Capitolo II

- Ehi! Sirenetta?! Non sei morta vero? - sento una voce irritante parlarmi nelle orecchie.

La ignoro.

- Sirenetta! Sveglia!! Ho la cena! -

A quella parola il mio stomaco brontola portandomi ad aprire un occhio.

Mi trovo quindi il volto del moro davanti al mio e scatto a sedermi, ma con la rapidità usata sbattiamo fronte con fronte.

Lui vacilla indietro premendosi la fronte e io faccio lo stesso con la mia.

Ora molto meno intontita di sonno mi rendo conto.

Mi ero dimenticata di essere in gabbia.

Mi ero addormentata.

Di nuovo.

È colpa di questo se ora sono qui.

- Sei impazzita?! Volevi farmi fuori?! - urla il moro antipatico.

Finalmente lo degno d'attenzione e mi accorgo che è seduto sullo scoglio accanto a me.

- Che ci fai qui nel mio spazio vitale? -

- Oh, brava dai la colpa a me! -

- Perché sei qui? - insisto.

Nemmeno so il suo nome.

Ma visto che a lui non importa il mio io non chiederò il suo.

- Per la tua cena, bella addormentata. Non è che ti sei fatta prendere proprio perché dormivi come ora? -

La mia negazione arriva troppo fulminea e capisce che sto mentendo scoppiando nuovamente a ridere di me.

- Ma dai! Sei davvero scema!! -

Digrignando i denti ignoro il suo insulto.

- Non intendevo perché sei da me, ma il perché tu sia dentro la gabbia. -

- Gabbia? Non ha sbarre. Sei in una vasca. -

- È una gabbia! E perché ci sei dentro? -

- Ho provato a chiamarti da fuori, ma non ti svegliavi. E non ho tutto il tempo del mondo. Non sei il mio unico compito qui. -

- Beh, potresti anche uscire ora. Già è piccola di per sé questa "vasca". -

Mi guarda, ma non si muove.

- Si sta bene qui. -

Sbuffo.

- Cosa c'è per cena? -

Ridacchiando mi poggia davanti un contenitore luccicante.

- Cos'è? -

- Cosa, il secchio? -

- Quindi si chiama secchio questo coso luccicante? -

- Sì, è dentro la tua cena. -

Guardando sopra il bordo sbianco.

- M-ma... è... pesce?! -

- Beh, sì. -

Mi viene da piangere.

Sono pesci morti.

Pesci che avrebbero potuto essere miei amici e questo me li vuole dare da mangiare?!

- Che è quella faccia?! -

Ho un groppo in gola.

- Non sono una foca! O un leone marino o roba simile! Io non mangio i pesci!! - urlo.

Per un attimo mi sembra di vedergli un'espressione sinceramente dispiaciuta, ma sono certa di essermela immaginata perché poi...

- Beh, non lo sapevo. E cosa mangi? -

- Alghe... - sussurro in un singhiozzo.

- Ehi! Non piangere, non l'ho fatto di proposito. -

- Sì, come no... -

- Uffa! Che palle che sei. Senti... se smetti di piangere ti porto un panino. -

Lo guardo confusa.

- Un panino? -

- È cibo umano. -

- Vuoi darmi da mangiare degli umani?! Vi mangiate tra di voi?! - urlo indietreggiando.

- Che?! No! Cibo del mondo umano. Non fatto con gli umani. -

Annuisco leggermente.

- Ma non mi farà male? Tu vuoi avvelenarmi!  -

- Se vuoi ti porto le tue alghe e assaggi un pezzetto piccolo di panino. E che sciocchezze. Come potrei dopo tutta la fatica fatta per prenderti?! -

Perché ora fa il gentile?!

Cioè... mezzo gentile.

Noto una certa accondiscendenza nella sua voce come se davvero si sentisse in colpa per l'accaduto.

Non gli si addice considerando il comportamento tenuto fin'ora.

Senza aspettare una mia risposta esce dalla vasca e sparisce non so dove.

Torna pochi minuti dopo con un altro secchio in una mano e quello che credo essere il famoso panino nell'altra.

Entra nuovamente e si siede accanto a me.

Osservo ogni suo singolo movimento.

Per quanto antipatico è un umano e come tale attira la mia attenzione essendo qualcosa che non conosco.

Nota che lo sto fissando e sorride sornione.

- Che guardi? -

- Quelle... - indico ciò che usa per muoversi.

- Le mie gambe? -

- Gambe... - sussurro continuando a fissarle.

Che nome buffo.

- Sì, gambe. Tu hai la coda ed io le gambe. -

- E questa cosa? - tiro ciò che ricopre le sue gambe.

- Pantaloni. -

- E quelli alla fine delle gambe? Dove io ho le pinne. -

- Scarpe e dentro le scarpe ho i piedi. -

Sono davvero affascinata.

È tutto così nuovo e strano.

Nel regno dove vivo avevo tentato di apprendere di più sul mondo umano, ma è severamente proibito.

Appena provavo a imparare qualcosa mi fermavano e con la scusa che tutto ciò era pericoloso mi tenevano ben distante da ogni informazione.

In più mi ritenevano abbastanza strana visto che, dopo il mio precedente rapimento, invece di temere visceralmente il mondo umano volevo sapere sempre di più.

Forse era perché la bontà di quel ragazzino mi aveva affascinata e incuriosita.

Il moro in fine si leva le scarpe scoprendo i piedi.

Sono così strani, con quei piccoli pezzetti a fine.

Poi si arrotola i pantaloni per immergere parte delle gambe in acqua.

- Sembri una maniaca. - commenta divertito.

Arrossisco.

- Non sono una maniaca! È solo tutto nuovo per me. -

Fa spallucce e mi porge il secchio.

Poi però mi mostra questo panino.

- Allora? Vuoi assaggiare? -

Guardo quel cibo dubbiosa, è con due parti color sabbia all'estremità e dentro ha qualcosa che sembra un'alga, ma anche qualcosa di rosso che non so identificare.

- È con insalata e pomodori. E questo è pane. Assaggi o lo mangio io? -

Sono davvero molto curiosa.

Ma se mi fa male?!

Però un pezzettino...

Mi avvicino al moro e allungando il collo do un morso.

- Oddio!! È buonissimo!! - ribatto con bocca ancora piena.

Scoppia a ridere.

- Che sirenetta strana. Dovresti assaggiare la torta al cioccolato. -

- Esiste qualcosa di più buono di questo panino?! -

Non posso crederci.

- Decisamente. -

Scuoto la testa incredula.

Vorrei mangiarmi tutto il panino, ma è meglio assicurarmi che non mi faccia male.

Mangio quindi le mie alghe ritenendole per la prima volta insapore mentre il moro si finisce quella delizia affianco a me.

- Sai... sei piuttosto curiosa per una che detesta l'idea di essere qui. -

- Essere curiosa e detestare di essere rapita è più che lecito. Sono curiosa perché non ho mai avuto la possibilità di apprendere qualcosa sul vostro mondo, ma ciò non toglie che non mi piaccia esser stata portata qui a forza. -

- Ah, perché se te lo avessero chiesto gentilmente saresti venuta qui di tua spontanea volontà? -

- Non lo sapremo mai. -

Ridacchia prima di avvicinare una mano alla mia coda, d'istinto mi sposto.

- Chi era maniaco?! -

- Scusa... ha un colore così intenso e lucido. Mica puoi essere solo tu curiosa. -

Osservo le sue gambe che sbattono nell'acqua.

- Puoi nuotare con quelle? -

Si guarda per poi annuire.

- Sì, ma di certo non veloce come con la tua coda. -

- La mia coda non la batte nessuno. Sono la nuotatrice più veloce. - mi esalto.

- Però ti sei fatta catturare come una stupida. Essere veloci, ma senza furbizia serve a poco. -

Lo fulmino, ma lui ride.

- Una svista capita a tutti. -

- Credici. -

Mi sembra ben disposto a rispondere alle mie domande, benché sempre con l'aggiunta di commenti acidi.

Voglio riprovare a scoprire di più su questo luogo e perché sono qui.

- Ma... perché mi trovo qui? -

- Te l'ho già detto. Per far guadagnare questo acquario. -

- Sì, ho capito... ma perché avevate bisogno proprio di una sirena? -

- Perché la tua razza è così brava a nascondersi da essere considerata merce rara. -

- Non mi piace questo posto... - sussurro di nuovo sull'orlo del pianto.

- Nemmeno a me. Ma che vuoi farci siamo entrambi qui. -

Lo osservo di sottecchi.

- Non ti piace, ma ci rimani comunque? -

- Eh già... -

Il suo sguardo è così... triste...

- Perché? -

Toglie di scatto le gambe dall'acqua e si rimette le scarpe prima di uscire dalla vasca in silenzio.

Che ho detto di male?!

Perché se ne va?

Si volta verso di me.

- Perché a volte la vita non va come si vuole. Vedi di mettertelo in testa il prima possibile, sirenetta. -

E senza aggiungere altro mi lascia sola.
Guardo il punto dove se n'è andato per non so quanto.

C'era proprio bisogno di prendersela così tanto?!

Dovrei essere io quella offesa come minimo, per non dire incazzata.

Mi hanno rapita.

Sono chiusa in questa gabbia.

Vogliono farmi fare l'attrazione.

Mi volevano dare da mangiare del pesce.

E fa lui l'offeso!

Non so che problemi abbia e sinceramente nemmeno m'importa.

So solo che non è stato carino.

Visto che non ho la più pallida idea di come andarmene e soprattutto visto che hanno assegnato proprio lui come mio supervisore direi che potrebbe almeno cercare di essere cordiale con me.

Come ho potuto credere anche solo di striscio che fosse quel bambino?!

Lui era di animo buono e non mi avrebbe mai presa in giro.

In più in questo moro, anche se con lo stesso colore di occhi essi sono spenti.

Hanno perso la loro luce.

Come se quel ragazzo non avesse più voglia di vivere.

Ah, è solo una mia stupida impressione!

Per non pensare a tutto questo mi metto a girare e rigirare a nuoto quel piccolo spazio che ho a disposizione.

Quando in fine mi sento esausta decido di mettermi a dormire.

Prima di cadere in un sonno profondo mi salta in mente una voce.

E una leggera carezza sulla guancia.

La voce gentile che sussurra "Mi dispiace che tu debba passare tutto questo!"

Di certo è solo un sogno.

Perché è impossibile che il moro possa comportarsi così.

Anche se... nella mia testa, sono certa che la voce sia la sua.

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