Carl non parla.

Non subito.

Mi fissa, il respiro pesante, le mani sulle ginocchia come se stesse cercando di controllarsi.

Come se non volesse rompere qualcosa.

O qualcuno.

E io?

Io non riesco a guardarlo.

Perché so cosa ha capito.

Perché so che ora sa tutto.

E per la prima volta non so come reagirà.

«Zaira.»

La sua voce è troppo bassa.

Quasi un sussurro.

Io non alzo lo sguardo.

Non voglio vedere la sua espressione.

Ma Carl non me lo permette.

Si avvicina lentamente, senza toccarmi.

Si accovaccia davanti a me, cercando i miei occhi.

«Guardami.»

Io non voglio.

Lui insiste.

«Per favore.»

E questa volta lo faccio.

Alzo lentamente il viso, incerta, spaventata, confusa.

E quello che vedo nei suoi occhi?

Non è rabbia.

Non è delusione.

È dolore.

Dolore per me.

Carl deglutisce a vuoto, poi passa una mano tra i capelli.

«Non sono lui, Zaira.»

Le sue parole mi colpiscono più di quanto vorrei.

«Io non ti toccherò mai in quel modo.»

Le sue mani sono ancora sulle sue ginocchia.

Non su di me.

«Non ti farò mai del male.»

Sento la gola chiudersi.

Sento il cuore battere troppo forte.

Ma Carl non si ferma.

Vuole che lo capisca.

«Anche se un giorno mi odierai. Anche se mi lascerai. Io non ti metterò mai le mani addosso.»

Mi guarda dritto negli occhi, e io vedo la verità in ogni parola.

«Io non sono lui. E non lo sarò mai.»

Il mio respiro è troppo instabile ora.

Mi stringo le braccia, come per proteggermi da qualcosa che non c’è più.

E Carl lo vede.

Così, per la prima volta, fa una cosa che non mi aspetto.

Mi sfiora piano il viso con il dorso delle dita.

Leggero.

Lento.

Come se avesse paura che mi spezzassi sotto il suo tocco.

E poi, con un filo di voce, mi dice l’unica cosa che può dirmi in questo momento.

«Ti giuro che sei al sicuro con me.»