Il Primo Respiro
Il silenzio è insopportabile.
Ogni secondo che passa mi uccide un po’ di più.
Non so da quanto tempo sono qui.
Ma so che non me ne andrò finché non la vedrò aprire quegli occhi di nuovo.
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Il mio corpo è esausto.
Le palpebre pesanti, i muscoli rigidi.
Ma non mi muovo.
Non posso.
E se si sveglia e io non sono qui?
Se apre gli occhi e si ritrova da sola?
No.
Io resto.
Fino alla fine.
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Poi, all’improvviso.
Un movimento.
Piccolo.
Quasi impercettibile.
Ma abbastanza da farmi drizzare la schiena di scatto.
Mi aggrappo al bordo del letto, il cuore che mi martella nel petto.
«Zaira…?»
Nessuna risposta.
Ma le sue dita si muovono appena.
Le sue ciglia fremono.
E poi, lentamente…
I suoi occhi si aprono.
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Mi manca il respiro.
Non riesco a muovermi.
Lei batte le palpebre, confusa, disorientata.
Poi, lentamente, si gira verso di me.
I nostri occhi si incontrano.
E per la prima volta da quando tutto questo incubo è iniziato…
Io respiro di nuovo.
I suoi occhi si posano su di me.
Confusi.
Stanchi.
Ma vivi.
E Dio, sembra un miracolo.
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Il mio cuore batte così forte che mi fa male.
Mi chino subito verso di lei, le prendo la mano, la stringo forte.
«Zaira…»
La mia voce è spezzata, quasi un sussurro.
Lei prova a dire qualcosa, ma le sue labbra sono secche, la sua voce debole.
Si lecca piano il labbro inferiore, cerca di mettere a fuoco il mio viso.
«Carl…?»
Un suono leggero.
Rotto.
Ma è la cosa più bella che abbia mai sentito.
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Mi si chiude la gola.
Abbasso la testa, inspiro a fondo per non perdere il controllo.
Le sue dita si muovono appena, mi stringono più forte.
Come se stesse cercando di assicurarsi che sono reale.
Come se fosse lei a dovermi calmare, e non il contrario.
Rido piano, un suono tremante, incredulo.
«Cristo, Fenice… mi hai fatto morire di paura.»
Lei sorride appena.
Un sorriso debole, ma vero.
«Sei tu… che sembri uno zombie.»
Scuoto la testa, rido tra i denti, ma ho gli occhi lucidi.
Non mi interessa.
Non mi interessa niente.
Perché lei è sveglia.
E questo è l’unico cazzo di dettaglio che conta.
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Le accarezzo piano la guancia, le sfioro la pelle con il pollice.
Lei chiude appena gli occhi al mio tocco, poi li riapre e mi guarda come se fosse l’unica cosa che vuole fare.
La mia voce si abbassa, diventa un sussurro quasi disperato.
«Pensavo di perderti.»
Lei mi stringe la mano.
Piano, ma con forza.
Come se volesse dirmi senza parole che è qui.
Che non sta andando da nessuna parte.
Poi inclina appena la testa.
Mi fissa con quegli occhi profondi.
E con un filo di voce, sussurra la frase che mi fa crollare del tutto.
«Sono tornata da te.»
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