L'Attimo Fuggente

Poe

«Ho in mente qualcosa di molto speciale per te, Altezza.»

«Dovrei preoccuparmi?» mi sfotte appena saltiamo giù dai velivoli, dopo l'esercitazione mattutina. Tenta di ostentare, al solito, la sicurezza di sé che non possiede e lo rende adorabile nella sua malcelata goffaggine.

«Tra poco strapperò quel sorrisetto beffardo dal tuo bel visino, e insieme ad esso molto altro», glielo soffio alla base della nuca, tra i lunghi capelli di seta scura raccolti in una coda bassa. Il profumo dello shampoo dalle note silvestri mi invade le narici appena sfila il casco, mentre con un braccio lo attiro contro il mio petto. La mia mano si insinua sotto la camicia quel tanto da scottarmi le dita al contatto con i muscoli definiti dell'addome.

Gli mostro un assaggio del desiderio di lui che mi consuma fin dal primo giorno e divampa, ogni attimo più intenso, senza diminuire, dopo tre mesi. Tre mesi di improvvise sparizioni, voli di ricognizione prolungati, infiniti tira e molla, scenate di una gelosia infantile che lui non può permettersi, ma che capisco, vista l'inesperienza nelle relazioni. Mi tocca rimetterlo in riga con l'indifferenza prima e perdonarlo nel modo più bello dopo: quello che piace a tutti e due. Lo vedo star male da cani e comprendo i suoi sentimenti. È infatuato. Non è mai uscito dal suo guscio dorato e mi fa tenerezza, ma posso concedergliela pochissime volte. Non voglio illuderlo. Mi piace avere degli amanti, ma ancora di più mi piace la trasparenza, la chiarezza. Non ci sono mezzi termini e mezze misure con me.

Il mio bisogno, primordiale e insano, preme contro la barriera delle uniformi che ci divide, ultimo baluardo a protezione di una passione dirompente che infrange l'argine di una pazienza che non mi appartiene e non può impedire la scarica elettrica che pervade i nostri corpi non appena si sfiorano. La fusoliera di Nero Uno non è mai stata tanto propizia ai miei colpi di testa.

«Tu sei pazzo, ci farai scoprire fino alla fine, e poi vedrai che promozione!» Mormora a denti stretti. Essi stringono le labbra che lasciano sfuggire un respiro mozzato di troppo quando il mio palmo si sposta velocemente dal suo addome all'inguine a provocare un alzabandiera repentino nel mio giovane apprendista di volo.

«Hey, Poe, smettila di torchiare i cadetti e muovi le chiappe, Antilles ti vuole a rapporto» come quella di un narratore fuori campo, la voce di Snap mi arriva da dietro le lamiere, mentre ancora stringo a me sua Altezza. Un'eco ovattata e fastidiosa che mi strappa alla mia occupazione preferita, lui, e ci fa schizzare il cuore in gola per la paura che in troppi abbiano capito. Agli occhi di tutti fingo che il duca sia la vittima designata delle mie angherie e lui si presta al gioco, fuori e dentro le lenzuola. Anche lì gli ricordo il suo ruolo di sottoposto prima di graziarlo con i miei favori.

«Stasera, qui all'hangar, principino. E vedi di non farti beccare per l'impazienza, come l'ultima volta. Aspetta il coprifuoco.»

Mi separo dolorosamente dal suo corpo che desidero come la più ipnotica delle spezie. Non avrei mai creduto di diventare dipendente dalla sua pelle, dal suo odore. Ingenuo, si dona con tutto se stesso. Scioglie le sue paure nelle mie braccia tra le quali trema come una foglia per poi perdersi, travolto dal mio ardore che brucia senza fargli male. Non potrei.

L'amore è un gioco in cui non vinci mai, ma di cui non puoi fare a meno. Non bussa, sfonda ogni barriera.

Il generale Antilles mi comunica le direttive per fare ritorno su Hosnian Prime, tra pochi giorni. L'estate è archiviata, si torna a fare sul serio. Si torna a fare guerra al Primo Ordine che sicuramente ha riorganizzato le sue fila dopo la pesante sconfitta che abbiamo loro inflitto durante la missione su Ovanis.

Stasera ci sarà la cerimonia di promozione al merito di coloro che si sono distinti. Antilles mi comunica di tirarmi a lustro perché dalle prossime settimane io e il mio squadrone saremo trasferiti su D'Qar, direttamente al servizio del generale Organa.

Odio le formalità ma mentirei se negassi l'emozione che mi riempie d'orgoglio ogni qualvolta mi trovo a cospetto del generale Organa. Comandante Dameron, mi piace. Il Black Squadron è stato promosso, ci trasferiremo su D'Qar, la base principale della Resistenza, la settimana prossima.

L'accademia estiva chiude i battenti. La bella stagione ha ormai lasciato posto alle prime piogge. Sono impaziente di ricoprire il mio nuovo incarico e lo sguardo fiducioso di Leia è un'iniezione di adrenalina direttamente al centro del cuore.

L'atmosfera è solenne mentre sfilo insieme ai miei fidati compagni tra le due ali di cadetti che presenziano, disposti su entrambi i lati del palco allestito lungo Senate Plaza. Un breve discorso di ringraziamento di Leia e le mostrine recanti la promozione in grado vengono applicate sulle camice color sabbia della divisa di terra.

Un pizzicore dietro le ciglia si affaccia mentre abbasso gli occhi e sorrido in un movimento meccanico delle labbra che si curvano a compiacere gli astanti. Il cuore accelera la sua corsa, sembra uscire dal petto quando sollevo gli occhi che, tra un mare di persone, ne cercano solo una.

Ti trovo, so sempre dove trovarti, Altezza. Nella malinconia che si liquefa nelle schegge di ossidiana che ti brillano negli occhi. La malinconia che ha preso possesso anche di me, preludio della dannazione senza fine che mi attanaglia le viscere da settimane, ormai.

Mi sforzo di non pensarci. Fingo, come sempre, che non sia importante.

È passata da poco mezzanotte e il ticchettio della pioggia sul tetto in lamiera del capannone si amplifica presto in uno scroscio indistinto. Tuona e l'odore di terra bagnata è uno dei più buoni che si possano respirare. Piove. Sui tanti pensieri che si affastellano sulle macerie dell'ennesimo anno bruciato. Piove sull'incertezza delle nostre vite, dei nostri destini. Piove fuori e dentro di me che aspetto con il cuore gonfio. Dovrei fremere e invece ho le pile scariche. La pioggia smette quel tanto che basta per udire lo scalpiccio delle suole dei suoi stivali sul bagnato. Mi affianca. Restiamo in silenzio. Guardiamo la pioggia cadere come le parole cadono tra noi.

È lui a fare il primo passo. Da un po' di tempo è sempre lui. Mi poggia la testa sulla spalla e mi prende la mano, ne porta il dorso alle labbra e lo bacia. Sento il suo respiro e i suoi capelli umidi di pioggia sulla pelle.

Mi manca già da morire. E non posso dirglielo, non posso guardarlo perché lo capirebbe anche un cieco. Così faccio l'unica cosa che so fare: lo volto di scatto e lo blocco contro la parete.

«Stavolta sarà memorabile, Altezza. Te lo prometto. Sei stato attento nel venire qui?»

«Signorsì, comandante,» geme e implora, si abbandona contro la mia schiena mentre mi avvolgo interamente intorno a lui. Lo tengo abbracciato, più del dovuto per essere ancora vestiti, ma stanotte voglio assaporare tutto lentamente. Niente sveltine a velocità luce con gli abiti levati a metà negli angoli più impensabili, presi dalla foga dei nostri ormoni impazziti. Questa sarà una notte lunga, lenta, calda. Il tempo sta per scadere e voglio godere di lui infinitamente, piano, illudendomi di rallentare le lancette e che così non finisca mai ciò che provo tra le sue braccia.

Mi guarda, il capo reclinato sulla mia spalla, il viso che cerca il mio. L'ossidiana dei suoi occhi gocciola di un dolore che cola fino alle labbra schiuse e morbide che accarezzo, con le dita prima, e con la lingua poi. Lecco il suo fiato caldo che sa dei legni del troppo whiskey che ha buttato giù al rinfresco, dopo la cerimonia. «Sei troppo giovane per bere così tanto, non va bene, Altezza. Il tuo fegato è delicato, non hai ancora ventun'anni».

«E dimmi, comandante,» ansima, gli si gonfia il petto in maniera irregolare, «non sono troppo giovane per farmi scopare da te ogni notte, da tre mesi, in ogni anfratto esistente?»

«Così non va bene, non puoi rivolgerti in questo modo a un superiore, mi costringi a punirti.»

«Quanto ti piace atteggiarti! Ti ricordo che hai due anni meno di me» mi provoca e in men che non si dica afferro il mio giovane allievo e lo trascino sulla scaletta di accesso alla cabina di pilotaggio. Nero Uno è già in posizione fuori dall'hangar. Oggi pomeriggio l'ho fatto lasciare fuori dagli addetti ai lavori con la scusa di un volo di prova in notturna.

«Devi imparare, subordinato. Sarai pure di sangue blu, ma la vita militare esige rispetto», uno strattone e i suoi pantaloni calano alle ginocchia mentre gli premo una mano al centro della schiena e schiaccio il suo petto contro le pulsantiere. Un primo schiaffo percuote una natica esposta e soda, seguita da un suo sussulto silenzioso. Ancora un altro schiaffo e geme a denti stretti. La pioggia torna a incalzare picchiettando sul cupolino di Nero Uno, i fulmini cadono in lontananza. Un altro schiaffo, ancora e ancora. Li alterno sulle natiche ormai entrambe arrossate dal passaggio delle mie dita. Per ogni schiocco i sussulti divengono lamenti, gemiti sempre più acuti fino a che non riesce più a trattenersi e implora «comandante, mio comandante», fa per continuare in una formula che conosciamo ma mi chino su di lui, gli accarezzo le labbra «ti ho fatto male, Altezza?»

«Baciami, comandante, ti prego» langue, così fragile, gli occhi liquidi di una dolcezza irresistibile. Le mie mani circondano con premura i glutei arrossati. Mi dispiaccio un poco di avergli fatto male. Copro di mille carezze la parte arrossata e, accomodandomi sul sedile, porto le sue terga sul viso prodigandomi a baciarne, leccare, lenire ogni lembo di pelle. Carezzo le sue cosce tornite e i genitali turgidi e pronti per me.

La pioggia cade incessante, e il mio principe attenua i suoi gemiti. Si abbandona libero e fiducioso. Lo spazio angusto all'interno del cockpit ci costringe in un groviglio agognato. In un lento gioco slacciamo fibbie, bottoni incollati alla pelle dalla pioggia che ha inzuppato i nostri vestiti. Il tutto reso ancora più erotico dagli odori che si sprigionano dal tessuto bagnato, note afrodisiache di pioggia, sesso e sudore mentre lecchiamo i nostri sapori e gli umori, fino a che restiamo nudi nel corpo, esposti fino all'anima.

«Sei certo che non ci vedrà nessuno, comandante? Completamente nudi? Non sono state molte le volte in cui ho potuto ammirarti in tutta la tua bellezza, senza fretta. E nel tuo regno poi, la cabina di Nero Uno.»

«Hai paura, Leto? Nel mio regno sì, stanotte ti farò sentire un principe», mi fa quasi arrossire, glielo lo dico mentre lo stringo a me, mordendogli piano una spalla.

«Non mi chiami mai Leto, Poe... mi piace quando mi chiami per nome e no, non ho mai paura quando sono con te».

La luce della speranza brilla nei suoi occhi ed è bellissimo. Gli accarezzo il viso delicato. «Non hai mai paura quando sei con me?» abbasso gli occhi, manovro con le leve di decollo, mentre con una mano dietro la sua schiena lo traggo in braccio a me, a cavalcioni.

«Poe, sei impazzito? Con tutto questo rumore ci sentiranno».

«So quello che faccio, fidati di me e non avere paura.» Stabilizzato il velivolo sopra le turbolenze, imposto la rotta e ci allontaniamo tra le stelle. Osservo il mio amante guardarsi intorno con stupore. Gli prendo il viso tra le mani e inchiodo i nostri sguardi l'uno all'altro. Gli occhi scendono lentamente, come le labbra e le mani, sul suo corpo flessuoso e agile. Sta sopra di me e la contiguità delle nostre intimità che si sfiorano mentre i nostri bacini sfregano l'uno contro l'altro alimenta un incendio nel bassoventre di entrambi.

Intraprendiamo un dialogo silenzioso fatto di baci, pelle, mani. Il petto, la schiena, i fianchi, le gambe intrecciate e i massaggi reciproci sulle erezioni che si accarezzano. Il precum sgorga dai prepuzi caldi e gonfi. Con la dovuta attenzione lo poggio a sedere sulle pulsantiere e, inserito il pilota automatico, avvolgo la sua virilità tra le mie labbra. Geme forte e lo incito muoversi. Una mano aggrappata al pannello dei comandi, l'altra tra i miei capelli a dettare il ritmo del suo piacere. Le cosce spalancate, i piedi puntati sul sedile la schiena s'inarca a cercare di più la mia bocca. Una visione bella da star male. Gli accarezzo il petto e in quell'istante il suo seme mi invade. Succhio il glande mentre pulsa sulla mia lingua avvolta attorno all'apice. È la millesima delle tante volte che l'ho fatto venire così e, ogni volta, è bello come la prima volta alle Scogliere di Cristallo.

«Poe!» un grido strozzato e prolungato è seguito dal mio nome che ripete mille volte. Mi ripulisco in fretta e lo prendo tra le braccia. Trema, la pelle tempestata di brividi. Gli bacio la bocca. Alterno foga e dolcezza. Voglio che duri tanto questa notte. Lo stringo al mio petto, lo cullo e gli bacio le ciocche nere che odorano di pioggia e del suo shampoo dalle note silvestri.

«Ho ancora una sorpresa per te, Altezza, sei pronto?» Attivo l'iperguida per il salto a velocità luce.

«Hai portato il tuo droide? Si è goduto lo spettacolo? Per gli dèi, Dameron! Saremo live in holo-visione in tutte le galassie», impreca in preda all'imbarazzo e porta in fretta il primo indumento trovato a coprire la sua nudità.

«BB‐8 non c'è. Come ti salta in mente? Volevi dire live in porno-visione non sarebbe male, spezzerrebbe la noia e imparerebbero come ci si intrattiene in modo creativo», rido divertito dalla sua reazione che mi aspettavo.

«Per il salto subluce ti ci vuole per forza un droide. Non puoi attivarlo dall'interno della cabina di pilotaggio, il pannello per il calcolo della distanza si trova all'esterno.»

«Ci sono molte cose che io posso fare, Leto, e che tu non sai.» Mi diverte troppo la sua faccia mentre la gravità ci schiaccia sul sedile e le stelle intorno a noi si deformano in scie appuntite che illuminano a giorno l'abitacolo.

«Che mi venga un colpo, diavolo di un Jedi!» Esclama il giovane duca, guardandosi attorno con stupore infantile sul viso. «Come lo spiegherai questo ad Antilles, domattina?»

«Basta a ciascun giorno il suo affanno. Adesso smetti di parlare e vieni qui. Non merito di essere ricompensato per tutte le premure che ti ho dedicato?»

Detto fatto, Altezza si inginocchia e io, con il capo reclinato sul sedile e il corpo mollemente rilassato, mi godo le sue mani e la sua bocca sfiorare ogni centimetro della mia pelle. L'appassionata serie di preliminari impareggiabili si conclude con una fellatio galattica che mi strappa più di qualche imprecazione mentre, occhi alla volta che stride nell'iperspazio, sono certo di stare esplorando sistemi non ancora conosciuti.

Ansante ed eccitatissimo riprendo il mio principe tra le braccia e lo volto di schiena «tocca a te vedere le stelle ora, sei pronto?» Gli sussurro in un orecchio mentre lui preme il mio palmo sulla sua virilità.

«Ti supplico, comandante, adesso, altrimenti verrò nella tua mano come un ragazzino.»

«Sei un ragazzino, Altezza. Lo sei. E sei adorabile.» In un unico movimento fluido gli afferro i fianchi e lo faccio accomodare seduto sul mio grembo. Solletico il solco delle natiche con la punta della mia erezione adeguatamente lubrificata. Lo abituo piano. Entro un poco alla volta e mi fermo. Nel mentre gli bacio la schiena, i capelli, una spalla, una tempia. E piano spingo mentre le dita delle mie mani carezzano il suo viso, le labbra, la mascella. Scendono sul petto, cui mi dedico a lungo, e poi sull'inguine maschile. Tra la peluria bruna l'asta liscia e calda spicca. Mi dedico ai testicoli, anch'essi turgidi di piacere. Gioco con il sacchetto morbido e vellutato che li racchiude come un tesoro prezioso. Mille carezze. I suoi lamenti, le sue mani strette sulle mie accompagnano ogni movimento.

A ogni spinta entro un po' di più, mentre i denti graffiano la spalla del mio principe e inalo il suo odore buono. Lui si irrigidisce e lo calmo accarezzandolo tutto mentre lo tengo stretto al mio petto sussurrandogli di rilassarsi. So che è difficile. È così stretto e devo trattenermi ogni volta per non arrivare immediatamente al culmine. Mi concentro sul piacere che voglio dare a lui. Carezzo la sua intimità di continuo, voglio che si concentri totalmente sul suo piacere. Lascio che sia lui a discendere, a muoversi quando se la sente. E quando è quasi al culmine si china di quarantacinque gradi in avanti, fa leva sulle pulsantiere e io lo assecondo riempiendolo perfettamente. Non esiste al mondo una sensazione di pienezza così totale. Vedo le stelle e non in senso metaforico. Sono certo di essere nato per colmarlo perfettamente. Più che sicuro che nessun altro posto è mai stato l'incastro così perfetto che si adatta a me.

Ci muoviamo sincroni, lo stringo nel palmo. Non c'è più posto per le parole, solo per i respiri spezzati di entrambi. A ogni suo lamento spingo di più. Ancora e ancora. Viso contro viso viaggiamo nell'iperspazio. Vorrei non fare più ritorno e congelare il tempo mentre affondo, colpo su colpo, nel corpo del mio principe che rilascia una cascata calda nella mia mano. Appena il tempo di rendermi conto dell'espressione d'estasi totale che ha sul viso imbambolato che fissa la volta celeste, e anch'io riverso dentro lui la mia eccitazione. Sudati, ansanti, restiamo stretti, fermo immagine di una passione bruciante e pulsante di vita.

I nostri liquidi corporei hanno lasciato la loro traccia vischiosa e zuccherina ovunque. Mi ingegno come posso e tento di ripulire con dell'acqua presa da una bottiglietta e il lembo di una camicia i segni del desiderio incontenibile che consuma me e il giovane duca.

Non ho tempo di farlo perché lui mi assale alle spalle, famelico di regalarsi e regalarmi una esperienza altrettanto profonda e intensa. Mi ritrovo a gemere, pochi attimi dopo, sotto di lui.

Prono sul sedile, lo lascio affondare in me in un unico colpo. Non deve abituarmi, con me non ce n'è bisogno. I suoi fianchi asciutti martellano contro le mie natiche. Le sue mani mi regalano carezze e piacere dal viso all'inguine.

«Sei diventato bravo, Altezza. Molto bravo. Sei un fenomeno del sesso», mormoro a tratti, la voce rotta dagli indecenti ansiti testimoni di una lussuria che mi scuote violentemente. Abilissimo titilla i capezzoli contemporaneamente, mentre sento pulsare la sua lunghezza dentro di me, seguita dal liquido caldo che inietta. Una scarica elettrica si dirama dagli apici scuri sul mio petto al pube e il mio seme pulsa nel suo palmo. Urlo come un adolescente alla sua prima volta. Non riesco a trattenermi. Non resisto.

Mi giro verso di lui e lo trascino sulla mia bocca in un bacio lungo, disperato, affamato. «Leto, Leto... sei stupendo e io... io...» ha gli occhi pieni di lacrime, come ogni volta che siamo insieme. «Leto, non è mai stato così bello con nessuno, prima. Mai.»

Mi abbandono, le braccia lasciano la presa sul sedile cui ero aggrappato. Ricado sul pavimento, ma lui mi sorregge, mi stringe, mi bacia fino a togliermi il respiro. Terminato il salto siamo stelle fluttuanti in una porzione di spazio che appartiene solo a noi, dove posso amare liberamente chi voglio, senza regole e imposizioni.

L'amore è un gioco in cui non vinci mai, ma di cui non puoi fare a meno.

Mi mancherà tutto del mio principe e ho voluto che quest'ultima notte fosse indimenticabile. L'ho amato tra le stelle, testimoni silenziose di desideri impronunciabili sulle labbra che scottano.
Ci stringiamo ancora, - come posso separarmi dalla tua pelle fusa alla mia in un solo infinito atto d'amore che il mondo rinnega e non può capire? Come?

Lo stringo ancora, dopo esserci rivestiti e fa male questo tessuto che imprigiona la mia pelle fatta solo per la sua. Ancora qualche istante prima di atterrare agli hangar. Lo tengo in grembo e gli abiti tirano. Voglio solo la sua pelle, dorata appena dal sole, sulla mia.

Le mani si sfiorano sulla cloche. Piove ancora su Chandrila. Il temporale lava via ogni traccia. Con i piedi per terra e il cuore fermo tra le stelle, percorriamo in silenzio i passi che ci dividono dall'uscita dell'hangar.

«Poe, io non ho mai fatto l'amore prima di te, mai.»

Resto in silenzio mentre abbassa gli occhi e se ne va. Gli afferro il polso e lo inchiodo alla parete dell'hangar. Bocca contro bocca, respiro nel respiro Non posso dirtelo con le parole, non posso. Però le mani, i baci tutto urla ciò che sento per te, piccolo principe. Ti strappo a morsi sulle labbra e sulla pelle la malinconia che non ti lascia mai quegli occhi belli, luminosi di una speranza che non spegnerò.

«Ho paura, Poe. Ora che devo separarmi da te ne ho. E se morissi? Ho paura, Poe, ho tanta paura. Non sono pronto. Voglio essere solo un ragazzo, che ama un altro ragazzo. Non ho chiesto la guerra, non voglio salvare il mondo.»

Lo abbraccio forte, lo calmo carezzandogli i lunghi capelli. «Non morirai, Leto, te lo prometto. Guardami. Tu non morirai. Diventerai adulto, ti innamorerai ancora, avrai una famiglia e vivrai a lungo. Io te lo prometto, sarà così.»

È mattino presto. Il saluto alle reclute è d'obbligo. Prendiamo commiato da una brillante squadra di cadetti. Ci cerchiamo gli occhi tutto il tempo, anche se indosso gli occhiali scuri per non mostrare le occhiaie di una notte insonne e tormentata.

È il nostro momento, l'ultimo. Ti avvicini e un nodo mi stringe la gola. «Comandante Dameron, è stato un onore volare con voi. Spero di rivedervi un giorno». I tuoi occhi tremanti di un'emozione incontenibile.

«Onore mio, duca Atreides, avervi istruito personalmente. Vostro padre ha affidato la vostra vita nelle mie mani e l'ho trattata come fosse la mia stessa. Mi auguro di rivedervi, Altezza».

La mano destra rapidamente alla fronte sancisce il saluto più doloroso che abbia mai pronunciato. Addio, Leto.

Addio giovane amore che fugge via. Addio vita che scivola via nel ricordo delle carezze proibite che mai scorderò. Io... io spero di rivederti, Altezza.

Fine.

Spazio Autrice

Eccoci giunti all'epilogo di questa parentesi estiva molto calda, ma tutto sommato anche ricca di sentimenti. Per chiudere mi sembrava giusto dare voce a Poe, altro protagonista di questo duo focoso e improbabile.

Due giovani nel pieno della virilità e della gioventù, che danno voce alla passione dettata da cuori sinceri.

Nella speranza che la #dunepilot abbia fatto breccia nel vostro cuore.
A presto.

E no, Poe non è un jedi. Resta solo un pilota fenomenale e irriverente che ogni tanto gioca con la Forza. La meditazione non fa per lui. Meglio saltare su un caccia e sparare a destra e a manca.

A presto,

Nives ♥️ .

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