Una Notte Fuori


Dopo tutto il casino, non possiamo tornare subito ad Alexandria.

È troppo buio.

Troppo pericoloso.

E anche se non voglio restare qui fuori, non abbiamo scelta.

Troviamo rifugio in una vecchia casa, mezzo distrutta ma sicura.

Ci barrichiamo dentro.

Ci sistemiamo alla meglio.

E decidiamo che domani mattina partiremo presto per cercare altri rifornimenti.

Perché tornare a mani vuote, dopo tutto quello che è successo, non è un’opzione.

Ci dividiamo in stanze separate per riposare.

Ma io e Carl?

Sappiamo già che finiremo insieme.

Mi siedo sul materasso polveroso di una vecchia camera, Carl si lascia cadere accanto a me.

Siamo entrambi troppo stanchi per parlare.

Lui si toglie il cappello, lo appoggia a terra, poi si gira verso di me.

«Domani cerchiamo cibo e medicinali,» dice piano, la voce rauca per la stanchezza.

Annuisco. «E armi, se troviamo qualcosa di utile.»

Carl sbadiglia, si passa una mano tra i capelli.

«Sì. Poi torniamo a casa.»

Casa.

Alexandria.

Dove, per la prima volta, non sento più di voler scappare.

Il silenzio si allunga.

Carl si sdraia di lato, un braccio sotto la testa.

Mi guarda.

Aspetta.

Io so cosa vuole.

So che sta aspettando che sia io ad avvicinarmi.

Perché Carl non mi forza mai.

E io?

Io scivolo accanto a lui, senza pensarci troppo.

Mi sistemo contro il suo petto, come ho fatto quella notte ad Alexandria.

Solo che ora è diverso.

Ora so che questo è il mio posto.

Carl mi stringe piano.

«Dormi, Fenice.»

Chiudo gli occhi, il suo respiro contro i miei capelli.

Domani sarà un altro giorno.

Un’altra missione.

Un altro pericolo.

Ma ora?

Ora sono al sicuro.

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