fenice

La cassa scivolò dalle mie mani con un tonfo sordo, sollevando un velo di polvere nell’aria stagnante della dispensa. I muscoli mi dolevano appena, ma non era niente in confronto al peso dello sguardo che percepivo su di me.

«Guarda un po’. La regina delle fiamme sa anche lavorare.»

La voce di Carl si insinuò nella stanza come una lama sottile.

Mi voltai di scatto.

Era lì, appoggiato con noncuranza allo stipite della porta, il cappello calato sugli occhi e quel mezzo sorriso sprezzante sulle labbra.

«Che cazzo vuoi?» sbottai, la mascella serrata.

Lui sollevò lentamente una spalla. «Niente. Solo controllavo che non ti incendiassi mentre spostavi le scatole.»

Aggrottai la fronte. «Divertente.»

Carl si staccò dalla porta, avanzando di un passo. «Tranquilla, Fenice.»

Mi irrigidii.

«Come mi hai chiamata?»

Il sorriso gli si allargò. «Fenice. Sai, con quel bel ciondolo al collo e tutta quell’aria da sopravvissuta rinata dalle ceneri...»

Lo fissai, furiosa.

«Pensavo che la fenice fosse una creatura leggendaria… invece sembri solo una ragazzina arrabbiata che non sa dove andare.»

Il sangue mi ribollì.

Feci due passi verso di lui e lo spinsi con forza.

Non si mosse di un millimetro.

Il suo sorriso si fece più marcato. «Ecco che la Fenice prende fuoco.»

Non ci pensai due volte. Alzai il pugno, pronta a colpirlo, ma Carl fu più veloce.

Mi afferrò il polso e con un movimento secco mi spinse contro la parete.

La schiena urtò il legno con un colpo sordo, e Carl era lì, troppo vicino.

Il suo respiro caldo mi sfiorava la pelle.

Istintivamente cercai di liberarmi, ma la sua presa era d’acciaio. Il suo occhio visibile mi studiava, freddo e calcolatore.

«Lasciami.»

Carl inclinò appena la testa.

«E se non volessi?»

La sua voce era bassa, tagliente.

Sentii la rabbia montare.

«Ti odio.»

Un lampo di divertimento attraversò i suoi occhi.

«Il sentimento è reciproco, Fenice.»

Provai a spingerlo via con la spalla, ma lui non si mosse.

Il battito accelerato nel petto era un misto di rabbia e qualcosa di più pericoloso.

Carl rimase immobile per un lungo istante, poi allentò la presa e fece un passo indietro.

«Attenta a non bruciarti.»

Si voltò e uscì dalla stanza con una calma esasperante, lasciandomi lì, col fiato corto e i pugni stretti.

Chiusi gli occhi per un secondo, cercando di frenare la furia che mi scuoteva.

Quel ragazzo era un dannato problema.

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