Veleni e Antidoti
Jessica freme nel grande letto che sente troppo vuoto in assenza dell'uomo che ama. Non ha chiuso occhio, ha paura. Non gli ha rivelato di essere incinta. Nel loro rapporto Leto l'ha sempre lasciata libera e altrettanto ha sentito di dover fare lei, anche se questo può significare perderlo. È spaventata che possa preferire il generale a lei, in fondo lo ama da sempre, ne è consapevole. E ciò che l'ha resa pazza del duca è stato proprio il suo essere stato sempre sincero, fino in fondo. Non le ha mai nascosto niente del suo passato e a Jessica non è mai stato necessario leggergli la mente perché Leto è un libro aperto per lei. Lo sente rientrare. Si muove piano, nella penombra, per non svegliarla, è convinto che lei dorma. Avverte il fruscio degli indumenti che scivolano sulla sua pelle, finendo a terra. La luce lattiginosa dei primi albori disegna le linee del suo corpo, quando passa dinanzi alla finestra per dirigersi in bagno, dove richiude la porta dietro di sé. Jessica stringe gli occhi in una smorfia dolore e soffoca un singulto. Sente l'acqua scorrere – va a lavarsi via di dosso l'odore dell'altro, prima di coricarsi accanto a lei. Jessica si alza e cammina fin dove l'uomo ha abbandonato i vestiti. Li prende tra le mani tremanti e le lacrime rompono il fragile argine del suo orgoglio. L'odore pungente del seme maschile la investe, dandole la nausea. Sul pantalone scuro vistose chiazze alabastrine confermano i sospetti – qualora vi fosse dubbio. Una fitta le lacera il cuore mentre li lascia ricadere sul pavimento e guarda le proprie mani sconvolta. Non lo sente arrivare alle sue spalle. È il fresco profumo dei legni di sandalo a tradire la sua presenza. Si china accanto a lei e le posa le mani sulle spalle delicatamente. La avverte scossa da un pianto silenzioso.
«Jessica, vieni, andiamo a letto» le sussurra piano, aiutandola a risollevarsi dal pavimento. La volta verso di sé. Lei tiene le mani sul viso per la vergogna. Le afferra i polsi dolcemente, ma con fermezza, per abbattere quella barriera tra loro, e la abbraccia. Vinta dall'amore che prova, gli poggia le mani sul petto e vi posa la fronte, arrendevole. Lui la culla, carezzandole la schiena. Lei resta in silenzio. Il sentore intenso del sandalo si mischia con quello dolciastro della sua pelle, l'odore della sabbia dorata di Arrakis che si è impressa loro addosso come un marchio infuocato, da quando vivono lì.
Calmatasi, trova il coraggio di guardarlo: ha gli occhi pieni di una colpa che lo divora dall'interno. Non riesce a sostenere il contatto visivo e china il capo. Dovrebbe essere furiosa con lui ma allunga le dita sul suo zigomo. E Leto si fa trovare pronto: a occhi chiusi, raccoglie la candida mano femminile nella sua e bacia l'interno del polso delicato, risalendo verso il palmo per poi affrontare le iridi colme di tristezza della sua compagna. Non dice niente. Sente il cuore sprofondare nelle viscere alla dolcezza di quei due preziosi cristalli limpidi che lo fissano, arrossati e pieni d'angoscia. Si vergogna profondamente. Allunga una mano a sfiorarle le guance delicate. Ne è innamorato. Non ha mentito a Poe e nemmeno a lei e si chiede perché deve scegliere. Perché non può amarli entrambi. Ognuno di loro ha saputo tirare fuori la parte più profonda di lui. Le falangi si muovono appena sulle sue guance di pesca. Lacrime amare sgorgano dagli occhi del duca. Allora Jessica lo abbraccia con impeto. Si stringe al suo corpo possente. Gli bacia le lacrime tra la barba, sugli zigomi. Leto sospira, la stringe a sé. Esile, così diversa dal suo generale ma ugualmente e infinitamente preziosa. Jessica si discioglie dalla loro stretta e solleva la veste da camera dai fianchi fino a farla scorrere oltre il capo. Libera anche i capelli d'oro che teneva raccolti in una coda bassa. I pollici si infilano nel bordo della biancheria per srotolarla alle ginocchia e si aiuta con un piede a calciarla via. Allunga una mano verso l'asciugatoio che cinge i fianchi di Leto, vi inserisce un dito e il telo raggiunge la camicia da notte.
Il luccichio della passione che gli arde negli occhi. È così bella. Lei dal canto suo gli si fa incontro. Si muove sinuosa, strusciandosi a lui. Una mano scorre sul petto e sull'addome mentre schiude le labbra per lambire le sue. L'altra mano vezzeggia la lunghezza dell'asta già turgida. Fa aderire i loro bacini, posizionando l'erezione di Leto al suo ingresso. La lieve peluria pubica vellica il glande liscio, insieme ai polpastrelli della donna, in una carezza erotica. Leto l'afferra per le natiche sode, vi affonda le dita e se la carica in braccio. Lei gli avvita le gambe intorno ai fianchi e lo sente riempirla in quella posizione che favorisce una penetrazione profonda. Affonda poderose stoccate infliggendole un ritmo lento, estenuante, snervante mentre le divora a morsi le labbra schiuse e ansanti di piacere, scende lungo la mascella, sotto il lobo di un orecchio dove le vene pulsano convulse il sangue. Si nutre del suo collo mentre si spinge in lei. La inarca sugli avambracci, la tiene sospesa come un fuscello, regalandole un primo orgasmo struggente, succhiandole e mordendole i seni delicati, arrossati e marchiati dalla incontenibile passione del suo uomo. Poi soffoca un urlo roco sul suo sterno, vuotandosi in lei, che gli artiglia i capelli, stringendolo a sé. Lo fanno in piedi, con urgenza. La rimette giù e i reciproci umori colano lungo l'interno delle cosce, fino alle caviglie. La prende per mano Leto e la conduce verso il bagno. Riempito un tino d'acqua calda, la aiuta a immergersi piano, raggiungendola subito dopo. Si posiziona alle spalle di lei e la lava. Tra le gambe, prestando attenzione a ripulirla con cura, poi si dedica al resto del suo corpo, seguitando a massaggiarvi olii essenziali al sandalo e al gelsomino mentre non ha mai smesso di suggerle le labbra e intrecciare le loro lingue in languide spire. Jessica, portata nuovamente all'apice, si pone a sedere sul suo bacino. Arpiona i palmi alle sue anche e struscia la sua apertura tra le terga sulla punta della sua virilità. Leto non si fa attendere, la lubrifica con gli olii aromatici per abituarla e poi scivola nell'antro femminile. La issa su di sé, ghermendone i seni detta un ritmo incalzante che Jessica asseconda, andandogli incontro. Con il capo reclinato sulla spalla di lui, implora il nome del suo uomo. Lampi bianchi le annebbiano la vista, non è mai stato così bello come ora che teme di perderlo, di sentirlo per l'ultima volta dentro di sé. «Ti amo, ti amo Jessica. Lo giuro, ti amo e non sono niente senza te.» Glielo soffia in un orecchio con la voce arrochita dal piacere, prima di riempirla nuovamente. La volta verso di sé e le prende il viso tra le mani. Fronte contro fronte, si guardano e piangono. «Non voglio farti del male, non voglio. Mi sono messo contro tutti per te e lo farei altre mille volte.»
Lo bacia lei, «Anch'io ti amo. Amo il tuo coraggio e la tua onestà. Ti ho sempre amato per queste due cose, al di sopra di tutte le altre». Gli occhi, in quelli dell'uomo che è tutto per lei, languono. Sono la muta preghiera di restare. Ha paura Jessica che, finita la guerra, la libertà offra a lui e al generale Dameron la possibilità di vivere il loro amore allo scoperto, finalmente.
Leto sembra leggerla e se la stringe contro, perdendosi nelle sue iridi limpide. Usciti dal tino, dopo essersi asciugati la porta in braccio verso il letto. Discosta le lenzuola e la adagia piano sul materasso. Si corica accanto a lei. In silenzio la guarda e le accarezza i capelli sottili, i polpastrelli scorrono sulle guance, contornano le labbra rosee, discendono il pendio della spalla, del braccio e sostano su un seno morbido, vellicandone l'apice. Jessica geme ai brividi che i polpastrelli callosi, ispessiti dal maneggiare le armi, scatenano al passaggio sulla sua pelle serica. Si fanno strada sul ventre, dove Jessica arresta il percorso della sua mano calda. Leto indugia su quella porzione di pelle setosa, continuando a osservarla. Jessica appoggia il palmo esile su quello robusto del suo compagno e ne carezza le nocche irruvidite dalla guerra. Vorrebbe tanto dirgli che porta in grembo sua figlia. Sa che è una bambina ma non vuole che resti legato a lei per la gravidanza. È così teso per l'incolumità di tutti loro. Questa è stata una notte di tregua su Arrakis, senza incursioni e scorribande da parte delle linee nemiche, ma l'allerta è altissima. Ci si deve guardare le spalle continuamente. E lei non vuole dargli altre preoccupazioni. Lei, la libertà, non gliela negherà mai.
Frattanto, nel mezzo della notte, prima che il sole s'alzi, Finn si aggira insonne tra i corridoi di palazzo. Nella camera attigua alla sua, la luce è restata accesa per molto tempo e lui si è tormentato nell'indecisione se andare a chiarirsi con Poe o no, dopo gli alterchi su Ajan Kloss, prima della loro partenza per l'Imperium. Ha fissato le vetrate della sua stanza a lungo, dalla propria loggia, poi, quando finalmente ha preso coraggio, ha fatto per bussare alla finestra ma il cuore gli è precipitato nel petto, quando ha visto un'altra ombra muoversi dietro le tende. Il vociare concitato di due voci maschili a sovrapporsi. Poi, il silenzio. Non più un suono se non, molto tempo dopo, tonfi sordi seguiti da uggiolii sommessi, versi gutturali. Finn non ha dubbi: Poe Dameron è in compagnia. E sa pure bene di chi.
Per tutta la notte non ha chiuso occhio e, quando il silenzio prolungato gli facevano sperare per il meglio, i tonfi e i mugolii ricominciavano, a intervalli più o meno regolari: un supplizio.
Il canto del gallo, prima dell'alba, è una maledizione e un sollievo allo stesso tempo. Non si addormenterà più ma almeno il sole si porterà via quella notte da incubo.
Di soppiatto socchiude la porta di camera sua e sguscia verso i corridoi. Si appoggia alla balaustra delle balconate terrazzate, le mani penzoloni e gli occhi persi nel niente.
«Sei venuto a piangere le pene del perduto amore?» lo canzona una voce limpida alle sue spalle ma Finn resta nella fissità della sua posizione. Non si scompone.
«Il tuo generale sa bene come intrattenersi–»
«Attento a come parli, moccioso. Il mio pari in grado aveva ragione, avrei dovuto lasciarti al tuo destino!» lo fredda Finn.
«Siete tutti uguali, voi sbruffoni della Resistenza. Mio padre ha ragione su di voi.»
«Non aggiungere una parola, duca Atréides, altrimenti inverto rotta alle navi e vediamo che fate senza la nostra protezione.»
Paul esce fiero dall'ombra che lo celava allo sguardo del suo interlocutore. «Sei un Jedi?»
«Non più di quanto tu non sia quello che la profezia delle Bene Gesserit aspettava, prescelto» replica Finn.
«Non ti fa incazzare tutto questo?»
Finn fa spallucce.
«Il tuo generale gioca al dottore con mio...» gli muoiono le parole in gola, «è rivoltante, per gli dèi». Ha le sclere inettate di sangue benché il sole non sia ancora sorto a rivelare tutto il dolore che prova. Finn gli si fa incontro, posandogli una mano sulla spalla.
«Paul, sei il figlio che ogni padre vorrebbe–»
«No!» tuona quello con una rabbia trattenuta a stento «sono il figlio di un'amante, una delle tante o dei tanti con cui il duca Atréides si consola!»
«È la rabbia a farti parlare così. Guardami, Paul» Finn lo tiene stretto per entrambe le spalle e lo riscuote per farsi ascoltare.
«Ci sono cose che non si possono vivere. Tuo padre e Poe si sono conosciuti che avevano poco più dei tuoi anni, quelli che dovrebbero essere i più belli e spensierati della vita di due ragazzi. Hanno potuto scegliere che sentimenti provare e come viverli? Pensaci Paul. Lo so, è difficile per te, ma credi sia stato facile per loro? Tuo padre sarebbe dovuto venire a parlare con te di qualcosa che è ancora vista con vergogna?»
«È difficile per loro certo. E per te non lo è? Tutto questo tuo bel discorso da copione non ti fa ribollire il sangue al pensiero che la persona che ami giace, senza pudore, con un'altra a un palmo dal tuo naso, Jedi?» ghigna Paul a denti stretti, trattenendo le lacrime.
«Paul, quando ti innamorerai, capirai che l'amore può portare a due cose: alla felicità completa, o a una lenta e triste agonia.»
«No, no, generale. Per quanto ne so io, l'amore porta solo a una lenta e triste agonia. Quella che prova mia madre, quella che provi tu nei tuoi sentimenti non ricambiati.»
«Non si tratta di me, Paul. Ci sono cose più grandi: la guerra per esempio, quella che per voi non è ancora finita. Un giorno, quando la vita ti avrà forgiato, comprenderai.»
A passo lento, il generale della Resistenza fa ritorno verso la sua camera. I primi raggi del sole feriscono le sagome di due giovani uomini, beffati dai loro sentimenti, si stagliano fiere tra le colonne di basalto della terrazza di palazzo reale. Non hanno molti anni di differenza e a unirli è un destino che riserva loro solo amara disillusione.
Angolo Autrice:
Vero che mi volete tanto ma tanto ma tanto bene?
Stavolta vi sorprendo con un doppio aggiornamento per farmi perdonare delle mie lunghe attese. Conto di arrivare in breve a un epilogo per queste anime disgraziate.
Che ne pensate di Jessica? Troppo remissiva? Volevate veder scorrere sangue tra lei e Leto?
E il duca? Pensate sia da fustigare e abbia giocato la furba carta dei sentimenti?
E Finn che ruolo ha in tutto questo?
Paul riuscirà mai a confrontarsi con suo padre?
Fatemelo sapere, se vi va, nei commenti che mi faranno sempre tanto piacere.
A presto,
Nives ❤️.
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