Carl mi trascina lontano dal fuoco, dai suoi amici, dal rumore delle loro risate.

Non dice nulla, ma stringe il mio polso con troppa forza.

Non abbastanza da farmi male.

Abbastanza da farmi capire che non gli piace questa conversazione.

Ma io voglio sapere.

Voglio sapere chi era prima di me.

Voglio sapere perché non me l’ha mai detto.

Quando siamo abbastanza lontani, si ferma di colpo.

Si gira verso di me, mi guarda con quegli occhi scuri, intensi, troppo pieni di cose che non dice.

«Allora?» dico, incrociando le braccia. «Me lo racconti o no?»

Carl mi fissa per un secondo, come se stesse decidendo se farlo davvero.

Poi sospira.

«Cosa vuoi sapere, Zaira?»

«Tutto.»

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Carl si passa una mano sulla nuca.

Sembra stanco.

Ma alla fine parla.

«Ero uno stronzo.»

Io non dico nulla.

Aspetto.

Lui abbassa lo sguardo per un attimo, poi lo rialza su di me.

«Mi incazzavo per tutto. Attaccavo rissa per qualsiasi cazzata. Non volevo sentirmi legato a nessuno, quindi usavo le persone. Mi facevo chiunque mi desse attenzioni, e poi sparivo.»

La sua voce è bassa. Sincera.

Troppo sincera.

Non sta cercando di giustificarsi.

Non sta cercando di addolcire la cosa.

Me lo sta dicendo così com’era.

E io non so come sentirmi.

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Carl si avvicina di un passo.

Abbassa leggermente la voce.

«So cosa pensi. Che potrei farlo anche con te.»

Io non rispondo.

Perché lo stavo pensando davvero.

Carl stringe la mascella.

«Ma non posso. Non con te.»

Mi prende il polso, più piano di prima.

Il pollice sfiora la mia pelle.

Lento.

«Perché sei l’unica che non riesco a trattare così.»

Il mio respiro si blocca.

Lui si avvicina ancora di più, il suo corpo quasi contro il mio.

Troppo vicino.

Troppo reale.

«Dimmi che non ci credi, e me ne vado,» sussurra.

Silenzio.

Il mio cuore batte forte.

Ma io non riesco a dirlo.

Perché nel modo in cui mi guarda, vedo la verità.

Vedo che non è più quello di prima.

Vedo che è già cambiato.

E il problema?

È che è cambiato per me.