predatori
L’aria dentro la farmacia è pesante.
L’eco dello sparo si è dissolta, ma qualcosa è cambiato.
Carl continua a guardarmi, e io continuo a non guardarlo.
Mi giro verso gli scaffali, cercando di ignorare la tensione che ancora mi scorre addosso.
«Dobbiamo muoverci.»
Lui non ribatte. Ma so che non ha finito con le sue domande.
Mi abbasso per raccogliere una scatola di medicinali e la infilo nello zaino. Carl fa lo stesso, spostandosi al bancone.
«Sei rimasta con lui fino alla fine?»
Stringo la mascella. «Carl.»
«Rispondi.»
«E se non voglio?»
«Allora te lo chiedo in un altro modo.» Sento il suo sguardo su di me, anche se non lo vedo. «Hai dovuto ucciderlo tu?»
Il mio respiro si blocca per un secondo.
Appena un attimo.
Ma lui lo nota.
So che lo nota.
Chiudo lo zaino con troppa forza. «Dobbiamo andare.»
Mi giro per andarmene, ma mentre faccio un passo indietro, il mio piede scivola su un pezzo di vetro e cado all’indietro.
Sto per sbattere contro il pavimento, ma qualcosa mi afferra.
Qualcuno.
Carl.
Mi prende al volo per un braccio, tirandomi verso di sé.
E per un attimo, siamo troppo vicini.
Il mio petto sfiora il suo, il suo respiro caldo è a un soffio dal mio viso.
Mi tiene stretta, le sue dita salde sul mio fianco.
Sento il suo cuore battere contro il mio.
Non so se è il mio o il suo, ma è forte.
Troppo forte.
Carl sorride appena. «Hai sempre questa grazia?»
Sbatto le palpebre, cercando di riprendermi. «Lasciami.»
«Sei sicura? Perché mi sembra che—»
Poi lo sento.
Un brivido freddo mi corre lungo la schiena.
I peli sulle braccia si rizzano.
Non so cosa sia, ma so che qualcosa non va.
«Aspetta.»
Carl si irrigidisce appena. «Cosa?»
Mi stacco da lui e mi giro verso l’ingresso.
Non c’è nulla.
Ma sento che non siamo più soli.
Un rumore.
Leggero.
Un respiro che non appartiene a nessuno di noi due.
Poi, la porta si spalanca.
Cinque uomini entrano.
Sporchi. Armati. Con sguardi che non promettono nulla di buono.
Il mio corpo si blocca all’istante.
Carl fa un passo davanti a me.
Mi copre.
I suoi occhi si fanno più scuri, il fucile saldo tra le mani.
L’uomo che sembra il leader, un tizio grosso con la barba lunga e gli occhi troppo freddi, solleva un sopracciglio.
«Bene, bene… guarda chi abbiamo qui.»
Carl non si muove. «Non vogliamo problemi.»
Il leader ride piano. «Questo lo decido io, ragazzo.»
Gli altri uomini ridacchiano tra loro. Ma io so dove stanno guardando.
Me.
I loro occhi mi scorrono addosso come lame.
Carl lo nota.
La sua presa sul fucile si stringe. «Se cercate rifornimenti, prendete quello che vi serve e andate.»
Il leader sorride storto. «Oh, lo faremo. Ma prima…»
Tre uomini si muovono su Carl.
Lui reagisce, cerca di colpirne uno con il calcio del fucile, ma loro sono più veloci.
Lo afferrano per le braccia e lo spingono contro il bancone, tenendolo fermo.
«Figli di puttana!» ringhia, cercando di liberarsi.
Ma io non riesco più a guardarlo.
Perché gli altri due uomini sono su di me.
Uno mi afferra per un braccio, l’altro mi prende per la vita.
Un’ondata di nausea mi sale dallo stomaco.
Non posso muovermi.
Il passato mi si schianta addosso come una frustata.
No.
Le dita dell’uomo scorrono sulla mia pelle, la sua presa è forte, come catene invisibili.
No, no, no.
Mi irrigidisco.
Il mio corpo non risponde.
Carl urla qualcosa, ma la mia mente si spegne.
Sono di nuovo lì.
Di nuovo nel passato.
E stavolta, non so se riuscirò a uscirne.
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