Capitolo I

Eccomi qui.

Di nuovo.

Mi guardo intorno ed è ancora peggio della prima volta.

Sarà che allora ero piccola e perciò quella gabbia mi sembrava più grande.

Ma una gabbia resta pur sempre gabbia.

Nemmeno se fosse grande il doppio potrebbe paragonarsi a casa mia, benché presumo che per gli umani questa non sia piccola.

Cerco di esaminarne l'estensione.

Voglio vedere fin dove posso arrivare e cosa c'è qui dentro.

Questa prigione è larga cento pinnate per centocinquanta.

Davvero vergognoso!

No... vergognoso è che io sia di nuovo qui!
Come diavolo ho fatto a farmi catturare di nuovo?

A suo tempo avevo almeno la scusa di essere piccola, sprovveduta e distratta.

Stavo nuotando troppo in superficie e mi sono incastrata la coda in una cosa che poi ho scoperto essere una rete.

Tiratami fuori dall'acqua mi avevano portata in un posto simile a questo.

Allora, sono fuggita per miracolo.

Un miracolo umano a due gambe, moro con due occhi di un verde mai visto prima.

Quel ragazzino, che avrà avuto un anno più di me è riuscito a farmi fuggire.

I miracoli però accadono solo una volta, dubito che questa...

Sospiro rassegnata.

In ogni caso la mia età di soli dieci anni mi aveva dato un alibi per la mia disattenzione.

Ma ora...

Ora sono solo una scema!

Quante volte mi hanno avvertita di non stare per troppo tempo in superficie?

Ma quel posto era sicuro...

Era!

Mi stavo beando dei raggi del sole su uno scoglio, di una piccola isoletta deserta, quando mi sono addormenta.

Mi sono addormentato cappero!

E mi sono svegliata in una... bacinella?

Così mi pare l'abbiano chiamata.

Comunque, mi sono trovata in questa bacinella su una di quelle cose che vedevo ogni tanto in lontananza da dietro il mio scoglio.

Quelle cose che vanno in giro per il mare.

L'hanno chiamata... nave? Sì, nave!

Ho provato a protestare dalla mia bacinella, ma hanno ignorato tutto quello che dicevo.

Credo mi considerassero al pari del plancton.

Durante il viaggio, per quanto ignorata ho ascoltato ciò che loro dicevano e ho scoperto di essere destinata a un qualcuno chiamato Acquario.

E in fine con ben poca delicatezza mi hanno gettata qui dentro.

Durante il trasporto verso la mia gabbia, ne ho viste molte altre con ogni sorta di specie marina.

È come essere in un museo acquatico degli orrori.

Se pensavo di odiare i musei del regno dove vivo, credo che questo li abbia superati di gran lunga tutti.

Cosa darei per essere a casa...

Torno nella superficie di questa gabbia per sedermi su uno scoglio finto come le squame della coda di Nami l'anno scorso.

Diceva che le erano cresciute così magicamente, ma in verità poi si sono scoperti essere dei pezzi di corallo.

Tutto per Modra, quel ragazzo fa stragi di cuori.

Come non potrebbe essendo chi è...

Ed io sono...

Quella che è in guai serissimi!

Come posso andarmene da qui?

Non ho quelle cose io!

Quelle due protuberanze che permettono agli uomini di stare sulla terra.

Senza non posso fare molta strada.

Mai prima d'ora ho ritenuto la mia splendida coda blu oltremare un impaccio.

Sospiro sbattendola su e giù e schizzando un po' in giro.

Che prigione noiosa.

- Ci stiamo annoiando sirenetta? -

Mi volto di scatto verso quella voce acida che mi ha posto la domanda.

Rimango senza fiato.

È lui!

Oddio, non ci credo!

È il ragazzo che nove anni fa mi ha liberata.
Forse i miracoli accadono due volte?!

Sto per sorridere contenta quando aggiunge - Chi l'avrebbe mai detto che sarebbero riusciti a trovare così in fretta una sirena. Devi essere piuttosto stupida, ho sentito che è stato fin troppo facile catturarti. -

Ma... che dice?!

Non si ricorda di me?

- Tu sei il ragazzo di allora, vero?! -

Mi guarda storto un attimo per poi rispondere sprezzante.

- Non pensavo che le sirene sapessero parlare. -

- Ti ho fatto una domanda! - insisto in crisi.

- Scusa, ma non rispondo a domande insensate. Soprattutto se non so di che si sta parlando. -

- Nove anni fa... -

- Nove anni fa? Fatico a ricordare pure ciò che ho mangiato ieri. Ma dubito mi sarei scordato di aver visto una sirena. Soprattutto una con dei capelli così rosso fuoco e occhi blu notte. - ride divertito da non so cosa.

- Rosso fuoco? -

- Sì, fuoco. -

- Cos'è? -

Mi guarda stranito per un attimo poi si avvicina al bordo della mia gabbia.

Da una fessura nei suoi copri protuberanze, per viaggiare sulla terra, estrae un piccolo oggetto.

Ha una forma strana, poi lo diventa ancor di più quando il moro toccando l'estremità superiore fa apparire qualcosa di fantasticamente nuovo dello stesso colore dei miei capelli.

Mi tuffo in acqua per raggiungere il bordo dove è poggiato coi gomiti mentre quella strana cosa rossa si riflette sui suoi occhi rendendoli scintillanti.

- Questo è il fuoco? -

Lo studio cercando di reggermi come meglio posso.

Allungo una mano per toccarlo, ma sento un forte calore e ritraggo la mano di scatto.

- Ahia! -

Il ragazzo con un gesto fa sparire la cosa strana e calda.

Mi guarda con un sorriso beffardo.

- Si chiama fiamma. Il fuoco è composto da più fiamme. E scotta. -

Agitando la mano lo lincio con lo sguardo.

- L'ho notato. È caldo come il magma in alcune fessure sotterranee marine. -

- Nessuno ti aveva detto di toccarlo. - ride.

Lo guardo malissimo, ma non si leva dalla faccia quel sorriso irritante.

Quindi questo ragazzo non è il bambino che mi salvò allora?

Non può esserlo.

Beh, devo dire che fisicamente è molto diverso, ma...

Quegl'occhi...

Forse sbaglio.

Dopotutto non so praticamente nulla del mondo umano.

Magari quel colore è molto diffuso sulla terra ferma.

Anche perché questo ragazzo è troppo maleducato per essere quel bambino.

Torno allo scoglio per poi guardarlo irritata.

- Quindi tu sei Acquario? - chiedo in fine.

Vediamo se riesco almeno ad avere qualche informazione.

Scoppia però a ridere come un pazzo.

- Sono così divertente?! -

- Molto!! - ancora ride.

- Che ho detto di così buffo?! -

- Io non sono "Acquario". L'acquario è la struttura in cui ti trovi. Tutto ciò che vedi attorno è l'acquario. La parola serve ad indicare i posti dove vengono messe le speci acquatiche. Quindi ora pure tu stessa fai parte dell'acquario. -

Lo guardo a bocca aperta.

Pensavo di avere un indizio sul mio rapitore invece...

In più... posti?

Ci sono altri acquari nel mondo?!

È terrificante!

Il moro ridacchia maligno della mia espressione sconvolta.

- Oh, tranquilla sirenetta. Essendo che voi siete una specie così rara da ottenere verrai trattata con molti più riguardi di altre specie. Sarai l'attrazione principale. -

- Attrazione principale? -

- Non sai il significato nemmeno di questo? - sbuffa indispettito.

Lui!

Non io che sono qui contro mia volontà!

- Sì, che lo so. Ma non capisco come possa esserlo. - incrocio le braccia.

Perché dovrebbero venire a vedermi?!

- Tu parli. -

Lo guardo ancor più confusa.

- Anche tu ed i pesci. -

- I pesci non parlano. -

Sgrano gli occhi.

- Sì che parlano! I pesci pagliaccio per esempio si credono tanto simpatici, ma le loro battute freddano solo le acque. Sono i pesci palla ad essere spiritosi, solo che ogni volta che raccontano una barzelletta si mettono a ridere e scatta automatico il loro gonfiaggio. Poi... beh, parlano. -

Il tipo mi guarda curioso.

- Mm... in ogni caso noi umani non capiamo il loro linguaggio. Per noi è solo roba tipo brlblbloblubrl. -

Lo guardo sconvolta.

- Chi è che hai chiamato figlia di trota?! - urlo indignata.

Scatta divertito - Mi prendi in giro?! -

- Che?! Mi offendi e poi credi che sia io a prendere in giro te?! Tanto più che mi avevi appena detto di non capire il linguaggio dei pesci! -

Scuote la testa ridendo.

- Incredibile! -

Digrigno i denti stringendo i pugni.

- Perché sono qui? -

Calma le sue risate.

- Per intrattenere il pubblico. -

- Che pubblico? -

- La gente che pagherà per venir a vederti. -

- Perché dovrebbero pagare per venirmi a vedere? -

- Quante domande... - sorride beffardo.

- Mi avete rapita!! - urlo.

Il suo sguardo mi dice che non gliene frega niente.

- Almeno qualche risposta la merito... - sussurro depressa.

- Verranno perché nessuno ha mai visto una sirena. -

Rimango in silenzio.

Ha senso...

Cerchiamo di non farci vedere da nessuno.

A volte capita qualche svista, ma ci facciamo solo vedere di sfuggita.

Poi ci sono io idiota che mi sono fatta prendere.

Due volte...

Sospiro.

- Hai finito le domande? -

Perché è così divertito?!

Può essere che lo diverta il mio dolore?!

- Perché sei qui? -

- Sono un dipendente dell'acquario. Mi hanno reso addetto a nutrirti e curarti. -

- Non sono un riccio domestico! - urlo.

- Un riccio? Ma non sono... spinosi da accarezzare? - ignora le mie urla.

- Non quando sono tranquilli... sono soffici come le alghe. -

Mi osserva dubbioso.

- No, sono aguzzi e pungenti. -

- Solo quando si sentono in pericolo. -

- Ne sei sicura?! -

- Cosa?! Certo! Io vivo in mare!! -

Fa spallucce prima di tornare a guardarmi.

- Ah, anche se sono addetto alla tua cura... non sperare che ti tratti troppo bene. Sei pur sempre un'attrazione. -

- Tranquillo che da te non mi aspetto nulla di gentile. -

Finge rammarico.

- Ma come?! Sono stato così buono. Ti ho spiegato così tanto. -

- Hai anche riso di me! E mi sono fatta male col tuo fuoco. - sbuffo.

- Facci l'abitudine, sirenetta. -

Lo guardo irata.

- Ho un nome. -

- Peccato che tu per me non sia più che guadagno, perciò non m'importa. -

Rimaniamo un attimo in silenzio a fissarci poi lui - Ci vediamo dopo per cena, sirenetta. -

E detto ciò mi lascia sola nella mia prigione.
Sono finita negli abissi neri.

Neri come i capelli di quel ragazzo sgarbato e intrattabile.

Ma stavolta non ci sarà nessuna luce verde a liberarmi da tutto questo.

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