Prologo

C'era un famigliare odore di cioccolato e miele nella cucina.

Era mercoledì e come ogni mercoledì della settimana, da quattro anni o poco più, mia nonna aveva preparato la crostata preferita di mia madre. Una base di pasta frolla al cacao e un ripieno di crema al latte e miele.

Il dolce era lì sulla mensola appena sotto la finestra aperta, lasciato a raffreddare, mentre il suo profumo imprigionava la casa in una nostalgica sensazione.

«Nonna?»chiamai.

«Sono qui»mi rispose, ma la sua voce mi giunse lontana.

Era fuori, nel giardino sul retro, lì dove fiorivano le sue rose e i suoi gerani, immersa tra alberi e cespugli verdi.

Aveva miriadi di foglie tra i capelli argentati, ramoscelli impigliati nel maglione e il viso rosso di fatica.

«Sto dando una pulita qua e là»disse indicando la macchina che dormiva solitaria sotto un albero di tiglio.

La vecchia Impala di papà era stata lasciata a me come da testamento, ma da quando avevo preso la patente, due anni prima, non avevo neppure avuto il coraggio di toccarne la carrozzeria.

Era lucida, di un intenso blu serafico ed era semplicemente bellissima.

Mi ricordava le domeniche passate sulla costa, il vento tra i capelli e il calore tiepido di un sole al tramonto. Mi ricordava le nottate nel parcheggio di Bucks a mangiare hamburger e patatine fino a scoppiare, le risate, le lacrime, i litigi e mi ricordava che tutte quelle cose non mi apparteneva più.

«Ho pensato che...sai, adesso inizi quel lavoro e...ecco, non sarà sempre comodo spostarsi con il pullman.»

'A tuo padre avrebbe fatto piacere vederti guidare questa macchina.'

Mia nonna aveva sempre la delicatezza di non dire quel genere di cose, ma c'erano parole che non avevano bisogno di essere pronunciate a voce per poterle sentire col cuore.

Mi avvicinai al cofano lentamente e per un istante mi parve quasi di poter udire il rombo del motore prendere vita, rividi mio padre dietro al volante che attendeva pazientemente che lo raggiungessi, il sorriso che fioriva sulle labbra sottili e le fossette che scavavano solchi unici sulle guance.

Il respiro mi si intrappolò in gola, ma in un battito di ciglia mio padre era scomparso, l'auto era silenziosa e alle mie orecchie giungeva solo il basso ronzio di una cicala.

«Annie?»

Mia nonna mi aveva raggiunta, ma per qualche motivo non mi ero accorta della sua presenza fin quando non avevo sentito le sue dita sfiorarmi il braccio.

«Ti senti bene?»mi chiese, preoccupata.

Bene?

Non ricordavo nemmeno cosa significasse stare bene.

Eppure, annuii... perché era quello che mi riusciva meglio.

Fingere che in ogni momento, in ogni istante delle mie giornate io non mi sentissi annegare ancora e ancora. Fingere che l'oceano dove giacevano i resti della mia famiglia non fosse anche il luogo che avrebbe imprigionato per sempre la mia anima.  

Fingere.

Fingere di essere viva.

|Spazio all'autrice|

I romance, in genere, non sono il mio punto forte, ma mi son detta...perché no?

~Snow White❄️

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