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- E tu che ci fai qui? - chiedo, vedendo Stella fuori da scuola.

- Avevo voglia di vederti - mi spiazza - ti va se facciamo un giro in centro?

- Che succede? Guarda che non sono più una bambina... non ci credo più a queste storie... - le rispondo, sperando vivamente che mi dica che in realtà è tutto a posto.

- Dimenticavo che hai già quattordici anni - risponde, con una lieve punta ironica - comunque, tranquilla, niente di grave... però volevo dirtelo di persona...

- Dimmelo subito, così se fa male, ho tutto il pomeriggio per starci male... - le rispondo.

Mi fa una carezza sul viso e non dice nulla. Inizia a camminare e mi dico che se voglio saperne di più devo seguirla. Passeggiamo in silenzio fino all'incrocio, poi scorgo la sua macchina. Sul sedile posteriore vedo uno scatolone di libri, alcuni con la copertina sgualcita, altri in condizioni più o meno buone. C'è anche una scritta. Sono per me.

- Non ci credo! Fammi venire un infarto la prossima volta, eh! Tutto questo mistero per uno scatolone pieno di libri! Dirmelo subito, no, eh? - le dico, abbracciandola.

Mi allontana subito però e fissa l'asfalto, alternando uno sguardo al marciapiede e uno alla macchina.

- Che c'è? - le dico - ora non posso nemmeno abbracciarti?

- Isotta, ascolta, io... Ecco, insomma, c'è una cosa che devo dirti...

 Posso dirti grazie prima io per questo bellissimo regalo? Perché sono tutti per me, vero?

- Sì, però... forse è meglio se ti siedi - mi dice, aprendo la portiera.

- Era troppo bello per essere vero... la sorpresa non sono i libri... - commento, sedendomi, con lo stomaco che inizia a brontolare per l'agitazione.

- I libri sono la parte che ti piacerà di più... - mi dice - senti, io... lo sai che non sono mai stata brava con i discorsi... tu sei una cugina davvero speciale e io ti voglio tanto bene... sono così fiera e orgogliosa della persona che stai diventando...

- Ma...? - la guardo, deglutendo.

- Mi hanno offerto un lavoro in Australia - mi dice, tutto d'un fiato, appoggiandosi alla macchina.

- Dai, che bello, sono contenta per te - non so nemmeno da dove mi escano certe parole visto che sto lentamente morendo dentro - lavorerai dall'altra parte del mondo! Sei felice?

Continuo a buttare fuori parole forse per esorcizzare quanto starò male quando dovrò salutarla davvero. Non pensavo che se ne sarebbe andata pure lei, lei che c'è sempre stata, anche quando non c'era nessuno.

- Beh, sì sono felice, l'hanno chiesto solo a me, non potevo dire di no. Mi fa piacere che tu l'abbia presa bene! Mi preoccupava un sacco la tua reazione... mi ero immaginata pianti isterici, invece, dai, è proprio vero che stai crescendo.

- Se tu sei felice - faccio una pausa perché non voglio tradirmi proprio adesso - sono f-felice anch'io - cerco pure di sorriderle, mentre vorrei solo abbracciarla e non staccarmi più.

- Grazie, Isotta, davvero, sei mitica. L'hai presa benissimo. Comunque, visto che sto svuotando casa e di certo non potrò portarmi tutti i libri a Perth ho deciso di lasciarli a te, così è come se continuassi a prestarteli.

- Quindi andrai a Perth? - le chiedo, mordendomi un labbro.

- Sì, non vedo l'ora. Pare che sia una città splendida - risponde, entusiasta.

- Facciamo lo stesso un giro in centro? - le chiedo, sperando che non mi dica di no.

- Ma certo, Isotta - mi dice, sorridente - dai, sali.

Salgo in auto mentre un vortice di emozioni mi pervade lo stomaco. Vorrei urlarle di non andare, ma sembrerei la bambina che non voglio più essere. Vorrei dirle che sono una dannata egoista, che ha paura di rimanere ancora sola e che lei è l'unica persona che non la fa sentire sola. Vorrei dirle che ho bisogno di lei, che non è vero che sono cresciuta, che è tutta una dannata finzione, che anche se dico che sono grande, sono quella che piange di notte con la testa nel cuscino. Vorrei dirle che anche se mi mostro felice per lei, in realtà sono quella che sta ancora male se qualcuno le dice all'improvviso che se ne va.

- Comunque partirò fra qualche settimana, eh. Natale riusciamo a festeggiarlo insieme!

- Ti voglio bene, Stella - le dico, con un filo di voce, mentre gli occhi mi si riempiono di lacrime.

- Lo sapevo che non l'avresti presa bene... - commenta, al semaforo.

- No, ma l'ho presa bene - singhiozzo, cercando di non crollare.

- Continueremo a sentirci - mi dice - anche adesso poi non è che ci vediamo molto... solo quando ti porto al cinema...

- È che so che ci sei... nel senso se ho bisogno so che ci sei, ti posso abbracciare, ne possiamo parlare... invece così... però va bene, è la tua vita, io me ne farò una ragione... Poi tornerai per Pasqua, per Natale... dai, ce la faccio... - le dico, cercando di mostrarmi forte.

- Ehm, no, il problema è proprio questo... mi fanno un contratto di due anni e per due anni non potrò tornare in Italia.

- No, ma allora dillo che te ne vai per sempre così fa male solo una volta! - le dico, sbottando.

- Quindi non l'hai presa bene - commenta, sospirando.

- Vuoi la verità? L'ho presa da schifo.

- Allora perché mi dici che l'hai presa bene se l'hai presa male?

- Perché voglio provare a essere f-forte... - deglutisco - p-per una volta, ma... è p-più forte di me...

- Isotta, ti prego. Non mi hai mai nascosto nulla e non iniziare proprio ora...

- Vale anche per te, non ci credo che l'idea di non vedermi più ti faccia stare così bene.

- Ascoltami. Adesso andiamo d'accordo, ma non è detto che sarà sempre così. Magari fra qualche anno litigheremo e non ci parleremo più e io avrò buttato all'aria l'occasione della mia vita per te...

- Allora litighiamo adesso così parti più tranquilla! Ma che cavolo di discorsi fai? Se sei stata importante finora, lo sarai ancora di più in questi anni...

- Mi dispiace deluderti, Isotta, ma era da dire che non sarei stata presente sempre nella tua vita...

- Era da dire, eh? E allora perché non me l'hai detto subito?! Perché non mi hai detto che un giorno mi avresti chiuso la porta in faccia proprio nel momento in cui avrei avuto più bisogno di te? Perché io ho bisogno di te - esplodo - ne ho un bisogno immenso...

Stella accosta in un parcheggio e spegne la macchina.

- Ascoltami. Lo so che è il momento peggiore per andarmene, ma ho bisogno di questo lavoro...

- Posso venire con te? - le dico, fra le lacrime - qui non ho nessuno, non ho amici, i miei sono inesistenti, sarei sempre sola... non ce la faccio ad affrontare l'adolescenza così...

Stella scende dalla macchina e apre la portiera dalla mia parte.

- Scendi, per favore.

Mi rannicchio nel sedile e non mi muovo.

- Isotta, per favore... l'avevi presa così bene...

Continuo a non rispondere. Mi sembra di avere un nodo in gola.

- Guardami - dice, appoggiando la sua mano sulle mie ginocchia - non è la fine del mondo.

- Non mi sei d'aiuto - riesco a dirle dopo un tempo che mi sembra infinito.

- Dai, andiamo a mangiare qualcosa e fare un po' di shopping... così ti distrai e non ci pensi...

- E quando avremo finito di mangiare e di spendere soldi tu che farai? Te ne andrai comunque! - le rispondo, scendendo dall'auto.

- Mi vuoi mettere in croce per questo?

- No... hai ragione, scusa... sono una cogliona... è la tua vita, io non c'entro più... forse non ci sono mai entrata... - dico, piantandola lì e correndo via.

Spero che riesca a raggiungermi, che abbia il coraggio di fare alcuni metri di corsa solo per volermi fermare.

- Isotta - mi sento afferrare per un braccio e poi trovo la forza di girarmi.

Mi abbraccia forte, stringendomi a lei ed è ciò di cui avevo più bisogno.

- Non è vero che non mi mancherai - mi sussurra in un orecchio - certo che fai parte della mia vita, nessuno prenderà mai il tuo posto. Non lo devi nemmeno pensare, capito?

Annuisco e la lascio finire di parlare.

- Non dire mai più che sei una cogliona, ok? Non sapevo come dirtelo, non sapevo come l'avresti presa, non pensare che parta a cuor leggero, capito?

- Avevo solo bisogno di sentirtelo dire. Solo questo.

Mi stacco e le sorrido, asciugandomi gli occhi con il risvolto della felpa.

- Scusa se ho pianto, non mi piace fare la parte della stracchina, ma lo sai che a te tengo tantissimo...

- Lo so... - mi fa una carezza sul viso - spero proprio che tu possa trovarti degli amici o magari un ragazzo perché no...

- Non mi piace nessuno... - commento, guardando per terra.

- Beh, fra qualche anno magari ti piacerà qualcuno...

- Boh, ma sto poi bene anche single, eh.

- Va bene, ok, non insisto. Mangiamo qualcosa?

- Ok - rispondo, sorridendo.

Entriamo in una trattoria e ci sediamo a un tavolino. Appoggio lo zaino di scuola su una sedia. Sono talmente agitata che non riesco a tenere ferma la gamba.

- Buongiorno. Mamma e figlia? - chiede il cameriere - giovanissime entrambe, eh.

Ma perché devono fare questi commenti? È proprio necessario?

- Non mi dispiacerebbe che fosse mia figlia - sorride Stella - comunque no, è mia cugina.

- Capito - risponde il cameriere - intanto vi lascio il menu. Cosa vi porto da bere?

- Una coca cola, grazie - rispondo.

- Per me un'aranciata - risponde lei.

- Va bene, intanto decidete pure con calma, eh.

Apro il menu e mi perdo a leggere tutti quei bei piatti che fanno tanto ristorante a cinque stelle e che invece sono gli stessi che cucinava nonna, solo che il sapore che riusciva a farci stare lei non lo ritroverò più.

- Cosa ti va di mangiare? - mi chiede Stella.

- Non lo so... non ho tanti soldi con me...

- Tranquilla, offro io. Prendi quello che ti va.

Faccio scorrere il dito lungo tutte le due pagine di primi piatti, ma l'indecisione è sempre stata il mio tallone d'Achille.

- Mi piacciono tutti - sospiro - perché non so mai scegliere?

- Allora io te li leggo tutti, tu ci pensi e vai a esclusione, che dici?

- E tu che prendi? Lo sai già? Alla fine scelgo sempre quello che prendono gli altri...

- Ma farti una personalità tua, no, eh?

- Quando mangio con gli altri ho sempre paura che mi giudichino se prendo un piatto invece di un altro... perché poi se prendo quello più grande penseranno che sia una che si strafoga di cibo, ma non voglio nemmeno passare per quella che mangia poco e dopo sviene in bagno...

- Isotta, tranquilla, lo sai che non ti ho mai giudicato e non inizierò a farlo proprio ora. Prendi un piatto di cui hai voglia adesso.

- Ok... allora prendo i tortelloni di zucca con il ragù. Dici che ne porteranno una porzione enorme?

- Isotta! - mi riprende, ridendo - smettila, stai tranquilla. Se non riesci a finirla te la finisco io, ok?

- Ah, beh, grazie, eh - commento, accennando un sorriso - e tu cosa prendi?

- Tortellini alla panna, i miei preferiti.

Chiude il menu e appoggia il cellulare sul tavolo. Avrei preferito che non lo facesse, perché è come se avesse messo un paletto fra me e lei con quel telefono, come se volesse dirmi che vorrebbe trovarsi da un'altra parte.

- Di solito non pranzo mai col cellulare vicino - mi dice - ma più tardi ho un appuntamento e non voglio perdere di vista l'ora.

- Ok, tranquilla, non mi dà fastidio - rispondo, mettendo anche il mio sul tavolo.

- Hai un appuntamento anche tu? - mi dice, ridendo.

- No, a me piace averlo vicino - le rispondo, anche se in realtà l'ho fatto solo per metterla un po' a disagio perché io mi sono sentita esattamente così.

Il cameriere ripassa e prende gli ordini, mentre ci porta il bere.

- Facciamo un brindisi? - propone Stella.

- Alla tua partenza? - commento, ironica. 

- Proprio non ci arrivi, eh? Per me è una grande opportunità di lavoro! Ma d'altronde... tu sei solo... solo una ragazzina!

- È vero, sono solo una ragazzina, ma sono una ragazzina che ti vuole bene e che pensava che ci saresti stata per sempre!

- Non puoi averci creduto davvero, andiamo! Non ho studiato all'università per rimanere ad abitare tutta la vita qui!

- Certo che ci ho creduto! Tu sei il mio punto di riferimento! - le urlo, alzandomi in piedi.

- Isotta, siediti. Non è il caso di fare queste scene davanti a tutti - mi risponde, guardandosi intorno preoccupata.

- Invece è il caso - le dico, arrabbiatissima e rimanendo in piedi.

- Isotta, siediti, per favore.

- Lo capisci che quando starò male tu non ci sarai? Lo capisci questo? Lo capisci che maledirò tutto e tutti solo perché tu non ci sarai? Lo capisci che vivrò un'adolescenza da schifo solo perché l'unica persona che c'è sempre stata se ne è andata anche lei?

- Hai fatto male ad affezionarti tanto - mi dice, gelida - le persone non rimangono mai per sempre.

Non posso crederci che l'abbia detto davvero. La guardo, basita, mentre lei srotola il tovagliolo ed estrae le posate. Pensa che la normalità sia questa: andarsene.

- Non puoi essere seria - commento, guardandola, ma lei non mi dice nulla. 

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