8. Fabbrica di ceramica

Caro Diario…

Raiden Sullivan è un delinquente. Non so esattamente di quale specie, ma la cosa è grave abbastanza da farsi inseguire dalla polizia. Avrei dovuto denunciarlo? Oppure ho fatto bene a fingere di non averlo visto?

Un agente mi aveva fermata poco dopo essere uscita dal vicolo, mi aveva fatto una descrizione che combaciava perfettamente con Raiden sperando di avere qualche informazione da me. Così, per la prima volta in diciotto anni di vita, mi ero ritrovata a mentire alle autorità.

Quel venerdì pomeriggio sarei tornata a lavoro dopo tre giorni di assenza, avevo ancora un po’ di tosse, ma mi sentivo molto meglio. Non potevo continuare a starmene a casa comunque, anche se l’idea di rimettere piede in libreria, dove sapevo di trovare Raiden, mi metteva una strana agitazione. Come mi dovevo comportare con lui? Potevo fingere di non ricordare nulla, ma sarei stata credibile?

Dio, no.

Avevo capito durante le recite di natale delle elementari di non essere portata per la recitazione. Anche se avessi trovato una scusa, avrei iniziato a balbettare per l’ansia e alla fine la verità mi sarebbe sfuggita di bocca. Il che avrebbe reso la situazione ancora più imbarazzante.

Tutto ciò, tuttavia, scoprii non avere alcun valore quando raggiunsi la libreria e all’ingresso trovai la signora Sullivan intenta ad aprire la serranda.

«Raiden era impegnato con alcuni amici - disse - oggi ci sarò io a farti compagnia.»

«Magnifico!»

«Cosa?»

La signora Sullivan mi guardò con buffa curiosità, non mi ero resa conto di aver parlato ad alta voce.

«Nulla… ma guarda quanti volantini!»

Mi abbassai sulle ginocchia, a terra, appena sotto la porta vetrata, c’era una bella manciata di volantini blu sparsi. La faccia barbuta di Ethan Reyes ricopriva quasi tutto il foglio, al suo fianco poche parole scritte in una grafia chiara e lineare: Scegli l’America, Vota Reyes. Da quando erano state annunciate le elezioni per il nuovo governatore dell’Oregon quei volantini avevano invaso tutta la città, non osavo immaginare quale fosse la situazione nel resto dello Stato. Perfino a scuola era stato affisso uno striscione proprio all’ingresso, dopotutto Ethan Reyes era il primo candidato originario di Newberg degli ultimi cinquant’anni.

Sarah Sullivan afferrò il mucchio di fogli, li strinse tra le mani come se non fossero altro che spazzatura e infine li gettò nella pattumiera di fianco all’entrata.

I suoi occhi non brillavano più della loro solita luce gentile, il sorriso era svanito dalle sue labbra sottili lasciandole un’espressione cupa che non le s’addiceva.

«Se qualcuno del comune viene a portare altra robaccia nella nostra libreria, mandali a quel paese senza troppo garbo, per favore.»

«Sissignora» risposi divertita.

C’erano poche certezze nella vita, ma una di queste era il voto delle signora Sullivan: poteva andare a chiunque dei candidati tranne che a Ethan Reyes!

La giornata trascorse a una velocità a cui non ero abituata. Mi sembrava passata solo un’ora da quando avevamo aperto e invece l’orologio appeso al muro segnava già le sette meno dieci. La signora Sullivan era seduta dietro la cassa, batteva sul computer l’ordine dei libri di cui avevamo bisogno per la settimana successiva. La libreria, per fortuna, era deserta, l’ultimo cliente era uscito solo cinque minuti prima, dopo aver acquistato un enciclopedia.

«Inizia ad andare cara, qui finisco io» mi sorrise allegra e una fossetta poco profonda comparve sul suo mento.

«Buona serata - dissi prima di lasciare il negozio - mi saluti il signor Sullivan e Lily.»

Lily era il golden retriver dei Sullivan che molto spesso faceva da mascotte per la libreria, specialmente nei weekend.

La donna rise sotto i baffi, poi alzò gli occhi verdi dallo schermo per potermi osservare.

«Tutti tranne Raiden, eh?»

Finsi, come un ebete, di non averla sentita, così puntai alla porta prima che quella donna potesse aggiungere qualcosa di imbarazzante. Basandosi su non so quale mistero della fisica quantistica, Sarah Sullivan era arrivata alla conclusione che tra me e suo figlio ci fosse della chimica. E io non potevo che darle ragione, ma la chimica fra noi era di quelle distruttive… come l’unione tra l’ipoclorito di calcio e l’ammoniaca.

Fuori faceva freddo, era arrivato ottobre già da qualche giorno e con lui uno dei periodi più belli dell’anno. L’autunno era sempre stata la mia stagione e non solo perché ero nata a novembre, amavo i colori, le foglie secche che facevano da tappeto sui marciapiedi. Amavo halloween e l’aria che iniziava a sapere di neve, anche se da quelle parti non nevicava quasi mai.

Mi strinsi la sciarpa sul volto e il cappello lo aggiustai per bene perché mi coprisse le orecchie. L’autobus era quasi vuoto a quell’ora, di conseguenza la corsa durava molto di meno rispetto che all’andata. Di solito giungevamo alla mia fermata dopo poco meno di un quarto d’ora, ma quella sera le cose presero una piega spiacevole.

Eravamo appena usciti da Newberg per inoltrarci nelle zone limitrofe avvolte dalla boscaglia quando, con un furioso scossone, il bus inchiodò all’angolo della strada. L’autista imprecò, alzò il freno a mano e si tolse la cinta, il tutto scuotendo la testa.

«Questo catorcio! L’avevo detto che il motore faceva un rumore strano. Aspettate qui - ci disse aprendo le porte - vedo cosa posso fare.»

Gli unici ancora abbordo eravamo io, due signore sulla sessantina e un ragazzo poco più grande di me. Una delle due donne la vidi parlottare al telefono con qualcuno, gli stava spiegando dove ci eravamo bloccanti e chiedeva se fosse possibile venirle a prendere. Non che volessi origliare… ma la signora stava urlando in un modo che era impossibile da ignorare.

«Mi dispiace - l’autista aveva un’espressione mortificata - ho chiamato la stazione e mi hanno detto che manderanno un autobus sostitutivo appena possono.»

«Merda, faccio prima ad andare a piedi!» si lamentò il giovane.

In effetti, quel “appena possono” sapeva proprio di acido, come un muffin ai mirtilli abbandonato sotto il sole.

Dopo i primi dieci minuti trascorsi a non fare assolutamente nulla, il passaggio delle vecchie signore arrivò a recuperarle da quella triste serata. Le invidiai in un modo che non avrei saputo spiegare a parole, so solo che finii col guardarle andar via come un bambino che guarda il gelato cadergli suoi piedi.

Mandai un messaggio a nonna per avvisarla del problema, lei mi rispose con una cascata di gif e buffe faccine dal dubbio significato. Alla fine, l’autobus sostituivo arrivò relativamente presto: era passata solo mezz’ora da quando ci eravamo bloccati, in alcune precedenti esperienze mi era capitato di dover aspettare molto di più.

«Scusateci per l’inconveniente, possiamo proseguire sull’altro mezzo.»

L’autista scese per primo e io mi affrettai a seguirlo agitata. Per come era iniziata quella serata avevo quasi paura che potessero lasciarmi lì, in mezzo alla foresta. In cielo era sorta una luna piena e luminosa e il bosco tutt’intorno era avvolto nella penombra della notte, sembrava davvero il luogo perfetto in cui compiere un omicidio. Mentre mi avvicinavo all’altro autobus mi accorsi di una luce curiosa che brillava dall’altro lato della strada. Lì, tra gli alti alberi e i cespugli pieni di spine, sorgeva il vecchio capanno della fabbrica di ceramica di Newberg. La fabbrica era stata chiusa da almeno mezzo secolo e ormai l’edificio era caduto in disuso, i pannelli bianchi che componevano il tetto spiovente erano arrugginiti e bucherellati.

Non le avevo mai prestato grande attenzione, l’avevo sempre e solo osservata scorrere insieme al paesaggio durante i viaggi in autobus. Ora mi rendevo conto di quanto fosse decadente e instabile la struttura, dava l’impressione di poter crollare al suolo da un momento all’altro. Questo rendeva ancora più inspiegabile la flebile luce arancione che proveniva dalle vetrate, o perché posteggiata al suo ingresso ci fosse una macchina: una honda accord del 95 a cui mancava un copri cerchione e con una portiera di un colore diverso rispetto al resto della carrozzeria.

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Ma cosa va combinando il nostro ragazzo? Teorie?

Quanto mi piace complicare le cose!!🤭😂

~Snow White ❄️

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