattato per fornire preziose informazioni.
Severus strinse a sé Crystal, forte, e si smaterializzò tornando nella casa nel bosco.
Fu un abbraccio interminabile, ossessivo, che quasi non le permetteva di respirare; una stretta che voleva difenderla da ogni male del mondo e intendeva sottrarla a ogni pericolo.
Per la maga fu facile comprendere che l'abbraccio insistente esprimeva solo il rinnovato bisogno di Severus di proteggerla, ora che qualcuno conosceva in modo certo l'esistenza del loro amore.
Non riusciva a credere, però, che il mago ancora non si fidasse di Lupin, così lo esortò:
- Non devi dubitare di Remus: sono certa che non ci tradirà mai!
Severus allentò un poco l'abbraccio e la guardò negli occhi, scotendo mesto il capo:
- Mi fido di Lupin: sono certo che preferirebbe morire, pur di non rivelare il nostro segreto, - sospirò con amarezza, - ma l'Oscuro sa fin troppo bene come far parlare i prigionieri.
Il mago rimase in silenzio per un lungo momento, il volto che si faceva più cupo:
- Non vorrei trovarmi nella tremenda situazione di doverlo uccidere, per evitare che parli...
Crystal lo fissò spaventata, quindi gli afferrò le mani, un muto interrogativo negli occhi, cielo fosco nel quale la speranza si dibatteva incerta.
- Sono io che, quasi sempre, godo del ripugnante privilegio d'assistere all'interrogatorio dei prigionieri, con l'ausilio delle mie pozioni.
Crystal spalancò gli occhi, inorridita:
- Ma è orribile!
- Sì, lo è. – rispose secco.
- Perché proprio tu?
- Perché è l'unico modo per aiutarli a non rivelare le loro informazioni. – sospirò, le labbra curvate in una piega amara.
- Uccidendoli? – chiese, sempre più agghiacciata.
- Se non posso fare altro. - mormorò a denti stretti. – Del resto, in questo modo almeno posso sottrarmi al ricercato piacere che i Mangiamorte traggono nel torturarli, - aggiunse con crudo sarcasmo, - poiché le mie pozioni possono raggiungere il risultato in modo più efficiente.
Ancora la maga lo guardò, mille domande negli occhi, cielo sempre più plumbeo.
- Talvolta è l'unico modo in cui posso aiutarli, risparmiando loro una sorte peggiore, - sospirò rassegnato, la pena nelle iridi nere, - quando so che l'Ordine non interverrà ed io rimango il loro unico, impotente sostegno.
Severus abbassò le palpebre, quasi volesse sfuggire ai tremendi ricordi, e mormorò:
- Quando ancora spero di trovare una soluzione, quando non ci sono Mangiamorte che controllano il mio operato, somministro una pozione che lenisce il dolore, li rafforza e li aiuta a sopportarlo meglio. Quando si rendono conto che li sto soccorrendo, lo stupore si sostituisce all'odio e al disprezzo che, fino a pochi istanti prima, bruciava negli occhi di chi mi conosceva e, quindi, mi riteneva un viscido traditore.
Il mago diede un lungo sospiro, le palpebre sempre abbassate.
- Poi c'è la pozione che confonde le loro parole: gliela somministro quando mi rendo conto che sono sul punto di cedere e rivelare ogni informazione. Sono così stupiti di quello che accade: nella loro mente i concetti sono chiari, ma escono dalla bocca in modo contorto e incomprensibile.
Una piega amara si formò ancora sulle labbra sottili di Severus, come una ferita sul volto pallido e addolorato:
- Faccio la mia sceneggiata e me la prendo con i Mangiamorte, insultandoli e gridando loro che, come il solito, hanno ecceduto con inutili Cruciatus rovinando il cervello dei prigionieri, ora, inutili. Ma non è così, e quelle povere vittime lo sanno bene, anche se qualcuna di loro è certo arrivata a dubitare d'essere davvero impazzita.
Il mago diede un ultimo pesante sospiro e riaprì infine gli occhi, pozzi neri gonfi d'angosciato strazio:
- Ma spesso, troppo spesso, quando so di non avere alcuna possibilità di salvarli, posso solo ricorrere alle gocce di morte delle mie pozioni, che simulano infarto o soffocamento o altro. – Severus strinse i denti e s'impose di continuare, con voce sempre più tesa e cupa, in un accorato sussurro letale. - Oppure usare la lama affilata del mio pugnale e rubare loro la voce e la vita, fingendo di volermi solo divertire, proprio come tutte le altre bestie, – la voce del mago s'incrinò, - mentre ancora sangue innocente scorre sulle mie mani.
Crystal lo strinse in un abbraccio comprensivo, a condividere tutta la devastante disperazione di Severus davanti all'impossibilità di aiutare quegli uomini.
- A volte sono loro stessi a chiedermelo, a implorarmi di far cessare le sofferenze, a scongiurarmi d'impedir loro di tradire l'Ordine, quando infine capiscono da che parte sono schierato, oltre ogni ingannevole apparenza. – mormorò scuotendo il capo. - E' successo anche con Kingsley: aveva gli occhi appannati dal dolore del supplizio a lungo inflitto per indurlo a parlare ed io sono arrivato troppo tardi, solo per alleviare in minima parte il suo strazio. Ma lui ha capito subito e mi ha pregato: "Severus... ti prego..." L'ho fissato, sconvolto, e lui ha aggiunto, in un fievole sussurro "Uccidimi, ti prego, come hai fatto con Silente...", interrotto da un fiotto di sangue dalla bocca, "ora ho infine capito tutto...". Mi ha sorriso, debolmente, "Severus, ti prego..."
Il mago rabbrividì e si lasciò sfuggire un gemito soffocato, quindi abbassò il capo, i lunghi capelli neri a coprirgli il volto pallido, dove una lacrima scendeva lenta e greve lungo la guancia.
- Ti amo, Severus, mio povero, disperato amore! – sussurrò Crystal, ancora stringendolo a sé.
Gli passò una mano tra i capelli, delicata, a scoprirgli il viso per baciare la lacrima che ardeva d'angosciato dolore e desolato rimorso. Gli fece sollevare il capo, le dita ancora fra i capelli per liberargli la fronte e guardarlo nelle disperate iridi nere:
- Finirà, tutto questo orrore finirà, un giorno: devi credermi Severus, devi riuscire ancora a sperare e a lottare, con tutte le tue forze!
Il mago si abbandonò tra le sue braccia, lasciando che le dolci parole, e le carezze, lenissero almeno un poco la sua pena e, di nuovo, facessero germogliare la speranza.
E chiuse le palpebre.
Lascia che la tua mano ravvii
i miei capelli.
Guardami negli occhi.
Lì scorre un ruscello
presso l'ardore
delle mie grida soffocate.
Lascia che la tua mano riposi
sulla mia fronte.
I tuoi occhi sorridono
nell'inquietudine
dei miei occhi ora
tuoi per un momento.
Ah, non dimenticare
di far sì che quel gesto
sia da me sentito,
lieve come il pensarlo,
e così come
può essere la speranza.
Lascia che la tua mano sfiori
i miei capelli
per un solo momento.
Ho la sensazione di essermi addormentato,
ma non posso sopportare
di sentirmi sorridere.
Tutto è fallito.
Tutte le speranze sono morte,
tutte le gioie sono brevi.
Ah, lascia che la tua mano,
come timorosa
di sentirsi triste,
mi dia conforto!
Non importa se
nessuno comprende.
Ah, posa la tua mano
sulla mia fronte.
Ciò che la vita è ora
è così poco
che il dolore sembra fragile
e il pensiero una palude.
Tira indietro i miei capelli
dal dolore della mia fronte.
Lì corre un sentiero
di luce attraverso
la mia mente oppressa. [2]
[1] Earendil
[2] Fernando Pessoa – Dalla raccolta "Il giardino del delirio", tratto da "L'Inconnue".
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