incazzatura


Camminiamo in silenzio tra le strade abbandonate, lasciandoci la farmacia alle spalle.

Non guardo indietro.

Non voglio vedere il sangue, i corpi a terra, le tracce di quello che è successo.

Ma sento ancora il loro tocco sulla pelle.

L’aria della notte mi fa rabbrividire, ma non è il freddo. È qualcos’altro.

Carl cammina al mio fianco, sempre mezzo passo più vicino di quanto dovrebbe.

Non dice niente.

E forse è meglio così.

Il rumore dei nostri passi è l’unica cosa che riempie il silenzio.

Solo quando siamo lontani abbastanza, quando le mura di Alexandria sono quasi visibili in lontananza, parlo.

«Come cazzo hai fatto?»

Carl si gira leggermente verso di me, il sopracciglio sollevato. «A fare cosa?»

Lo fisso. «Erano in cinque.»

Lui scrolla appena le spalle. «E allora?»

Mi fermo. «E allora?!»

Carl si blocca un passo avanti a me, il cappello leggermente inclinato sugli occhi.

«Come hai fatto a batterli da solo?»

Lui mi guarda per un istante. Troppo lungo.

Poi, con una calma esasperante, dice:

«Quando mi incazzo, non ci vedo più.»

Il mio respiro si blocca per un secondo.

Non mi aspettavo quella risposta.

Non detta così, con tanta naturalezza.

«Non ci vedi più?» ripeto piano.

Carl annuisce, passandosi una mano tra i capelli. «Succede solo a volte. Quando qualcuno fa qualcosa che non dovrebbe.»

Il suo sguardo si fa più scuro. Più pericoloso.

«Come cercare di toccare una ragazza che non vuole.»

Il mio stomaco si stringe.

Abbasso lo sguardo, stringendomi nelle spalle.

Non so cosa dire.

Perché non sono abituata a qualcuno che si arrabbia per me.

Non per se stesso.

Non per orgoglio.

Ma per quello che mi stavano facendo.

Carl sospira e riprende a camminare. «Dai, torniamo a casa.»

Mi muovo di nuovo, senza dire nulla.

Ma qualcosa dentro di me è cambiato.

E so che anche Carl l’ha notato.

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