11. Rivelazioni nell'ombra (REV 2022)
Hermione attendeva ansiosa l'avvio della pergamena magica: c'erano solo brevi e prestabiliti intervalli temporali in cui avveniva, ma non sempre si verificava. Si era rintanata in un angolo della biblioteca, una pila di libri sul tavolo a ripararla da occhi indiscreti: mangiucchiava l'estremità della piuma con la quale fingeva di scrivere, sempre più impaziente a mano a mano che il tempo trascorreva.
Mancava ormai meno di un minuto.
Era riuscita a procurarsi il vecchio testo richiesto, ma era da due giorni che il suo misterioso interlocutore non si presentava all'appuntamento e, anche quella volta, la finestra temporale stava per scadere.
All'improvviso, sulla pergamena apparvero le attese parole.
Buongiorno, signorina Granger. Mi scuso per le precedenti assenze e l'attuale ritardo, ma sono stato piuttosto impegnato, ultimamente.
Hermione emise uno sbuffo di sollievo: non era stata una sensazione cosciente ma, in quel preciso istante, si rese conto della preoccupazione che gli fosse successo qualcosa.
Era ora!
Il pensiero le era sfuggito e non volle richiamarlo indietro: lui, intanto, ormai lo aveva letto. S'immaginò l'espressione severa del volto pallido, il sopracciglio sollevato e il sorriso beffardo sulle labbra sottili. Udì addirittura il tono ironico che avrebbe avuto la sua voce nel risponderle.
Spero che la tua irritante impazienza sia almeno motivata dal fatto che hai trovato il libro.
Irritante impazienza? Ma se era solo preoccupata per lui!
Non permise che l'ultimo pensiero apparisse sul foglio. Si chiese se il suo interlocutore, però, l'avesse intuito.
Certo che l'ho trovato: ora è in un posto sicuro, di nuovo "disilluso", in attesa di consegnarglielo.
Hermione sorrise, soddisfatta di sé.
Bene, vedo che sei riuscita a venire a capo dell'incanto di disillusione che lo celava a occhi indiscreti.
La ragazza sorrise ancora: era stata proprio la particolare formula di disillusione a darle la certezza assoluta sull'identità del suo interlocutore. Aveva controllato sul libro del Principe Mezzosangue e, proprio come si aspettava, era annotato a margine di un foglio e, poche pagine dopo, aveva individuato le minuziose indicazioni che spiegavano come scioglierlo.
Ho cercato aiuto nei libri, Professore, come faccio sempre.
Uff... quel "Professore" era sfuggito al suo controllo. Era pronta a scommettere di aver ricevuto un altro minaccioso sollevarsi di sopracciglio.
E, dimmi, l'avresti forse trovato?
Hermione sapeva che le parole trasudavano ironia e superiorità. Ridacchiò tra sé: ora avrebbe affondato il colpo.
Certe minuziose annotazioni a margine di un vecchio libro di Pozioni Avanzate si sono rivelate utilissime.
La pergamena rimase vuota per un attimo, poi comparve la risposta.
Sì, i libri sono spesso utili, signorina Granger. Infatti, è proprio un libro che attendo da te.
Hermione sapeva che era impossibile incrinare la gelida imperturbabilità del professor Piton, quindi considerò la brevissima esitazione prima della risposta come punto a proprio favore: ora che il professore sapeva che lei aveva la certezza sulla sua identità, si sarebbe infine scoperto?
Me lo consegnerai questa sera, nella solita radura, alle otto in punto.
Ci sarò!
La risposta di Hermione era apparsa rapida sul foglio.
No! Aspetta il mio Patronus che ti scorterà: a quell'ora sarà già buio e la Foresta è pericolosa.
Ancora un protettivo pensiero paterno nei suoi confronti: quanto aveva sempre sbagliato a giudicarlo!
Va bene, Professore.
La risposta apparve sulla pergamena, tremolante, solo per un breve istante, sostenuta a fatica dalla sua forza di volontà nel cercare di mentire: non aveva intenzione di attendere il Patronus.
Se il professore non intendeva scoprirsi, neppure ora che gli aveva dimostrato di conoscere la sua identità, allora avrebbe fatto in modo di trovarsi a faccia a faccia con lui: si sarebbe recata all'appuntamento in anticipo e lo avrebbe sorpreso mentre predisponeva gli incantesimi necessari a proteggere il loro colloquio.
Certo, il buio della sera era tenebrosamente scuro nella Foresta, senza la luce dell'argentea Fenice, ma lei era una maga in gamba.
Rabbrividì e strinse forte la bacchetta mentre arrotolava la pergamena.
*
- Buonasera, professor Piton!
Hermione aveva cercato di mantenere ferma la voce, senza riuscirci del tutto.
L'ombra scura, girata di spalle, s'irrigidì appena, ma continuò a muovere elegante la bacchetta nell'aria, mentre l'argentea Fenice fluiva dalla punta.
- Suppongo che non sia più necessario l'invio del mio Patronus accompagnatore. – costatò il mago con una divertita nota ironica nella voce.
Hermione uscì allo scoperto, i rametti che scricchiolavano sotto le sue scarpe.
- Spero almeno che tu abbia avuto la compiacenza di venire sola.
Il tono di voce si era indurito.
- Sono sola. – rispose la ragazza, ora con voce tremante.
- Il mio incanto di rilevamento ti avrebbe presto individuato. – espose quieto il mago, girandosi adagio verso di lei e abbassando la bacchetta con noncuranza. – Mi aspettavo di trovarti già qui, signorina Granger. – aggiunse con voce soave, ma con una lieve inflessione minacciosa.
- Non intendevo spiarla, Professore, solo obbligarla a rivelarsi di persona.
Perché diavolo non riusciva a controllare il tremore nella voce? Stava facendo la figura della ragazzetta impaurita e Piton avrebbe avuto buon gioco a beffarsi di lei, come sempre.
- Sei sempre stata convinta che fossi io, vero Granger? Fin dall'inizio?
Incredibilmente, il tono del mago pareva non contenere note di gelida ironia: solo il sopracciglio si era sollevato, ma in modo tutt'altro che allarmante; il professore sembrava avere un genuino interesse alla risposta e la sua voce aveva assunto piacevoli sfumature calde e profonde.
A Hermione parve quasi che stesse sorridendo, forse per tranquillizzarla.
Difficile crederlo davvero, però! Forse si trattava di un gioco d'ombre sul suo viso, dovuto alla penombra della radura, rischiarata solo dall'argentea Fenice che volava sopra di loro. Sì, doveva per forza essere così: era l'unica spiegazione logica.
Non ricordava d'averlo mai visto sorridere incoraggiante a uno studente, neppure ai suoi Serpeverde. A dire il vero, non ricordava di averlo mai visto sorridere, se non con quel suo beffardo sorriso obliquo, mentre scherniva qualcuno, preferibilmente un Grifondoro.
Eppure, ora la osservava paziente, attendeva la risposta e, sì, penombra o meno, quello che aleggiava sulle sue labbra sottili sembrava proprio un sorriso.
Un sorriso compiaciuto.
Si decise a rispondergli, con tutta la sincerità possibile:
- Sì, Professore. All'inizio non è stato facile, ma, usando la logica, anche ciò che a prima vista sembrava impossibile ha poi trovato una più che convincente spiegazione. – rispose, rinfrancata dall'inatteso atteggiamento disponibile del mago.
Piton la fissò a lungo, poi le chiese, a bruciapelo, in un soffio amaro sibilato a labbra strette:
- Ci tenevi, dunque, così tanto a rivedere in faccia l'assassino di Silente, il codardo traditore?
Gli occhi neri del mago scintillavano, colmi d'un dolore che credeva non riconosciuto, le labbra contratte nella crudele accusa.
- Glielo ho già detto, Professore: sono sicura che le cose siano molto diverse dall'apparenza. – rispose, la voce che di nuovo tremava un poco davanti al mago che si ergeva come un'ombra scura e minacciosa sopra di lei, il mantello nero allargato dal vento alle sue spalle.
Piton sospirò, ammorbidì lo sguardo verso la studentessa e anche la sua voce era più dolce quando parlò di nuovo:
- Sei una ragazza in gamba, signorina Granger, e, a differenza di molti adulti, hai dimostrato di saper usare il cervello, utilizzando in modo corretto le informazioni a disposizione.
Hermione gli sorrise, rinfrancata dalla dichiarazione di stima, poi ripeté con decisone la domanda alla quale il mago non aveva voluto rispondere:
- Perché?
- Ti rendi conto, vero, che non posso provare nessuna delle mie asserzioni?
Hermione annuì. Il professore rimase ancora in silenzio, quindi la ragazza aggiunse:
- Ma, forse, il suo Patronus è già sufficiente come prova.
Un lieve sorriso illuminò lo sguardo di Piton, mentre osservava l'argentea Fenice volare in larghi cerchi sopra di loro:
- Gli volevo bene. – sussurrò in un soffio di dolore, gli occhi neri lucidi di commozione. – Non l'avrei mai ucciso per salvare la mia vita. Mai!
Si morse le labbra, i profondi occhi neri fissi in quelli castani della studentessa che non si era lasciata accecare dalle apparenze:
- Albus era condannato a morire a causa della maledizione che lo aveva colpito e che ero riuscito a intrappolare, solo temporaneamente, nella sua mano. – spiegò con voce roca, poi strinse i denti e continuò. – Non voleva che Draco lacerasse la sua anima nell'omicidio ordinato dall'Oscuro Signore, né voleva che io morissi a causa del Voto.
Piton sospirò: erano passati oltre sei mesi dalla notte sulla torre, ma la sua sofferenza, al ricordo, era sempre la stessa, atroce e lancinante.
Fissò gli occhi, lucidi di straziante pena, in quelli attenti e commossi di Hermione e mormorò, con voce soffocata:
- Mi ha ordinato di ucciderlo, per risparmiargli una morte peggiore, per riuscire a ottenere la piena fiducia di Voldemort, rimanere al suo fianco e scoprire così i restanti Horcrux e il loro nascondiglio. Per aiutare Potter a distruggere l'Oscuro.
- E' per questo motivo che il preside chiese più volte a Harry di cercarla, quella notte? – domandò Hermione, che vedeva ogni tassello del complicato puzzle andare infine al suo posto. - Perché aveva capito che c'erano i Mangiamorte nella scuola e che la sua fine era vicina? Per impedire che Draco diventasse un assassino?
Piton annuì, quindi sospirò ancora, abbassando gli occhi, lucidi di lacrime cui non avrebbe mai permesso di scendere davanti alla ragazza. Strinse i denti, poi rispose, in un soffio roco:
- Perché io rispettassi la promessa, lacerando la mia anima con un orribile assassinio.
Hermione stava piangendo: lo strazio sul viso pallido e scavato del professor Piton era tangibile e lei ricordava fin troppo bene ciò che aveva letto sull'orribile libro dei "Segreti dell'Arte più Oscura"; rammentava l'atroce sofferenza, che poteva arrivare a distruggere una persona, descritta per chi, tramite la consapevolezza dell'orrore insito nei propri atti, percorreva di sua volontà la dolorosa strada del rimorso, unico modo per rimettere insieme i pezzi dell'anima lacerati dall'omicidio.[1]
Era la penosa e difficile strada intrapresa dal mago tanti anni prima; era il lancinante dolore che aveva sempre albergato in fondo agli occhi del suo professore che, all'improvviso, non le parvero più gelidi e vuoti tunnel, immersi nel buio, ma solo pozzi d'infinita e lacerante sofferenza.
Certo, considerato l'odioso atteggiamento che Piton aveva sempre tenuto nei loro riguardi, era difficile immaginare che nascondesse un tale dramma dietro la maschera d'impassibile freddezza.
Ma era quella, solo quella, la verità che dimorava nei suoi profondi occhi neri. Hermione ne era certa.
Quegli occhi ora la scrutavano con attenzione, interpretando senza difficoltà i suoi commossi pensieri, ai quali si era accostato senza incontrare il minimo ostacolo: la ragazza si riscosse e lo respinse con decisione, precludendogli ulteriori accessi alla propria mente.
Il professore stirò appena le labbra in un sorriso sottile, soddisfatto dall'esito della rapida reazione della studentessa:
- Vedo che hai fatto buon uso dei libri che ti ho suggerito, signorina Granger, come sempre, del resto. – affermò rigido, concedendole solo un impercettibile cenno d'approvazione con il capo. - Ma, attenta: non devi mai abbassare le tue difese, come hai appena fatto adesso. – concluse con tono secco e severo, come d'abitudine.
Hermione si morse le labbra: era incredibile come Piton riuscisse ad alternare, in poche e secche parole, logiche deduzioni, sottili complimenti, utili insegnamenti e aspri rimproveri. Il tutto, sempre mantenendo il viso impassibile.
Solo i suoi occhi scintillavano, luminose stelle nere nell'ombra scura della sera.
Cominciava ad ammirare il mago che, dopo una vita di sofferenza a causa di una terribile scelta sbagliata compiuta da ragazzo, dimostrava ancora una dura determinazione a lottare e, soprattutto, era riuscito per così lungo tempo a ingannare Voldemort.
- E' grazie all'Occlumanzia che riesce a ingannarlo? Come fa? – chiese stupita. – Voldemort è considerato il più grande Legilimante dei nostri tempi!
Piton atteggiò le labbra sottili nel solito sorrisetto beffardo, cui si aggiunse una punta di orgoglio, il sopracciglio che si arcuava compiaciuto:
- Ne deduco di essere il migliore Occlumante dei nostri tempi, allora, signorina Granger!
Poi distese le labbra in un più aperto sorriso e spiegò:
- E' risaputo che l'Occlumanzia, come arte magica in sé, è più efficace della Legilimanzia. Altrimenti, quasi chiunque, nel mondo magico, potrebbe leggere nella mente altrui, non credi? – chiese ironico, sollevando il solito sopracciglio. – E, soprattutto, Silente non mi avrebbe chiesto di insegnare Occlumanzia a Potter: un ragazzino inetto contro un fuoriclasse come l'Oscuro Signore non avrebbe scampo se l'Occlumanzia non fosse in sé già molto più potente della Legilimanzia. – terminò con uno sbuffo irato al ricordo del suo fallimento con il ragazzo.
Il poco gentile accenno a Potter infastidì Hermione che, però, mantenne saldo il controllo e non lo interruppe. Piton gliene fu grato e addolcì un poco il tono.
- Come ho cercato di spiegare a Potter, con un prevedibile insuccesso, ci sono due livelli di Occlumanzia. Al livello più basso, quello che chiunque può esercitare con un po' di pratica, - spiegò, corrucciando le labbra in un atteggiamento di inconsulto disprezzo, - è facile bloccare l'accesso ai propri pensieri, ma il Legilimante esperto si accorge d'essere stato respinto. E' quello che hai fatto tu con me, poco fa. – esemplificò, inclinando appena il capo di lato. - Poi c'è il livello più elevato, quello che fa dell'Occlumanzia una vera e propria Arte, che solo pochi padroneggiano, e mi permette di ingannare anche l'Oscuro Signore. – Gli occhi neri brillarono d'orgoglio, mentre proseguiva la dettagliata spiegazione. – Lo lascio accedere alla mia mente, ma solo per mostrargli ben ordinati ricordi e disciplinate emozioni che sostengono la mia menzogna. Non incontrando ostacoli all'accesso, è sicuro di leggere liberamente tra i miei pensieri e, non trovando né ricordi né emozioni che contraddicono le mie parole, è certo che io gli dica la verità perché ne ha diretta conferma dalle false immagini mentali che evoco per lui.
Hermione lo osservava impressionata, valutando quanta inflessibile disciplina doveva essersi imposto per ottenere quegli incredibili risultati, quanto doveva aver domato e imbrigliato le proprie umane emozioni sotto il duro giogo del perfetto autocontrollo.
Ecco il vero motivo della gelida impassibilità del professor Piton!
La ragazza aveva visto il dolore nei suoi occhi, poco prima: non era vero, quindi, che il mago non provasse emozioni. Le sentiva, con la stessa dolorosa intensità di chiunque altro, però le dominava alla perfezione, al punto di riuscire a escluderle dalla propria mente quando era al cospetto di Voldemort.
Doveva farlo, se voleva sopravvivere: non aveva scelta!
Il professore sorrise intuendo i suoi pensieri, questa volta senza violare la sua mente, e annuì:
- Del resto, è grazie alla perfetta capacità di dominare le mie emozioni se sono ancora vivo e riesco a fornire utili informazioni all'Ordine. – le confermò, facendola arrossire.
- Io vorrei... mi piacerebbe molto imparare, Professore.
Piton la guardò, la tristezza negli occhi neri, e rispose solo con un sofferto sussurro:
- Vorrei tanto che non dovesse mai servirti, signorina Granger. Sarebbe molto meglio per te, te lo assicuro. – mormorò piano, in tono amaro, quasi più rivolto a se stesso, scotendo lieve il capo e sospirando. - Non puoi neppure lontanamente immaginare cosa significhi essere costretti a rinunciare alla propria fragile umanità e indossare per sempre una maschera di insensibile e disgustata indifferenza.
Hermione abbassò lo sguardo a terra, a disagio davanti all'esplicita confessione del mago.
- Allora, questo libro?
Il tono del professore era tornato glaciale e distaccato, come sempre: il tempo delle rivelazioni era terminato.
La ragazza levò obbediente la bacchetta e il vecchio testo magico si materializzò: Piton non disse nulla, neppure un muscolo si mosse sul volto pallido, ma Hermione colse uno scintillio di approvazione nelle tenebre dei suoi occhi per il modo perfetto con il quale aveva operato il contro-incantesimo non verbale di disillusione, che lui stesso, il Principe Mezzosangue, aveva inventato.
Un deciso colpo di bacchetta del professore e l'ingombrante volume svanì nelle volute del suo mantello, di nuovo disilluso.
- Voglio fidarmi di te, signorina Granger, e delle tue buone capacità in Occlumanzia. Anche se ti auguro, – la sua voce si ridusse a un sussurro sottile, – ai fini della mia personale sopravvivenza, ma non solo, di non finire mai sotto il penetrante sguardo di rubino dell'Oscuro. Non opererò alcun incantesimo di memoria su di te, - sorrise vedendola sobbalzare e, rendendosi conto che le stava puntando la bacchetta contro, ne abbassò la punta, - a condizione che tu mi prometta di non rivelare a nessuno le tue scoperte.
- Ma, Professore, tutti credono che lei sia un traditore e invece...
Lo sguardo di Piton la fulminò:
- No, è troppo presto e rischieresti di rovinare tutto. Se un membro dell'Ordine conoscesse la verità e fosse catturato dall'Oscuro Signore, - sibilò secco, - io sarei un uomo morto, mentre ho ancora un importante compito da svolgere: trovare l'ultimo Horcrux, farlo distruggere da Potter e, infine, togliere di mezzo Nagini.
- Ma così rischia che siano quelli dell'Ordine ad ucciderla!
Piton alzò le spalle, indifferente al pericolo prospettato, e rispose in un sibilo sprezzante:
- L'Oscuro è molto più pericoloso di tutto l'Ordine messo insieme!
Hermione non trovò nulla da obiettare e rimase in silenzio: il professore, molto probabilmente, aveva ragione, come sempre.
- Potter, soprattutto, non dovrà sapere nulla. – sibilò ancora, rigido.
- Ma...
- Nessun "ma", signorina Granger: Potter non deve essere messo al corrente. Il nostro giovane eroe non è ancora pronto per una tale rivelazione, – la sua voce sembrava un ringhio sottile, - ed io non voglio innervosire il Prescelto. Mi serve padrone delle sue emozioni, cosa che non gli riesce facile, quindi, meglio evitare di rendergli il compito ancor più difficile, non credi?
Il sopracciglio del professore si era sollevato ancora, pericolosamente.
- Lei sottovaluta Harry: è molto cambiato e maturato da quando è rimasto con tutte le responsabilità sulle sue spalle...
- Tutte le responsabilità sulle sue spalle? – la interruppe Piton minaccioso, il beffardo sorriso, che in quel momento assomigliava di più a un pericoloso ringhio, adagiato sulle labbra sottili.
- No... non intendevo quello... io... Harry...
La gelida occhiata di Piton la fece desistere dal balbettio. Abbassò il viso, soffuso di rossore.
- Guardami bene negli occhi, signorina Granger, e promettimelo: così non potrai mentirmi come hai fatto oggi, attraverso la pergamena, vanamente impegnandoti ad attendere il mio Patronus.
- Se n'era accorto? – esclamò Hermione, intimorita.
Un rapido alzarsi di sopracciglio fu l'unica risposta.
- Allora? – chiese impaziente.
- Va bene. – cedette infine, sempre più rossa in viso. – Non racconterò a nessuno che lei non è il traditore e vigliacco assassino che tutti disprezzano e ingiuriano, ma, invece, un mago incredibilmente coraggioso che rischia ogni giorno la vita per aiutarci, - sbuffò infine, - se è proprio questo che vuole!
Il professore si lasciò sfuggire un lieve sorriso compiaciuto:
- Sì, è questo che voglio da te, oltre al fatto che tu tenga sempre ben protetta la tua eccellente mente, Hermione.
La sua voce aveva perso di colpo ogni traccia di severità e freddo controllo per assumere un tono sorprendentemente attento e paterno:
– E' molto tardi e troppo buio perché una ragazza s'incammini da sola nella Foresta: dovrò scortarti, - si scostò di lato, quasi in un accenno di galante inchino, il mantello che ondeggiava elegante nel movimento, e le fece segno di avviarsi, un'ombra di sorriso sul volto pallido, - ma penso che la pantomima del Patronus protettore a questo punto sia del tutto inutile, vero?
Le sorrise, paterno, e illuminò la punta della bacchetta per rischiararle la strada.
Hermione ricambiò il sorriso e partì in silenzio: sapeva che non era la prima volta che percorrevano insieme lo stesso cammino.
Ma, questa volta, il professore era al suo fianco, nera figura silenziosa che la proteggeva per compiere quello che riteneva fosse il suo dovere.
Lo osservò procedere, sicuro ed elegante, mentre le apriva la strada, la bacchetta a illuminare senza timore lo scuro fogliame della foresta, pronto a un'immediata reazione in caso di pericolo.
Ombra tra le ombre va via,
lucente di coraggio
e d'interminabile agonia.[2]
Sì, glielo aveva promesso, e avrebbe mantenuto fede alla parola, ma era un vero peccato non poter rivelare il sentimento di profonda stima che provava per quel mago coraggioso che, disprezzato e ingiuriato da tutti, procedeva invece orgogliosamente diritto per la sua strada, compiendo il suo dovere, per quanto dolore potesse costargli.
E lei, ormai, sapeva bene quanta atroce sofferenza fosse costata al professor Piton dimostrare a Silente la sua totale ed estrema fedeltà, proprio quella notte, sulla Torre di Astronomia.
[1] Queste spiegazioni sono date proprio da Hermione nel 7° libro.
[2] Earendil
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