|7| Che coincidenza

È giunto settembre. Per i due amici, è arrivato il momento di andare in prima liceo.

Nick, quella mattina, si svegliò alle sette: avrebbe avuto l'entrata nella sua nuova scuola alle nove e mezza, un'ora dopo l'orario normale, e voleva preparasi con calma.
Se avesse cominciato alle otto e mezza quel giorno, invece, si sarebbe svegliato mezz'ora prima, quindi alle sei e mezza.

Si alzò e andò a salutare suo padre, che stava andando a lavoro, e la madre, anche lei appena alzata.
«Buongiorno» gli disse Vanessa, la mamma, con un tono dolce e gentile.

«'Giorno» si limitò a rispondere lui.
Abbracciò i genitori e si diresse immediatamente in camera sua: doveva preparare zaino e vestiti, ancora; e doveva anche lavarsi!

Fatto tutto ciò, con calma, Nick uscì di casa insieme alla madre, e si incamminarono verso la sua nuova scuola.
Nick avrebbe frequentato un liceo scientifico: era sempre stato appassionato di scienze e matematica, e quella scuola era perfetta per lui.
Anche se, all'inizio, non voleva andare in quella scuola perché era indeciso, ma alla fine si è deciso.

Arrivati, erano circa le nove e cinque, e videro altre famiglie di primini che attendevano di fronte al portone di ingresso, ancora chiuso.

Nick e sua madre erano fermi da minuti, in attesa che qualche collaboratore aprisse il portone; poi, improvvisamente, incontrarono qualcuno di familiare...

••••

Leo si era svegliato piuttosto tardi, alle sette e mezza: voleva fare le cose con più calma, quella mattina, anche se si era alzato a quell'ora.

Andò in cucina, dove lo stavano aspettando i suoi genitori e Davide, che stavano già facendo colazione.

«Buondì bru» disse il gemello a Leo.
«Ciao, rompi palle» rispose lui, in tono serio.

«Dai, Leo, siediti. Ti ho fatto il cappuccino» si intromise Rebecca.
«Ah. Grazie ma'» rispose e corse ad abbracciarla. La donna sorrise e ricambiò la stretta del figlio.

Finita la colazione, corse in camera sua e accese il cellulare: pieno di messaggi dai suoi amici. Sarebbero stati tutti insieme nella stessa scuola, anche se lui, in realtà, non ne era così tanto contento come loro.

Fece partire la playlist mattutina e andò a lavarsi denti e faccia.
Poi tornò in camera sua: preparò lo zaino e si cambiò: quel giorno mise i suoi cargo neri larghi e una maglietta dei Kiss, insieme ai suoi soliti orecchini ambrati. Poi, stoppò la musica e iniziò a scrollare su Instagram.

Verso le otto, suo padre lo chiamò e andarono finalmente a scuola.
Leo, fortunatamente, ce l'aveva vicina a casa, e quindi a piedi stavi neanche dieci minuti.

Arrivati davanti al portone d'ingresso, videro una miriade di ragazzi e ragazze nuove: il capitano e il padre erano spaesati.
Chissà quanti ce ne saranno fuori scuola, tra primini e quelli degli altri anni... pensò Leo.

Poi, a pochi passi da lui, sentì una voce che lo chiamava...
Era Nick!
Quel giorno era vestito con dei jeans cargo molto chiari e non tanto larghi e una t-shirt bianca.

«Ciao Nick! Cosa ci fai qui?»

Nick aveva un sorriso che andava da orecchio a orecchio.
«Bè, semplice no? Frequento questa scuola!»

Leo sarebbe scoppiato a piangere dalla felicità che aveva in quel momento.
«Che figata! Così possiamo vederci ogni giorno» rispose e abbracciò l'amico.

Suonò la campanella e gli alunni entrarono, pochi per volta, a scuola.
Hanno iniziato a dirigersi nell'auditorium: una stanza enorme, con un palco rotondo al centro e pieno di sedie rosse.

Tutti presero posto: Nick e Leo si erano seduti vicini. Chissà se stavano pensando la stessa cosa...

Arrivò il preside, che salutò calorosamente tutti i ragazzi e si presentò: si chiamava Carlo Urli.
Iniziò a parlare delle varie classi, e successivamente le smistò.

Quando arrivò il turno della 1^D...
«Springher Leonardo»
Leo, un po' in ansia, si alzò lentamente e raggiunse il resto dei ragazzi che erano già stati chiamati a lato del piccolo palco.

Poi, accadde un miracolo...
«Tylor Nicholas»
Nick, dalla gioia, lanciò un urletto e, con un sorriso stampato in viso, raggiunse Leo e lo abbracciò, stringendolo molto.

«NICK, CHE CULO!» disse il capitano.

«SONO LETTERALMENTE LA PERSONA PIÙ FELICE SULLA FACCIA DELLA TERRA!»

«Ci mettiamo vicini di banco?» chiese.

«Scherzi? Ovvio che sì!»
Una volta che il preside ebbe finito di chiamare gli alunni della 1^D, questi ultimi andarono in classe, accompagnati da un professore.

Quegli anni di scuola renderanno la loro vita un sogno...

••••

Arrivati in classe, Nick e Leo si sedettero nella fila centrale di banchi, nella coppia di essi più vicina alla finestra.

Il professore che li aveva accompagnati si scoprì subito che era molto bravo e confortevole, come persona: alto, capelli neri ben ordinati e occhi color erba appassita.
Insegnava matematica e scienze e, come dicevamo dei loro amici del secondo anno, insegnava divinamente e quando c'era da scherzare era super simpatico.

«Buongiorno, ragazzi. Sono proprio contento a vedervi tutti qui, oggi. Mi presento: sono il prof Luca Richin e sarò il vostro insegnante di matematica e scienze per i prossimi cinque anni»

La classe applaudì.
Certo che è proprio un bel prof, pensò Nick, arrossendo appena.

Il professore iniziò a fare l'appello e a chiedere, a chi capitava nell'elenco, di dove fosse arrivato l'anno prima vol programma di scienze e matematica, le loro passioni e sul perché avevano scelto questa scuola.

Dopo svariati alunni, il prof chiamò Leo.
«Mh. Springher Leonardo?»

«Qui, prof»

«Bene. Dove siete arrivati in matematica e scienze l'anno scorso?» gli chiese.

«In matematica al calcolo letterale, se non mi sbaglio... Scienze, mi pare lo studio della terra»

Il prof annuì fiero, e sorrise.
«Ottimo. E, se posso farmi i fatti tuoi, cosa ti piace fare nel tempo libero?»

«Leggo fumetti, guardo anime... Ma il migliore di tutti è andare a giocare a rugby.» rispose, gonfiando il petto fiero.

«Rugby? Che sport particolare!» rispose, sempre continuando a sorridere «E, perché hai scelto questa scuola?»

«Ovvio: perché la matematica è l'unica materia in cui vado bene! Inoltre, mi hanno parlato benissimo di questa scuola, sono venuto a vedere, e... niente.»

Richin rise. «Lei è molto simpatico, Springher»
Il capitano sorrise, arrossendo leggermente per il complimento.

«Ok. Il prossimo... Tylor Nicholas»

«Eccomi, prof» rispose il rosso, alzando la mano.

«Sei, per caso, il fratello di Frida?»

«Sì.» rispose secco.

«Bene, alunno prodigio come la sorella, immagino» disse, ridacchiando.
«Con il programma dov'è arrivato, Tylor?»

«Stessi punti di Springher, prof»

«Ottimo. Cosa ti piace fare?»

«Disegno, leggo, ballo ogni tanto, e faccio rugby. Queste sono le mie più grandi passioni»

«Un altro rugbista? Interessante. E, perché hai scelto questa scuola?»

«Primo, perché ci sono stati problemi in famiglia. All'inizio, volevo andare nella stessa scuola dove andava il mio migliore amico... Poi abbiamo litigato, e me lo sono tolto dalla testa. Secondo, perché mi piace tanto scienze» rispose, sforzandosi di sorridere.

Richin passò dall'essere felice all'essere in pena per il suo nuovo alunno.
«Mi dispiace, ragazzo. Comunque, spero che qui ti troverai bene»

«Già, lo spero anch'io» sussurrò Nick. Stava cercando di trattenere le lacrime, cosa che non gli era riuscita molto bene.

Nessuno si accorse che stava piangendo, dato che il professore stava continuando a conoscere il resto della classe e i ragazzi erano impegnati ad ascoltare o fare altro.
L'unico ad accorgersene fu Leo...

«Oi Nick, che succede?»
Il rosso si girò verso il capitano: la sua faccia era del colore uguale a quello dei pomodori maturi, e aveva le lacrime che gli attraversavano le guance roventi.

«Sono successe tante cose, Leo. E preferirei parlarne in un'altra momento. Ti... dispiace?»

«No, figurati!» rispose, accogliendo le sue braccia per lui.
Nick lo abbracciò e iniziò a sentirsi un po' meglio.

Nel mentre, Richin aveva scritto l'orario provvisorio alla lavagna, così che tutti potessero copiarlo.
«Molto bene ragazzi. Direi che oggi possiamo finire qui» disse, ad un certo punto, il prof; d'altronde , aveva solo mezz'ora di lezione quella giornata «Un avviso: la prossima volta, ovvero domani, chi ha il libro lo porti, così iniziamo a vedere dove iniziare col programma»

Si alzò dalla cattedra, salutò la classe e uscì.
«Che classe strana...» disse una ragazzina, avvicinandosi a Leo.

«Abbastanza, sì» rispose lui.

«Comunque, Elisabetta Hori» mormorò, porgendogli la mano.

«Piacere, Leonardo Springher» rispose lui, stringedogliela. Al contatto, sentì una scossa piacevole al petto, che lo fece sorridere...

Le due ore più tardi, la classe 1^D conobbe l'insegnante di lettere, Dorothy Smith, che fece più o meno la stessa cosa del prof dell'ora precedente: è bassina, con capelli biondi che non superavano le spalle e occhi profondi color oceano; stava simpatica già a tutti.
L'ora dopo rimasero sempre con la Smith, e non hanno fatto quasi niente, se non parlare di letteratura e libri.

Alla fine della terza ora, la campanella suonò l'inizio della ricreazione.
La classe si svuotò abbastanza rapidamente, lasciando soli Nick, Leo e Elisabetta.

«Nick, tutto ok?»

«Sì, adesso sto bene, tranquillo. Vado a prendere un cappuccino, ho visto che ci sono i distributori. Ne vuoi uno?»

«Certo» rispose, dandogli i soldi per pagare.
Alla fine, rimasero solo lui e l'altra ragazza.

«Fin'ora, carini i professori» ruppe il ghiaccio Elisabetta.

«Già. Però ho paura per gli altri, sinceramente»

«Nah. Parlano molto bene di questa scuola, non ci deluderanno»
I ragazzi arrossirono leggermente e, per sbaglio, si sfiorarono le mani, cosa che fece diventare ancora più rosse le loro facce.

Mh pensò Leo, non è che...

Improvvisamente entrò il rosso coi cappuccini in mano: alla vista dei due, sulla sua faccia apparve un'aria triste e disgustata.
«Ecco, Leo» disse Nick, porgendogli il contenitore.

«Grazie mille, amico» rispose, dandogli il cinque. «Ah, comunque: ti presento Elisabetta»

Lei lo salutò con la mano, sorridendo; Leo si era accorto solo adesso che la ragazza portava l'apparecchio. E le stava da dio.

«Hey. Piacere, mi chiamo Nick»

«Piacere mio, Nick» disse, stringendosi poi le mani.
Poi, il rosso prese Leo per un braccio, facendo attirare l'attenzione di entrambi.
«Scusa, devo parlargli un secondo»

Senza esitare, Elisabetta andò fuori dall'aula, lasciando soli i ragazzi.
«Dopo, fuori scuola, ti parlo di quel che è successo. Preferisco, perché non si sa mai se adesso qualcuno ci stia spiando...»

«No problem, tranquillo» rispose, abbracciando l'amico. Lo strinse forte a se, cercando di espellere più emozioni negative che poteva.

Poi suonò la campana, che segnava la fine della ricreazione.
«Dai, ancora due ore poi fine!» mormorò entusiasta Leo.

«Già. Che queste due ore finiscano il prima possibile» rispose lui.

Si sedettero al posto e attesero fino alla fine della giornata...



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Eccomi ritornataaa.
Scusate l'assenza: la mia immaginazione è andata in vacanza.

Capitolo più corto del solito, sempre per la questione della fantasia.
Spero di pubblicare al più presto un'altro capitolo.

See you soon you guyss 🤗

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