Glielo Dico Io

Carl è fuori, vicino alla torre di guardia.

Come sempre.

Sembra che appartenga più a quel posto che a qualsiasi altra cosa.

Lo trovo seduto su una cassa di legno, il cappello abbassato sugli occhi, il fucile appoggiato accanto a lui.

Non mi guarda subito.

Ma so che sa che sono qui.

Mi fermo a pochi passi di distanza, incrocio le braccia.

Non so come iniziare.

Così lo dico e basta.

«Resto.»

Carl si blocca.

Non si gira di scatto.

Non reagisce in modo teatrale.

Si limita ad alzare lo sguardo su di me.

E nei suoi occhi vedo tutto.

Sorpresa.

Sollievo.

Rabbia.

Perché sono sicura che una parte di lui voleva urlarmi addosso fino a farmi decidere.

Ma ora che l’ho fatto da sola, non sa come gestirlo.

Abbassa lo sguardo per un secondo, poi si passa una mano sulla nuca.

«Hai deciso sul serio?»

«Sì.»

Silenzio.

Lungo, teso.

Poi Carl si alza.

Mi cammina incontro, senza fretta.

Troppo vicino, come sempre.

«Dillo di nuovo.»

Lo guardo male. «Perché?»

Lui inclina la testa.

«Perché voglio sentirlo.»

Stringo la mascella, ma non mi tiro indietro.

«Resto.»

Carl mi fissa.

Poi, all’improvviso, sorride.

Uno di quei sorrisi veri.

Rari.

E senza dire nulla, mi passa accanto e si incammina verso il cancello di Alexandria.

Io lo fisso, confusa.

«Dove cazzo vai?»

Carl si ferma un secondo.

Poi si gira appena verso di me, con quell’aria da stronzo sicuro di sé.

«A fare il mio lavoro.»

E se ne va.

Come se sapesse già che lo seguirò.

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