lame e sguardi


Sono sopra di lui.

Le ginocchia ai lati dei suoi fianchi, le mani che lo bloccano a terra. I nostri respiri si mischiano nell’aria fredda della notte, e per un attimo, tutto è fermo.

Carl mi fissa da sotto la tesa del cappello, il suo occhio visibile che brilla di qualcosa che non capisco. Qualcosa che non mi piace.

Sorrido fredda. «Non ridi più, cowboy?»

Lui solleva appena un angolo della bocca. «No, mi sto solo godendo il momento.»

Sbatto le palpebre, confusa. «Cosa?»

Carl inclina la testa, come se quello che sta per dire fosse ovvio.

«Beh, non è la prima volta che una ragazza è sopra di me in questo modo, ma tu fai un effetto diverso»

Lo colpisco.

Un pugno dritto alla spalla, abbastanza forte da fargli sussultare il petto. Ma lui ride. Ride.

«Ti diverti?» ringhio.

«Abbastanza,» ammette senza esitazione.

Mi sta prendendo in giro. Mi sta testando. E io non sono il tipo che lascia vincere gli altri.

La mia mano scivola al coltello legato alla cintura.

In un attimo, lo estraggo e lo punto alla sua gola.

Il sorriso di Carl si spegne, ma non per paura. Per qualcosa di più profondo.

«E adesso?» mormoro, abbassando appena la voce.

Il coltello è fermo contro la sua pelle. Potrei affondarlo con un movimento.

Carl non si muove.

Mi fissa. Un battito di ciglia più lento, il petto che si solleva con calma.

Poi parla.

«Se vuoi farmi male, fallo davvero. Ma se stai solo giocando, allora non sprecare il mio tempo.»

Le sue parole mi colpiscono più di quanto vorrei.

Non stai giocando, Zaira?

No.

Non è un gioco.

Ma non è neanche quello che crede lui.

Stringo la presa sul coltello, ma Carl si muove.

Troppo veloce.

Con uno scatto, solleva un braccio e afferra il mio polso, torcendolo leggermente.

Non abbastanza da farmi male.

Abbastanza da farmi perdere la presa.

La lama cade a terra con un suono secco.

E in un attimo, è lui sopra di me.

Mi ha ribaltata con una facilità frustrante.

Le sue mani bloccano le mie ai lati della testa, il suo peso appena sufficiente a impedirmi di muovermi.

I nostri volti sono ancora più vicini di prima.

Il suo respiro mi sfiora la pelle.

E questa volta, non sorride.

«Vedi, Fenice,» sussurra, la voce bassa e controllata. «Se vuoi vincere, devi essere disposta ad arrivare fino in fondo.»

Sento il cuore battere forte contro le costole.

Non so se per la rabbia.

O per qualcos’altro.

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