Troppo Simili per Non Farsi Male
Il vento soffia piano tra le strade vuote di Alexandria.
Carl è ancora lì, in piedi di fronte a me, con lo sguardo perso tra i ricordi che non riesce a dimenticare.
Io dovrei dire qualcosa.
Dovrei provare a consolarlo.
A fargli capire che non è colpa sua se è diventato così.
Ma io non sono brava con le parole.
Non so come si fa a sistemare qualcuno, quando io stessa sono troppo rotta.
Così, rimango in silenzio.
Aspetto.
E Carl, ancora una volta, parla.
«A volte penso che, se mia madre fosse viva, non mi riconoscerebbe più.»
Lo dice piano, quasi sottovoce.
Quasi come se gli facesse paura ammetterlo.
Mi si stringe lo stomaco.
Non mi aspettavo che dicesse una cosa del genere.
Carl è sempre quello che sembra avere tutto sotto controllo.
Quello che non lascia trasparire niente.
Ma ora lo vedo.
Vedo quanto dolore si porta dentro.
Quanto lo consuma.
«Non sono il ragazzino che lei ricordava,» continua. «Non sono quello che voleva.»
Sbatto le palpebre, confusa.
«Perché dici questo?»
Carl stringe la mascella.
Si passa una mano tra i capelli, esasperato.
«Perché lei voleva che io restassi buono.»
Ride piano, senza un briciolo di allegria.
«Guarda come è andata a finire.»
Il suo sguardo si incolla al mio.
E in quel momento, vedo tutto.
La rabbia.
Il senso di colpa.
L’odio per se stesso.
E so che non importa quante persone gli diranno che non è colpa sua.
Carl continuerà a crederci.
Lo studio per qualche secondo.
Poi dico la verità.
Quella che nessuno gli ha mai detto.
«Tu non sei cattivo, Carl.»
Lui sussulta appena, sorpreso.
Non se lo aspettava.
Ma io continuo.
«Non importa quanto ti sforzi di esserlo.»
Lui vuole crederci.
Vuole convincersi di essere diventato freddo, distante, come se questo lo proteggesse.
Ma non è così.
Io lo vedo.
Lui è quello che protegge.
Quello che si mette davanti agli altri.
Quello che combatte con tutto se stesso.
E forse è per questo che siamo troppo simili per non farci male.
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