Non È Finita Qui


Non riesco a smettere di pensarci.

Al modo in cui mi ha guardata.

Al modo in cui mi ha toccata.

Al modo in cui mi ha baciata come se volesse divorarmi.

E al modo in cui, se non fossimo stati interrotti, forse lo avrei lasciato fare.

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Il viaggio verso Alexandria è silenzioso.

Carl è accanto a me, troppo vicino, troppo presente.

Non mi guarda, ma so che sa esattamente a cosa sto pensando.

E la cosa più frustrante?

Io non so cosa sta pensando lui.

Perché Carl è bravo a nascondere quello che prova.

Io no.

Io sento ancora le sue mani addosso.

Ancora il suo respiro sulla mia pelle.

E cazzo, non so come gestirlo.

Quando arriviamo ai cancelli, li aprono subito.

Entriamo senza dire una parola, le armi ancora pronte.

Io mi concentro su quello che c’è da fare.

Passiamo i rifornimenti a chi di dovere, consegniamo il cibo e le armi che abbiamo trovato.

Parliamo con chi ha bisogno di sapere com’è andata la spedizione.

Io rispondo alle domande, faccio quello che devo fare.

Eppure, la mia testa è ancora lì.

Ancora contro quell’albero.

Ancora con le sue mani sui miei fianchi.

Ancora con il suo corpo contro il mio.

Quando tutto è sistemato, torniamo a casa.

Camminiamo accanto, ma non diciamo niente.

E ogni secondo di silenzio tra noi è più pesante.

Più carico.

Più pieno di tutto quello che non stiamo dicendo.

Mi chiedo se lui lo farà.

Se sarà lui a parlare per primo.

Se mi dirà cosa cazzo significa quello che è successo.

Ma Carl non dice niente.

Ed è in quel momento che capisco una cosa.

Se voglio delle risposte, dovrò tirargliele fuori io.

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