13. Realtà d'incubo (REV 2022)
ATTENZIONE
Capitolo NON per stomaci delicati. Leggete solo se siete sicuri di saper reggere una scena decisamente molto forte.
Era apparso per un istante sul cristallo nero del medaglione, il viso bianco e teso nel tenebroso nulla circostante, solo il tempo fugace di una breve frase roca:
- Devo incontrare Lupin, al più presto: devi assolutamente convincerlo a fidarsi di me!
Crystal non aveva fatto tempo a dirgli che Remus era già pronto a parlargli che l'immagine era svanita, evanescente fantasma inghiottito dall'oscurità.
Un paio d'ore più tardi, il sole ormai tramontato, il medaglione aveva di nuovo preso vita, calore d'amore sulla pelle, ma solo per rivelarle un viso pieno di disperata angoscia, occhi neri, spenti, che non volevano vedere più nulla e la voce piatta, soffocata in un'agonia di cruda rassegnazione:
- Verrò da te, stanotte. Avrò bisogno di abiti puliti.
Poi, solo il cristallo nero, lucido e vuoto, a riflettere la paura che albergava negli occhi di Crystal.
Nell'attesa aveva provato a dormire un po', naturalmente senza riuscirci: era distesa a letto, gli occhi aperti e le orecchie tese. D'un tratto sobbalzò: aveva udito un rumore. Saltò giù precipitandosi all'ingresso.
La porta si spalancò di colpo e Severus entrò, quasi di corsa.
Era pieno di sangue, tremante, distrutto.
Non le rivolse neppure una parola, lo sguardo rivolto a terra per non rischiare di incontrare quello della maga: non avrebbe saputo reggerlo, sarebbe crollato e lei avrebbe visto tutta la straziante disperazione della sua anima.
Ma non voleva, questa volta non lo avrebbe permesso: gli era rimasta ancora una goccia di stremata volontà e non avrebbe più lasciato che Crystal soffrisse, consapevole dell'incubo che aveva vissuto quella sera.
La maga cercò di abbracciarlo per confortarlo, ma glielo impedì con durezza:
- Stammi lontana! Non mi toccare!
Quasi non riconosceva più neppure la voce del mago.
- Severus! – esclamò spaventata. - Sei ferito?
- No, non è mio il sangue.
S'infilò in bagno, sbattendo la porta dietro di sé.
Udì immediatamente lo scroscio della doccia, aperta al massimo della potenza: doveva essersi infilato dentro vestito.
Rimase immobile a lungo fissando il pavimento: gli abiti di Severus erano così intrisi di sangue che anche il parquet si era sporcato. Una lunga scia, dall'ingresso fino al disimpegno del bagno, con un'ombra scura più marcata dove il mago aveva sostato un attimo, respingendo il tentativo di abbracciarlo.
L'acqua continuava a scendere con forza nella doccia.
Era come ipnotizzata dalla macchia scura, umida, nel legno levigato, accanto alla bacchetta che il mago aveva lasciato scivolare a terra: i minuti passavano e non riusciva a distogliere lo sguardo.
Infine si riscosse e rialzò il viso.
Quel sangue, però, non era del mago.
In teoria avrebbe dovuto essere una notizia positiva.
Crystal, però, rabbrividì e si lasciò sfuggire un gemito angosciato: il ricordo atroce della volta in cui aveva trovato del sangue sul corpo di Severus, che non era suo, la agghiacciò[1]: cos'era accaduto in poche ore, dopo il messaggio che ne preavvertiva l'arrivo?
L'acqua scendeva con violenza nel bagno, pioggia disperata a lavare via il ricordo di un incubo.
Il mago sembrava sconvolto, anche più della volta precedente, quando si era scagliato contro l'idiozia di Moody che metteva sempre in dubbio le informazioni passate all'Ordine tramite Crystal, perdendo tempo prezioso che, quella volta, era costato diverse vite, anche di ragazzi.
Raccolse da terra la bacchetta di Severus e con un tocco della propria ripulì il pavimento dalla striscia di sangue lasciata dal mago.
Il cuore le batteva forte: se Severus era in quello stato pietoso, era successo qualcosa di orribile e doveva fare qualcosa per aiutarlo.
Era il suo compito.
Ma aveva paura.
L'acqua scrosciava, battente e insistente, rimbombo di mille assillanti pensieri nel suo cuore.
Si avvicinò alla porta del bagno. Severus l'aveva chiusa con la magia, ma l'aveva aperta con la mano: c'era la sua impronta, sporca di sangue.
Rabbrividì di nuovo e afferrò la bacchetta con dita tremanti: doveva entrare, doveva stargli vicino.
Ripulì anche quel sangue e mormorò:
- Alohomora!
La serratura scattò.
L'acqua scendeva a dirotto, tamburo martellante e incalzante che accompagnava il battito accelerato del suo cuore.
Severus aveva bisogno di lei: era da troppo tempo sotto il getto sferzante della doccia.
Non aveva più senso aspettare.
Spinse il battente che si aprì, docile: il rumore dell'acqua era ancora più forte lì dentro e le rimbombò nella testa.
La doccia sembrava vuota.
Spalancò gli occhi.
Un istante dopo si rese conto di un'ombra, in basso.
Spalancò le antine: Severus era inginocchiato sul fondo della doccia, quasi raggomitolato su se stesso. Nudo, gli abiti neri ammonticchiati a lato, il violento getto d'acqua ghiacciata che gli sferzava il corpo senza pietà.
Tremava dal freddo.
Con gesto deciso Crystal chiuse il rubinetto.
- No... - gemette il mago, - c'è ancora sangue!
Il suo corpo era perfettamente pulito, tremante per la lunga doccia gelata, ma del tutto ripulito da ogni minima traccia di sangue, e lo stesso era per le sue vesti.
Parlare era inutile: Crystal afferrò un ampio asciugamano e lo avvolse intorno al corpo di Severus che ancora si ribellò, cercando di allontanarla da sé.
- Guarda il piatto della doccia! – gli ordinò. – Non c'è più alcuna traccia di sangue.
Il mago aprì a fatica gli occhi, annebbiati dalle lacrime e dall'acqua: il rivolo ai suoi piedi era limpido e terso e si dirigeva placido verso lo scolo.
- Sei pulito, Severus, - mormorò ricacciando indietro a fatica le lacrime, - come limpida e pura è la tua anima. - continuò stringendolo forte a sé, anche lei accucciata sul fondo bagnato della doccia. – Non ci sono macchie, amore mio, le hai lavate via tutte con la tua tremenda sofferenza.
Gli accarezzò i lunghi capelli neri, appiccicati al viso: glieli scostò un poco e gli baciò piano le guance scarne.
- Ti amo, Severus, ti amo. Ti prego, vieni via da qui!
Il mago si lascò trascinare fuori e Crystal lo abbracciò stretto, cercando di scaldarlo almeno un poco, mentre lui rimaneva rigidamente immobile. Ricordò l'incantesimo per asciugarlo e riscaldarlo e lo pronunciò, la bacchetta incerta tra le mani. Severus le sorrise appena, grato per le sue attenzioni, ma sembrava ancora incredulo che volesse restargli vicino.
- Amore mio, dolce, meraviglioso amore mio, lasciami entrare nella tua anima, - lo implorò, - permettimi di comprendere il tuo dolore, solo così potrò aiutarti!
- No, no... ti prego, Crystal, no! Non voglio!
Si ritrasse, spaventato, portando una mano al viso, davanti agli occhi, per difendersi.
- Quella notte, però, me lo permettesti, - per un attimo le mancò la voce, - quando hai... - si rese conto che non ce l'avrebbe mai fatta a dirlo e solo sussurrò piano il nome, - Jamie!
Gli occhi neri di Severus, colmi di nuovo, intenso dolore, tornarono a fissarla. Diede un lungo sospiro e mormorò:
- Quella notte non ebbi la forza di impedirti l'accesso alla mia anima: ero devastato da ciò che ero stato obbligato a fare. – Per un attimo serrò gli occhi, i terribili ricordi del passato che ancora lo assalivano. – Ma ora... ora ho ancora un briciolo di forza per abbassare lo sguardo e sfuggire ai tuoi meravigliosi occhi.
Crystal lo strinse di nuovo a sé e lo rassicurò:
- Puoi guardarmi senza timore, amore mio: non violerò la tua anima, se non vuoi.
Severus sospirò, poi sollevò le palpebre perdendosi nel cielo azzurro della maga e le sorrise appena, le lacrime a premere nelle iridi profondamente nere:
- Ti amo, Crystal, ti amo: grazie di esistere, grazie di essere qui, grazie di amarmi!
Per un attimo sembrò volersi abbandonare all'abbraccio della maga e al suo amore.
Poi, ancora si ritrasse, una stanchezza di amara rassegnazione negli occhi:
- Ma io non ti merito, non ho diritto a essere felice, a trattenerti tra le mie braccia marchiate dalla colpa: devi andare via, lontana da me!
Sei tutta spume agili e leggere
e i baci ti percorrono e t'irrigano i giorni.
Il mio gesto, la mia ansietà, pendono dal tuo sguardo.
Vaso di risonanze e di stelle prigioniere.
Son stanco, tutte le foglie cadono, muoiono.
Cadono, muoiono gli uccelli. Cadono, muoiono le vite.
Stanco, son stanco. Vieni, desiderami, fammi vibrare.
Oh, mia povera illusione, mia accesa ghirlanda!
L'ansia cade, muore. Cade, muore il desiderio.
Cadono, muoiono le fiamme nella notte infinita.
Fiammata di luci, colomba di crete bionde,
liberami da questa notte che incalza e distrugge.
Sommergimi nel tuo nido di vertigine e di carezza.
Desiderami, trattienimi.
L'ebbrezza all'ombra fiorita dei tuoi occhi,
le cadute, i trionfi, gli sbalzi della febbre.
Amami, amami, amami.
In piedi ti grido! Amami
Infrango la mia voce gridandoti e faccio ore di fuoco
nella notte pregna di stelle e di levrieri.
Infrango la mia voce e grido. Donna, amami, desiderami.
La mia voce arde nei venti, la mia voce che cade e muore.
Stanco, son stanco. Fuggi. Allontanati. Estinguiti.
Non imprigionare la mia sterile testa tra le tue mani.
Mi segnino la fronte le fruste del gelo.
La mia inquietudine si frusti con i venti dell'Atlantico.
Fuggi. Allontanati. Estinguiti. La mia anima deve star sola.
Deve crocefiggersi, sbriciolarsi, rotolare,
versarsi, contaminarsi sola,
aperta alla marea di pianti,
ardendo nel ciclone delle furie,
eretta tra i monti e tra gli uccelli,
distruggersi, sterminarsi sola,
abbandonata e unica come un faro di spavento.[3]
Una lacrima scivolò lenta dagli occhi della maga:
- Ti amo, Severus, e non ti lascerò mai. Mai!
Tornò ad avvicinarsi e lo strinse tra le braccia, forte, lui che sembrava non avere più energie per opporsi.
- Ti prego, se non vuoi che riviva ciò che è accaduto, raccontamelo! – Lo implorò. – Dimmi cos'è successo e liberati dall'incubo che ti sta torturando, fallo almeno a parole!
Severus si pose una mano sulla bocca, quasi a impedirsi di parlare, ma Crystal gliela strappò via, con decisione. Lui si ribellò:
- No, non voglio. Se ti raccontassi, - serrò forte gli occhi, la disperazione nella voce, - caricherei te delle mie colpe.
- No, non sarebbe così, - mormorò accarezzandogli piano il viso, - solo allevieresti un poco la tua sofferenza, amore mio!
Severus si morse le labbra, crudelmente, prima che Crystal riuscisse a impedirglielo. Poi cedette, di schianto, smozzicate parole di devastante pena a bruciargli le labbra:
- Una famiglia numerosa... i genitori squartati... appesi sopra i figli... obbligati a bere il loro sangue...
Un conato di vomito scosse il mago, mentre Crystal lo stringeva disperata a sé, cercando di respingere le immagini delineatesi fin troppo vivide nella sua mente.
- La bambina più piccola... ero obbligato a tenerle la bocca aperta. Il sangue di sua madre m'inzuppava i capelli appiccicati sul viso.
Le lacrime luccicavano negli occhi neri del mago, spalancati sull'incubo da poco vissuto:
- Il sangue mi colava lungo il volto... e la bambina piangeva.
Severus si portò le mani sulle orecchie, come a cercare di far cessare il pianto che gli riecheggiava nella testa e serrò le palpebre e la bocca, un lungo gemito straziato stretto tra i denti:
- Nella confusione precedente ero riuscito a farle un incantesimo: era in una specie di trance in cui non poteva comprendere nulla... né soffrire.
Di colpo riaprì gli occhi, neri di desolazione:
- Dal mio volto, in rivoli successivi e continui, le gocce di sangue cadevano come macigni sulle mie mani, sulle mie dita affilate e pallide, tremanti, fino a entrare in quella piccola bocca innocente.
Un tremito gli scosse forte il corpo:
- Potevo aiutare solo quel povero esserino. I genitori erano alfine morti, e non urlavano più, ma non gli altri figli, quelli grandi.
Sul volto pallido si leggeva tutto lo strazio della sua anima:
- Loro urlavano, e vomitavano il sangue che erano obbligati a ingurgitare. – scosse il capo, respirando a fatica. - Non potrò mai dimenticarlo!
Crystal lo strinse ancora di più a sé, serrando i denti, imponendosi di impedire alla propria immaginazione di dare spazio alle terrificanti visioni che le parole evocavano davanti ai suoi occhi. Voleva vedere solo il buio, davanti a sé, solo il nulla e il vuoto, profondamente neri e silenziosi.
- I Mangiamorte ridevano, le loro grida di godimento mi echeggiavano in testa e mi sembrava di impazzire!
Severus strinse i pugni al ricordo, il disgusto profondo inciso sul viso, lo sconforto più angosciato nella voce, flebile sussurro stremato:
- Col palmo della mano ho cercato di tappare il naso alla bambina, senza che gli altri se ne avvedessero: l'ho fatta soffocare nel sangue della madre che le gorgogliava in gola.
Diede un lunghissimo sospiro:
- So che non ha capito nulla né ha sofferto, protetta dal mio incantesimo, ma io ero là...
Abbassò le palpebre, due stille a scendere lente:
- Io l'ho guardata morire... lacrime di sangue sul mio viso.
Severus gridò, un gemito disperato, uno strazio insopprimibile, un ricordo indimenticabile, le unghie conficcate nei palmi delle mani, Crystal che solo voleva essere sorda e cieca.
- Infine la povera piccola ha smesso di respirare: è morta tra le mie braccia che cercavano di sostenerla, di non farla soffrire.
Ancora gemette, stretto tra le braccia di Crystal, ormai quasi senza forze, anche lei sul punto di crollare, incapace di arginare le immagini orribili create dalla sua mente ascoltando i terrificanti ricordi di Severus.
Solo in quel momento comprese cosa era accaduto negli interminabili minuti in cui era rimasto solo in bagno: il mago aveva vanamente cercato di affogarsi sotto l'impetuoso getto della doccia, aprendo disperato la bocca per mondarla dal sangue che l'aveva invasa, come se anche lui fosse stato obbligato a ingurgitarlo.
- Ho vomitato a lungo, stringendomi al petto la povera bimba morta. Ho vomitato davanti a tutti loro che sghignazzavano, bestie che godevano delle immonde torture, di un supplizio che andava oltre ogni umana sopportazione, di quei figli uccisi con il sangue dei propri genitori.
Severus s'interruppe e un gemito straziante eruppe dalle labbra, quasi provenisse dalla sua stessa anima.
- Ho mostrato il suo povero corpicino all'Oscuro Signore, quale mio orrido trofeo, urlandogli che avevo adempiuto il mio dovere... e sono fuggito via!
Un'altra lacrima solitaria scese sul pallido volto sfinito, il corpo ancora scosso da violenti conati di vomito, i pugni spasmodicamente stretti e le unghie conficcate nei palmi.
Crystal lo tenne stretto a sé, una mano premuta sulla bocca, obbligandosi a resistere, a non cedere, per sostenere l'uomo che amava, che aveva uno strenuo bisogno di lei, della sua forza, della sua lucidità, della speranza che lei sola poteva ancora rappresentare.
Strinse i denti e tra le lacrime mormorò, avvolgendolo forsennata fra le braccia:
- Ti amo, Severus, ti amo... amore... amore mio!
Non poteva fare altro, se non amarlo, e dirglielo, gridarglielo, stringendolo forte, quanto più forte riusciva, con tutto il suo amore disperato, cercando di lenire, come meglio poteva, una sofferenza inconsolabile.
Può l'amore fendere l'orrore?
E posso io condurti per mano
finché l'ombra non tramonta?
Dammi la tua sofferenza
e patire insieme sarà come svanire. [4]
Dopo alcuni lunghi istanti, durante i quali Severus si era calmato adagio tra le sue consolanti braccia, all'improvviso si liberò dall'abbraccio e la sua voce divenne dura e inflessibile, gelida lama tagliente:
- Voglio vedere Lupin, domani. Verrà?
Crystal spalancò la bocca, sorpresa dall'imprevista reazione e, cercando il respiro, rispose:
- Sì, Remus verrà. – la voce le usciva a fatica, flebile. – Quando gli manderai il tuo Patronus.
Severus si liberò dall'abbraccio. Aveva perso l'abituale e rigido controllo e si mise a urlare:
- E' tutta colpa loro! Se non fossero così ciechi, se credessero in me, come anche una ragazzina ha saputo fare, semplicemente usando un po' di logica, l'accaduto di stanotte avrebbe potuto essere evitato. L'ho scoperto solo con un piccolo anticipo, ma c'era ancora il tempo per salvarli, se solo avessero fiducia in me.
Gli occhi di Severus bruciavano nella notte, odio e amore che ardevano in un folle rogo, luce e tenebra a rincorrersi in un gioco pericoloso, di là di ogni ragionevole e umano limite:
- Io sono stato il loro carnefice, - gemette, accasciandosi di schianto a terra, in ginocchio, - ma l'Ordine è colpevole quanto me!
Severus singhiozzò, senza più freni, stremato e distrutto:
- Avremmo potuto salvarli... tutti... quei bambini, quei ragazzi!
E infine pianse, senza alcun ritegno, le lacrime copiose sul viso devastato dall'angoscia, la recente colpa ancora scolpita nei lineamenti.
- Non voglio più che accada, non può essere, non ce la faccio più! Vorrei solo poter fuggire, via, lontano, lontano da me stesso e dalla mia anima che si dibatte senza speranza in quest'incubo senza fine!
Empiti di me.
Desiderami, stremami, versami, sacrificami.
Chiedimi. Raccoglimi, contienimi, nascondimi.
Voglio essere di qualcuno, voglio essere tuo, è la tua ora.
Sono colui che passò saltando sopra le cose,
il fuggitivo, il dolente.
Ma sento la tua ora,
l'ora in cui la mia vita gocciolerà sulla tua anima,
l'ora delle tenerezze che non versai,
l'ora dei silenzi che non hanno parole,
la tua ora, alba di sangue che mi nutri d'angosce,
la tua ora, mezzanotte che mi fu solitaria.
Liberami di me. Voglio uscire dalla mia anima.
Io sono ciò che geme, che arde, che soffre.
Io sono ciò che attacca, che ulula, che canta.
No, non voglio essere questo.
Aiutami a rompere queste porte immense.
Con le tue spalle di seta disseppellisci queste ancore.
Così una sera crocefissero il mio dolore.
Liberami di me. Voglio uscire dalla mia anima.
Voglio non avere limiti ed elevarmi verso quell'astro.
Il mio cuore non deve tacere oggi o domani.
Deve partecipare di ciò che tocca,
dev'essere di metalli, di radici, d'ali.
Non posso essere la pietra che s'innalza e non torna,
non posso essere l'ombra che si disfa e passa.
No, non può essere, non può essere.
Allora griderei, piangerei, gemerei.
Non può essere, non può essere.
Chi avrebbe rotto questa vibrazione delle mie ali?
Chi m'avrebbe sterminato? Quale disegno, quale parola?
Non può essere, non può essere, non può essere.
Liberami di me. Voglio uscire dalla mia anima.
Perché tu sei la mia rotta. T'ho forgiato in lotta viva.
Dalla mia lotta oscura contro me stesso, fosti.
Hai da me quell'impronta di avidità non sazia.
Da quando io li guardo i tuoi occhi sono più tristi.
Andiamo insieme. Spezziamo questa strada insieme.
Sarò la tua rotta. Passa. Lasciami andare.
Desiderami, stremami, versami, sacrificami.
Fai vacillare le cinte dei miei ultimi limiti.
E che io possa, alfine, correre in fuga pazza,
inondando le terre come fiume terribile,
sciogliendo questi nodi, ah Dio mio, questi nodi,
spezzando,
bruciando,
distruggendo
come una lava pazza ciò che esiste,
correre fuor di me stesso, perdutamente,
libero di me, furiosamente libero.
Andarmene,
Dio mio, andarmene![5]
E Crystal pianse con il mago la sua agghiacciante angoscia, la sua bruciante sconfitta, la sua voglia di arrendersi e la sua volontà di lottare, ancora, ostinato e contro ogni cosa. Pianse a lungo con lui, in silenzio, di nuovo stringendolo a sé, inginocchiata al suo fianco, continuando a ripetergli il suo amore:
- Ti amo, Severus, ti amo!
Infine riuscì a farlo rialzare e lo guidò verso il letto: gli tolse l'asciugamano e lo spinse sotto le coperte, infilandosi al suo fianco.
- No, non voglio dormire. – protestò il mago.
Crystal lo fissò sbalordita, senza riuscire a capire. Non era possibile che in quelle condizioni volesse... No, non era possibile: per quanto lo conosceva, lo escludeva con assoluta certezza.
Il tenue sorriso sulle labbra sottili di Severus non poteva essere più amaro né i suoi occhi neri più tristi:
- No, proprio no, amore mio. Non ho voglia di fare l'amore. – Chiuse le palpebre e sospirò, scotendo piano il capo. – Ma non voglio, non posso dormire: ho paura, - ammise mordendosi le labbra, - ho terrore dei miei incubi!
Gli occhi di Crystal si riempirono ancora di lacrime: anche poche ore di riposo gli erano negate!
- Hai uno spaventoso bisogno di riposo, Severus! Non puoi prendere una delle tue pozioni, per un sonno senza sogni?
Il mago scosse lieve il capo e sospirò, con amara rassegnazione:
- Nessuna pozione potrebbe arginare il ricordo di quanto è appena accaduto.
Le accarezzò piano la guancia, attirandola verso di sé:
- Però, voglio che tu dorma qui, tra le mie braccia: voglio tenerti stretta, ho bisogno di stringerti e sentirti vicina.
Chiuse gli occhi e sospirò, a lungo. Poi tornò a guardare l'azzurro delle iridi di Crystal, ancora lucido di lacrime, e il suo sguardo di tenebra vi s'immerse, irrimediabilmente attratto:
- Tu sei la mia speranza, ciò che mi dà la forza di affrontare ogni giorno l'incubo infernale della mia vita. Voglio stringere a me la speranza, che tu rappresenti, di riuscire a convincere l'Ordine che io voglio, e posso, aiutarli a sconfiggere Voldemort. Cosa farò se domani Lupin non mi crederà?
Si abbandonò sul cuscino, di nuovo scoraggiato e vinto.
- Remus ti crederà, ne sono certa. – lo rassicurò Crystal. - Non ho ancora potuto dirtelo, perché non ci siamo più visti, ma quando gli ho portato la pozione Antilupo abbiamo parlato a lungo: ora anche lui ha compreso tutto, proprio come Hermione, e aspetta solo il tuo Patronus. Potter gli ha detto che una misteriosa Fenice li sta aiutando.
Gli occhi di Severus scintillarono, neri cristalli all'improvviso ravvivati: si drizzò a sedere e allungò la mano afferrando la bacchetta riposta dalla maga sul comodino. La guardò con intensità per un lungo istante, l'espressione del viso che progressivamente si addolciva e le labbra che si schiudevano in un sorriso appena accennato rivolto verso il suo stupendo pensiero felice. Quindi mosse la bacchetta nell'aria, come una frusta, e l'eterea Fenice ne emerse con veemente sicurezza:
- Domattina Lupin avrà il mio messaggio e tu lo condurrai al luogo dell'incontro.
L'argenteo bagliore della Fenice attraversò la stanza e svanì.
Crystal annuì sorridendo e il mago la strinse di nuovo tra le braccia, adagiandosi con lei sul cuscino:
- Ora dormi, amore mio, qui, sul mio cuore.
Sospirò e chiuse gli occhi: era a pezzi, nel fisico nella psiche, ma non poteva cedere al sonno. Però, voleva a tutti i costi che almeno lei riposasse.
Le accarezzò piano i capelli, i lunghi riccioli dorati che le incorniciavano il viso ancora abbronzato e ricadevano morbidi su spalle e schiena. Con le labbra le sfiorò delicato la fronte e l'attirò a sé, con amore, sussurrando con intensità:
- Ti amo, Crystal, mia meravigliosa compagna!
Sentì la maga stringersi a lui e, con incredulo stupore, si rese conto che il suo corpo, assurdamente indifferente alla stanchezza e all'atrocità degli avvenimenti, ostinato la desiderava.
Sorrise appena, nel buio della notte: era sempre un'emozione intensa averla tra le braccia, la sua bellissima Crystal, forte e coraggiosa, che ancora una volta aveva saputo aiutarlo restando ad ascoltare senza fuggire, senza fissarlo inorridita, senza giudicarlo.
Ma soffrendo con lui, in lacrime silenziose, mentre lo abbracciava con profondo amore.
La strinse a sé, un poco di più, la seta frusciante della camicia da notte ad accarezzargli la pelle nuda. Sospirò: era abituato a desiderarla, lo deliziava e lo faceva sentire piacevolmente vivo.
Inoltre, sapeva che a Crystal piaceva essere desiderata.
Chiuse gli occhi, mentre con la mano le accarezzava una spalla, in un ritmo lento e dolce, cullandola piano in delicati sussurri d'amore:
-Ti amo, Crystal! Grazie di esistere, grazie di essere qui con me.
Il respiro della maga era lento e regolare, leggero come ali di farfalla: dormiva tra le sue braccia, sfuggendo caparbia alle immagini indotte dal suo racconto, sogni felici che si contrapponevano, quale ostinata barriera, all'orrida realtà; incrollabile speranza d'amore che gli permetteva ancora di credere nel futuro e di combattere coraggiosamente per lei.
Era stanco, sfinito, stremato, ma sapeva che non doveva cedere al sonno, che doveva resistere...
Sangue, sangue sul viso, ad annebbiagli la vista, a soffocarlo inondandogli la gola. Sangue sulle mani, denso e vischioso, che gli bruciava la pelle in profondità.
Severus si svegliò di colpo, sudato e tremante, un grido strozzato in gola.
Aveva ceduto alla stanchezza estrema e si era addormentato solo per pochi minuti e l'incubo che temeva si era presentato puntuale: il corpo della sua adorata Crystal fatto impietosamente a pezzi e il suo sangue, brillante e prezioso rubino, a ricoprirgli il viso e soffocarlo.
Ma Crystal era lì, sana e salva tra le sue braccia protettive, che ancora dormiva, ignara e tranquilla.
S'impose di controllare il ritmo troppo rapido del respiro e rallentare il battito sincopato del cuore, quindi la strinse un poco di più a sé: il suo amore, la sua speranza, ciò che di più prezioso aveva mai avuto in tutta la sua vita.
Le sfiorò appena il viso con un bacio, ardente e delicato, e notò che fuori stava già albeggiando.
Tra qualche ora avrebbe incontrato Lupin e doveva riuscire a convincerlo. Strinse i pugni: doveva di nuovo accendere la speranza per riuscire a impedire che altri incubi si trasformassero in orrida realtà.
Crystal si mosse tra le sue braccia, disturbata dai movimenti, e in un attimo fu sveglia, preoccupata nel trovarlo così agitato, i pugni serrati e gli occhi neri brillanti e dilatati.
- Tranquilla, amore, va tutto bene! – cercò di rassicurarla.
- A vederti, non sembra proprio! – rispose preoccupata. – Sei sudato e teso e gli occhi luccicano come se avessi la febbre alta.
Il mago le sorrise, rincuorante, ma Crystal era profondamente triste per lui:
- Mi dispiace tanto, Severus: non è giusto che tu sia condannato a soffrire così! – sospirò. – Non so cosa darei perché tu potessi essere infine tranquillo... e felice, almeno un poco!
Severus le sorrise, rassegnato:
- So di aver ampiamente meritato ogni sofferenza: sto solo scontando le mie colpe, e non me ne lamento. E poi, – mormorò sereno. – ci sei tu a lenire le mie pene e a regalarmi una felicità che non ho mai neppure osato immaginare. – le sfiorò il viso con una soave carezza. - Ma tu, mia povera Crystal, proprio di me dovevi andare a innamorarti? E' questo che non è giusto, dolce amore mio!
Il volto pallido del mago si rabbuiò:
- Io, inoltre, non ho saputo mantenere tutte le promesse che ti ho fatto.
- Quali promesse non avresti rispettato? – chiese scettica. – Hai promesso di amarmi per sempre, e di proteggermi, e so che lo farai, dovesse anche costarti la vita!
Le labbra sottili di Severus si piegarono in un sorriso triste:
- Avevo promesso a me stesso d'insegnarti ad amare, liberando la bimba che avevi imprigionato dentro di te. E questo l'ho fatto. – sussurrò piano, ancora sfiorandole la guancia con la punta delle dita. – Ma mi ero anche ripromesso di non farti soffrire, mai! E questa promessa, invece, l'ho già troppe volte infranta! - ammise in un soffio amaro.
Crystal rimase in silenzio a fissare il volto serio del mago e l'azzurro dei suoi occhi sembrò incupirsi per un attimo, ma poi sfolgorò di nuovo limpido:
- L'amore che hai saputo insegnarmi, Severus, l'amore che ogni giorno sai donarmi, l'amore che ho imparato a provare per te, - gli sorrise dolce, - valgono più di ogni inimmaginabile dolore e, se potessi tornare indietro, te lo giuro, rifarei di nuovo la scelta di amarti, ancora e per sempre![6]
Severus la rimirava, la sua Crystal, la sua incantevole donna, forte e coraggiosa, profondamente innamorata, proprio di lui, che ancora stentava a credere di meritare tanto: l'aveva tenuta tra le braccia, l'aveva desiderata, ma, ancora, non l'aveva baciata.
Accostò le labbra al suo viso, alla bocca rossa e sensuale, e la baciò, con l'intensità rispettosa di un desiderio mai sopito, esaltato da un amore profondo. La baciò a lungo, con delicata passione, le braccia ad avvolgerla, vogliose eppure protettive, il corpo che la desiderava, dominato dalla volontà, sfiancato dalla terribile esperienza appena vissuta, eppure caparbiamente bramoso.
Sospirò. Non era il momento per l'amore fisico: il suo sciocco e ostinato corpo doveva attendere che entrambi riuscissero a dimenticare, almeno un poco, il recente accaduto.
Ora, però, sapeva di poter dormire, forte del suo amore per lei, quasi protetto dall'intenso desiderio che provava.
Sentiva che Crystal stava di nuovo assopendosi tra le sue accoglienti braccia e si rese conto di potersi concedersi un breve riposo: non ci sarebbero stati altri incubi a insanguinare il suo sonno, ora avrebbe sognato un futuro felice con la donna che amava.
La strinse a sé sfiorandole ancora la fronte con labbra brucianti di desiderio, e chiuse gli occhi.
[1] Vedi "Luci e ombre del cristallo", Cap. 18 - Sono un mostro.
[2] Sempre il Cap. 18 – Sono un mostro, di "Luci e ombre del Cristallo"
[3] Pablo Neruda. Dalla raccolta "Todo el amor": Sei tutta spume...
[4] Earendil
[5] Pablo Neruda. Tratto da "Todo el amor": Empiti di me.
[6] Lo so, probabilmente sto solo diventando monotona, ma questo "per sempre" è tutto e solo dedicato alla felicità di Severus, per restituirgli ciò che JKR non ha mai voluto dargli, neppure per un attimo, nella sua vita. Perdonatemi ma, in fondo, anche questa è una forma d'amore e, dopo aver fatto tanto soffrire Severus nelle due precedenti storie (e anche in questa avrà ancora da soffrire, povero caro, ma Crystal sarà al suo fianco) è giusto (e lo desidero immensamente) renderlo felice.
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