Connessioni
Il ragazzo posa in terra, con lentezza, il diario che tiene tra le mani tremanti, tenendole bene in vista. Si volta verso il suo interlocutore e
due smeraldi, feriti da un flebile raggio di luna che balugina attraverso il buio, fissano in maniera ferina il generale della Resistenza.
«Chi sei tu? E che fai qui?»
L'altro emette un mezzo verso simile a una risata sarcastica, voltando lo sguardo lateralmente per un momento. Poi torna a fissare la canna del blaster puntato a pochi metri dalla sua faccia, chiuso in un silenzio ermetico.
«Mi sfidi, ragazzino? Parla! Che vuoi?»
«C'è poco da dire, generale. Devi molto a mio padre. Solo questo so. E di certo lo sai anche tu, perciò ti nascondi!»
«Come osi?»
«Come osi, tu? Mio padre credeva in te, si fidava di te, mentre lui è stato solo un diversivo nella monotonia.»
«Tu non sai niente!» tuona Poe Dameron, avvicinando il blaster al viso del ragazzo.
«Un eroe, chi ti descrive così ti sopravvaluta. Un eroe che punta un blaster al viso di un ragazzo. Mio padre mi ha avvisato di non farmi illusioni su di te, del resto.»
Poe abbassa l'arma «Leggittima difesa. Ho trovato un intruso nel mio alloggio, a frugare tra le mie cose. Non avevo la sfera di cristallo che potesse predirmi di avere di fronte il figlio del principino.»
«Non ti azzardare a chiamarlo nel modo in cui eri solito fare durante i tuoi sporchi giochetti.»
Poe infila il blaster nella fondina, dopo averlo assicurato. «Sporchi giochetti?» ridacchia «te l'ha detto lui?»
Paul, con uno scatto improvviso, sorprende Poe, scaraventandolo contro la parete «Brutto figlio di... io ti...» lo minaccia, premendogli una mano sulla gola, ma il generale della Resistenza si libera, assestando una ginocchiata nello stomaco al ragazzo, e ribalta le loro posizioni costringendo Paul faccia alla parete e mani bloccate dietro la schiena.
«Tu non sei impertinente come tuo padre, sei anche peggio di lui.»
«Non nominarlo, non ne sei degno. In tutta la tua inutile vita non sarai mai nemmeno un decimo di quello che è lui» ringhia Paul come un animale in gabbia, interrompendo il suo avversario.
«Se fosse così, non saresti venuto a cercarmi. E ora datti una calmata, sua isteria, che qui l'unico ad avere il diritto di essere arrabbiato sono io». Poe strattona il ragazzetto, come un fuscello, benché quest'ultimo superi in statura il generale della Resistenza. Lo forza a sedersi sulla branda, polsi legati con la cintura dei propri pantaloni. «Parla, avanti. Che vuoi da me? Finn e D'Acy hanno già detto che ti aiuteranno. Perché vuoi me?»
Paul, a capo chino, freme e macina disprezzo verso colui che considera un vigliacco farabutto. «Odio doverlo ammettere, ma mio padre ha bisogno di te» mormora il giovane Atréides con un filo di voce pregna di frustrazione.
«No no, lui non ha bisogno di me. Tu volevi delle risposte, tutto qui. La tua curiosità è soddisfatta?» ironizza amaro Dameron.
Allora Paul alza gli occhi e soffia dalle narici come un toro pronto a caricare l'antagonista «Mio padre aveva ragione: è sempre tutto un gioco per te. La vita di un intero popolo è un gioco. Mi aveva detto di non venire.»
«Tu ci hai visti!» gli urla Poe «non avresti dovuto. Non ne avevi il diritto. È solo questo che ti spinge qui.»
«Tu che ne sai?» gli sibila Paul.
«Quella diavoleria delle visioni che ti hanno insegnato le sorelle del Bene Gesserit»
«Non mi hanno insegnato niente. Si sono manifestate da sole. E tu... lo sai, jedi rinnegato.»
«Io non sono un jedi.»
«Continua a mentire a te stesso e agli altri. A me non frega niente di chi sei. So solo che mio padre ha bisogno del tuo aiuto. E che tu glielo devi.»
«Questa conversazione è diventata noiosa.» Poe libera i polsi del ragazzo, il quale si alza di scatto dalla branda, dirigendosi all'esterno della capanna.
«Sogni d'oro, vossignoria» gli fa eco Poe mentre, di gran carriera, il giovane Atréides torna alla propria nave.
Attento a non svegliare Hawat, sgattaiola fino alla sua cuccetta, dove però non può prendere sonno. L'incontro-scontro con Dameron gli ha lasciato tanta amarezza. La loro conversazione non ha sortito effetto. Paul voleva solo vomitare addosso a Capo Nero tutto il disgusto per la sua persona, per aver irriso i sentimenti di suo padre, all'epoca in cui era un ragazzo ingenuo. Eppure, mentre non può chiudere occhio per la troppa adrenalina che scorre nelle vene, ripensa alle parole trovate nelle del pagine dell'incriminato memoriale di Dameron.
Dall'altra parte dell'accampamento, su Ajan Kloss, Poe siede sull'erba, fuori del suo alloggio. Tra le mani rigira le pagine che Paul ha volontariamente lasciato aperte, posando il diario in terra. Alcune più datate, altre appena scritte. Scorre le dita sulla grana ingiallita e ruvida di quel quadernetto sdrucito. La rabbia di Paul gli ha fatto male, ma che altro poteva pretendere. Chi avrebbe potuto mai tollerare una relazione omosessuale tra un nobile e un ufficiale, nel mezzo di una guerra? Le narici pizzicano e, agli angoli degli occhi, la nostalgia per quello che non fu scava pieghe più profonde di una solitudine antica, non richiesta ma necessaria. Attiva il comlink e pronuncia poche parole all'indirizzo del giovane duca di Caladan «Di' a tuo padre che ci sarò.»
Dietro di sé sente lo scalpiccio degli stivali che affondano nell'erba intrisa di rugiada. «È la giusta decisione, Poe» gli fa eco Finn, sedendosi accanto a Capo Nero. «Credo tu abbia un conto in sospeso che è ora di saldare.»
Poe si passa una mano tra i capelli, espirando rumorosamente «Ti prego, Finn, non ti ci mettere anche tu.»
«Tranquillo, amico, non sono qui per farti la paternale o cose simili. Sono stato duro con te, prima.»
«Sì? Beh, meglio tardi che mai.»
«Non ostinarti a reprimere ciò che senti, Poe.»
Quello gli si fa più prossimo e sibila «Finn, tu che ne sai di quello che provo io, eh? Sentiamo!»
L'ex assaltatore abbassa lo sguardo. È contento che il buio possa celare la delusione che ha stampata chiara in volto. «Lo capisco più di quanto non ammetteresti nemmeno sotto tortura» mormora mesto.
«Mmh, ecco, bravo. E cosa capisci? Mai sentito di prigionieri torturati fino alla morte per certi orientamenti, mio caro?» grugnisce caustico Capo Nero.
«Ora non più però» risolleva lo sguardo e la voce si riaccende di speranza «ora non più Poe. I tempi sono cambiati, sono maturi, e siamo liberi.»
«Siamo?» il pilota sgrana gli occhi «che vuoi dire? Spiegati, sono tutt'orecchi.»
Il generale dalla pelle d'ebano corruccia le sopracciglia «La tua incapacità di capire, di-di comprendere... sei una cosa impossibile, Poe» si risolleva e scuote i pantaloni con le mani e si avvia di ritorno all'avamposto.
«Non te la cavi così, Finn» insiste Capo Nero, seguendo l'altro a passo svelto. Lo afferra per una spalla e lo volta verso di sé «tu, adesso, mi dici cosa dovevi dire a Rey di tanto urgente, che io non potevo sentire.»
«Vai al diavolo» Finn gli scaccia di dosso la mano con la quale Poe lo tiene saldamente per un braccio e fa per andarsene nuovamente, ma poi si blocca e guarda in tralice il suo interlocutore «tu sai molte più cose di quelle che dici.»
«Come te, del resto, uomo del mistero!» allarga le braccia l'altro e inarca un sopracciglio.
«Non c'è mistero più fitto di te, generale» ironizza Finn.
«Non c'è mistero per voi jedi, non fare l'ipocrita.»
«Ah, io ipocrita eh? E tu? Che tieni i tuoi segreti tutti per te?»
«Sei venuto a farti gli affari miei, ex assaltatore, eh? Rispondi!»
«Non più di quanto tu abbia fatto coi miei, contrabbandiere! Lo sai? Avrei dovuto lasciarti nelle mani di Kylo Ren, chi me l'ha fatto fare di rischiare la vita per te. Tanto avresti saputo come liberarti. Di me non avevi e non hai bisogno. Corri dal duca, è lui ad avere bisogno di te!»
«È questo quello che pensi? E sia, Finn. Va' per la tua strada che io vado per la mia. Ti ricordo che tu hai insistito per prestare soccorso agli Atréides. Lo sai? Non posso credere a quello che hai detto. Ti hanno addestrato bene, a quanto pare.»
Ormai il tono del loro screzio ha superato i decibel consentiti. Tutti li sentirebbero nell'accampamento. Entrambi furenti si dirigono ognuno ai propri alloggi. Poco dopo, Poe, disteso sulla branda, pensa alle parole aspre di Finn, rivede i suoi occhi collerici, occhi nei quali giurerebbe di aver scorto la scintilla di un dolore acuto, pungente. Lo stesso che illuminava lo sguardo del giovane Leto, molti anni prima. Medita sul loro litigio. Sono stati entrambi scorretti, leggendo uno la mente dell'altro, senza rivelarsi di esserne capaci. E se da una parte Poe è ferito a causa della sua privacy violata, da Paul prima e da Finn dopo, non può fare a meno di sentirsi in colpa, a sua volta, per non aver mai ammesso apertamente con Finn e Rey di essere anche lui sensibile alla Forza. Ogni volta che Leia, in passato, provava a intavolare quel tipo di discorsi, lui non si è mai sbilanciato.
In una capanna, poco distante, Finn fissa un punto nel vuoto, nella fessura che separa due assi di legno. Su Ajan Kloss fa caldo, un caldo torrido e insopportabile, eppure lui non ha mai sentito tanto freddo.
Angolo Autrice:
Bene, eccoci a un nuovo capitolo. Paul deve fare i conti con la rabbia mista alla frustrazione che prova verso il passato segreto di suo padre e colui che ne è stato protagonista: Poe Dameron.
Dall'altro lato anche i due co-generali della Resistenza, Finn e Poe non si dicono la verità e la loro amicizia sembra al capolinea, irrimediabilmente incrinata da incomprensioni e mancanza di chiarezza.
Ora che la guerra sembra essere alle spalle, è giunta l'ora di guardare dentro la propria vita e quella dei nostri protagonisti sembra un ammasso informe di materia che sta per essere risucchiata da un buco nero.
Come sempre, mi farà piacere sapere che ne pensate, se vi va. Se i discorsi filano lisci, se seguire questa storia che si snoda attraverso più filoni vi risulta difficile. I vostri consigli sono preziosi. Grazie a chi mi segue.
A presto 🧡.
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