Una Notte Fuori

La spedizione doveva essere veloce.

Entrare in un vecchio supermercato abbandonato, prendere quello che serve e tornare.

Ma ovviamente, non è mai così semplice.

Un gruppo di vaganti ci ha rallentati, il sole è calato troppo in fretta, e alla fine abbiamo dovuto accamparci per la notte.

Siamo in cinque.

Abbiamo trovato un edificio relativamente sicuro, barricato porte e finestre, acceso un piccolo fuoco.

Gli altri sono già sistemati, chi dorme, chi fa la guardia.

E io e Carl?

Noi siamo soli.

Carl è seduto su un vecchio divano di pelle consumata, il fucile appoggiato accanto a lui.

Io sono sdraiata di traverso, con le gambe appoggiate sulle sue.

Come se fosse normale.

Come se non fosse passato così tanto tempo dall’ultima volta che ci siamo baciati.

Da quella sera.

Parliamo sottovoce, il fuoco illumina appena la stanza.

La sua mano è sulla mia caviglia, il pollice che si muove lentamente sulla pelle scoperta.

Distratto.

Naturale.

Troppo naturale.

E io lo sento.

Lo sento nel modo in cui i suoi occhi si fermano sulle mie labbra più del necessario.

Nel modo in cui il suo respiro cambia appena.

Nel modo in cui mi guarda.

Come se stesse per farlo.

Come se volesse farlo.

E io non lo fermo.

Carl si inclina appena in avanti.

Io rimango immobile.

Il calore del fuoco mischiato a quello del suo corpo mi confonde.

Il suo viso è troppo vicino.

Poi, senza più esitazioni, mi bacia.

Dopo tutto questo tempo.

Dopo tutte le volte che abbiamo evitato di farlo.

E il problema?

Il problema è che questa volta non voglio smettere.

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