3. Talassofobia
La palestra era situata nella zona più a est della scuola, in questo piccolo edificio fatiscente e trascurato che poteva benissimo passare per una costruzione abbandonata. L'esterno era ingrigito, l'intonaco era in gran parte caduto per colpa dei rami di un albero che cresceva imperterrito sulla fiancata. Avrebbero dovuto potarlo, ma nessuno si era preso quell'impegno e la struttura aveva ormai l'aspetto di una adorabile casetta degli orrori. L'interno era un po' più dignitoso, i segni delle pallonate decoravano tutte e quattro le pareti e una o due finestre erano rotte, ma nel complesso era adeguato alla sua funzione.
Quando io e il professor Taylor varcammo le porte vetrate, capii che la palestra non era vuota come avevo pensato. Un gruppo di ragazzi si trovava al centro del campo, non c'erano palloni o attrezzi nei dintorni, solo un unico, lunghissimo tappeto poggiato al suolo. Un uomo di mezza età era in piedi su di esso e al suo fianco mi fu praticamente impossibile non notare lo figura fiera di Raiden che si ergeva in tutta la sua magnificenza.
«Cosa stanno facendo?»domandai al professore che camminava al mio fianco.
«Corso di autodifesa.»
Il corso di autodifesa era uno dei numerosi corsi pomeridiani che si poteva scegliere di frequentare o meno, nulla di nuovo, ma la cosa strana era trovarci Raiden, quando le iscrizioni erano aperte solo a quelli del primo anno.
Un cellulare squillò in quel preciso momento e il professor Taylor mi fece cenno di fermarmi lì mentre rispondeva alla chiamata.
«Aspetta qui un momento, O'Brian. Torno subito.»
Il professore si allontanò parlottando al telefono e io rimasi sola, poggiata con la schiena contro la parete.
Non c'era molto che potessi fare. Potevo fissarmi le punte delle scarpe...o osservare il piccolo gruppo di studenti impegnati in quella che aveva l'aria di essere la prima lezione del corso. L'uomo di mezza età si stava presentando, ero sufficientemente vicina da poter vedere e sentire tutto, ma fortunatamente nessuno di loro si era accorto di me.
«Inizieremo con qualcosa di semplice- spiegò l'uomo, che aveva detto di chiamarsi Henry- io e Raiden vi daremo una veloce dimostrazione di cosa fare se venite attaccati. Osservate con attenzione.»
Lui e Raiden si misero ai lati opposti del tappetino, uno di fronte all'altro, occhi negli occhi, mentre il gruppo di ragazzi formava un cerchio intorno a loro.
Non avevo mai assistito a nulla di simile dal vivo, forse mi era capitato di vedere qualcosa in tv, ma di persona faceva tutto un altro effetto. I loro movimenti erano velocissimi, feci a mala pena in tempo a vedere Henry scattare che un istante dopo era già in ginocchio con un braccio bloccato dietro la schiena.
Raiden aveva le gambe ben piantate a terra, le sue braccia muscolose erano in tensione e il suo viso mi ricordò il quadrò di un Dio della guerra che avevo visto in un museo molti anni prima. Bellissimo e terrificante al contempo, sembrava pronto a distrugge qualsiasi cosa si fosse messo sul suo cammino, ma quando Henry diede un colpo al suolo per annunciare la sua sconfitta, il viso di Raiden tornò sereno. Lasciò immediatamente andare la presa e tornò al suo posto al suo lato, come se nulla fosse successo.
«Avete visto?»chiese Henry ai ragazzi che li osservano smarriti.
«Scusi- mormorò un biondino con gli occhiali poggiati sulla punta del naso- potreste rifarlo più lentamente?»
Raiden rise, ma nessuno dei due si oppose.
«Ora vi mostriamo qualcosa di ancora più semplice»annunciò Henry mettendosi in posizione.
Semplice...
Non riuscivo a vedere nulla di semplice in tutto ciò.
Raiden si voltò di spalle e Henry si preparò a colpirlo alla nuca, ma in un battito di ciglia la situazione si ribaltò completamente. Henry si ritrovò con un braccio che gli cingeva la gola in una morsa d'acciaio, Raiden lo teneva fermo, immobile e forse sarà stato il modo in cui gli altri del gruppo strepitarono spaventati, o lo sguardo gelido sul volto del minore, ma per un orribile momento credetti davvero che gli avrebbe spezzato il collo. Qualcosa mi diceva che ne sarebbe stato in grado, gli sarebbe bastato solo stringere un po' più forte e...
«È bravo, non è vero?»
Non mi ero nemmeno accorta che il professor Taylor era tornato al mio fianco.
«Come...come ci riesce?»chiesi sbigottita.
Pensavo che le uniche cose in cui fosse capace quel ragazzo fossero la musica e darmi sui nervi. Il professor Taylor mi guardò con un piccolo sorriso beffardo.
«Arti marziali miste. Raiden ha partecipato alle nazionali l'anno scorso, non lo sapevi?»
«No, non lo sapevo.»
Non ne avevo mai sentito parlare prima, nemmeno da Riley che sapeva assolutamente ogni cosa su Raiden.
«Tornando a noi, O'Brian, seguimi nel mio ufficio così possiamo parlare della situazione con calma.»
L'ufficio del professor Taylor era pieno di fotografie. Lui e sua moglie sorridenti, in piedi su un ponte chissà dove, sua figlia mentre cantava sul palco di un teatro, foto di gruppo o di paesaggi appese a ogni parete.
Le avevo sempre trovate in totale contrasto con la sua figura così austera e inflessibile ma di nuovo, non era mai giusto giudicare un libro dalla sua copertina.
«Allora- sospirò dopo essersi seduto sulla sua poltrona- vuoi cercare di spiegarmi quali sono questi problemi?»
«Non posso nuotare»rivelai onestamente.
«Non puoi nuotare?»
Leggevo nel suo sguardo tutta la sua confusione, ma avevo detto la pura verità, sapevo nuotare ma non potevo più farlo.
Oltre a un disturbo post traumatico, l'incidente che si era portato via la mia famiglia quattro anni prima mi aveva lasciato anche una grave forma di talassofobia. Non potevo guardare il mare nemmeno in foto senza avere la nausea e questo valeva perfino per le semplici piscine. Non lo sapeva nessuno al di fuori di Amy, nemmeno mia nonna, e avrei voluto che rimanesse così, perché odiavo che fra le mie debolezze più grandi ci fosse anche quel che mi aveva tolto ogni cosa.
Odiavo il mare e lo temevo...e odiavo temerlo.
Avrei voluto che ci fosse solo rabbia in me e non paura, anche se quella paura mi ancorava a terra quando nessuna delle altre emozioni poteva.
«O'Brian...si tratta di un problema fisico? Sei infortunata?»
Negai con un gesto del capo.
«Signore- sospirai- il mio problema è psicologico. Immagino che non le farebbe piacere vedermi avere un attacco di panico alla sola vista di una piscina.»
Il professor Taylor rimase in silenzio per lunghissimo momento.
Si grattò la fronte nervosamente, prima di tornare a guardarmi negli occhi.
«Sarai esonerata dalle mie lezioni fino a quando non torneremo in palestra.»
Sorrisi, amara, come se avessi acido che mi colava in gola.
«La ringrazio»dissi a fil di voce, eppure non c'era nulla per cui mi sentissi grata.
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-Snow White ❄️
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