il gioco continua
Il peso di Carl su di me non è schiacciante, ma è abbastanza da farmi sentire bloccata. Immobilizzata. E odio ogni singolo secondo di questa situazione.
Il suo respiro è lento, controllato, mentre il mio è più veloce, irregolare. Mi fissa dall’alto, il suo occhio visibile che cerca di leggermi dentro.
Non gli permetterò di vedere nulla.
Mi dimeno, provando a liberarmi, ma la sua presa si stringe leggermente. Non abbastanza da farmi male, solo per ricordarmi che, al momento, è lui a controllare la situazione.
E non mi piace.
«Lasciami,» sibilo.
Carl non si muove.
«Dimmi ‘per favore’.»
«Ti odio.»
Lui sorride appena. «Quello lo so già.»
Stringo la mascella. Non voglio dargliela vinta.
Non posso.
Ma Carl è rilassato, troppo sicuro di sé. Un’ombra di divertimento sfiora il suo sguardo mentre mi tiene bloccata.
«Sai qual è il tuo problema, Fenice?»
Il soprannome mi fa scattare, ma lui continua prima che possa protestare.
«Sei brava a combattere. Sei veloce. Ma non sei ancora disposta a rischiare davvero.»
Sollevo un sopracciglio, cercando di nascondere il bruciore della sua provocazione. «Stronzate.»
«Davvero?» Inclina la testa, il cappello che scivola leggermente all’indietro. «Se fosse stato qualcuno che non conoscevi, non avresti esitato. Ma con me…»
Si ferma, lasciando che le sue parole affondino.
E odio il fatto che abbia ragione.
Perché non ho affondato la lama? Perché non ho fatto quello che avrei fatto con chiunque altro?
Non ho risposte che voglio dargli.
Ma ho qualcosa che voglio fargli capire.
Stringo le gambe ai lati dei suoi fianchi, poi uso tutta la forza che ho per spingermi verso l’alto, facendo leva su di lui.
Lo colgo di sorpresa.
Carl perde l’equilibrio per un secondo, abbastanza per permettermi di liberare un braccio.
E quello è tutto ciò di cui ho bisogno.
In un attimo, il mio ginocchio preme contro il suo fianco e il mio avambraccio si infila tra noi, bloccandolo sotto il mento.
Ora siamo in equilibrio precario.
Non sono completamente libera, ma nemmeno lui ha più il controllo.
I nostri volti sono così vicini che posso sentire il suo respiro sfiorarmi la pelle.
Carl mi fissa, il divertimento nei suoi occhi che si mischia a qualcos’altro. Qualcosa di più oscuro.
«Meglio,» sussurra.
Il mio respiro è corto, il cuore martella nel petto.
So che dovrei lasciarlo andare. Dovrei allontanarmi.
Ma non lo faccio.
E nemmeno lui.
Rimaniamo lì, sospesi in questa lotta che non ha vincitori, con il fiato caldo nell’aria fredda della notte.
Poi, improvvisamente, Carl sorride.
«Ti piacciono sempre così tanto le sfide?»
Non rispondo.
Non c’è bisogno.
La risposta è già scritta tra di noi.
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