La Bestia
Ed ero sulla spiaggia e vidi un mostro uscire dal mare... recava il nome dell'empietà.
Apocalisse 13
Non devo avere paura. La paura uccide la mente. La paura è la piccola morte che porta con sé l'annullamento totale. Guarderò in faccia la mia paura. Permetterò che mi calpesti e mi attraversi. E quando sarà passata, aprirò il mio occhio interiore e ne scruterò il percorso. Là dove andrà la paura non ci sarà più nulla. Soltanto io ci sarò.
Una volta mio padre mi disse che il rispetto per la verità è quasi il fondamento di ogni morale. “Niente esce dal niente” mi disse. Questo è senz'altro un pensiero profondo, quando pensi fino a che punto la “verità” può essere instabile.
Paul è appena rientrato in camera, dopo essersi confrontato con Finn.
Nessun sogno presciente, nessuna delle timide esperienze di una vita non ancora vissuta lo ha potuto preparare alla realtà: ora ogni velo è stato strappato, ed essa si rivela in tutta la sua crudezza.
Improvvisamente nuove fitte gli fendono il costato, a ogni respiro. Mette a fuoco lo sguardo sulle ultime stelle che immote resistono al sorgere del sole. Rivede se stesso bambino su una spiaggia. Manovra un aquilone con suo padre, che gli pare un gigante mentre l'aquila rossa degli Atréides scintilla al centro del suo petto sulla divisa nera. Sorride, avrà poco più di otto anni. Suo padre, il suo esempio, il genere di uomo che ha sempre voluto essere: onesto e nobile in ogni fibra del suo essere.
È ancora così? si chiede. Lo è. Perché crescendo, devi accettare che i legami sono imperfetti, come le persone. E fatti di limiti, di compromessi. Sa che suo padre, per ovvie ragioni, non potrebbe mai dirgli tutto – ci sono cose che non riusciamo ad ammettere nemmeno con noi stessi, del resto. La rabbia cede repentina al rimorso per aver giudicato tanto aspramente il genitore.
Un nuovo giorno sorge su Arrakeen e, ogni mattina, Paul ha paura che possa essere l'ultimo. Si tortura su quanti ne abbia sprecati inutilmente ad avercela con lui. A ostinarsi a non volergli parlare, a voler grattare il fondo sul quale, di torbido, non c'è niente. Niente se non il prorompere di un sentimento negato, mortalmente peccaminoso, così tanto che di scandaloso non avrebbe avuto niente, se non fosse per la morale degli oppressori. Da sempre chi tiranneggia lo fa, vietando ciò di cui egli stesso non si priva in segreto.
Più tardi, con il viso emaciato dalla notte insonne, scende in sala da pranzo ed è proprio accanto a suo padre che prende posto. Non succedeva da qualche settimana. In una disposizione improbabile quanto bizzarra siede accanto i suoi genitori, a suo padre. Sì, Paul ha bisogno della vicinanza di entrambi, della forza che nessun rigido addestramento Bene Gesserit può insegnarti: quella dell'amore.
Di fronte ai tre, Poe Dameron, Finn e gli altri piloti dello Squadrone Nero si servono della ricca colazione di cui è imbandita la tavola. Paul di tanto in tanto occhieggia ai suoi: non gli sfugge la tenerezza di suo padre nel gesto di stringere la mano a sua madre, lì a tavola, di fronte agli ospiti.
Di riflesso osserva l'espressione di Poe Dameron mentre distende un velo di marmellata su una fetta di pane, fingendo indifferenza. Tuttavia l'impercettibile tremore delle sue mani lo tradisce all'occhio del giovane duca e a quello attento del co-generale dalla pelle d'ebano. Successivamente, è con lui che Paul scambia una silente conversazione fatta di sguardi che devono apparire involontari ai presenti.
«Pensavo proprio a te» Leto si rivolge a suo figlio. «Poco prima di scendere per colazione mi chiedevo se t'avrei visto, stamattina. Ultimamente sembra che mi eviti». Glielo comunica a bassa voce, allungandosi per servirsi dalla teiera posta di fianco al ragazzo.
Paul ricambia il suo sguardo riservandogli un'occhiata in tralice.
«Due giorni fa, quando sei partito per Ajan Kloss, la sera, ero appoggiato al parapetto della torre di controllo, sui bordi del campo di atterraggio di Arrakeen. In alto, sull'orizzonte, era sospesa la luna; sotto di essa, le pareti frastagliate del Muro Scudo scintillavano come ghiaccio secco, attraverso un alone di polvere. Alla sua sinistra le luci di Arrakeen risplendevano di diversi colori: giallo, bianco, azzurro... attraverso il medesimo alone.
Vedevo le luci dei veicoli che provenivano da Arrakeen e che si avvicinavano al campo d'atterraggio. Speravo che ognuno fosse il tuo, Paul, che stessi tornando insieme ad Hawat. Il tuo ritardo cominciava a inquietarmi, anche se sapevo che era dovuto alle precauzioni di Thufir. Hanno già tentato di ucciderti! Era l'unica cosa a cui riuscivo a pensare». Scuote la testa per ricacciare indietro la preoccupazione e contempla nuovamente il volto di suo figlio «Mentre aspettavo mi è tornato alla memoria un aquilone sospeso nel cielo azzurro mare di Caladan e tu, Paul, che ridevi di gioia guardandolo. E il sole all'alba, qui su Arrakis... Ho ripensato alle nostre chiacchierate prima di scendere nelle cucine.»
Lo sguardo di Paul si fa più morbido. Lui e suo padre, sempre legati dal filo dei pensieri comuni. Paul non è ancora un Mentat, anche se è nato per diventarlo. È stato sottoposto all'ordalia dalla Reverenda Madre delle Bene Gesserit e ha resistito senza cedimenti. Suo padre però non è niente di tutto questo. È un comune essere umano, eppure la loro connessione prescinde tempo, spazio e i misteri oltre la ragione. Le loro anime comunicano.
I
l Barone Vladimir Harkonnen è in piedi accanto a uno degli oblò del trasporto leggero che ha deciso di usare come posto di comando. Fuori, vede la notte di Arrakeen illuminata dalle fiamme. I cannoni fanno saltare pezzo per pezzo le caverne dove i soldati del duca si sono ritirati per l'ultima, disperata resistenza. Lampi di luce arancione e una pioggia di rocce e polvere visibile per brevi attimi al bagliore delle esplosioni... e gli uomini del duca vengono sigillati per sempre là dentro, destinati a morire di fame, come animali sorpresi nella tana.
«Il dolore è soltanto il veicolo della prova. Li abbiamo attaccati insieme a due legioni di Sardaukar. Non hanno scampo» ghigna sardonico, digrignando le labbra in un sorriso maligno che si perde nel suo volto pingue, rivolto al suo leccapiedi, il perfido Mentat Piter de Vries. «È un vero peccato privarsi di uomini tanto valorosi come quelli dell'esercito di Casa Atréides, ma necessità ve n'è imposta. Difenderebbero fino alla morte per tortura il loro duca!» la voce del barone, cavernosa e baritonale, non già amabile di suo, tradisce tutto l'astio e il compiacimento che egli nutre, al tempo stesso, per la disfatta dei rivali sempre odiati «uomini valorosi ma sciocchi! Adepti alla virtù della fedeltà inculcatagli dal loro mentore. A cosa gli è servita la fedeltà?» sogghigna «il dottore ha rispettato il patto, Piter? Portalo alla mia presenza!»
«Sarà fatto. E... a proposito? Che ne facciamo dei piloti giunti dalla galassia di Leia Organa. Li torturiamo come abbiamo fatto con la moglie del dottore, prima di mandarli a farle compagnia?»
«Abbattete in volo lo Squadrone Nero, ma voglio Capo Nero! Catturatelo vivo» sibila, mentre intinge la mano grassa nel piatto – dove trovi la forza di prendere cibo nel bel mezzo di uno sterminio non si sa, ma lui è sempre affamato. «Mi devi portare il bel generale Dameron. Non torcetegli un solo capello! Resterà mio prigioniero e, se sarà intelligente come penso, diventerà docile e gli risparmierò la vita.»
Il barone non si fida del dottor Yueh, nonostante gli abbia consegnato il duca, come stabilito. Tuttavia desidera farsi beffe di lui un'ultima volta.
«Dov'è il traditore che mi ha consegnato il duca? Devo dargli il suo premio». Piter fa un mezzo giro su se stesso e rivolge un cenno alle guardie e Yueh varca la soglia.
«Ah, il dottor Yueh.»
«Mio Signore Harkonnen.»
«Ci avete consegnato il duca, a quanto ho inteso.»
«La mia metà del patto è rispettata, mio Signore.»
Il barone fissa Piter e questi annuisce. Harkonnen guarda nuovamente Yueh «Il patto è rispettato alla lettera e io...» sputa fuori le parole «Che cosa devo fare, in cambio?»
«Voi lo sapete molto bene, mio Signore Harkonnen». E Yueh, finalmente, ricomincia a pensare. Sente il silenzio gravargli insopportabile nella mente: il tradimento si legge in ogni parola del barone, in ogni suo atto. Wanna è morta... lo sa, altrimenti avrebbero ancora cercato di tenerlo in pugno. Tutto è finito, adesso.
«Davvero?» osserva il barone.
«Avete promesso di liberare la mia Wanna dalla sua agonia.»
Il Barone annuisce. «Oh, sì. Adesso ricordo. L'ho promesso. È stato proprio così. Voi non avreste sopportato di vedere la vostra strega Bene Gesserit contorcersi di dolore mentre Piter la sventrava pezzo dopo pezzo. Bene, il barone Vladimir Harkonnen mantiene sempre le sue promesse. Vi ho garantito che l'avrei liberata dalla sua agonia e che vi avrei permesso di raggiungerla. E così sarà». Fa un rapido gesto a Piter e i suoi occhi azzurri divengono vitrei. I suoi movimenti simili a quelli di un felino; il kindjal nelle sue mani scintilla come un artiglio mentre si pianta nella gola di Yueh. Il vecchio s'irrigidisce, continuando a fissare il barone. «Ecco, ora raggiungila!» tuona.
L'espressione del perfido de Vries è d'inenarrabile soddisfazione, incurante del sangue che zamplilla dalla giugulare di Yueh sul suo proprio viso, mentre il corpo ricade con un tonfo netto sul pavimento. Non flette le ginocchia ma crolla, ritto e rigido, sul porfido nero le cui venature bianche scompaiono, imbrattate dai viscosi fiotti purpurei che si allargano sotto il cadavere. Il barone gusta avido la vendetta che si consuma lenta e implacabile sul suo rivale giurato e su tutto il suo seguito. Il Giusto: la sua antitesi, quello stucchevole misto di virtù, eroismo, e per l'ironia di una sorte beffarda, esemplare di una bellezza e virilità che da tempo sono state strappate al barone, castigato dal sacrilegio di una strega Bene Gesserit che lo ha reso un informe ammasso di grasso.
«Buone notizie, mio Signore. I Sardaukar hanno portato qui il duca» annuncia il Mentat. Il barone studia la maschera cupa che si disegna sul volto malvagio ed effeminato di de Vries. E gli occhi: due fessure d'un azzurro profondo.
Dovrò sbarazzarmene molto presto, pensò il Barone. Tra poco non miservirà più a nulla e sarà una minaccia per la mia persona.
Privato di tutta la sua regalità, della sua dignità, Leto giace drogato e denudato fino allo spirito, alla mercé del barone che intende infliggere l'umilizione più atroce all'uomo cui ha sempre invidiato tutto. Una Arrakeen in fiamme è ormai caduta e lui banchetta, fiero e soddisfatto, con i resti dei suoi nemici.
Infido e vigliacco ha tramato con il Padiscià e i mercenari Sardaukar per giungere a questo momento. Ha corrotto il dottor Yueh, rapendo sua moglie e facendogli credere che l'avrebbe risparmiata, se il medico gli avesse consegnato Leto.
Il barone fissa ancora il corpo di Yueh sul pavimento. «Non ho mai avuto fiducia di un traditore» ammette «neanche di un traditore creato da me. Guarda fuori dell'oblò, nelle tenebre della notte. Non si ode più il martellare dell'artiglieria contro le caverne del Muro Scudo: le bocche delle tane sono state sigillate.
Leto viene introdotto alla sua presenza, in una delle sale del castello di Arrakeen: il suo volto d'aquila è imbrattato di polvere. Gli occhi vitrei. Il barone esita, respirando a fondo. L'incontro atteso da tanto tempo ha perduto molto del suo sapore.
Leto percepisce le voci lontanissime. Può sentire il dolore ai muscoli, le labbra screpolate, le guance ardenti, l'aspro sapore della sete. Ma è sordo e i suoni gli giungono ovattati.
«Che cosa è accaduto alla donna e al ragazzo, Piter?» chiede Harkonnen.
«Gli uomini incaricati del lavoro, mio Signore, sono stati trovati e...»
«Quello che voglio sapere è se la concubina del duca e suo figlio sono morti». Il volto del barone diventa livido.
«Nessuna traccia, mio Signore, ma c'era un verme. È arrivato mentre stavano ispezionando la zona, riferiscono i tuoi uomini. Forse è andata proprio come volevamo, un incidente. È possibile che...»
«Non viviamo di possibilità, Piter. Che cosa è successo all'ornitottero scomparso?»
«Uno degli uomini del Duca è ovviamente fuggito con esso, mio Signore. Ha ucciso il nostro pilota ed è fuggito.»
«Quale uomo del Duca?» tuona Harkonnen.
«Hawat, forse, Gurney Halleck. Possibilmente Idaho. O uno qualunque dei primi luogotenenti» balbetta il Mentat.
A Leto le loro parole arrivavano filtrate come attraverso uno strato di cotone, ma alcune di esse fiammeggiano nella sua mente: la donna e il ragazzo... nessuna traccia. Paul e Jessica sono fuggiti. C'è ancora speranza.
«Dov'è l'anello col sigillo ducale?» domanda il barone.
«Il Sardaukar ha detto che non l'aveva quando è stato catturato, mio Signore.» dichiara il capitano delle guardie.
Il pensiero di Paul e Jessica fuggiti continua a vibrare nella mente di Leto. E c'è qualcos'altro: un patto. Può quasi ricordarlo... il dente. Una capsula di gas mortale; qualcuno gli ha ingiunto di ricordare il dente nella sua bocca. Può sentirne la forma con la lingua. Tutto quello che deve fare è morderlo con forza. Non ancora però! Qualcuno gli ha detto di aspettare finché non sia stato vicino al barone. Chi è stato a dirglielo? Non riesce a ricordare.
Quella forma grigia e confusa, laggiù, è il barone, pensa Leto. La forma sembra danzare avanti e indietro, insieme con la stanza che si espande e si contrae insieme alla luce che aumenta e diminuisce. Poi scompare del tutto. Devo aspettare. C'è un tavolo. Leto lo vede molto chiaramente. E un uomo enormemente grasso sull'altro lato, e i resti di un pasto davanti a lui. Leto sente il suo corpo incollato alla sedia e un formicolio che l'invade. Capisce che è passato del tempo, ma non riesce quantificarlo.
Sente che quanto lo circonda si fa più netto. La sedia sotto di lui e ora vede chiaramente il barone.
«Voi mi potete sentire, duca Leto?» chiede, cosciente che il suo ospite si sta svegliando. «So che mi potete sentire. Voglio sapere dov'è la vostra concubina e quel ragazzo che vi ha generato» quelle parole lo attraversano come una lenta risacca. È vero, allora. Non hanno né lui né Jessica.
Leto sente le forze tornare. Il ricordo del dente si fa nitido nella sua mente. Esso contiene del potentissimo gas venefico... rammenta bene chi lo ha provvisto di quell'arma mortale e perché: Yueh. Il ricordo offuscato di un corpo inerte, trascinato sotto i suoi occhi fuori da quella stanza, aleggia nella sua mente. È il corpo del medico, lo sa.
«Non costringermi alle maniere forti, mio caro duca. Tu avevi un piano d'emergenza. Ne sono certo» insiste il barone. «Dove hai mandato la tua donna e il ragazzo?» Fissa la mano di Leto «Non hai più l'anello. L'hai dato al ragazzo?» il Barone pianta gli occhi in quelli Leto. L'urlo d'agonia che proveniva dalla stanza accanto penetra i nervi del duca. Chi avranno preso? si chiede. Chi stanno torturando?
Leto improvvisamente ricorda una citazione biblica, tratta dall'Apocalisse, che Gurney Halleck aveva ripetuto una volta, davanti a una fotografia del barone: “Ed ero sulla spiaggia e vidi un mostro uscire dal mare... recava il nome dell'empietà.”
«Leto, mio caro, sai che alla fine ci dirai dove si trovano. A una certa intensità del dolore, parlerai anche tu.»
Probabilmente ha ragione, pensa Leto. Se non fosse per il dente e per il fatto che in realtà io non so dove si trovino.
Leto tiene lo sguardo fisso verso la tavola, chiedendosi cosa lo aspetti. Il dente porrà fine a tutto molto rapidamente. Riconsidera la sua vita: nell'insieme è stata bella. Gli ritorna alla memoria un aquilone sospeso nel cielo azzurro mare di Caladan e Paul che rideva di gioia guardandolo. E il sole all'alba, qui su Arrakis... e i tramonti aranciati di Chandrila, quando aveva vent'anni. Gli torna in mente Poe. Spera non l'abbiano preso. Spera sia riuscito a proteggere almeno una parte della sua gente. La servitù, il popolo... massacrati per l'avidità insaziabile di un mostro.
Il barone, spinto dai sospensori di Holtzman, si sposta verso Leto ma esita, notando un cambiamento nell'espressione del duca. Vede che ha respirato profondamente e che la sua mascella si è irrigidita. Quanta paura, pensa.
Leto bisbiglia per attirare il barone più vicino possibile «Qui sono e qui rimango!» esala,
mordendo violentemente la capsula celata nel dente e sentendola spezzarsi. Apre la bocca ed espelle il vapore pungente che già si forma sulla sua lingua. Il barone sembra rimpicciolirsi. Leto percepisce un respiro affannoso accanto al suo orecchio: la voce strisciante di Piter. Ho preso anche lui! esulta.
Poi scivola rapido attraverso i ricordi... La stanza, il tavolo, il barone, due occhi atterriti...azzurri... tutto si annienta intorno a lui in una distruzione totale.
Il barone è in piedi, schiacciato con la schiena contro la porta, nel piccolo vestibolo dietro la tavola. L'ha chiusa dietro di sé con un tonfo e sprangata su una stanza piena di morti.
Qualsiasi cosa fosse, ha raggiunto anche me? Io sono ancora in piedi. Respiro ancora. Per l'inferno! C'è mancato poco!
Il barone si volta verso le guardie «Ho fame. E voglio divertirmi, mentre voi ripulite la stanza» grida, infuriato. La guardia abbassa gli occhi «Quale divertimento desidera il mio Signore?»
«Sarò nella mia camera da letto, portami il generale della Resistenza, quello con gli occhi adorabili. Drogalo, soprattutto. Non ho voglia di fare la lotta.»
Il barone si volta, dirigendosi verso le sue stanze. Sì, pensò, quello con gli occhi adorabili, quello che somiglia al giovane Paul Atreides...
Angolo Autrice:
Il prossimo capitolo è l'ultimo e sarà pubblicato tra pochissimo. Siamo giunti al triste epilogo che chi ha letto o visto Dune ben conosce, ma ho ancora momenti tra Leto e Paul. Correte a leggere il prossimo capitolo.
Glossario
Muro Scudo gli scudi di difesa possono essere tanto grandi da ricoprire un'intera città, o tanto piccoli da venire indossati sotto ai vestiti; essi creano un campo di forza che è impossibile da penetrare per qualsiasi oggetto troppo veloce, sia esso un proiettile, una freccia o un semplice pugno.
kindjal daga originaria della Circassia (regione storica del Caucaso), diffusasi anche in ambito turco
Mentat una classe di cittadini addestrati al supremo potenziamento delle capacità mentali, raggiungendo prestazioni paragonabili ai computer.
Ordalia giudizio divino, prova di sopportazione del dolore, prova rischiosa il cui esito è considerato come diretta manifestazione della volontà divina.
Le descrizioni della caduta di Arrakeen sono riportate fedelmente secondo il libro Dune, le uniche varianti sono quelle costituite dall'inserimento di Poe Dameron e del Black Squadron nel contesto di Herbert.
A presto,
Nives 🧡.
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