Mia, Anche Se Non Lo Capisce
Apro appena gli occhi, Zaira è ancora sdraiata accanto a me.
È bellissima, i suoi capelli sparsi sul cuscino, il viso rilassato dal sonno.
Non riesco a non sorridere.
Mi avvicino leggermente, il mio respiro sfiora la sua pelle.
«Buongiorno, amore.»
Non l’ho mai chiamata così prima.
Mi esce naturale, troppo naturale.
Lei apre gli occhi lentamente, mi guarda con quell’espressione ancora assonnata che mi fa impazzire.
Poi, senza dire niente, mi dà un bacio a stampo.
Cristo.
Non me lo aspettavo.
Lei si stacca subito, si stiracchia e si alza dal letto, come se nulla fosse.
Io, invece, rimango lì, immobile.
La guardo muoversi per la stanza, il mio cervello ancora incastrato in quel bacio improvviso.
Solo un bacio a stampo.
Un secondo.
Eppure, mi ha fottuto completamente.
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Lei prende dei vestiti, va a cambiarsi.
Io resto seduto sul letto, passandomi una mano tra i capelli, cercando di riprendermi.
Dopo qualche minuto, torna.
E appena la vedo, qualcosa dentro di me si muove.
Non so perché.
O forse lo so, ma non voglio ammetterlo.
Indossa un paio di jeans e una maglia aderente.
Semplice.
Ma cazzo, le sta da Dio.
Sospiro piano, non dico nulla.
Ma poi mi ricordo quanto è testarda.
E so che avrà freddo.
Così, senza nemmeno darle scelta, dico:
«Prendi una felpa.»
Lei alza un sopracciglio, mi guarda con un piccolo sorriso.
«Mi stai dando ordini?»
Le lancio uno sguardo serio.
«Sì.»
Lei ride piano, ma poi va a prendere una felpa.
Una mia felpa.
Azzurrina, con la cerniera.
Me la ricordo, è un po’ larga, ma fottutamente comoda.
La mette, ma non la chiude.
La lascia aperta, lasciando intravedere la maglia aderente sotto.
E Cristo.
Mi mordo l’interno della guancia.
La felpa le arriva quasi a metà coscia, le maniche sono leggermente lunghe, coprendole parzialmente le mani.
Sembra ancora più piccola dentro i miei vestiti.
Mia.
Sembra mia.
E questo mi manda completamente fuori di testa.
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Aspettiamo un po’ prima di uscire.
Restiamo seduti sul divano, lei prende qualcosa da mangiare, io la guardo senza farlo troppo notare.
Parliamo del più e del meno, anche se io passo la maggior parte del tempo a cercare di non fissarla troppo.
Poi, quando si fa un po’ più tardi, usciamo e andiamo al cancello.
E lì, succede.
Me ne accorgo subito.
Gli sguardi.
I ragazzi che la guardano.
Non è uno o due.
Sono tutti.
La osservano come se non avessero mai visto una ragazza prima.
E lei?
Lei non se ne accorge nemmeno.
Sorride, ride, si mette a parlare con Daryl come se niente fosse.
Come se nessuno la stesse fissando.
Ma io lo vedo.
E mi sale un fastidio che mi brucia lo stomaco.
Le mie mani si stringono a pugno ai lati del corpo, la mascella serrata.
Poi sento una battutina.
Uno dei ragazzi dice qualcosa, abbastanza piano da sembrare innocente, ma abbastanza forte da farmi capire esattamente cosa sta pensando.
«Bella felpa, ma le starebbe meglio senza niente sotto.»
Cazzo.
Il mio respiro si spezza per un secondo.
Poi mi giro.
Lo guardo.
Sto per avvicinarmi, sto per colpirlo senza pensarci due volte.
Ma poi, Zaira mi ferma.
Mi prende per il polso, mi lancia uno sguardo serio.
«Non ne vale la pena.»
I miei pugni si stringono ancora di più.
Ma poi guardo i suoi occhi.
E capisco.
Capisco che non vuole una scenata.
Che sa già di essere mia, e che non ha bisogno di dimostrarlo a nessuno.
Sospiro forte, mi passo una mano tra i capelli.
Un’altra battutina.
Poi un’altra.
E un’altra ancora.
I ragazzi continuano a guardarla, a sussurrare tra loro, e io sento il sangue ribollirmi nelle vene.
So esattamente cosa stanno pensando.
E non mi piace.
Per niente.
Uno di loro ridacchia, la squadra dall’alto in basso.
«Scommetto che sotto quella felpa non ha niente.»
Un altro gli dà una spinta sul braccio, ridendo.
«Magari Carl ce lo conferma.»
Mi fermo.
Il respiro mi si fa pesante, irregolare.
Le mie mani si chiudono a pugno, il cuore mi martella nel petto.
Questa volta non sto fermo.
Mi muovo.
Vado dritto verso di loro, pronto a fargli rimangiare ogni singola parola.
Ma Zaira mi ferma di nuovo.
Mi afferra per il polso, mi tira leggermente.
«Carl, basta.»
Ignoro la sua voce.
Continuo a camminare, gli occhi incollati a quei pezzi di merda.
Ma poi Zaira fa qualcosa che non mi aspetto.
Si mette davanti a me.
Mi blocca il passaggio.
Alzo lo sguardo su di lei, i miei occhi bruciano di rabbia, di voglia di spaccare tutto.
«Levati.»
La mia voce è bassa, tagliente.
Ma lei non si sposta.
Anzi, si solleva in punta di piedi, mi afferra per la giacca…
E mi bacia.
Un bacio improvviso, sicuro.
Un bacio che mi spiazza completamente.
E cazzo, mi ha fregato.
Perché appena le sue labbra toccano le mie, le mie mani si muovono da sole.
Scivolano sui suoi fianchi, poi più giù.
Afferrano il suo culo perfetto, lo stringono senza nemmeno pensarci.
Zaira non si tira indietro.
Anzi, si avvicina di più, le sue dita stringono la mia giacca mentre il bacio si fa più profondo.
Dimentico tutto.
Dimentico quei fottuti idioti.
Dimentico dove siamo.
Dimentico tutto tranne lei.
L’unica cosa che mi rimane in testa è quanto cazzo sia mia.
Il bacio ha spento la rabbia nel mio petto più velocemente di qualsiasi altra cosa.
Zaira mi guarda un attimo, come per assicurarsi che io non torni indietro a spaccare la faccia a qualcuno.
Io sospiro, mi passo una mano tra i capelli.
«Stronza,» le mormoro, senza rabbia.
Lei sorride appena.
Poi, senza dire altro, torniamo dagli altri.
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Appena ci vedono, gli amici miei rimangono scioccati.
Li vedo scambiarsi occhiate incredule, qualcuno addirittura spalanca la bocca.
Non capiscono.
Nessuno è mai riuscito a calmarmi quando sono incazzato.
Nessuno tranne lei.
E la cosa mi manda fuori di testa più di quanto vorrei ammettere.
Uno di loro, Josh, mi guarda come se avesse visto un fantasma.
«Tu… ti sei fermato?»
Io lo ignoro, prendo la lista dei lavori assegnati e mi avvio.
Ma il sorriso di Zaira mi dice che ha sentito tutto.
E che cazzo, quanto le piace sapere che può controllarmi così.
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Ci mettiamo a lavorare.
Io prendo i lavori più pesanti, come al solito.
Taglio legna, sposto assi di ferro, aiuto a riparare una recinzione.
Ma anche mentre lavoro, la guardo.
E mi rendo conto, per l’ennesima volta, di quanto sia perfetta.
Zaira è magra, snella, veloce.
Ma ha un corpo fottutamente assurdo.
Il seno è pieno, rotondo, esattamente delle dimensioni giuste per le mie mani.
Il culo è alto, sodo, fatto per essere afferrato.
E poi, la pancia piatta.
Un mix perfetto.
Un equilibrio che non dovrebbe esistere, ma che su di lei è naturale.
Ogni movimento che fa è una fottuta distrazione per me.
Il modo in cui si piega, il modo in cui si allunga per prendere qualcosa.
E Cristo, non posso fare altro che guardarla.
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Poi la sento parlare.
Sta chiacchierando con Enid e un’altra ragazza.
Ride, scherza, come se nulla fosse.
Come se non avesse appena fermato me dal fare una strage.
Poi, all’improvviso, dice qualcosa.
Qualcosa che mi blocca.
«Da piccola il mio sogno era sposarmi e avere dei figli.»
Mi fermo.
Mi giro verso di lei.
Zaira non si accorge nemmeno di averlo detto.
Continua a lavorare, come se nulla fosse.
Io, invece, rimango immobile.
Sposarsi.
Avere figli.
Lei.
La stessa ragazza che mi dice che mi odia almeno tre volte al giorno.
La stessa ragazza che mi ha sempre provocato, combattuto, sfidato.
Ora sta dicendo che da piccola voleva una famiglia?
Il pensiero mi si incastra in testa.
E so che non ne uscirà facilmente.
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