6. Triny

«Stai bene?»le chiesi inginocchiandomi alla sua altezza.

Aveva la maglietta blu strappata in vari punti e sulle braccia graffi e lividi violacei decoravano la sua pelle.

La ragazza scosse violentemente la testa, singhiozzava così forte che il respiro faceva fatica a uscirle di bocca. La guardai spaventata, sembrava il principio di un attacco di panico e l’unica cosa che potei fare fu afferrarla delicatamente per le spalle. Mi avvicinai a lei, accostai il mio viso al suo e la guardai negli occhi.

Aveva l’espressione terrorizzata, il suo corpo tremava nelle mie mani e per un attimo temetti che potesse crollare tra le braccia.

<«Respira- sussurrai piano- segui il mio ritmo, okay?»

La vidi annuire e poi , con un brivido, chiuse gli occhi. Le sue spalle si rilassarono sotto la mia presa, anche se continuava a piangere cercò di fare come le avevo detto. Presi un profondo respiro, lentamente, lei mi seguì a ruota e poi ne presi un altro ancora. Andai avanti per qualche secondo, finché i singhiozzi non diventarono leggeri sussulti e il tremito la abbandonò con delicatezza, lasciandole il corpo pesante e spossato.

Quando riaprì gli occhi cercai di mostrarle un sorriso gentile. Non volevo spaventarla più di quanto già non fosse e, dalle mie precedenti esperienze con i bambini, sapevo di non avere la faccia più simpatica del mondo.  

«Ti senti meglio?»

«S-si»mormorò tirando su col naso.

<<Vuoi sederti un attimo così mi spieghi cosa è successo?>>

La ragazza scosse di nuovo la testa, i folti ricci scuri le dondolarono davanti al viso.

«No… devo trovare Raiden»insistette.

«Raiden tornerà a momenti- cercai di tranquillizzarla- siediti mentre lo aspetti.»

La feci accomodare sulla sedia girevole dietro la cassa e con una carezza cercai di ammorbidire la postura rigida della sua schiena. I suoi occhi grandi mi guardarono colmi di tristezza, qualche lacrima silenziosa continuava a rigarle il volto magro. Non sapevo come comportarmi, forse avrei dovuto chiamare la polizia, ma non avevo alcuna idea di quale fosse la sua situazione. Non volevo metterla nei guai, ma non volevo nemmeno starmene lì a guardare con le mani in mano. Quella ragazzina era stata picchiata, aveva lividi ovunque ed era venuta a cercare Raiden, quindi almeno lui avrebbe saputo cosa fare.

Per la prima volta da quando lo conoscevo pregai che Raiden facesse presto. Attesi con impazienza il suo ritorno, dondolandomi sui talloni e sperando che non si fosse fermato come suo solito a flirtare con Jody, la barista graziosa che serviva i caffè al Nancys.

«Come ti chiami?»le chiesi.

Cercare di distrarla mi sembrava l’unica cosa che mi restava da fare.

Prima di parlare tirò su col naso, così rovistai nella tasca della felpa finché non ritrovai un pacchetto di fazzoletti. Gliene passai uno e lei mi ringraziò, nascondendo l’imbarazzo dietro a un colpo di tosse.

«Katherine- sospirò a fil di voce- ma mi chiamano tutti Triny.»

Oh…

Risentire quel nome fu come immergersi in un mare di ghiaccio. La mia bocca si riempì di spine, la mia Katherine sarebbe rimasta una bambina per sempre e le mie labbra si rifiutavano di pronunciare quel nome per chiamare qualcuno che non fosse lei. Nascosi le mani tremanti nelle tasche, il mio cuore era diventato pesante come un macigno ma cercai di sorridere.

«E’ un bel nome- lo era davvero- significa purezza.»

La ragazzina mi osservò con occhi curiosi, mi inginocchiai di nuovo al suo fianco e strinsi le spalle facendomi piccola. Sarei voluta scomparire, così come ogni volta che qualcosa mi ricordava che loro non c’erano più avrei voluto non esserci nemmeno io.

«Come lo sai?»domandò asciugandosi anche l’ultima lacrima che le era rotolata sulla guancia.

So tante cose che vorrei non sapere.

Prima che potessi risponderle, l’attenzione di Triny fu catturata da un libro dalla copertina azzurra che giaceva un po’ storto sul bancone. Un sorriso nacque timidamente sulla sua bocca mentre allungava una mano per accarezzarlo.

«Questo l’ho letto!»disse con orgoglio.

«Davvero?»

Era una copia di “Le avventure di Tom Sewyer” ed era un libro che ormai leggevano in pochi, specialmente tra i giovani, che preferivano passare il loro tempo sui social. Era un bellissimo classico che la me di 12 anni avevo amato, ma nei due mesi in cui avevo lavorato lì non ne avevo venduto nemmeno uno. 

«Sì- annuì con vigore- me l’ha regalo Raiden la settimana scorsa.»

E come per magia, come se fosse stato invocato, la porta della libreria si aprì rivelando la figura slanciata di Raiden Sullivan che reggeva un grosso bicchiere pieno di caffè nero.

Triny scattò come una molla alla sua vista, fece subito il giro della cassa e si lanciò sul ragazzo a braccia aperte. Raiden l’afferrò con la mano libera, stringendola contro il suo petto fasciato ancora dalla giacca.

«Triny!»la nota di panico nella sua voce aveva un ché di amaro.

La ragazzina ricominciò a singhiozzare, nascose il viso tra i capelli, e Raiden mollò il bicchiere sul bancone prima di circondarla in un abbraccio da orso. Io rimasi inginocchiata ancora per un po’, non sapevo cosa fare, se andare o restare. Una parte di me si sentiva di troppo, l’altra parte voleva sapere cosa fosse successe a Triny  e come poterla aiutare perché il suo nome, Katherine, navigava fin troppo vicino alla mia anima.

Raiden cercò di farle delle domande, ma la ragazzina continuava a piangere e scuotere la testa abbracciandolo sempre più forte. A quel punto mi rivolse un’occhiata interrogativa.

«E’ piombata qui disperata, non so cosa le sia successo.»

«Okay- Raiden si massaggiò la fronte con il palmo di una mano- io… la riporto a casa adesso. Ti dispiace restare da sola per un po’?»

La domanda era molto stupida, Raiden mi lasciava spesso da sola e non si era mai preso la briga di giustificarsi o di chiedermi se fosse un problema per me. In ogni caso, scossi la testa prima di afferrare il mio caffè da sopra al bancone.

I due lasciarono subito la libreria, seguii le loro figure con gli occhi finché potei, finché non sparirono voltando l’angolo di fianco all’edificio.

Alla fine rimasi sola per più di due ore, a un certo punto iniziai a pensare che Raiden non sarebbe tornato affatto. Si erano quasi fatte le sei e nella libreria c’era soltanto una coppia di ragazze poco più grandi di me che stava sbirciando curiosamente qua e là. Una delle due, una giovane dai capelli corti e riccioluti venne a chiedermi informazioni su un titolo, dopodiché cadde il silenzio. Senza pensarci troppo allungai una mano sul libro che giaceva abbandonato sul bancone, quello che Triny neppure qualche ora prima aveva accarezzato con mani delicate da bambina. La copertina era un po’ strappata su un angolo e, come da prassi, ci attaccai sopra una nota per avvertire la clientela del difetto. Le copie ridotte maluccio potevano essere ancora vendute a prezzi moderati se il contenuto rimaneva integro.

Proprio mentre sfogliavo le pagine, per assicurarmi che il resto del volume fosse apposto, la porta della libreria si aprì. Una folata di vento gelido accompagnò l’ingresso di Raiden, un vento che mi raggiunse fin dietro il bancone facendomi rabbrividire.

«Scusa- mormorò senza guardarmi- ci ho messo più del previsto.»

Io lo fissai per un istante, aprii la bocca per chiedergli qualcosa, ma non feci in tempo: Raiden si era già fatto strada tra gli scaffali scomparendo nella parte meno in vista del negozio.

Insomma, non che mi aspettassi delle spiegazioni. Non ero nessuno per pretendere che mi dicesse cos’era successo, ma per qualche ragione rimasi con l’amaro in bocca quando lo vidi sparire senza rivolgermi nemmeno una sguardo.

La coppia di ragazze ricomparve con un plico di libri fra le mani.

«Li prendiamo tutti!»ridacchiò una delle due e io mi concentrai sul fare il conto, anche se con la coda dell’occhio speravo di intravedere Raiden.

Il ragazzo apparve all’ingresso solo quando l’orologio segnò le sette, la giornata era finalmente finita, ma avevo l’impressione di aver lasciato qualcosa in sospeso. Mi bruciava la punta della lingua, la mia gola fremeva dalla voglia di chiedergli qualcosa, qualsiasi cosa… volevo sapere! Ero sicura che se non avessi avuto anche una misera risposta non sarei riuscita a prendere sonno quella notte, così lo feci… le mie labbra sussurrano il suo nome senza che me ne accorgessi.

«Raiden…»

E Raiden si fermò, aveva il mazzo di chiavi in mano e si stava assicurando che tutte le luci fossero spente prima di uscire.

«Si?»

Mi guardò con un espressione vacua, le sue iridi castane si erano fatte più scure di una macchia di caffè e lui… ecco, non sorrideva. 

«Niente- il panico mi chiuse la gola- hai un moscerino fra i capelli»dissi la prima idiozia che mi venne in mente.

Raiden si portò una mano alla testa e io avvampai per l’imbarazzo.

Che stupida!

Per fortuna Raiden ebbe la decenza di non commentare. Uscimmo in strada, l’aria si era fatta così fredda da far tremare le ossa, e di sottecchi guardai il ragazzo che camminava ciondolandosi come un bambino svogliato.

«Vuoi sapere di Triny?»chiese d’improvviso.

La domanda mi colse alla sprovvista, tanto che per un attimo pensai di averlo immaginato.

«Come la conosci?»sputai prima che potesse ripensarci.

Raiden si strinse nelle spalle coperte dalla giacca, i capelli gli ricadevano sugli occhi nascondendo la sua espressione. Non avevo idea di cosa gli passasse per la testa.

«E’ una dei bambini del mio vecchio orfanotrofio, la conosco fin da quando aveva due anni.»

E questo spiegava il loro legame, ma… quelle ferite e il sangue.

Una teoria, avevo una teoria, ma pregavo con tutta me stessa che non fosse così.

«Loro… loro la picchiano?»non riuscii a trattenere l’orrore nella mia voce.

«Loro picchiano tutti- disse con rabbia- non c’è persona che ha vissuto lì che non si porta dietro i lividi.»

Il respiro mi graffiò la gola, un sapore acido mi risalì su per l’esofago, e io non seppi cos altro dire. Un brivido di tristezza e disgusto mi morse la pelle infreddolita dal vento.

«Non si può fare niente per fermarli?»

Era un reato, Dio, non dovevano neppure esserci dei dubbi al riguardo. Se quelle persone ferivano bambini e ragazzi dovevano essere fermate dalla giustizia, ma Raiden fece una risata amara che mi impedì di continuare a camminare.

«Hanno le spalle coperte da persone importanti, tutte le denunce a loro carico continuano a venire ignorate.»

«Questo è…»

Orribile, assurdo, folle?

Non riuscivo a trovare le parole giuste, perché non esistevano. Come poteva essere possibile un mondo del genere, come poteva essere reale? Gli occhi di Raiden mi dissero che c’era tanto altro, qualcosa che forse non avrebbe mai avuto il cuore di dire a voce alta e in quel momento mi vidi rispecchiata in lui, nel suo dolore. Mi ero sempre chiesta perché quello stupido ragazzo sorrideva così tanto, era sempre pronto a ridere e dire idiozie, sembrava la persona più leggiadra e spensierata del mondo. Forse avevo sbagliato, forse mentre io mi circondavo della mia sad wall per proteggermi, Raiden si era avvolto in una happy wall per sopravvivere. 

°•°•°•°•

Ognuno ha i propri meccanismi di coping. Voi siete più Annika o Raiden?
Io decisamente Raiden😂

~Snow White ❄️

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