Segreti
𝐒𝐞𝐠𝐫𝐞𝐭𝐢
Circa vent'anni dopo
È ormai trascorso un mese dall'insediamento di Casa Atreides su Arrakis e gli Harkonnen si sono mostrati ostili anche più del previsto. Il barone Vladimir, loro guida, non intende lasciare vita semplice agli abitanti e ai nuovi reggenti. Continue incursioni da Giedi Primo, pianeta della casata rivale, minacciano l'incolumità dei Fremen e degli Atréides. Il duca Leto ha pianificato da tempo una rete di alleanze strategiche mandando richiesta di rinforzi fino ai sistemi vicini.
«Padre», interviene Paul durante una riunione – egli è oramai ammesso a pieno titolo tra coloro che decidono delle sorti dell'Imperium, ha scelto di affiancare suo padre – «il generale Organa potrebbe darci una mano, in passato anche suo padre è venuto in nostro soccorso» propone.
«Figlio, dimentichi che l'Alleanza Ribelle non esiste più ormai. La Resistenza ha preso il suo posto, ma sono ridotti a pochi. Inoltre, l'imperatore Palpatine pare abbia fatto ritorno dalle Regioni Ignote con una flotta di una tale portata da annientare galassie intere.»
«Allora manda me», propone Paul, «andrò a parlare con loro e vedrò di pattuire un mutuo scambio tra i nostri mondi e i loro.»
«Non è il momento di scherzare, Altezza!» lo zittisce stizzito Duncan Idaho. «Tuo padre ha bisogno di te qui» puntualizza il maestro d'armi del giovane.
«Sarò di ritorno entro domani sera. Datemi fiducia, per una volta». Paul insiste e aggiunge «mio padre ha te, Duncan. Proteggilo a qualunque costo!» glielo raccomanda a voce bassa. «Mi recherò su Ajan Kloss, nei territori dell'Orlo Esterno, con Thufir Hawat, mi accompagnerà lui.» La decisione che Paul comunica al consiglio non ammette repliche. Nessuno può trattarlo più come un ragazzino. Egli è degno della fiducia accordatagli da suo padre.
Poco più tardi, nella sala da pranzo del palazzo reale, dove Paul non ha toccato cibo, Leto lo raggiunge alle spalle, trovandolo affacciato presso una delle logge. Sono soli e il Duca Rosso ne approfitta per interloquire il suo ragazzo. Gli posa una mano sulla spalla, i polpastrelli esercitano una pressione delicata sulla pelle del giovane Paul, coperta da una camicia chiara di tessuto impalpabile. «Sei turbato, lo sento» gli sussurra Leto.
Gli occhi di Paul si fanno acquosi. La risolutezza di qualche ora prima, nella sala del consiglio, si tramuta in una struggente tenerezza, quando il giovane si stringe a suo padre, chinando il capo sul suo petto «Padre» esala quasi in un singhiozzo «spetta a me proteggerti, ora. Il barone vuole ucciderci, lo so. Faccio dei sogni orrendi, da prima che partissimo per arrivare in questo posto dimenticato, ai confini dell'Imperium. Se ti capitasse qualcosa, padre, io non potrei sopportarlo.»
Leto gli carezza le ciocche scure e setose. Il suo ragazzo è diventato un leone, eppure è ancora tanto affettuoso, bisognoso di rassicurazioni che il saggio padre comprende.
«Domattina partirò all'alba. Ho chiesto di incontrare il comandante Dameron, il braccio destro della principessa Leia. Lo conosci vero? È stato il tuo istruttore all'accademia di volo su Chandrila, quando eri ragazzo, giusto?»
A quel nome Leto viene scosso da un fremito. Spera che Paul non se ne sia accorto, dal momento che hanno sciolto il loro abbraccio di poc'anzi.
«Sì, certo, è stato il mio istruttore» il duca deglutisce a fatica.
«Quindi lo conoscevi bene!» puntualizza Paul.
«Abbastanza, sì» il genitore cerca di eludere il discorso, lapidario.
«È strano che tu non mi abbia mai parlato di lui. Di solito mi racconti dei tuoi valorosi compagni.»
«Io e Dameron non siamo mai stati compagni, lui era un mio superiore. Abile sì, ma non ha mai avuto simpatia per me. Mi dava il tormento durante l'addestramento. Non so cosa tu ti aspetti esattamente da lui.»
«Eppure tutti lo descrivono come un eroe.»
Leto sorride tra sé a quella definizione: eroe, medita. «Beh, Capo Nero è indubbiamente un grande leader, ma completamente votato alla causa della galassia in cui vive. Non credo abbia tempo per noi.»
«Tu lasciami provare. È dell'astio quello che scorgo nella tua voce? Credo che anche tu non abbia simpatia per lui, o sbaglio?»
«Tutt'altro, Paul, tutt'altro. Dameron è un asso; l'aiuto del suo squadrone sarebbe utile, solo dubito che accetterà, impelagati come sono, anche loro, in una guerra. Non voglio solo che ti faccia illusioni, tutto qua. A volte idealizziamo le persone sulla base della loro fama, all'atto pratico poi, le cose sono un tantino diverse.»
«Papà, guarda che non ho idealizzato nessuno. Vado a chiedere una mano, non sono più un bambino. So che non devo farmi illusioni sulle persone. Sta' tranquillo. E abbi cura di te, soprattutto. Non abbassare mai la guardia. Io torno presto.»
Con un tacito scambio di occhiate i due si accomiatano verso i propri alloggi.
Rientrato in camera sua, Paul si assopisce e sogna. Sogna un pianeta acquatico dove molti velivoli, guidati da giovani pieni di goliardia, sfrecciano, rasentando il pelo dell'acqua in un turbine di spruzzi per poi atterrare sulla sabbia sollevandola in immense nubi. Dalle navi, dai modelli più disparati e aerodinamici, aitanti ragazzi e ragazze corrono all'impazzata verso il bagnasciuga svestendo le tute di volo. Si godono la spensieratezza della loro età. Paul è anch'egli sulla riva, gli schizzi di chi gioca a rincorrersi arrivano fino a lui, che strizza gli occhi nel fulgido bagliore del sole estivo. Sorride di riflesso, contagiato dall'allegria che gli sfarfalla intorno, sebbene sia disorientato. A un tratto sente una voce gutturale, possente, chiamare
«Leto! Leto!»
Paul si volta di scatto nella direzione di provenienza di quel suono e cerca di orientarsi nel vortice dei giovani che sembrano tutti identici nelle loro tutte arancio dismesse e gettate sull'arenile. Fatica a mettere a fuoco le sagome che si muovono veloci dinanzi ai suoi occhi. Poi, come se il grandangolo di un obiettivo zoomasse su una porzione di spiaggia, scorge un ragazzo dai lunghi capelli ondulati che danzano nel vento. Se ne sta, braccia conserte e con una mano sorregge il mento. Indossa i calzoni militari di Casa Atréides arrotolati fino alle ginocchia, perché è entrato in acqua. La camicia bianca svolazza leggera, fuori le braghe, sul torace esile, che mostra una porzione del petto glabro attraverso i bottoni slacciati. Ha le labbra dischiuse, assorto a guardare chissà cosa. È bello, imberbe e giovanissimo, è suo padre: Leto. Paul sorride, è un ragazzo bellissimo, dai lineamenti delicati. Poco dopo una risata sguaiata, di gola, echeggia «Dai, non farti pregare» lo invita quella voce che poco prima lo chiamava per nome. Ora può vederlo: è un cadetto dell'Alleanza Ribelle, lo capisce dalla tuta arancio srotolata fino ai fianchi. Il giovane prende a schizzare suo padre che ricambia immediatamente con altrettanta foga. Poi, il cadetto indietreggia sotto una roccia dove va a rinfrescarsi al getto di una cascatella. Il modo in cui porta, quasi a rallentatore, i ricci scuri all'indietro, farebbe venire la pelle d'oca a chiunque. Le lunghe ciglia serrate, le labbra schiuse in una espressione di godimento gli conferiscono un'aura di pura sensualità e la canotta che lo copre, ormai zuppa d'acqua, ne rivela i pettorali scolpiti. Le occhiate con cui Leto lo brama sono inequivocabili e concupiscenti. Poco dopo il pilota gli tende la mano, che Leto afferra, e lo attira verso una rientranza celata agli occhi degli altri. Paul non li vede più. Affretta il passo, entrando in acqua e si addentra nel piccolo anfratto. Mano a mano avverte ansiti nitidi che si fanno più distinti e la visione che poco dopo lo coglie, nella penombra, è amena, sconvolgente e peccaminosa al contempo. In un groviglio lussurioso il pilota dalla tuta arancione spinge il proprio corpo atletico e possente tra le terga del giovane Leto, prono e aggrappato a una roccia, gli occhi rigirati e la bocca spalancata, nella quale il cadetto Ribelle inserisce un dito, poi due, che Leto prende mordere mentre mugola di piacere. L'amante lo avvolge per il torace con l'altro braccio; le dita della mano danzano, tormentando ora un capezzolo, ora tirando in fuori l'altro, poi discende a massaggiarlo all'altezza del basso ventre. Lo accarezza dal petto all'intimità, celata dalla roccia. Le spinte, dapprima lente e poderose, si trasformano in un martellare dei fianchi granitici del bel moro, in un movimento ritmico delle cosce marmoree, fino a far urlare il giovane sotto di lui «Ancora, ancora, spingi, più forte. Ti voglio tutto, Poe, tutto.»
Poe, a quel nome Paul sobbalza.
«Supplicami ancora, sei così stretto, mi vuoi tutto dentro?»
«Tutto, Poe. Scopami tutto! Subito!» gli urla, «sto venendo!»
«Sei bellissimo, Altezza» il pilota dalla tuta arancio geme forte, poi, dopo pochi attimi, rigira Leto verso di lui, lo adagia delicatamente sulla roccia piana perché la sua schiena serica non abbia a graffiarsi, gli spalanca le cosce di malagrazia e prende nella propria bocca la verga del suo giovane amante, seguitando a carezzarlo sul petto. Succhia lento e poi vorace, e poi di nuovo lento lo lambisce solo con la lingua finché i lamenti di Leto non giungono al culmine e lo riavvolge completamente con le labbra. Leto si inarca verso l'amante e urla ancora e Poe risale con urgenza alla bocca del ragazzo che bacia avidamente con le labbra ancora sporche del seme copioso appena bevuto. Si stringono, si baciano sulla bocca, sul viso, si assaporano a lungo, si accarezzano lentamente la schiena, si guardano negli occhi. Paul è sconcertato e sorpreso allo stesso tempo perché sono belli insieme. Nonostante il momento intimo c'è una unione che va oltre il corpo, tra loro due; Paul lo percepisce da come si guardano. Quello che scorge nello sguardo di suo padre è un sentimento puro e profondo. Leto ama Poe, ne è certo. Ed è totalmente ricambiato. Paul non nutre dubbi in merito.
Poco dopo il sogno muta. Nella sala del consiglio di Arrakis, un uomo di spalle, inginocchiato, piange. Singhiozza disperatamente mentre stringe a sé il corpo vigoroso ma svestito le cui membra abbandonate denotano chiaramente l'assenza di vita. Paul ha paura, si agita nel sonno. Non può vedere i volti dei due uomini. Quello di spalle ha i capelli mossi e indossa una giubba di pelle scura. Tiene l'altro in un abbraccio mentre lo culla e singhiozza e maledice il cielo e impreca e alza un lamento straziante «Perdonami, perdonami! Non sono arrivato in tempo. Non ti ho protetto, anima mia.»
Paul si sveglia di soprassalto in preda ai sudori freddi. Ha gli occhi che bruciano in modo tremendo, offuscati da lacrime talmente dense che paiono sangue. Un'ultima spaventosa visione gli mostra la manica della giubba dell'uomo di spalle. Reca l'effige di una fenice insanguinata. Oscuri presagi si annidano sempre più fitti.
Angolo Autrice:
Dopo più di un anno torno ad aggiornare questa fiction fatta di momenti, di istantanee di mia fantasia. In questo capitolo torno al crossover, un genere che mi affascina da sempre. La galassia di Star Wars si mischia a quella dell'Imperium (del resto lo stesso Creatore, papà Lucas, si è ispirato a Herbert). Spero che questa direzione presa non vi faccia storcere il naso.
Da questo punto in poi, la storia si ricollega allo spin off estivo Tramonti Arancio Passione e Generale Capo Nero che possono fornirvi qualche dettaglio in più. Buona lettura e fatemi sapere che ne pensate, se vi va. E, btw, qualcuno mi ha detto che sono brava anche nel genere spicy, questo capitolo lo è molto ma non gasatevi e tenete sempre i fazzoletti a portata di mano perché l'angst a quintalate non potrà mai mancare.
E siccome vi voglio bene, per farvi ammattire, il proseguimento di questo capitolo lo troverete, a giorni, nella raccolta Generale Capo Nero.
Le tre storie si intrecciano. Presto o tardi troverò il modo di riunirle.
A presto, miei fedeli apprendisti 🧡.
Nives.
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