uno: -Chi parla?-


La felicità è solo un momento di intervallo
tra un male e l'altro

Giacomo Leopardi

GP DI ABU DHABI, DICEMBRE 2026

-Chérie? Sei pronta?- domanda Charles mentre mi sto allacciando le scarpe.

Ovvio che sono pronta, solo che l'essere statuario che ho il privilegio di chiamare fidanzato è fin troppo eccitato per i miei gusti.

Siamo agli sgoccioli di questo mondiale, Charles è in corsa per il titolo di campione del mondo e non potrebbe già essere più teso di così.

Se poi ci aggiungiamo il fatto che a detta sua sono in ritardo colossale, stiamo freschi.

-Io sono prontissima. Ti sei reso conto di avere la maglietta al contrario, vero?- domando mentre sul mio viso spunta un sorriso, il monegasco spalanca gli occhi e velocemente si sistema la maglietta beandomi della vista del suo fisico.

Sì, non ci sono ancora abituata anche se stiamo insieme da quasi cinque anni.

Conosco ogni centimetro cubo del suo corpo eppure mi stupisco ancora di quanto sia bello, di come i suoi muscoli si rilassino sotto il mio tocco e di come, quando passo lentamente le dita da qualche parte, gli venga la pelle d'oca.

Io e Charles ci siamo conosciuti per caso e in modo abbastanza caotico.

L'azienda di moda per cui lavoravo all'epoca dei fatti ma di cui ora sono direttrice creativa mi aveva comunicato che a momenti sarebbe arrivato il nuovo ambasciatore della nostra marca.

Vanitas, la nostra azienda, in quel periodo era sulla bocca di tutti, in poco tempo vestivamo le migliori celebrità da Kylie Jenner passando per Meg Follows fino ad arrivare a Ryan Gosling.

Quella volta mi sono fatta firmare un autografo che ora custodisco gelosamente, ammetto che in quel momento mi ero sentita onorata e per giorni ho faticato a credere di aver creato abiti per Ryan Gosling.

Ryan Gosling! Ci credete?!

Camminavo per i corridoi, consapevole di essere in ritardo, avevo il telefono appoggiato all'orecchio e discutevo con quello che al tempo era il direttore creativo per il fatto che un abito che avevo disegnato fosse troppo appariscente.

-Senti Theo, Gwen Stefani è stata trasparente come l'acqua. Ha detto di voler brillare come una palla da discoteca, cosa vuoi che faccia?- sbraitavo mentre nell'altra mano avevo il mio ordine di Starbucks.

Era un caffè bollente con due muffin stracolmi di cioccolato, sapevo che poi mi sarei richiusa in bagno per mangiarli alla velocità della luce ma la vocina dentro la mia testa mi aveva detto di prenderne due.

Non pensare che mangerai solo quei due! Abbiamo un'intera scatola di Ferrero Rocher, che ne dici se la mangiamo tutta?

Avevo provato a zittirla ma si era fatta più forte e nel frattempo mi stavo pregustando l'idea di crema alla nocciola sulle mie papille gustative.

-Cara la mia stilista, Gwen Stefani cambia idea ogni minuto della giornata. Togli tutti questi strass, scommetto che quando lo vedrà meno brillante esploderà di gioia!- esclamò Theo dall'altra parte della cornetta.

Theo era un ragazzo bisbetico, i suoi atteggiamenti lasciavano trapelare da ogni poro che fosse omosessuale ma per me non era di certo un problema e nemmeno per l'intera azienda.

Solo che ciò che dava fastidio a chiunque gli stesse intorno era il suo atteggiamento da primadonna e da maniaco del controllo.

-Assolutamente no! Sai quante notti ho passato a disegnare quel vestito? Con quella coda, inoltre, che è la cosa migliore che io abbia mai realizzato in tutta la mia carriera?! Chiama Gwen e dille di dare un'occhiata al mio lavoro. Se non le piacerà, seguirò le tue direttive- dissi mentre mi infilai nell'ascensore vuoto.

-E mi porterai il pranzo per un mese, ci stai?-  chiese lo sbruffone dall'altra parte, aumentai il passo per dirigermi verso la sala conferenze il più velocemente possibile mentre la morsa della fame mi stava maciullando lo stomaco.

Vuoi muoverti? O devo ricordati dei deliziosi dolcetti al cioccolato che ci aspettano?

-Accetto, in caso contrario, lo farai tu per me- lo stuzzicai, dall'altra parte sentii una risata e dopo un ci sto, novellina Theo chiuse la chiamata.

Osservando il mio telefono non mi resi conto che qualcuno stava percorrendo il corridoio in direzione opposta alla mia, lo centrai in pieno mentre il caffè bollente mi segnò la camicia bianca firmata dall'azienda.

-Oddio, brucia come l'Inferno!- strillai mentre con due dita mi sollevai la camicia per evitare che il tessuto pregno di caffè mi ustionasse la pelle.

-Mi dispiace davvero tanto! Posso...- si affrettò la persona davanti a me e quando alzai lo sguardo verso di lui notai che aveva un'espressione davvero dispiaciuta ma io ero acciecata dalla rabbia.

-Va bene, ti perdono. Ora scusami ma non ho tempo!- affermai con i nervi a fiori di pelle e un istinto di omicidio; mi allontanai da lui ma nel mentre la sua voce risuonò nel corridoio:-Sai per caso dirmi dove...-

Con uno scatto, girai sui tacchi e con un ticchettio ad ogni passo mi avvicinai al ragazzo che avevo constatato essere un perfetto modello ma il suo viso non rendeva giustizia ad altri con cui avevo lavorato.

-Senti, oggi sono già partita con il piede sbagliato e ti ho detto che non ho tempo. Se cerchi qualcosa, guarda le cartine in fondo ad ogni corridoio, sono lì per un motivo- conclusi con un piccolo sorriso per poi avviarmi nel bagno più vicino e dare un'occhiata al mio stato.

Mi osservai allo specchio e potei confermare di essere in uno stato pietoso, la macchia di caffè spiccava come un gatto nero nella neve e il mio viso era più rosso di un pomodoro.

Mi sciacquai la faccia e prima di riflettere a fondo, mi ero chiusa a chiave in bagno e avevo divorato velocemente i due muffin, mi leccai per bene la dita sporche di cioccolato.

Buoni eh? Ma ora non ti senti un po'... come dire? In colpa? Forse dovresti toglierli dal suo corpo. Hai sbagliato e ne sei consapevole.

-Vaffanculo, non oggi!- sbottai aprendo la porta del bagno e gettando nel cestino il sacchetto che conteneva i dolcetti che ora si trovavano nel mio stomaco.

Come vuoi tu, cara. Ne parliamo più tardi.

-Sta zitta- borbottai uscendo dal bagno e dirigendomi in fondo al corridoio dove si trovava la sala conferenze.

Bussai alla porta e in pochi secondi mi venne permesso di entrare mentre il pezzo grosso dell'azienda era seduto al tavolo di vetro in linea diretta con il mio sguardo.

-Lia, alla buon'ora! Che diavolo hai combinato alla camicia?- chiese sbigottito l'uomo con la calvizie in rapido sviluppo, talmente tanto rapido che perdeva ciocche di capelli ogni giorno.

Alzai gli occhi al cielo e commisi il grande errore di non osservare chi ci fosse seduto al tavolo oltre a lui e qualche altro collaboratore.

-Sono stata urtata da un'idiota che non aveva il minimo senso dello stile- dissi per poi osservare il plico di fogli che mi era stato messo davanti, mi sarebbe stato necessario per prendere appunti e annotare eventuali considerazioni.

-Temo che con idiota intenda me- proferì la voce che avevo già sentito qualche istante prima, spalancai gli occhi e trovai davanti a me il ragazzo di cui non sapevo ancora il nome.

Alla luce dell'ufficio, le sue occhiaie erano ancora più accentuate di quanto avevo visto in precedenza, al mignolo della mano destra portava un anello nero che continuava a far girare con un altro dito e al polso della stessa mano un braccialetto di perline nere.

Nervosismo, capivo bene quella sensazione. Al posto suo avrei preso a giocare con l'elastico che porto al polso e con cui mi lego i capelli.

-Possiamo cercare di dimenticare questo inconveniente e lavorare seriamente?- chiese la donna posta di fianco al ragazzo moro.

-Assolutamente sì!- esclamò il capo mentre mi sistemai sulla sedia e mi misi all'ascolto.

La manager iniziò a parlare fitto fitto, voleva una linea che comunicasse a chiunque chi fosse Charles Leclerc, il quale giostrava le sue giornate tra Formula Uno, alpinismo, immersioni e chi più ne ha più le metta.

-Suona il pianoforte e a volte la chitarra, inoltre...- continuò la donna mentre cercavo di appuntarmi qualsiasi cosa uscisse dalla sua bocca.

-Fermiamoci un momento, vi prego- supplicai appoggiando la matita sul tavolino e massaggiandomi le tempie con le mani.

La manager di Charles era un'autentica macchinetta, sparava parole a raffica e io faticavo a stare al passo con le qualità del ragazzo davanti a me.

-Credo che risolveremo la questione molto prima se mi venisse elencato ciò che non è in grado di fare- sospirai con un piccolo sorriso e passando lo sguardo tra tutti i membri seduti al tavolo.

-Oh, in tal caso...- riprese a parlare la donna, ormai irritata dalla sua voce, alzai la testa di scatto e fermai la donna con un gesto.

-Per chi devo realizzare la collezione? Per lui o per lei?- sferrai acida, nel frattempo il mio stomaco aveva iniziato a brontolare e a protestare contro i due muffin divorati troppo in fretta.

-Gradirei che fosse il signor Leclerc a parlare, se non le arreca problema- conclusi portando lo sguardo sul ragazzo davanti a me, la donna aveva assunto un'espressione seccata ma quella di Charles sembrava quasi divertita.

-Beh, sono un pessimo cuoco. Il massimo che posso preparare è la pasta in bianco- ridacchio lui mentre mi morsi la lingua per non dire nulla.

Praticamente viveva a Maranello e non sapeva cucinare nulla! Io dico, qualche condimento per lo meno! Avrei accettato anche il tonno sott'olio!

-D'accordo- terminai appuntandomi seguenti parole.

L'idiota privo di stile non sa cucinare ma è carino.

E alla fine di quella giornata, Gwen Stefani stravedeva per il mio vestito pieno di strass.


Piano piano avevo iniziato a prendere parte ad alcuni degli impegni di Charles, avevo assistito a qualche gara in cui aveva anche vinto.

Aveva sempre un sorriso enorme, gli spuntavano le fossette e la sera, quando tiravamo le somme della giornata aveva gli occhi che luccicavano. Parlava di degrado delle gomme o di altro? Aveva una luce negli occhi che sarebbe bastata ad illuminare l'intero circuito.

Mentre lui girava in pista e si divertiva, io rimanevo seduta nel privé della scuderia a disegnare bozzetti sul mio tablet. Prendevo ispirazione dalla forma delle ali aerodinamiche, dallo stemma del cavallino che brillava ovunque mi girassi e dai tifosi che esultavano a gran voce.

Ho anche assistito a distanza a una delle sue immersioni, l'ho definito pazzo, non avrei mai osato immergermi nelle profondità dell'acqua e guardarmi in giro come faceva lui; per non parlare di quella volte che mi ha trascinata sulle Dolomiti, non ne parleremo!

Vi dico solo che al posto di sciare, gli ho tirato una palla di neve sulla pancia e un'altra in pieno viso, inutile dire che in seguito ero stata ricoperta di neve dalla testa ai piedi.

L'ho visto suonare il pianoforte ed è stato lì che qualcosa è scattato, anche io da piccola avevo suonato quello strumento ma con il tempo avevo perso l'abitudine; ogni tanto mi perdevo pensando alle canzoncine allegre che suonavo da bambina.

Le sue mani scorrevano perfettamente sulla tastiera, componendo melodie a me estranee ma dannatamente orecchiabili. Caspita, era bravissimo.

Sarei potuta rimanere ad ascoltarlo per ore.

Mentre Charles continuava a suonare, io mi ero posta in un angolo accanto al pianoforte e avevo iniziato a disegnare, con la musica in sottofondo mi risultava più facile mettere su carta ciò che frullava nella mia testa.

Ogni tanto mi fermavo ad osservarlo.

Mi prendevo tutto il tempo necessario per osservare la piccola gobba sul naso, lo sguardo concentrato, i capelli corvini un po' ribelli e la piccola smorfia che compariva sul suo viso quando sbagliava una nota.

-Perché hai smesso di suonare?- chiesi preoccupata quando le sue dita si fermarono e la musica cessò di diffondersi per il salotto. Mi ero sentita smarrita, senza le note musicali.

-Sai suonare?- domandò lui mentre spegnevo il tablet e rimanevo ad osservarlo con le braccia conserte, velocemente formulai la risposta:-Da bambina, con la mia gemella-

-Vieni qui- affermò Charles con un tono di voce che mi fece tremare le gambe mentre mi avvicinavo al pianoforte, Charles mi fece spazio e mi sedetti sullo sgabello.

La mia spalla premeva contro la sua e potevo avvertire il calore che passava attraverso il tessuto leggero della manica della maglietta.

-Pensi di ricordarti qualcosa?- chiese sottovoce come se volesse far rimanere quel momento solo tra noi due, con lo sguardo fisso sulla tastiera scossi la testa e risposi che a braccio non sarei mai stata capace di suonare nulla.

-Dovrei avere degli spartiti, aspetta un momento- sentenziò alzandosi dallo sgabello e mettendosi a cercare in una cassettiera che si trovava nel salotto, ne estrasse dei fogli simili a quelli che l'istruttore di pianoforte dava a me e mia sorella.

Non glielo dissi mai, ma il brano che mi mise sotto gli occhi lo avevo suonato tantissime volte. Era uno dei tre brani facili da suonare a quattro mani di Stravinskij, uno dei primi che io e mia sorella avevamo suonato assieme per divertirci.

Dopo aver dato un'occhiata allo spartito, iniziai a muovere le dita sulla tastiera mentre anche le sue mani si posavano sui tasti bianchi e neri con un accompagnamento perfetto.

Era tutto magnifico.

C'eravamo solo io e lui in quella stanza, lui non era più il pilota di Formula Uno e io non ero più la stilista di Vanitas.

Eravamo due ragazzi che si stavano divertendo a modo loro, la sua gamba destra aderiva alla mia sinistra e il contatto con il suo corpo era una sensazione paradisiaca.

Al termine del brano, avevo ancora le mani ferme sui tasti ma volsi lo sguardo verso di lui per sapere come era andata, dopo un veloce sguardo il suo viso si avvicinò al mio lasciandomi un morbido bacio sulle labbra.

Da lì, senza dirlo a voce alta era iniziata la nostra relazione, avevamo iniziato a vederci al di fuori dei nostri impegni lavorativi, mi aveva presentato la sua famiglia e mi ero trasferita a Montecarlo con lui.

Con Vanitas lavoravo a distanza, continuavo a disegnare abiti meravigliosi per alcune star che passavano sul Red Carpet o a tante altre premier di film.

Ed ecco come siamo giunti qui, quasi cinque anni dopo.

-Cosa farei se non ci fossi tu, Lia?- chiede lasciandomi un bacio sulla fronte, rido quando sento l'accenno di barba solleticarmi la pelle e lo intimo a muoversi.

Usciamo dall'hotel e velocemente raggiungiamo l'ultimo circuito dell'anno, quello che coronerà il campione del mondo della stagione.

È stato un anno fuori dal comune, fino allo scorso weekend tre persone erano favorite alla vittoria del titolo: Charles, Max Verstappen e a sorpresa di chiunque, Lando Norris sulla McLaren.

E ora sono rimasti solo Charles e Lando.

La scuderia inglese aveva migliorato notevolmente le sue prestazioni, arrivando ad essere tra le tre maggiori potenze del mondiale.

Peggiori erano le condizioni della Mercedes.

Con i cambi di regolamenti, di membri interni alla scuderia e tante altre variabili, il team tedesco non stava macinando così tante vittorie come prima.

-Sei teso come una corda di violino! Prova a rilassarti- gli dico stringendo la sua mano mentre entriamo nel paddock zeppo di giornalisti, fotografi e celebrità.

Sono abituata ai flash ma tengo comunque gli occhiali da sole per evitare di essere acciecata.

-È difficile quando sei in corsa per il titolo- borbotta lui, mi stringe più saldamente la mano e ci dirigiamo nel box Ferrari.

Raggiungo Isa, la moglie di Carlos, in poco tempo i piloti hanno iniziato a uscire dai loro box per prendere parte alla drivers' parade.

Non hai un po' fame?

No, non ho fame. Piantala.

Sei tesa, stai per perdere il controllo. C'è la caffetteria giù, possiamo sempre prendere una di quelle paste burrose che ti piacciono tanto!

Ho detto di no!

So che prima o poi cederai.

Non oggi, non nella giornata di Charles.

Mi mordicchio le unghie mentre mi osservo attentamente attorno cercando qualcosa che non mi faccia venire l'istinto di camminare verso la caffetteria e svaligiarla.

I due piloti Ferrari si stanno preparando, stanno indossando le tute e rivolgendo le ultime parole ai loro ingegneri di pista.

Una volta concluse le chiacchiere con il suo ingegnere, Charles si avvicina verso di me e mi lascia un bacio seguito da un sorriso.

È una sorta di rito per lui, quelle volte che non ero presente alle gare per impegni di lavoro come quella volta che mi trovavo a Parigi per il lancio della nuova collezione primavera-estate mentre lui era in Bahrein, è successo che è andato tutto male.

-Spacca tutto- mimo con le labbra, Charles mi risponde con un occhiolino e successivamente si infila il casco e il suo viso sparisce dalla mia vista.

Qualche ora più tardi.

-È una bella coppa!- esclamo osservando meglio il trofeo su cui riesco a vedere il riflesso del mio viso.

Finalmente posso dirlo.

Charles Leclerc è campione del mondo.

-Mai quanto te- risponde il pilota numero sedici lasciandomi un bacio sulla tempia, è stato festeggiato per tutta la sera come è degno di un campione.

-Vado a farmi una doccia ma se non ti dispiace, più tardi potrai raggiungermi- bisbiglia vicino al mio orecchio mentre percepisco che ogni punto della mia pelle si copre di brividi.

-Ci penserò- concludo, lo sento ridacchiare e successivamente si dirige verso il bagno, nel frattempo rimango un paio di minuti seduta sul letto a scorrere nella mia galleria osservando alcune foto scattate poco fa.

Il cellulare di Charles squilla e sullo schermo compare il nome di Nico, un amico che io e Charles abbiamo in comune. Hanno chiamato tutti, da Riccardo e Marta fino a Joris.

La persona che manca all'appello è proprio Nico.

Non ho bisogno del permesso di Charles per rispondere, lui non ha niente da nascondere così come io non ho niente di cui deve essere tenuto all'oscuro.

Premo il tasto verde e quando rispondo alla chiamata, la voce che mi giunge alle orecchie non mi è familiare.

È una donna e sta urlando, fin troppo per i miei gusti.

-Charles? Dobbiamo festeggiare in modo superspeciale! Ho voglia di vederti- trilla la voce femminile dall'altra parte mentre io rimango seduta sul letto con gli occhi sgranati.

Charles non ha amiche donne.

Dice che siamo troppo competitive, bisbetiche e pronte a colpirci alle spalle e in effetti non ha tutti i torti, inoltre se anche facesse parte della cerchia di amici di Charles mi ricorderei di lei.

-Chi parla?- chiedo velocemente prima di andare da Charles e infervorarmi con lui, la donna dall'altra parte della linea si è sicuramente bloccata per un momento e capendo di aver combinato un disastro afferma:-Chiamo più tardi-

-No, tu non vai da nessuna parte. Con chi sto parlando?- domando cercando di rimanere il più calma possibile ma sento che sto iniziando a perdere il controllo.

-Sono Nicole, io volevo solo...- dice lei con voce più flebile e sono sicura che questa frase la posso completare da sola.

-Parlare con Charles, bene. Te lo passo subito- esprimo in tono monocorde mentre mi avvio verso il bagno, senza nemmeno bussare apro la porta e nel bagno trovo Charles con un asciugamano in vita e uno sulla testa.

In una situazione diversa da ora, lo guarderei più languidamente e mi concederei qualche sguardo in più del solito ma ora sono infuriata.

Il tono di questa Nicole non era certamente un tono da amica, lo conosco bene. So quante avances sono state fatte a Charles mentre io ero nelle circostanze, ho sentito il loro tono, ho visto come si attorcigliano i capelli attorno al dito e come lo spogliano con gli occhi.

Questa Nicole, solo dalla voce, corrisponde perfettamente alla descrizione e sono sicura che sia anche bionda.

-Mon amour, che succede?- chiede lui come se fosse tutto nella norma, allungo il telefono verso di lui e dico semplicemente rispondi.

Non appena dall'altro capo del telefono risponde Nicole, Charles impallidisce, il rossore causato dal calore della doccia scompare mentre io rimango a fissarlo per un secondo.

In poco tempo ho preso la borsa, il cellulare e sto uscendo dalla stanza dell'hotel. Non può seguirmi senza vestiti e venendomi dietro urlando come un disperato, i media avrebbero tantissima carne sul fuoco.

Uh, so io dove andare, andiamo in quel negozio che vende qualsiasi tipo di cioccolatino esistente e ho anche voglia di Kit Kat, poi passiamo dal supermercato vero?

-Andiamo dove vuoi, basta che ti tappi la bocca- dico mentre entro in ascensore e schiaccio ripetutamente il tasto che mi porta al piano terra.

Non c'è nessuno in giro a quest'ora, sono tutti stanchi dalla stagione appena conclusa e hanno bisogno di riposarsi; entro nel negozio e senza neanche prestare attenzione infilo in un sacchetto un cioccolatino dopo l'altro, senza guardare nemmeno se mi piacciono.

Pago e successivamente mi avvio verso il supermercato, passeggio nelle corsie e mi accorgo che non hanno il Kit Kat originale ma una qualche riproduzione che le somiglia.

Ne prendo tre e mi avvio alla cassa, esco dal supermercato e prendo la strada più lunga per tornare all'hotel, nel frattempo inghiotto avidamente tutto ciò che entra nella mia bocca.

In poco tempo ho terminato i tre Kit Kat di sottomarca e sto raggiungendo la fine del sacchetto di cioccolatini.

Ora torniamo in hotel e lo sai cosa succede, vero? Ci togliamo questo peso! Andrà tutto bene.

Silenziosamente, seguo gli ordini della vocina e a grandi falcate mi avvio verso l'hotel; rapidamente ho salito le scale e sono davanti alla camera che condivido con Charles.

Busso velocemente mentre mi pongo una mano sullo stomaco che brontola troppo per i miei gusti.

Il pilota Ferrari apre velocemente la porta e senza dire una parola cerco di sfuggirgli e di raggiungere il bagno, purtroppo ha già notato gli angoli della bocca sporchi di cioccolato.

-Ti prego Lia, no!- strilla mentre sto cercando di chiudere la porta del bagno, è già capitata altre volte una scena simile, le sue parole erano più per evitare che io ci cadessi dentro nuovamente.

Questa volta però sa che la causa del mio malessere è lui ed è disperato, purtroppo non si ricorda che in un caso del genere dimostro più forza di quanta ne ho normalmente.

Chiudi quella dannata porta e facciamola finita!

Riesco a vincere la resistenza dei suoi muscoli, giro la chiave nella serratura e mentre Charles cerca in tutti i modi di entrare nel bagno, ho lasciato a terra la borsa a tracolla e mi sono inginocchiata davanti al sanitario.

Fallo. Vuoi sentirti libera? Fallo e basta.

Mentre le lacrime mi rigano le guance, mi avvicino le dita alla bocca e dopo essermi stuzzicata un po', mi piego e lascio che tutto ciò che ho mangiato fuoriesca dal mio stomaco.

-Lia, per favore...- singhiozza Charles dall'altro lato della porta, agguanto un pezzo di carta igienica con cui mi asciugo le lacrime mentre un singhiozzo mi fa tremare sul posto.

Pensi di aver finito?

-Posso spiegarti... ma ti prego, smettila- mi supplica ma ormai sono nuovamente chinata mentre il contenuto dello stomaco mi brucia la gola e la bocca.

Ora sei libera. Stai bene.

Mi passo le mani tra i capelli mentre le lacrime continuano a scorrere inesorabili, mi stendo con la schiena sul pavimento gelido del bagno e tremo sia per le lacrime che per il freddo.

Starai bene, Lia. Con me starai sempre bene.

Ciao amici! Come state?
Oggi è il mio compleanno quindi ho deciso di farvi un regalo, ecco a voi il primo capitolo per darvi qualcosa da leggere! Spero che il capitolo vi sia piaciuto e come al solito fatemi sapere cosa ne pensate con un commento o con un messaggio su IG (lucrezia_stories)
Vi voglio bene, tantissimo.
Alla prossima!
Sempre vostra,
-Lucre

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top