Ritrovarti
Il buio è ormai calato.
L’aria è fredda, il vento muove i rami secchi intorno a me.
Sono fuori da sola, con Enid e pochi altri, ancora a cercarlo.
Ogni minuto che passa senza trovarlo è un coltello nello stomaco.
Ogni ombra che vedo potrebbe essere lui o un fottuto vagante.
Ma poi, finalmente, succede.
Carl.
È lì.
Appoggiato contro una macchina ribaltata, il fucile in una mano, l’altra stretta su un taglio lungo il braccio.
Sporco di sangue.
Ma vivo.
Il mio cuore si ferma.
«CARL!»
Non penso.
Non ragiono.
Corro verso di lui senza respirare.
E quando lo raggiungo, lo abbraccio così forte che lo sbilancio.
Lui ansima appena, sorpreso.
Ma io non mi stacco.
Non posso.
Non ancora.
Carl mi stringe forte, il suo respiro pesante contro i miei capelli.
«Sto bene,» mormora.
«Dimmi che stai bene,» ripeto, la mia voce spezzata.
«Sto bene, Fenice.»
Stringo ancora di più la presa.
Non è abbastanza.
Non sarà mai abbastanza.
Solo quando il mio cuore rallenta mi stacco appena.
Abbasso lo sguardo sul suo braccio ferito.
Ha del sangue addosso, ma non sembra il suo.
Lo guardo negli occhi.
«Ti hanno morso?»
Carl scuote la testa, serio. «No.»
Solo allora respiro davvero.
E poi, senza pensarci, gli tiro un pugno.
Carl si sposta di lato, il sopracciglio sollevato.
«Che cazzo—»
Un altro pugno.
«Sei un idiota!» urlo, colpendolo di nuovo.
«Ti ho cercato per ore!»
Carl si massaggia il braccio, ma non mi ferma.
Sa che me lo deve.
«Mi hai fatto impazzire!»
Lo colpisco ancora.
Non forte.
Non per fargli male.
Solo per sfogare tutta la paura.
Lui mi lascia fare.
Mi guarda.
Aspetta.
E quando finalmente mi fermo, senza fiato, con le mani che tremano...
Mi tira di nuovo a sé.
E mi stringe.
Questa volta, non lo colpisco più.
Questa volta, lo lascio fare.
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