Capitolo 12
Sanremo, 11 febbraio 2017. Ore 20
Elena aveva cercato di rifuggire suo padre per tutto il giorno, confidando nel fatto che fossero entrambi impegnati su fronti diversi dello stesso Festival; la verità era che non riusciva a guardarlo negli occhi e a trovare credibilità nel suo sguardo: almeno, non dopo aver appreso la vera storia della famiglia di sua madre.
Non la sapeva ancora tutta, e immaginava che, al ritorno a Genova, sarebbe toccato a lui la parte che riguardava gli Anni Ottanta e Novanta, il matrimonio con Alba Guerrieri e la sua misteriosa scomparsa.
In quella settimana la Sebastiani non aveva fatto altro che pensare al cognome di sua madre, lo stesso di Andrea, il giovane avvocato con cui Giulia era fidanzata prima e durante e dopo la kermesse sanremese del 1967: tuttavia il suo padre biologico era Lorenzo, o almeno così affermava lui. Quel cognome l'aveva indotta a pensare che la Fioretti avesse deciso di far passare la bambina che aspettava per figlia di Guerrieri, proprio perché rappresentava quella stabilità e sicurezza che Molinari, invece, non le avrebbe mai garantito.
Si avvicinò al comodino, aprì il cassetto superiore e vide il quaderno di cuoio marrone che fungeva da diario di sua nonna: tuttavia non aveva ancora avuto il coraggio di leggerlo; se c'era qualcuno che poteva sapere come fossero andate davvero le cose, quella era la diretta interessata, ossia Giulia stessa. Solo che la ragazza sentiva che quelle rilevazioni così agognate le facevano paura, perché avrebbero stravolto completamente la sua vita.
Richiuse il cassetto, pensando che non era il momento: dopotutto mancavano quaranta minuti alla finale. Non poteva perdere tempo.
***
Ore 20:15
Passò per il corridoio con le finestre a vetri che la portava verso la sala da pranzo, quel corridoio che attraversava tutti i giorni e tutte le sere e che garantiva un paesaggio dietro le lastre diverso ma ugualmente bello: lucente e maestoso alla luce del sole, misterioso e affascinante nel suo aspetto notturno.
Solo che, a venticinque minuti dalla messa in onda della finale del Festival, quello stesso paesaggio assumeva una nota di malinconia bellissima e straziante che si rifletteva su chi lo guardava senza lasciargli scampo, come se Sanremo soffrisse la fine di quel magico incanto nell'arco di un giorno, come se preannunciasse la desolazione di tutte le località di mare in pieno inverno.
La Sebastiani aveva sentito bene della nostalgia che assaliva tutti quelli che erano stati lì nelle edizioni precedenti, la sera della finale; ma provarla in prima persona era un'altra cosa: in quell'albergo aveva parlato con Tiziano Ferro, il primo a venirle incontro al suo arrivo; aveva incontrato Lodovica Comello, Ermal Meta, Clementino e altri concorrenti tra un'esibizione e un commento sulla sera prima; aveva conosciuto Lorenzo Molinari, e poi Carla, Jacopo e Umberto, e quel pezzo di famiglia di cui non sapeva nulla e che loro le avevano raccontato.
Dopo tutto ciò che aveva vissuto, aveva ancora meno voglia di tornare a Genova, sapendo che sarebbe tornata sotto lo stesso tetto di suo padre e Miriam, che avevano sempre mentito.
La sua speranza, quella sera, era di incontrare uno di loro che continuasse, per lei, la storia di Giulia e degli altri ragazzi di Sanremo 1967.
Che magari arrivasse fino alla nascita di Alba, sua madre.
O magari anche non incontrare nessuno, non tornare sull'argomento almeno per la finale e godersi quell'ultima sera nel luogo che lei considerava il più bello d'Italia e del mondo.
***
Ore 20:30
Mancavano dieci minuti alla messa in onda della finale, e tutti sembravano correre verso un'unica direzione: il palco dell'Ariston.
Come un re e la sua regina, Conti e la De Filippi incedevano sicuri, come solo chi faceva oltre il 50% di share ogni sera da cinque sere poteva permettersi di fare; poi venivano i cantanti e le loro entourage, fatta di manager, parrucchieri, truccatrici, discografici, consulenti e fan accaniti che inseguivano i loro idoli fino a prima di andare in scena pur di ottenere un autografo o un selfie con loro.
Succedevano i "muscoli" del Teatro Ariston, ossia tutti quelli che ci lavoravano e tra i quali c'era anche Elena, che si fece prendere dall'euforia generale.
<< Ecco dov'eri! >> esclamò Umberto, che veniva verso di lei con Carla e Jacopo.
<< Che atmosfera, eh? >> commentò allegramente la Grandini.
<< Sono qui da due anni, ma ogni volta questa folla di gente che va tutta nella stessa direzione mi fa venire le palpitazioni... >> dichiarò Lo Monaco.
<< Sei un romantico allora! >> osservò la ballerina, sorridendo.
<< Sono solo molto affezionato a questo posto e spero di rimanerci per sempre! >> esclamò il cameraman.
<< E chi non vorrebbe? >> sospirò malinconica la Sebastiani.
Gli altri tre le risposero con gli stessi, mesti sorrisi.
<< Anche tu sei stata contaminata dall' "effetto Sanremo"? >> chiese Di Biase.
<< Cos'è l' "effetto Sanremo"? >> domandò la coordinatrice delle attività.
<< È quella nostalgia che ti prende man mano che il Festival va avanti e ti avvicini alla fine. Ti sembra ieri che sono cominciati i preparativi, e poi la gara vola via nell'arco di cinque giorni... >> spiegò Carla, in modo molto teatrale.
<< È come il Natale. Come la Pasqua e il Ferragosto. È una... >> cominciò Umberto.
<< Una festa comandata! >> completò Elena.
<< Esatto... Sei definitivamente stata infettata da questo bellissimo virus! >> constatò lui.
<< Mi sa di sì... L'idea di andare via mi fa venire da piangere. Vorrei che capitasse come ai nostri nonni, che mi prolungassero il contratto al Teatro Ariston a tempo indeterminato! >> sperò lei.
<< Attenta ai desideri... Si possono avverare! >> intervenne Jacopo.
<< Noi tutti siamo qui da due anni! >> aggiunse Carla.
<< Si va in scena! >> li richiamò tutti Carlo Conti. Mancava pochissimo alla messa in onda.
***
Ore 21
Lo show andava in onda ormai da venti minuti, quando Umberto propose ad Elena, Jacopo e Carla di andare a godersi un po' quell'ultima serata di Festival finché avrebbero avuto tempo.
Il giovane Di Biase prese la macchina e tutti e quattro salirono; guidò fino alla spiaggia di Sanremo, e a quel punto scesero ad uno ad uno, correndo e ridendo: la tentazione di farsi un bagno era forte, ma poiché presto sarebbero dovuti tornare all'Ariston, si limitarono a passeggiare sulla riva del Mar Ligure.
Umberto e Jacopo decisero di fare una gara di corsa, mentre Elena e Carla li seguivano andando un po' più piano.
<< Certo che sono proprio due bambinoni... >> commentò la Sebastiani.
<< Già, ma senza di loro sarebbe una noia... >> rispose la Grandini, concentrando il suo sguardo sulla figura del cameraman, che le era di spalle.
<< Senza di loro... O senza Jacopo? >> domandò la coordinatrice delle attività con tono malizioso.
<< E va bene, non mi è indifferente. Ma non lo è neanche a te Umberto >> si difese la ballerina.
La figlia di Antonio Sebastiani rimase un attimo in silenzio e arrossì.
<< Guarda che non c'è niente di male, nel buttarsi a capofitto nei sentimenti. Anche tua nonna aveva un sacco di remore, dev'essere una caratteristica di famiglia... >> constatò divertita la nipote di Chiara e Alberto Grandini.
<< Oggi ho guardato il suo diario, nel comodino. Ma non ho avuto il coraggio di andare oltre la prima pagina. Ancora non ce la faccio a conoscere il suo punto di vista su tutta questa storia... >> confessò l'una.
<< Beh, allora se vuoi posso continuare io con il racconto, mentre i ragazzi proseguono con questa gara... >> iniziò l'altra, riprendendo il racconto dall'inizio dei due spettacoli rivali nella stagione primaverile del Teatro del Casinò.
***
Sanremo, 4 febbraio 1967
Mancavano solo tre giorni alla prima dello spettacolo Fate l'amore, non fate la guerra: la sfortuna aveva voluto che fosse proprio il giorno successivo al debutto di Per aspera ad astra: La via del successo, ma Oreste Viviani era talmente ottimista da incoraggiare tutti coloro che avevano deciso di prendere parte a quel progetto, ricordando a ciascuno che quello svantaggiato potesse essere benissimo trasformato in opportunità.
Purtroppo quel giorno la sua filosofia non lo assistette: infatti la coprotagonista femminile della piece teatrale si era ammalata e non avrebbe potuto cantare a causa del mal di gola.
<< Mannaggia, quella poteva pensarci prima ad ammalarsi, no? >> sbottò Chiara, che vedeva il suo show seriamente compromesso.
<< Magari sarà un malanno di stagione... >> ipotizzò Rita, venuta con Giulia a prendere le misure per gli ultimi ritocchi agli abiti di scena.
Quest'ultima aveva un'aria stanca e sbattuta, come se avesse passato una settimana senza dormire: lei attribuiva la colpa ad Andrea e alle sue pretese di essere perdonato.
<< Te lo dico io qual è il malanno di Denise, fare colpo su qualsiasi maschio di questo teatro! Pur di attirare l'attenzione se ne va in giro co quelle scollature scordandosi che siamo a inizio febbraio! >> insistette la Nobili, visibilmente irritata.
<< Non si preoccupi, signorina Nobili. Vedrà che troveremo una soluzione... >> la rassicurò Viviani.
<< E quale sarebbe, dottor Viviani? >> sospirò la cantante, guardandolo con aria supplichevole.
L'uomo restò in silenzio per alcuni secondi, ma fu Lorenzo a parlare per lui.
<< Giulia canta benissimo! >> propose, facendo sprofondare di vergogna la giovane sarta.
Oreste rivolse l'attenzione verso la Fioretti, che avrebbe voluto letteralmente scomparire dentro il camice.
<< Davvero? >> chiese incuriosito.
<< Io... >> si schermì quest'ultima.
<< L'ho sentita cantare, mentre preparavamo il Festival! Mi creda, ne vale la pena... >> insistette Molinari.
Oreste diede un'occhiata alla ragazza: con le mani dietro la schiena e lo sguardo rivolto verso il basso, sembrava tutto meno che una pronta ad emergere.
<< Perché non ce lo dimostra, signorina Fioretti? >> sorrise poi.
Giulia sollevò gli occhi verso di lui, poi si incamminò timidamente verso il palco.
Lorenzo le rivolse uno sguardo d'incoraggiamento.
<< Alberto, accompagnala al piano mentre canta "Io che non vivo più di un'ora senza te"... >> disse poi a Grandini, che ubbidì.
La Fioretti cantò come se nessuno la stesse guardando. Le dava coraggio.
Quando ebbe finito riaprì gli occhi: l'intero uditorio stava applaudendo. Allora accennò ad un inchino e ringraziò tutti.
<< Lei è scritturata per il ruolo di coprotagonista! >> decise Viviani.
<< E Denise? >> domandò lei.
<< Desise Franciosi avrà un'altra occasione. Questa è la sua, signorina Fioretti: non la sprechi! >> la esortò lui.
Giulia sorrise orgogliosa. I suoi occhi incrociarono quelli di Lorenzo: era convinta che stesse applaudendo più forte di tutti.
***
<< Giulia! >> la chiamò Lorenzo, mentre usciva in cortile con Rita e Chiara.
<< Lorenzo... >> si girò lei, sorridendo.
<< Sei stata bravissima... >> si complimentò lui.
<< Grazie, ma hai fatto tutto tu. Io non avrei mai avuto il coraggio... >> ammise l'una, imbarazzata.
<< E invece sì! Hai chiuso gli occhi e lasciato parlare, anzi cantare, la tua voce... Io non ho fatto niente, ti ho dato solo... Una spintarella! >> rispose l'altro.
I due si guardavano negli occhi in maniera talmente magnetica che Rita e Chiara trovarono opportuno allontanarsi per lasciarli soli, quando una voce maschile li interruppe.
<< Ciao, Giulia... >> era Andrea.
La diretta interessata, Lorenzo e le altre due si girarono verso di lui, guardandolo come qualcuno che aveva appena interrotto un incantesimo.
<< Andrea, che ci fai qui? >> chiese subito la Fioretti.
<< Volevo parlarti... Possibilmente in privato >> puntualizzò Guerrieri, riferendosi soprattutto a Molinari.
<< Vieni, andiamo... >> fece la sarta, guidandolo verso un punto più appartato del cortile interno.
<< Ho sentito del tuo successo, mentre arrivavo. E mi ha fatto riflettere >> cominciò l'uno.
<< E su cosa? >> domandò l'altra.
<< Sul fatto che ti volevo chiusa in casa e dimessa, ma solo perché ho avuto questi esempi. E invece tu sei incredibile e piena di talenti, e forse è per questo che mi sono innamorato di te... >> proseguì il primo.
La seconda studiò a fondo il suo interlocutore, come se lo vedesse per la prima volta: era come se di fronte a lei non ci fosse il solito Andrea Guerrieri, quello che voleva solo una moglie e una madre, ma un uomo che la amava e la comprendeva per com'era.
E poi sentiva che con lui avrebbe potuto affrontare quel malessere strano, che la impensieriva.
<< Giulia Fioretti, te la sentiresti di darmi una seconda possibilità? >> fece allora il giovane, inginocchiandosi e prendendole la mano.
La ragazza esitò un attimo. Pensò a Lorenzo, a quanto sarebbe stata difficile, la vita, con uno come lui. Che non le dava nessuna sicurezza. Con Andrea, invece, la prospettiva di una vita tranquilla le si apriva davanti come una giornata di sole al risveglio da un incubo.
<< Sì, lo voglio! >> esclamò.
Guerrieri si alzò e la baciò. Ormai la Fioretti aveva deciso, e non poteva tornare indietro.
***
Rita aveva cominciato a dimenticare Renato. Non era stato facile, l'immagine di lui che la trattava come una sgualdrina e quella del suo incontro fugace con Daria Viviani si sovrapponevano nella mente di lei come immagini demoniache, venute dal profondo dell'inferno apposta per perseguitarla.
Ma in quei giorni era accaduto qualcosa di diverso: tutto era cominciato quando era andata a sbattere contro il dottor Oreste Viviani, mentre fuggiva dall'orribile visione della moglie di lui tra le braccia del suo Renato.
La Roversi guardava a quell'uomo coraggioso e avanguardista con un misto di ammirazione e reverenza, ma col tempo quei sentimenti si erano trasformati in stima, se non in qualcosa di molto più potente, ma che poteva rivelarsi pericoloso: dopotutto lui era uno dei sommi capi, e lei solo una sarta.
Eppure, quando gli aveva confidato del suo sogno di diventare la costumista ufficiale della Rai, non l'aveva presa in giro, anzi: le aveva chiesto di fargli vedere un modello. Rita però aveva tentennato, memore dell'ultima brutta esperienza con Attilio Anselmi, il sedicente proprietario di boutique che voleva solo sedurla.
<< Perché ha paura, signorina Roversi? Non è forse questo il suo sogno? >> le chiese infatti Viviani.
La Roversi sentì di dovergli raccontare la verità.
<< Vede, dottor Viviani... Una volta un uomo come lei mi disse che potevo fargli vedere i miei modelli. C'era ancora il Festival. Io ero al settimo cielo e mi sono presentata alla sua boutique, solo che... >> cominciò, interrompendosi per quanto quel ricordo facesse male.
<< Solo che? >> la incoraggiò lui.
<< Solo che quell'uomo era un maiale, e quando ho capito che eravamo soli e che voleva farmi accomodare nel suo ufficio l'ho trovato strano, ma mai avrei immaginato che mi mettesse le mani addosso, e invece... >> proseguì lei, sopraffatta dal dolore.
<< E invece certi uomini non si smentiscono mai... >> commentò l'uno, disgustato.
<< Avrei dovuto accorgermene prima, e invece ho fatto appena in tempo a sfuggirgli, ma non gli è bastato: ha telefonato ai miei genitori, per cui mia madre è venuta qui, al Teatro del Casinò, a dirmi che ero una poco di buono che l'aveva provocato! >> si mise a piangere l'altra.
<< Un classico: non sanno tenere le mani a posto e inguaiano le donne che non possono difendersi. Tutto questo è disgustoso. Ma il suo fidanzato? Credette anche lui alla versione di questo mascalzone? >> fece il primo, premuroso, cingendole le spalle con un braccio.
<< Renato ha creduto immediatamente alla versione di Anselmi. Come tutti gli uomini, d'altra parte. Perché sono stata io a cercarlo, io a portargli i miei vestiti credendo che gli interessassero per davvero... >> si sfogò la seconda, abbassando lo sguardo.
Viviani le sollevò il volto mettendole due dita sotto il mento.
<< Lei non ha fatto niente, non deve colpevolizzarsi per nulla. È una ragazza di talento e d'iniziativa, ma questo non deve per forza essere male interpretato. Io sono davvero convinto che lei sia brava >> le giurò.
La Roversi sorrise tra le lacrime, e arrossì: quell'uomo era veramente speciale.
<< Grazie, dottor Viviani! Non vedo l'ora di farle vedere il mio abito... >> promise, finalmente compresa da qualcuno di speciale, ma non solo a parole.
A quel punto, Renato si poteva anche tenere la quarantenne annoiata. Non c'era più posto per lui, nel cuore di Rita.
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