"C'era una volta una gatta" di hikoshiki

La vecchia Kahara fissò l'orologio sopra il comignolo. L'anziano cuore le batté forte, quasi temesse che la donna non riuscisse a sentirlo.
«Siamo vivi, siamo vivi!» gracchiò lei con voce rauca, ma lo sforzo le costò un po' di fiato che ci mise un po' a riconquistare.
Aveva passato l'intera notte fuori, con solo una veste indosso e una mantella per ripararsi dalla neve fresca che fioccava impetuosa. Quasi l'intero Cosmo le si volesse rivoltar contro e impedirle di raggiungere i suoi piani, da quando aveva preso quella decisione, gli imprevisti si erano sommati fino a sommergerle l'intera casa! Questa, già decrepita e scricchiolante, aveva retto a stento le sfuriate dell'anziana strega e il suo continuare a camminare, ogni notte, per tutta la notte, avanti e indietro, finché le gambe stanche non iniziavano a cedere; allora le toccava sedersi sul divano e, con le tempie fra le dita raggrinzite, spremere le meningi in cerca di una soluzione.
Tutto il comitato delle streghe l'avrebbe presa in giro per l'ennesima volta.
«Ah, Kahara! Sei sempre tu, vecchia mia! Sempre l'ultima, sempre in ritardo! Mai che il cielo possa permettersi di affidarsi a te!» L'avrebbero derisa con a fianco le loro novelline, fresche fresche e pronte per iniziare la scuola di magia. Quelle ragazzine, seppur di lei conoscessero solo il nome e l'aspetto, l'avrebbero guardata con sufficienza e pensato che fosse solo per uno scherzo del caso che lei si fosse ritrovata tra le streghe più potenti.
Poco dotata d'astuzia e senso pratico, nella sua vita aveva collezionato più guai che formule di magia!
Quando si era resa conto che mancava poco tempo allo scadere, si era precipitata a rotta di collo per trovare una novella che potesse presentare al comizio. Da brava sciocca, aveva pensato di cercarla... in strada!
«Oh, Anahata! Oh, Anahata mia! Sei l'unica che vede in me ciò che non sarò mai! Anch'io mi domando come abbiano mai potuto far di me una strega! E pensare che quando fui novella, la mia mentore era una strega tutta ad un pezzo! Se non fosse stato per il suo caratteraccio, le altre novelle non si sarebbero rifiutate di finir con lei! Mentre io -oh, mia Anahata!- io ero la spina nel fianco peggiore che si potesse desiderare! Strega Lucille non ha potuto niente contro la mia sbadataggine! E lei sì che era potente! Come potrei, io? Come riuscirei mai?»
Di tutta risposta, la gatta le saltò in grembo e si mise a far le fusa, mentre la desolata Kahara ne coccolava il pelo lucido e nero, pur se avesse preferito che qualcuno consolasse lei e le trovasse la giusta soluzione.
«Chi mai vorrebbe essere la mia novella se le giovani streghe fuggono via quando mi vedon spuntare?»
La gatta sollevò il capo e aprì l'unico occhio buono che aveva. L'altro, cecato, si mosse col primo, pur senza poter veder niente. Con le dita avvizzite, la strega le solleticò la macchia biancastra sul petto. Solo in quel gesto e nel rumore in crescita delle sue fusa, la donna riuscì a trovare una magra consolazione.
Ricordava ancora il giorno in cui aveva preso la micetta per strada. Solo per caso l'aveva scovata fra la fuliggine, vicino l'edificio di un venditore di carbone. All'iniziò pensò che fosse solo sporca, ma quando la lavò si accorse che la micia era nera, tranne per quella macchiolina. Naturalmente, le sue colleghe ne risero non appena le videro camminare insieme fra le viuzze della città.
«Kahara, vecchia mia! Ma ti pare normale andare in giro con un gatto nero? Quello è per le streghe d'altri tempi! Certo, non sarai fresca di stagione, ma così sembri addirittura più secolare della salma di Strega Milena!»
Ma a Kahara consolava la compagnia della gatta, sua unica amica, e la piccina non disdegnava mai la zuppa di patate e cipolle che le preparava alla sera.
Proprio a lei si rivolse con queste parole: «Mia Anahata, cara amica e piccola compagna, non immagini nemmeno quanto mi farà male salutarti quando, senza novizia, sarò costretta ad abbandonare questa città! Ci pensi? Io che vivo qui da tre secoli, io che nacqui proprio dietro la prima panetteria che costruirono fra queste stradine, sarò costretta a trovare un altro luogo in cui passare l'eternità che mi aspetta. Il mio tempo sta finendo. Quando fu il mio momento, non sapevo che con un incantesimo avrei dovuto regalare l'eternità a Strega Lucille. Ma non riuscivo a far nulla se non avevo abbastanza affetto per lei da cederle un posto nel mio cuore in cui avrebbe potuto continuare a vivere e far di me una strega ancor più potente, regalandomi il suo potere. Quel tempo con lei fu terribile, e di questo me ne dispiaccio tutt'ora. Ma, per me, non ne rimane nemmeno un briciolo, e forse è giusto che mi arrenda. Quando al comizio mi vedranno spuntar da sola, magari terranno per loro le rispostacce e avranno pietà per una vecchia strega che è giunta al limite dei suoi giorni. Quest'aspetto malandato, il mio viso storto e il mio naso pronunciato, mi fanno somigliare alla Befana popolare: come pensi che qualcuno possa prender sul serio il mio esser una strega? Puoi non comprendere le novizie che fuggono via impaurite?! Puoi non biasimarle quando anche i loro genitori spostano lo sguardo altrove al mio passare?! L'amore che ho da dare mi è inutile quando il mio sembrare una vecchia stolta e cattiva allontana tutti da me e li dissuade dall'idea di rivolgermi la parola, se non per schernirmi, se non per farsi beffa... ma come puoi capirlo, tu, che hai un aspetto così dolce da farmi commuovere al sol guardarti?!»
Prese la gatta fra le mani e l'avvicinò al viso rugoso. La micia le si strusciò contro, facendole le fusa.
Kahara chiuse gli occhi e attese le ultime ore dentro la sua casetta disastrata, in compagnia della sua piccola amica. Giocò con lei e si trattenne dal piangere, pensando che, probabilmente, era l'ultima volta in cui sarebbero potute essere entrambi così felici.
«Non ho nemmeno pensato a qualcuno a cui poterti affidare!» si lamentò piangendosi addosso, ma la consapevolezza di non aver nessuno tanto vicino a sé a cui poter chiedere una cosa simile, le strinse il cuore anziano in una morsa dolorosa. Era sola, e lo sarebbe stata per l'eternità.
Quando l'orologio rintoccò l'ultima ora prima del comizio, la donna si alzò in piedi e decise di regalare alla gatta quei vecchi trucchi magici che si imparavano alle novizie nei primi giorni di apprendistato, ma che lei aveva appreso solo dopo la scomparsa di Strega Lucille. Tutte le giovanissime streghe si divertivano a imparare a far apparire le farfalle nella stanza, a creare immagini nell'aria, a far cinguettare degli uccellini dipinti sulle pareti e a prender bicchieri d'acqua da bere dalle cartoline dei ruscelli di montagna. Qualcuna, ancora inesperta, aveva anche preso dei bei cuccioli d'aquilotto da quei rettangoli stampati!
Ciò che Kahara aveva sempre fatto in solitudine, adesso lo mostrava all'occhio vivace della piccola Anahata. La micia balzava da una parte all'altra, piena di energia, cercando di afferrare le farfalle e bevendo dalla sua ciotolina acqua fresca di montagna. Kahara rise come quand'era bambina. La fece saltar sui divani e su per le mensole impolverate delle librerie sulla quale conservava secoli e secoli di rituali di magia, ma anche riviste su come cucinare dolci al cioccolato e come creare coperte coi ferri. Ne aveva fatte alcune, sbilenche e malconce, per la piccola Anahata. Lei le aveva adorate e non c'era un pomeriggio d'inverno in cui non si metteva su a sonnecchiare sul mucchio confortevole.
Risero e scherzarono come due streghette alla prima notte di dormitorio, ma l'orologio non fu così indulgente con loro. Rintoccò l'ora solenne e per la vecchia Kahara fu come cominciare già a morire. Avrebbe vissuto un altro secolo anche con un cuore malconcio come il suo se solo, al suo fianco, avrebbe avuto una piccola novizia a cui insegnare tutte le arti della stregoneria. Ma fuori dalla città, quei secoli si sarebbero ridotti a poche settimane, giorni, forse, oppure ore.
Non pensò neppure a prepararsi una valigia, volendo lasciare i tesori accumulati da una vita a chi sarebbe stata la strega che avrebbe occupato la sua stanza, una volta andata via.
La gattina la fissò senza capire.
«Aspettami qui, Anahata. E se stanotte non tornerò, cerca qualcuno con cui passare la tua vita. Sei stata una dolce compagnia, piccola birbante!»
Gli occhi vitrei e stanchi le luccicavano. Accarezzò la testolina nera e passò un dito contro la palpebra del suo occhio cieco.
«Sai» le confessò, «ho sempre pensato che la tua cecità avesse il dono di farti vedere ciò che di buono c'è nel cuore delle persone, piccola mia...»
E già il suo, di cuore, le si stringeva alla sola idea di cos'è che l'avrebbe attesa.
Si tirò su e cercò di farsi coraggio. Prese la mantella e se la mise sulle spalle; afferrò quella scopa vecchia da cui non voleva separarsi -pur se le altre streghe ne avevano riso beffarde e la micia si era fatta le unghie all'estremità di paglia- e aprì la porta fra i rintocchi dell'orologio, ma quando fece per chiudersela alle spalle, sentì una fitta dolorosa al...sedere!
La gatta si era appesa con le sue unghie affilate!
«Anahata! Ma che ti prende!» urlò rauca e cercò di toglierla, ma l'animale, caparbio, le affondò con più forza.
«Ahia! Ahia! Anahata! Sei diventata matta?!»
Quando si staccò, fu solo per correre vorticosamente tutt'intorno alla stanza, buttando a terra la vecchia lampada e facendo cadere i libri e le polveri magiche imbottigliate.
Lesta, Kahara cercò di salvarle tutte e alleggerirne la caduta, per evitare che si rompessero. Con una delle sue magie, immobilizzò la gatta, facendola fluttuare per aria, dentro una bolla di mille colori.
«Anahata!» esclamò posando la scopa e avanzando nella stanza. «Ma cosa ti prende?!»
Non si accorse che, coi piedi, calpestò uno dei libri che non era riuscita a salvare. Distrattamente lesse il titolo di una formula scritta sulla pagina sulla quale si era aperto.
Il suo sguardo si illuminò e il capo le scattò verso l'occhio della micia.
«Come ha fatto ad aprirsi qui?» domandò all'aria.
Quasi la finestra fosse aperta e il vento vi soffiasse fino all'interno della stanza, le pagine iniziarono a sfogliare avanti e indietro, fino a fermarsi su un'altra pagina, poi su un'altra, poi su un'altra ancora.
Kahara non riuscì a credere ai suoi occhi che avevano visto tante cose strane nella loro vita, ma mai come questa.

Nessuno badò al fatto che i suoi piedi furono gli ultimi ad entrare nel gran salone del Comizio delle Streghe. Al suo entrare, già le streghe con accanto le proprie novelle, ridevano beffarde al sol pensiero dell'arrivo della stolta Kahara. Eppure, il mormorio pettegolo si zittì in fretta per poi divampare in un tutt'uno quando gli occhi increduli videro arrancare da sola la vecchia Kahara. Quella sciocca, pensarono, si era dimenticata la sua scopa bislacca.
Non c'era alcuna novizia insieme a lei ed erano tutti consapevoli di cos'è che le sarebbe successo. Le ragazzine, perplesse, si scambiarono delle occhiate interrogatorie. Le streghe, invece, si irrigidirono come vecchi manici di scopa.
Quasi fosse un unico pensiero comune, all'unisono si sentirono domandare: «Ma perché quella sciocca rideva quando la sua fine era così vicina?!»
In un batter d'occhio, i cappelli delle streghe caddero e i loro capelli si unirono a formare trecce nell'aria. Il bosco disegnato alle pareti della Sala si animò e ci fu un finire e un cinguettare, uno squittire e un abbaiare, un rosicchiare... i piedi dei tavoli! Un centinaio di marmotte era uscito da chissà dove e cercava del legno resistente per le proprie dighe!
Le novizie scoppiarono in lacrime, spaventare, ma i loro visi si illuminarono di una polvere colorata e le loro testoline furono chiuse in delle bolle così che nessuno ne sentisse il pianto.
Kahara non riuscì a trattenersi dal ridere! Finì con l'avere gli occhi colmi di lacrime e la pancia dolorante, ma non poté farne a meno. Dietro di lei, sull'uscio della porta, una ragazzina con dei lunghi capelli neri si divertiva quanto la vecchia strega nell'ammirare cosa le sue manine riuscissero a compiere. Sulla frangia scura, una ciocca era tinta di un bianco lucido.
L'anziana Kahara si rotolava per terra come una bambina. La ragazzina sentì il cuoricino esplodere nel vederla così felice e nell'ammirarla col suo unico occhio buono.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top