2- Ladri di baci
Al Troy, un locale molto poco raccomandabile della New York per bene, stasera è la serata Love. Ogni mese organizzano un party a tema, dove le donne sono, praticamente, alla mercè di uomini affamati con l'unico intento di riuscire a portare a letto la prima ragazza decente che incontrano. Il gentil sesso non paga né l'entrata, né da bere.
Ci pensa il sesso forte a offrire.
Sesso forte... che ironia!
Jay mi costringe ad andarci ogni mese. È il suo posto preferito nel suo momento preferito.
Il dress code prevede: rosso per le donne, nero per gli uomini.
Jay, ovviamente, ha appena indossato jeans e maglia rosso fuoco che, sulla sua carnagione caffè e latte, risalta come il giallo su Will Smith.
«Jay, non credi sarebbe meglio vestirsi di nero, per evitare che non ci facciano entrare insieme?» chiedo, anche se conosco già la risposta.
«E secondo te dovrei negare al mondo questo spettacolo!?» risponde, mostrando il suo abbigliamento, mentre alza e abbassa le mani su di sé. «Non esiste, Ciccia. Mi eccito da solo con tutto questo rosso.»
Ecco, appunto!
Jay è una preda facile per uomini bastardi, purtroppo. È bello, come il sole di dicembre, quello tiepido che si affaccia timido nelle giornate fredde e innevate. I suoi occhi smeraldo sono gemme preziose, in contrasto con la pelle scura. Ha deciso di rasare i suoi splendidi riccioli da poco tempo, mettendo in risalto la mascella affilata, ma delicata e il viso liscio, come il culo di un bambino.
«Ti muovi?» Mi intima, vista la mia solita flemma nel prepararmi. «Dai, su, sei bellissima. Chiudi tutto e andiamo.»
Milena mi ha dato le chiavi di casa sua circa un anno fa, cerca disperatamente di mettermi a mio agio, all'interno del suo gigantesco appartamento, in un palazzo che emana un leggero fetore di ricchezza.
«Cinque minuti e ci sono!»
Non è vero niente! Ho ancora da passare la piastra sui miei capelli già lisci, mettere quattro strati di mascara, rubare quel mitico rossetto rosso Chanel di Milena e intingermi in una delle duecento boccette di profumo che la donna tiene esposte, come in un museo archeologico.
Il mio riflesso allo specchio, non mi dispiace affatto. La pelle è in netto contrasto con quella di Jay. Mi viene da sorridere ogni volta che ci guardo. Sembriamo due biscotti, vaniglia e cacao, uniti da una crema allo yogurt scaduto.
Qualcosa, dentro di me, sa di marcio. Lo sento dalle mie parole, dai gesti nei confronti degli uomini, dall'odio che gli riverso contro, dalla me bambina che non desiderava altro di essere amata e coccolata dalla figura di un padre inesistente.
Lui doveva esserci!
Doveva esserci, ogni volta che andavo a scuola con il timore di essere presa in giro, per come mi vestiva mia madre.
Doveva esserci, quando lei portava i suoi fidanzati, uno dietro l'altro, nel nostro appartamento e io sentivo, sentivo tutto.
Doveva esserci, quella volta che l'insegnante di matematica, alle scuole superiori, mi infilò la mano sotto la divisa...
Doveva esserci, difendermi e dirmi che era tutto sbagliato.
E, invece, non c'era proprio nessuno a proteggermi dai ladri di baci e dal cuore spezzato.
Tre anni, sono stata tre maledettissimi anni insieme a quell'uomo dalla barba incolta, il sorriso sensuale, gli occhi di ghiaccio e la fissazione per i numeri.
Aveva trentotto anni e, quando mi mise la mano sotto la gonna, io non lo fermai. Lo feci salire più su, andare più in profondità. Gli diedi la possibilità di avermi, guardarmi, sfiorarmi, filmarmi mentre mi possedeva nelle aule di quella scuola o nella sua Mercedes tirata a lucido, come mai, una ragazzina della mia età, avrebbe dovuto fare, con un uomo della sua.
Lo amavo con tutta me stessa.
Ogni parte del mio corpo pretendeva la sua essenza di muschio e legni pregiati, accompagnati da quello del sigaro che rimaneva intriso nella barba e si imprimeva sulla pelle, quando mi baciava con la passione e l'eccitazione di un amore illegale che non poteva fare altro che rimanere nascosto.
Lo tenevo rinchiuso in un angolino del mio cuore rotto che lui non faceva altro che frantumare in pezzetti sempre più piccoli, fino a quando... non scoprii che aveva moglie e figli e lui passò alla studentessa successiva.
Dave, si chiamava così.
Colui che mi ha spezzata come può spezzarsi solo una donna innamorata, in qualunque modo possibile.
«Come sto?» fingo un entusiasmo che, in questo momento, non mi appartiene. Sorrido nel mio vestito attillato che potrebbero notare a chilometri.
«Sei bella, sul serio, Nanni.» Il tono tenero con cui lo dice mi scalda il cuore, solo per un attimo, fino a quando non ritorno nell'oblio. «Spero che tu non abbia coperto le tue lentiggini con del fondotinta!»
«No, Jay, non l'ho fatto.» Sbuffo, mentre torno a guardarmi allo specchio della toletta. «Un'altra passata di mascara, e stop.»
«Dai, Nanni, non ti serve il mascara, hai le ciglia Skyline.»
Gli occhi azzurri, quasi grigi, in realtà, tendono ad essere messi più in risalto quando si abbonda con il nero. Sempre se si evita l'effetto zampa di ragno, perfetto se si vuole andare in giro a bussare a tutte le porte, gridando: dolcetto o scherzetto?
«Le lentiggini le abbiamo, l'occhio sexy, pure, i capelli sembrerebbero ancora castani.» – Crede che la piastra li brucerà fino a farli diventare biondi – «Le tette?» Jay si avvicina per tastare in mezzo alla profonda scollatura. «Perfette, amo. Puoi portare il tuo meraviglioso culo su quella merda di macchina!»
✨✨✨✨✨✨✨
La fila per entrare al Troy, sembra essere interminabile, neanche ci fosse un concerto di Lady Gaga. Tutto per una possibile notte a luci rosse. Fortunatamente, le ragazze entrano prima, anche senza accompagnatore, ma gli uomini hanno due modi per entrare: o con una donna o in lista.
Prendo la mano del mio amico e faccio forza per passare attraverso la calca disordinata che occupa l'entrata del locale.
Il butta dentro, davanti alla porta, si stringe in un completo nero di scarsa fattura e, non appena mi nota, ci scruta con aria perplessa.
Tra le lamentele degli uomini, senza compagnia, dietro di me, ne sento uno più disturbato degli altri.
«Sono entrambi in rosso! Cercheranno la stessa cosa lì dentro. Entro io con te, bella morettina.»
Il tono viscido del tipo non mi entusiasma, non mi volto neanche per vedere da dove provenga quella voce fastidiosa.
Guardo l'uomo armadio che ho di fronte, alzo e abbasso le spalle e sfodero il mio miglior sorriso da bimba pentita.
Ma quando mai!
«È inutile che mi guardi con gli occhi da Bambi. Se il tuo amico si fosse vestito di nero, sareste potuti entrare insieme.» Il butta dentro non ha tutti i torti.
Potevo scegliere un migliore amico genio, invece, ho preferito accontentarmi di Jay.
Lancio uno sguardo omicida al tronco rosso vanità che ho di fianco. Ricambia la mia occhiataccia, strizzando gli occhi, mentre arriccia quel nasino che, ora, staccherei a morsi.
«Te lo avevo detto di vestirti di nero, non mi ascolti mai.» Lo striglio in modo tale che possa sentirmi solo lui.
«Ma non mi avrebbe riconosciuto se mi fossi vestito come un becchino.»
«Chi non ti avrebbe riconosciuto, Jay, chi?» Sto iniziando a perdere la pazienza con questo bambinone cresciuto.
«Bel culetto, quello di stamattina, ricordi?»
«Potete litigare più in là, così facciamo scorrere la fila?» dice l'omone che avrebbe dovuto darci il suo lasciapassare.
Mi giro di scatto verso quella figura, con l'aria di una che vorrebbe pestarlo. Potrebbe scaraventarmi a due chilometri solo soffiandomi tra i capelli.
«Ehi, eccomi!»
Una voce si fa spazio tra la folla, mentre cerca di raggiungerci.
«E questo chi è?» domando, una volta che ce l'ho quasi di fronte.
«Ciao, bel cul-» Jay fa una smorfia di auto disapprovazione. «Collin, ciao, Collin.» Per fortuna ricorda il suo nome. Sarebbe stato splendido chiamarlo tutto il tempo bel culetto. «Lei è Naira, l'amica di cui ti parlavo. E tu? Non dovevi venire con il tuo amico?»
Di che diavolo sta parlando, questo stronzo?
«È andato a portare la moto nel parcheggio riservato. Sai, non vuole brutte sorprese a fine serata.» risponde il tipo, mentre mi squadra da capo a piedi.
Intanto che le coppie in fila ci passano davanti, io inizio a dubitare dell'amicizia con il soggetto che ho di fronte.
«Jay, mi hai, per caso, combinato un appuntamento?» chiedo nervosa, puntandogli il dito contro.
Lui fa un passo indietro, prende Collin e se lo porta davanti, come a fare da scudo.
«Non è colpa mia!» Si nasconde alle spalle del tizio, abbassandosi. «Eravamo davanti a un gin tonic e stavamo parlando del più e del meno. Gli ho detto che stasera sarei venuto qui, con te, e lui ha proposto di portare un amico.»
Collin si gira e io lo vedo. Lo vedo benissimo lo sguardo che gli lancia. La sua è la faccia di uno che non conosceva questa versione.
«Jay...» Lo riprendo per fargli capire che voglio la verità, «tre, due, uno...»
«Okay, okay, calma.» Ed ecco che la sputa fuori. «Trovavo romantico un doppio appuntamento al Troy. Capisci? È la serata Love, perché accontentarsi?»
Mi avvicino a lui, come un predatore che vuole assassinare la sua preda. Lo prendo dal colletto della t-shirt e gli soffio a un centimetro dell'orecchio:
«Te la farò pagare cara! Sai che a giorni inizierò il nuovo progetto. Nessun Love per me, stasera, nessuno»
«Prima o poi, dovrai farti una vita e trovare un lavoro un po' più normale, lo sai, vero?» risponde in un sussurro.
«Quel giorno non è oggi, ma non arriverà neanche tra un anno, scordatelo.» Mantengo il tono basso per non farmi sentire da Collin, prima di liberare il colletto di Jay, dargli due schiaffetti, come a togliere la polvere e voltarmi in direzione di bel culetto, per porgergli la mano, con falsa disinvoltura. «Scusa per il triste teatrino. Piacere, Naira.»
«Collin. Il piacere è tutto mio.» ricambia la stretta. «Oh, eccolo.» Quasi esulta, per chiamare quello che dovrebbe essere il mio appuntamento combinato.
Triste!
È molto, molto, molto triste che io non possa darmi alla pazza gioia, stasera.
Collin è un ragazzo ben piazzato, viaggia sulla trentina. I capelli scuri, tagliati corti e rasati dai lati, mettono in risalto gli occhi color della pece. Ha un sorriso niente male, grazie a una dentatura a dir poco perfetta e, se due più due fa quattro, chi si somiglia, si piglia – detto fornito, gentilmente, da Katia, la ragazza Italiana con la quale condividevo la stanza all'università. Questa somma, vale anche per il discorso amicizia e non solo per uno prettamente più sentimentale.
Ho idea che verrò messa a dura prova. Se la filosofia di Katia è vera, l'amico, sarà almeno un sette e mezzo.
Cerco di non guardare nella sua direzione, per evitare un imprinting, pre conoscenza, troppo diretto.
Devo ricordarmi di uccidere Jay.
Non poteva venirci da solo con il suo Collin a questa dannata serata? No, dobbiamo fare le coppiette felici con completi sconosciuti. Non era il mio intento.
Quando prendo un incarico, non mi faccio vedere in giro con nessun uomo. Non si sa mai chi possa incontrare, io devo passare per la dolce donzella sensibile, non per una che se ne fotte di tutto e di tutti.
«Buonasera.» La sua voce calda mi provoca un brivido lungo la schiena, ma continuo a guardarmi intorno per fingere di cercare qualcuno.
Che cosa stupida!
Sono grande abbastanza per tenere sotto controllo un sette e mezzo, anche bevendo qualche shot di tequila di troppo.
Okay, Naira, stai facendo la figura dell'imbecille.
Pianto lo sguardo nella sua direzione e porto le dita a incastrare i capelli dietro un orecchio.
«Piacere, io sono Jay.» Gli porge la mano per presentarsi a dovere.
Guardo le dita affusolate di quel tipo. Il bracciale nero, che potrebbe essere di pelle, è abbinato alla giacca sottile che gli veste alla perfezione, ricalca un fisico niente male sotto quel tessuto.
«Lei è?»
Credo si stia riferendo a me, alzo lo sguardo con indifferenza, mi avvicino di qualche passo e, le luci del locale, insieme alla musica che rimbomba, mi portano a pensare alla scena di un film.
Sono un'idiota completa, non deve per forza succedere qualcosa. Il lavoro viene prima di tutto. È sempre stato così. Milena mi conosce e sa benissimo quanto sia ligia. Per questo, mi ha dato solo una regola: niente uomini per tutto il periodo dell'incarico.
Facile, facile...
E non è per la barba incolta da macho latino, neanche per quella fossetta – una sola – che ho appena intravisto, mentre offriva un cenno di sorriso a Jay. Se devo dirla tutta, non è neanche per il capello scuro, disordinato da motociclista. No, non è per tutte queste cose.
Uno nero, uno blu.
Ha un cavolo di occhio nero e l'altro blu.
Un paio di occhi grandi, con ciglia scure e folte che li incorniciano, li rendono quasi illegali. Non ha, di certo, bisogno del mascara, lui.
«Piacere, Evan.»
Facile un corno!
«Piacere, Naira.»
È un maledetto undici!
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top