La Verità


Zaira continua a guardarmi.

I suoi occhi sono stanchi, ma vigili.

Sta cercando di mettere insieme i pezzi.

Di ricordare.

E quando la sua mano si sfiora piano il fianco, le sue dita si fermano sulla benda.

Si blocca.

Poi alza lo sguardo su di me, le sopracciglia leggermente aggrottate.

«Carl…»

La sua voce è roca, debole.

«Cos’è successo?»

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Inspiro a fondo.

Non voglio farla agitare.

Non voglio farle rivivere tutto subito.

Ma non posso nemmeno mentirle.

Scorro una mano sulla mia faccia, cercando di tenere la calma.

«Eravamo fuori.»

Le tengo ancora la mano, la stringo appena.

«C’era l’orda… e ci siamo divisi.»

Lei inclina la testa, cerca di seguire il filo dei ricordi.

Annuisce piano.

«Sì… il fuoco.»

«Esatto.»

Le accarezzo il dorso della mano con il pollice.

«Hai attirato gli zombie lontano. Ma poi…»

Mi blocco un secondo.

Non voglio dirglielo.

Ma deve saperlo.

Abbasso appena lo sguardo, stringo la mascella.

«Ti hanno sparato, Zaira.»

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Il silenzio è pesante.

Lei sbatte le palpebre, come se la parola non avesse senso.

«Sparato…?»

«Sì.»

Mi sforzo di restare calmo.

«Un uomo. Non so chi fosse. Ti ha colpita, poi uno zombie lo ha preso.»

Zaira si passa una mano sul viso.

Sta cercando di ricordare.

Sta cercando di mettere insieme tutto.

E io?

Io voglio solo che smetta di guardarmi con quello sguardo vuoto e perso.

Voglio che torni a essere lei.

Ma so che non sarà così facile.

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Dopo qualche secondo, si lecca le labbra secche.

Poi, con un filo di voce, chiede la cosa che mi terrorizza di più.

«Stavo per morire?»

Le mie dita si stringono attorno alle sue.

La guardo dritta negli occhi, non mento.

«Sì.»

E lei?

Lei non si gira dall’altra parte.

Non si nasconde.

Non si spaventa.

Annuisce.

Come se accettasse la verità senza paura.

Poi chiude gli occhi un secondo.

E quando li riapre, è di nuovo Zaira.

Ferita, stanca, ma viva.

E Dio, non ho mai amato tanto qualcuno in tutta la mia vita.

Zaira si muove piano.

Troppo piano.

Ma non mi piace per niente il modo in cui lo fa.

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Si solleva leggermente sul letto, stringendo i denti.

Le sue mani si aggrappano alle coperte, gli occhi leggermente socchiusi per il dolore.

«Zaira.»

La mia voce è un avvertimento.

Lei mi ignora.

Ovviamente.

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«Devo alzarmi.»

La sua voce è determinata, ma il suo corpo dice tutt’altro.

«Non puoi.»

Mi chino leggermente verso di lei, le sposto i capelli dalla faccia.

«Sei ancora debole.»

«Sto bene.»

«No, non stai bene.»

Lei mi guarda male, ma non mi ferma quando le sfioro il fianco, dove la benda copre la ferita.

«Ti hanno appena tolto una pallottola. Vuoi rovinare tutto?»

«Carl, sto bene.»

Le sue mani si appoggiano ai lati del letto, fa forza sulle braccia.

E si alza comunque.

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La mia mascella si serra.

Lei è testarda come sempre.

E odio quanto mi fa impazzire per questo.

«Fenice…»

Le prendo un braccio, ma proprio in quel momento la porta si apre.

Denise e gli altri entrano nella stanza, e appena la vedono in piedi, impazziscono.

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«Che diavolo fai?!» Denise corre subito verso di lei.

Rick e Michonne la guardano sorpresi, mentre Daryl si appoggia alla parete, scuotendo la testa.

«Dovevo alzarmi.»

Zaira si incrocia le braccia.

Denise la squadra come se volesse fulminarla.

«Ti sei beccata una pallottola, non sei uscita da un raffreddore. Siediti.»

Zaira sbuffa, ma alla fine si siede di nuovo sul letto.

«Bene.»

Denise inizia a controllarla, cambiando le bende, misurando il battito.

Io?

Io la guardo e basta.

Perché adesso che è seduta, il sollievo mi investe tutto d’un colpo.

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Dopo qualche minuto, Denise si alza e annuisce.

«Sei stabile, ma non fare altre cazzate.»

«Capito, dottoressa.»

Zaira sorride leggermente, ma io so che appena tutti escono, proverà ad alzarsi di nuovo.

E infatti…

Non appena la porta si chiude alle loro spalle…

Lei si mette di nuovo in piedi.

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«Zaira, Cristo…»

Mi alzo anche io, ma il mio corpo mi tradisce.

Mi gira la testa.

Mi manca il respiro.

Le gambe si piegano da sole.

Merda.

Mi appoggio alla sedia vicino al letto, stringendola forte per non cadere.

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Zaira si gira di scatto.

Il suo sguardo si incupisce.

«Carl.»

Si avvicina subito, mi prende per le braccia.

«Che cazzo ti prende?»

Mi schiarisco la gola, cerco di riprendermi.

«Niente.»

Lei non ci crede nemmeno per un secondo.

«Carl.»

La sua voce è più severa ora.

Io non dico nulla.

Ma il mio corpo dice tutto.

Perché la verità?

Non dormo e non mangio da tre giorni.

E ora, la stanchezza mi sta uccidendo.

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«Cristo.»

Zaira mi spinge a sedere sulla sedia.

Poi si abbassa davanti a me, mi scruta con attenzione.

«Da quanto tempo non mangi?»

Non rispondo.

Ma il modo in cui distolgo lo sguardo la fa incazzare più di qualsiasi altra cosa.

«Carl.»

Le sue mani mi stringono il viso, mi costringe a guardarla.

Il mio petto si stringe.

Perché io ero quello che si preoccupava per lei.

Non il contrario.

Ma ora?

Ora lei è in piedi e io sono un disastro.

E questa cosa mi fa impazzire.

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