Sfide e Confessioni


L’aria fuori Alexandria è fresca, carica dell’odore del bosco umido e della terra bagnata. Il sole sta calando, tingendo il cielo di sfumature arancioni e rosse.

Siamo fuori per allenarci. O almeno, così dice Carl.

A me sembra solo una scusa per infastidirmi.

«Sei troppo lenta,» commenta, muovendosi con facilità tra gli alberi.

Stringo la mascella. «E tu sei troppo stronzo.»

Carl sorride appena, il cappello leggermente abbassato sugli occhi. «Sai, mi sa che ti piace insultarmi.»

«Mi sa che mi dai sempre un motivo per farlo.»

Lui ride piano, provocatorio. «Eppure sei qui.»

Lo ignoro.

Ci stiamo allenando a combattere corpo a corpo. Uno contro uno.

Rick pensa che io debba imparare a collaborare con il gruppo. Carl pensa che sia divertente vedermi incazzata.

Io penso che vorrei solo tirargli un pugno in faccia.

Ma so che non è così semplice.

Lui è veloce.

È forte.

E, peggio ancora, è testardo quanto me.

Carl inclina la testa di lato. «Se attacchi sempre in modo prevedibile, qualcuno prima o poi ti fotterà.»

Sollevo un sopracciglio. «Strano, pensavo che qualcuno avesse già provato a fottermi l’ultima volta.»

Lo dico con sarcasmo, ma il suo sguardo cambia in un istante.

Diventa freddo.

Oscuro.

La sua mascella si tende. «Non scherzare su quello.»

Lo fisso. «Perché no? Tu scherzi su tutto.»

Carl fa un passo avanti. È serio ora. Troppo serio.

«Perché se mi torna in mente quella sera, finisce che torno là fuori a finire il lavoro.»

Il mio stomaco si stringe.

«Carl…»

Lui scuote la testa. «No, sul serio. Se ci ripenso, mi chiedo perché cazzo mi sono fermato. Avrei dovuto ucciderli tutti.»

La sua voce è bassa, controllata. Ma so che dentro sta ribollendo.

Rimango in silenzio.

Perché la verità?

La verità è che non so cosa rispondere.

Non so cosa fare con il fatto che qualcuno si sia incazzato così tanto per me.

Carl alza gli occhi su di me, e per la prima volta, non sembra solo un ragazzo che mi sfida.

Sembra qualcuno che ha paura per me.

Abbasso lo sguardo, passando la lingua sul labbro inferiore.

«Non devi pensarci più.»

Lui ridacchia, senza umorismo. «Dici sul serio? Dopo quello che mi hai detto?»

Mi irrigidisco.

Carl mi studia.

Poi parla, piano.

«Zaira.»

Sento il mio nome sulla sua lingua come un peso.

Lento. Intenso.

«Tu ci pensi ancora?»

Respiro a fondo.

Poi alzo lo sguardo su di lui e dico la verità.

«Ogni fottuto giorno.»

Carl chiude gli occhi per un secondo.

Quando li riapre, ha deciso qualcosa.

Lo capisco dal modo in cui il suo sguardo si fa ancora più fermo.

«Allora facciamo un patto.»

Lo fisso, confusa. «Che patto?»

Carl si avvicina ancora di un passo.

«Se tu non molli, io non mollo.»

Stringo la mascella. «Non ho bisogno che qualcuno non molli per me.»

Lui sorride appena.

«Troppo tardi, Fenice.»

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